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Autore: AliChan    24/10/2015    0 recensioni
''Niente di nuovo, allora'' Rise lei mentre iniziarono a camminare, mano nella mano, la fresca mattina di quell'ultimo giorno d'Estate, con una leggera brezza.
''Perché dovremmo cercare altri luoghi quando abbiamo già trovato la nostra casa?'' Riprese lui, e dopo aver detto ciò la giovane notò che le sue guance si erano tinte di rosso, quel ragazzo non era abituato a dire cose tanto profonde. Di tutta risposta, un po' confusa, lei si girò per dare uno sguardo al loro villaggio che si rimpiccioliva ad ogni passo ''La nostra vera casa''
Genere: Fluff, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My tears won't stop



Le lacrime venivano portate dal vento, perché lo raggiungessero, un cuore bloccato nella solida corteccia di un albero, mentre un altro nel freddo gelo del ghiaccio. I fiocchi di neve avevano preso il posto delle foglie brune.
''Vieni con me'' Le aveva detto per anni tendendole la mano, che la giovane fate dalle ciocche nere e dalle guance lentigginose aveva sempre afferrato senza il minimo dubbio o esitazione.
''Dove andiamo oggi?'' Gli aveva chiesto quel giorno, guardandolo in quei suoi occhi marroni e brillanti.
''Verso Nord'' Rispose lui entusiasta, puntando il dito in quella direzione.
''Niente di nuovo, allora'' Rise lei mentre iniziarono a camminare, mano nella mano, la fresca mattina di quell'ultimo giorno d'Estate, con una leggera brezza.
''Perché dovremmo cercare altri luoghi quando abbiamo già trovato la nostra casa?'' Riprese lui, e dopo aver detto ciò la giovane notò che le sue guance si erano tinte di rosso, quel ragazzo non era abituato a dire cose tanto profonde. Di tutta risposta, un po' confusa, si girò per dare uno sguardo al loro villaggio che si rimpiccioliva ad ogni passo ''La nostra vera casa'' Sospirò quindi lui ''Che è da questa parte'' Iniziarono a salire una collina, che poco a poco si faceva sempre più ripida e faticosa da scalare. Lui si fermò per un secondo, prima di darsi una spinta con i piedi e librarsi dal suolo erboso.
''No!'' La ragazza gridò, ed era raro che lei alzasse il tono di voce. Strinse la mano del ragazzo, ora lei teneva il braccio del tutto teso verso l'alto ''Te ne prego, non farlo'' Anche l'altra mano afferrò quella di lui, che scese piano a terra ''Ricorda quello che ha sempre detto tua madre. Le nostre ali sono preziose, hanno un uso limitato, e quando si esaurirà non solo non potrai più volare, ma ti potranno venire tolte. Lo sai che una fata senza ali muore e …''
''Si, lo so, c'è chi ambisce alle nostre ali'' Sospirò lui.
''Scusa'' Disse la ragazza. Sapeva che a lui faceva male quando si parlava di sua madre, da cinque anni ormai era così, da quando era morta. Ma per la ragazza lui voleva dire tutto, non poteva perderlo, per nulla al mondo.
''Non fa niente, tranquilla!'' Rise lui, dopo diversi secondi di silenzio. Ripresero a camminare ''Però se ci pensi, nessuno sa cosa succeda a una fata che perde le ali … nessuno ha detto che siano morti, sono tutti semplicemente …. scomparsi....''
''Se uno non si fa più vivo vuol dire che è morto...'' Lei voleva a qualunque costo cambiare argomento, non le sembrava una cosa bella vederlo tanto interessato.
Ma il paesaggio che visibile da oltre la collina le mozzò il fiato. Non importava quante volte lo avesse già visto, la cupola delle chiome di querce di quella foresta era incredibile, e anche rara da poter ammirare, nonostante il loro fosse mille volte più magico e spettacolare del nostro. La felicità l'avvolse: il giorno dopo sarebbe stato Autunno, l'unica stagione dell'anno durante la quale avevano tutta la libertà di ritrovarsi all'entrata del loro villaggio all'alba, passare l'intera giornata da soli in quel bosco e tornare a casa a sera inoltrata. Bisogna però a questo punto spiegare il perché: la Primavera era una stagione sacra per le fate, almeno per quelle del villaggio in questione, c'erano molte festività e tradizioni da rispettare e quindi il tempo per passare il tempo assieme non c'era. Per quanto riguarda l'Estate e l'Inverno, le fate dell'Est, come loro, avevano una particolare tradizione: tutti i figli non sposati della famiglia erano vincolati a stare con i propri genitori a tempo pieno, almeno cinque giorni alla settimana, per tutta la stagione nella quale si era tenuto il matrimonio dei loro genitori, per consolidare il rapporto fra i membri della famiglia. Lei aveva questo vincolo d'Estate mentre lui d'Inverno. I due avevano imparato ad identificare l'Autunno come la loro stagione, l'unica che sembrava essere fatta apposta perché stessero insieme.
Lei si mise a correre verso l'agglomerato di querce.
'' Non vale! Sei partita prima!'' Sentì ridere il ragazzo alle sue spalle. Passarono l'intera giornata a camminare all'interno di quella foresta, andando sempre dritti ''Voglio vedere cosa c'è dall'altra parte, non siamo mai arrivati fino là'' Aveva detto lui, e così si erano addentrati sempre di più, calpestando il tappeto di foglie secche ai loro piedi.
''Penso dovremmo tornare indietro, non so se senza luce riusciremo a trovare la strada di casa..'' Gli fece notare lei quando, dopo aver alzato gli occhi si era accorta che erano ormai le cinque. Quanto passava in fretta il tempo quando potevano stare assieme.
''Ancora un pochino'' Rispose lui, la ragazza sospirò. Ma dopo meno di mezz'ora il ragazzo si buttò sulle foglie ''Facciamo una pausa, va bene?''
''Solo se poi torniamo subito indietro'' Disse lei severamente, lui annuì. La giovane andò a sedersi su un tronco caduto lì accanto ''Penso che il cuore della foresta l'abbiamo già superato, sono certa che fosse quello spiazzo vuoto, tu che ne-'' Lei non riuscì a finire: una manciata di foglie le aveva all'improvviso colpito la faccia, lui rideva. La ragazza non esitò a ricambiare il gesto del ragazzo, che prese un altra manciata di foglie e la lanciò. E così, ridendo, passarono i minuti, le ombre degli alberi si allungarono fino ad espandersi ovunque ''Dove sei?'' Gridò la ragazza, confusa e spaventata. Senza che se ne accorgesse o lo sapesse, lui era andato a nascondersi, per colpirla con l'ennesima manciata di foglie alla sprovvista, solo che, nemmeno lui aveva pensato di separarsi da lei per venti minuti. La giovane non lo avrebbe certo abbandonato, anche se si fosse trattato solo di uno stupido scherzo ideato da una mente maschile. Aveva iniziato a vagare senza una meta precisa, ma ovunque lei si voltasse vedeva sempre e solo querce. All'improvviso qualcosa le colpì, e insieme al suo urlo ne sentì un altro, era lui ''Ma si può sapere dove sei stato!?'' Gli gridò contro, in lacrime, cercando di colpirlo, non troppo forte naturalmente, ma lui aveva afferrato i suoi polsi.
''Stai tranquilla'' Le aveva sussurrato ''Mi dispiace, ma ti prego, non urlare''  Lanciò uno sguardo alla direzione dalla quale era arrivato ''Loro sono qui'' E si mise a correre, tenendo la ragazza amata per mano. Rumori di foglie calpestate e rametti spezzati provenivano dalla parte opposta.
''Aspetta! Che vuoi dire?'' Era preoccupata, lui si voltò e l'abbracciò fortemente.
''Stai attenta alle tue ali, ti prego'' Disse il ragazzo. In quel momento lei capì di cosa stava parlando, gli esseri che nessuno aveva mai avuto il tempo di dire a qualcuno che aspetto avessero.  Lo sapeva, sapeva che non avrebbero mai raggiunto il loro villaggio semplicemente a piedi. Sembrava che quelle creature dietro di loro si moltiplicassero di secondo in secondo. Sapeva quello che doveva fare e infine sapeva che la scelta che aveva preso avrebbe portato tantissimo dolore sia a lui che a lei.
Fece la stessa spinta con i piedi che solo quella mattina aveva rimproverato al ragazzo, lo tenne per mano e iniziò a volare più veloce che poteva. Stava cercando altre scappatoie, qualcosa di alternativo al fuggire andando diritti il più in fretta possibile. Se solo avessero avuto qualche anno in più, magari le loro ali sarebbero state adatte ai voli di alta quota, sarebbero potuti uscire dalla foresta salendo. Se solo avessero avuto la certezza che quelle bestie non sapessero arrampicarsi, si sarebbero nascosti fra i rami degli alberi, aspettando il giorno. Ma nessuna di queste cose era possibile, e ormai stava volando così tanto velocemente che le sue ali stavano iniziando a sbiadirsi, se fossero diventate completamente trasparenti, non avrebbe più potuto usarle. Intanto sentiva il ragazzo chiederle e implorarla di smetterla, di farlo scendere, di non utilizzare così tanto le sue ali.
Era vero che ci stava mettendo il doppio della forza, dal momento che lo stava portando di peso, e tutto era reso più difficile e faticoso dai continui passi alle loro spalle, che non volevano cessare, non avevano mai immaginato che quelle creature potessero essere così veloci. Anche se lei avesse smesso di portarlo a quel modo, e fossero scappati entrambi volando, fianco a fianco, il tempo che era rimasto alle loro ali non era abbastanza per salvarsi, né per lei né per lui. Era a conoscenza che c'era un unico modo per fare in modo che almeno uno di loro due si salvasse, ed era quello che aveva scelto di fare.
Lo spiazzo vuoto che lei aveva identificato come il cuore della foresta era davanti a loro e quando lo raggiunsero lei si fermò, senza nemmeno più fiato. Tornò a terra e sfiorò le ali del ragazzo, che presero ad avere un colore sempre più sgargiante, a differenza delle sue che erano diventate trasparenti, quasi invisibili.
''Va!'' Gli ordinò.
''No...'' Il ragazzo cercò di imporsi con gli occhi lucidi, almeno quanto quelli della ragazza, dai quali la prima lacrima le rigò la guancia. L'amore che provava per quel ragazzo era abbastanza da sacrificare la proprio vita per salvare la sua. Usò un ultimo incantesimo che aveva impiegato anni per apprendere: con la mano destra spinse il corpo del ragazzo lontano, era una specie di telecinesi. Nel momento in cui i suoi occhi non furono più in grado di vedere quelli marroni di lui sentì le sue ali venirle strappate e il suo corpo intero indurirsi.
Una volta raggiunto il villaggio fu accolto da tutti gli abitanti, raccontò loro tutto quello che era successo, piangendo quanto i genitori della ragazza che aveva amato
Ma non voleva accettare la sua scomparsa, così improvvisa e inaspettata, e appena il sole sorse la mattina dopo tornò là, allo spiazzo dove si erano separati, e dove non aveva avuto nemmeno il tempo di dirle “addio”.
Superò la linea degli alberi che circondava il piccolo prato dell'angolo più profondo della foresta, non aveva avuto il coraggio di guardare in alto per tutta la durata del viaggio. Appena mise piede sull'erba un vento, per niente freddo, ma nemmeno afoso, lo accolse, e spinse le foglie circondanti lontano.
Alzò lentamente gli occhi, aspettandosi di vedere il corpo della ragazza, che avrebbe riportato al villaggio. Ma non vide nulla del genere, incuriosito e speranzoso nella teoria della quale proprio il giorno prima aveva parlato con lei, quella secondo la quale le fate, anche senza ali, non morissero. Quindi alzò di colpo lo sguardo. Il suo cuore sentì una fitta profonda. Non poteva dire con certezza che quella teoria fosse stata smentita, ma nemmeno confermata. Davanti a quello che vide non poté che cadere in ginocchio e lasciare le lacrime uscire.
Davanti a lui, al centro preciso dello spiazzo, c'era un albero, non era una quercia come tutte le altre che gli erano attorno in quel momento: era una salice. Sembrava avesse un ramo puntato nella direzione del ragazzo, all'altezza della spalla. Lui non lo capì subito di cosa si trattasse, ma una volta che l'offuscamento svanì dai suoi occhi, tra la corteccia di quell'albero, vide un volto, e quello non era una ramo, ma un braccio. Si rialzò e si avvicino lentamente alla statua della ragazza, imprigionata nella corteccia solida. Sfiorò le sue dita, quelle che la sera prima, con quell'incantesimo, avevano permesso che lui sopravvivesse. Poi guardò attentamente il volto, manteneva la stessa espressione. Sulle guance c'erano sue segni, erano bagnate.
No, lei non era morta, ma non sarebbe mai riuscita a tornare come prima, la sua condanna era quella di passare l'eternità in quella forma e l'unica cosa che riusciva a fare in quello stato era piangere.
Il ragazzo chiuse gli occhi e si sedette sul prato, in un angolo non lontano, iniziò a raccogliere dei fiori color arancione chiaro, rise leggermene al ricordo di quanto piacesse quel colore alla ragazza. Ne fece una coroncina che appoggiò sulla testa della statua, poi prese anche delle foglie e le aggiunse alla coroncina. Erano soliti fare cose così quando erano bambini.
Per lui l'Autunno non esisteva più, lei era sparita, come il tempo con lei, era diventato direttamente inverno. Ma non passava giorno in cui non andasse là, allo spiazzo, dove la trovava sempre e dove sempre veniva accolto da quel vento tranquillo e perfetto, di cui, lui lo sapeva, la ragazza era l'artefice. I giorni, i mesi, le stagioni e infine gli anni passarono, lui crebbe e invecchiò, ma i sentimenti che aveva provato da giovane non erano cambiati minimamente, come il fatto che non volesse accettare che niente sarebbe stato più lo stesso senza di lei.
Da quel giorno non aveva più volato, se aveva ancora delle ali era per merito suo, erano come un regalo da parte di lei.
Nei suoi ultimi giorni di vita, si era accorto che non gli era rimasto più molto tempo a disposizione. Quel giorni, prima di congedarsi dalla ragazza e fare ritorno per l'ultima volta al villaggio, posò una mano sulla guancia della statua, che non aveva mai smesso di essere solcata dalle lacrime e dopo averle dato un bacio sussurro ''Addio'' Passarono alcuni secondi di esitazione, ma poi si voltò e iniziò a incamminarsi sulla via del ritorno. A pochi passi dalla linea degli alberi un vento, più forte e più penetrante del solito lo spinse a continuare in quella direzione. Era un soffio lungo e sembrava non voler smettere. Lentamente si voltò per dare un ultimo sguardo a quello spiazzo fatale, il salice non c'era più, e la statua della sua corteccia era altrettanto sparita, tutto quello che restava era la piccola coroncina di fiori arancio chiaro e foglie secche per terra, nell'esatto punto dove i loro occhi si erano incrociati per l'ultima volta. Il vento non voleva cessare, non era né freddo né caldo, semplicemente piacevole e continuo e non si arrestò fino a quando, lui non chiuse gli occhi, e fu finalmente insieme a lei.
   
 
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