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Autore: Archangel Reliel    20/02/2009    6 recensioni
Sangue blu...sangue maledetto...
Ho avuto il coraggio di guidare con forza le redini della mia vita, e cosa ne ho ottenuto?
Polvere, sangue e niente più...
Genere: Drammatico, Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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«Mio padre ha un senso dell’umorismo davvero impareggiabile se ha fatto in modo di spedirti fin qui a darmi la caccia!», mormorò il ragazzo tra i denti.
«Non credo che il signore in questione abbia tanto da divertirsi dopo tutti i tuoi crimini», rispose l’altro con disprezzo malcelato.
«Se vivere per l’onore e la libertà è un crimine allora sono contento della mia vita, fratello», Aoi sottolineò l’ultima parola con uno sguardo di sfida.
«Lo siamo per un disgraziato caso, ricordatelo –Ruki gli si avvicinò a spada sguainata –l’unico legame che sento con il tuo sangue è quello della morte!»
«E sia!», anche Aoi aveva sguainato la spada, raggiungendo il suo rivale al centro del corridoio.
Simultaneamente Reita e Kai si erano lanciati accanto ai rispettivi compagni, pronti a dargli manforte in quello scontro. «Dopo dovrai spiegarmi alcune cosette!»
«Sempre che ne usciamo vivi, Rei»
«Avete detto bene –Ruki sogghignò –sempre che ne usciate vivi!»

Uruha fu risvegliato da un clangore di spade. A fatica si alzò dal pagliericcio che l’accoglieva e raggiunse le sbarre della piccola feritoia sulla porta della sua cella. In un primo momento i suoi occhi, succubi della penombra, non riuscirono a focalizzare bene la scena ma bastarono alcune imprecazioni a suggerirgli l’identità di almeno uno dei contendenti.
Era così sollevato che avrebbe voluto gridare di essere lì, ammaccato ma vivo, ma tutto ciò che riuscì a pronunciare fu un sospiro strozzato. Innervosito, decise di escogitare un modo per uscire fuori dalla prigione ma, ovviamente, nella cella non c’era nessun tipo di oggetto utile al caso. L’investigazione fu interrotta da un forte tonfo contro la porta di legno che lo gettò sul pavimento.
Rialzatosi, ebbe un’idea…

A Reita si mozzò il respiro: la caduta contro la porta era stata così forte da comprimergli la cassa toracica e costringerlo a terra, senza forze.
Aoi era impegnato a duellare con Ruki e aveva avuto appena il tempo di vedere Rei afflosciarsi come un sacco vuoto e perdere i sensi. Con una spallata riuscì ad atterrare il fratello e in un balzo a raggiungere il compagno, opponendo la sua spada a quella di un soldato che stava per attaccarli; lo trapassò senza pietà, pronto a fronteggiare il resto di loro.
«Arrenditi, Aoi, ormai sei spalle al muro», Ruki lo fissava soddisfatto.
«Un uomo non è sconfitto finché ha vita fratellino!»
Un luccichio maligno s’impossessò degli occhi del giovane:«Mi trovi d’accordo con te!»
Aoi non ricordò mai bene come fosse accaduto: i suoni divennero ovattati, le persone attorno a lui goffe e lente, mentre la spada no, acquisì una velocità straordinaria. La pelle del collo fu incisa nell’istante in cui un rumore sordo e polvere li avvolsero.

Il sofferto tossire di Reita scosse i sensi di Aoi. A fatica riuscì a spostare un pesante ciocco di legno che gli bloccava la gamba destra e a ripulire dal pulviscolo il volto del compagno sofferente.
«Aoi, che diavolo è successo?»
«Non ne ho la minima idea. Tu piuttosto stai bene?»
«Abbastanza da poter alzarmi in piedi». I due compagni si sollevarono a fatica da pavimento e videro cos’era accaduto: la porta della cella di Uru ora si trovava al suolo in pessime condizioni e il lui vi ci era disteso, immobile. I due compagni si precipitarono accanto all’amico che, con grande sforzo, aveva ripreso i sensi e ora era riuscito a sedersi. Il biondino abbracciò i due, felice che l’impatto con la porta non li avesse danneggiati.
«Che bel quadretto», Kai sorreggeva il suo padrone imbiancato dalla polvere, un rivolo di sangue a solcargli una guancia e una momentanea incoscienza che lo lasciava inerte tra le braccia del servo. Aoi ebbe uno slancio in direzione del fratello ma una guardia riuscì ad agguantarlo e trattenerlo. Altre due erano ai lati di Reita e Uruha, immobili e sconfitti ma di nuovo assieme.
«Non preoccupatevi, il signorino è semplicemente svenuto –disse il ragazzo, adagiando Ruki tra le braccia di un soldato e ordinandogli di condurlo nelle sue stanze –Ora potremmo regolare i conti».
«Kai, non sei mai stato amante della violenza. Lasciaci andare ora, e nessuno di noi avrà conseguenze».
«Signorino Aoi avete mantenuto un ricordo di me del tutto errato –Kai sguainò la spada e la puntò contro il suo antico padrone –Battetevi con me, e così decideremo il destino che vi spetta».
Aoi accettò la sfida e, indirizzando uno sguardo ai suoi due amici, disse:«Ho un patto che vorrei tu accettassi».
«Sempre che si tratti di un accordo onesto».
«Voglio che tu li lasci andare…»
«E se perdete?»
«Il mio volere prescinde dall’esito del duello».
Kai fissò pensieroso i due ragazzi biondi, poi annuì:«E sia. Voi però rimarrete nostro “gradito” ospite, affinché il mio padrone possa decidere quale sorte sia la più adatta a voi».
«Aoi, ti prego non farlo! Possiamo andar via tutti e tre assieme!».
«Rei, non dire assurdità –esplose il moro –voi due siete disarmati, e tu ancora ferito! Andatevene, io me la caverò. Kai, dì ai tuoi scagnozzi di condurli fuori».
«Come diavolo fai a fidarti di quello?», Reita ringhiava mentre le due guardie trascinavano fuori lui e Uruha. Uruha guardava il suo capitano con sguardo supplicante ma Aoi gli dava volutamente le spalle.
«Sparite dalla mia vista –fu il saluto che fece ai suoi amici mentre concentrava tutta la sua attenzione su Kai –In guardia!».

«Fateci entrare spagnoli schifosi!».
Reita stava battendo con tutte le sue forze le mani contro il portone del governatorato. I soldati erano stati leali agli ordini, e li avevano disarmati e sbattuti fuori dal palazzo intimandogli di sparire entro l’alba, dopodiché, se li avessero trovati ancora lì fuori, li avrebbero ammazzati.
Il cielo si stava colorando del lillà che annuncia l’aurora quando Uruha fece ritorno dalla sua ispezione. Era riuscito a trovare le scuderie e, in assoluto silenzio e senza spaventare i cavalli, a prenderne tre e portarli il più possibile vicino l’uscita, ben nascosti sotto le loro coperte e dall’oscurità.
«Ah, sei tu –Reita sospirò –Mi hai spaventato!», Uruha gli porse un paio di spade che era riuscito a recuperare nelle stalle e fece cenno al compagno di seguirlo. Fecero il giro della residenza fino al punto in cui erano nascoste le cavalcature e Uru indicò a Rei quello che sembrava l’ingresso delle cucine. Cautamente i due ragazzi sgusciarono nuovamente all’interno.
«Mi dici ora come facciamo a raggiungere le prigioni?», bisbigliò Reita una volta imboccato il corridoio degli alloggi della servitù. Uru sollevò le spalle e lo trascinò per un passaggio che sembrava conoscere; Rei lo seguì docilmente, fidandosi ciecamente del ragazzo biondo che correva come una lepre davanti a lui. Dopo l’ennesima svolta si ritrovarono finalmente sulla via delle segrete e ora anche Reita aveva acquistato sicurezza, aumentando il passo e sfoderando la spada.

Il duello procedeva inconcluso: i due avversari erano allo stremo ormai ma nessuno dei due aveva raggiunto il limite, e mai avrebbe ceduto in favore dell’altro. Si muovevano entrambi a fatica e i colpi non andavano a segno come avrebbero dovuto, riducendo il tutto ad una semplice attesa; sarebbe stata la fatica a proclamare un vincitore.
«Kai, non sarebbe meglio finirla qui?»
«Lo stavo pensando anche io signorino. Sarebbe meglio per voi arrendersi».
«Ti stavo suggerendo la stessa cosa, a dire il vero».
Respiravano affannosamente e le armi avevano raggiunto un peso scomodo per entrambi. Aoi si lasciò andare contro una parete e lo stesso fece Kai: erano spalla contro spalla e si fissavano mentre riprendevano fiato.
«Un ultimo giro di valzer, non ti chiedo altro».
«D’accordo, se è quello che volete ».
I due ripresero a tirar di lama quando degli schiamazzi li interruppero nuovamente. Due teste bionde gli piombarono letteralmente addosso mentre un pugno di guardie scendeva correndo le scale.
«Stupidi! Perché siete ritornati indietro?», Aoi era al contempo adirato e felice di quell’intromissione.
«Perché il proprio capitano non si abbandona mai. In guardia manigoldi!».Erano l’uno accanto all’altro, tre lame sguainate, luccicanti e indivisibili come le stelle del cielo.

Nell’impeto della battaglia i tre amici erano riusciti a sfuggire alle guardie e a dirigersi verso il corridoio centrale del palazzo, ma fu una mossa fatale; decine di soldati prima allertati ora li circondavano, messi definitivamente spalle al muro. Kai era di fronte a loro, conscio che ormai le loro vite erano nelle sue mani.
«Vi avevo dato la possibilità di salvarvi, perché siete tornati?».
«Non siamo tipi da abbandonarti nel momento del bisogno, Aoi».
Aoi scosse la testa e chiese a Kai di liberare nuovamente i suoi compagni.
«Mi dispiace signorino, ma un’occasione preziosa è stata sprecata. Non sono tipo da concederne altre».
«Che intendi fare? Ucciderci?»
«Non è mi…»
Un applauso interrupe il dialogo: Ruki, ormai ripresosi, stava scendendo lentamente i gradini della grande scala principale.
«Non è suo compito, fratello –Ruki avanzò a passo rapido tra i soldati e scostò bruscamente Kai, spingendolo alle sue spalle –Con te farò i conti dopo, Kai! In quanto a voi tre, il mio compito era di consegnarvi alla giustizia –si leccò le labbra soddisfatto –ma non mi è stato specificato in quale condizione».
Ruki ordinò di disarmare il trio e di costringerli a terra:«Vi prometto che sarà un’esecuzione abbastanza veloce per voi, e molto soddisfacente per me».
I soldati si avvicinarono per eseguire gli ordini, e fu un attimo: ad un cenno di Aoi i tre ragazzi ammazzarono gli uomini più vicini e salirono di volata le scale, diretti ad una delle enormi finestre della residenza. Uruha fu abbastanza veloce da sfondarne una lanciandogli contro un busto in marmo e a gettarsi di sotto, mentre i due amici gli coprivano le spalle.
Ruki era quasi riuscito a raggiungerli e, poco prima che i due si lanciassero nel vuoto, a scagliare con mira infallibile la spada contro il fratello. Aoi ebbe appena il tempo di girarsi e sentire un singulto strozzato: lo stomaco di Reita era stato passato da parte a parte dall’arma e, con le ultime forze, riuscì a spingere Aoi di sotto.

«Reita!»
Uruha aveva assistito all’intera scena dabbasso e lo shock fu tale da permettergli finalmente di parlare. L’ultima cosa che riuscì a vedere fu il caro amico che, gridando, lo supplicava di fuggire e i soldati che lo circondavano; prontamente recuperò il suo capitano, svenuto su un gruppo di cespugli, e lo issò sulla cavalcatura rubata. Era tentato di tornare indietro ma fece la scelta più penosa della sua vita: sentendo la voce di Ruki gridare di riacciuffarli decise di non rendere vano il sacrificio di Reita.
Con il cuore in frantumi e un fiume di lacrime a bagnargli il viso spronò il cavallo al galoppo.
  
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