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Autore: norawasabi    25/10/2015    3 recensioni
Newtmas | AU | OOC
Thomas e Minho custodiscono un segreto, ma per un errore maldestro compiuto da Thomas questo segreto verrà condiviso con una terza persona.
Ciò che tiene nascosto Newt, invece, è ben diverso. E non sarà rivelato tanto facilmente.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Minho, Newt, Thomas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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< Sei patetico, Thomas. >
Newt interruppe il bacio separandosi cautamente dal ragazzo, il quale si ritrovò catapultato dal paradiso all’inferno nel tempo che serve al cuore per un battito.
Thomas non capiva. Forse stava sognando.
< Cosa? > chiese inclinando leggermente la testa, come se una differente prospettiva avesse potuto aiutarlo a vederci più chiaro.
Un sorriso maligno si dipinse sul volto di Newt, che nel frattempo aveva chinato il capo imitando la persona dinanzi a lui, quasi a volerla prendere in giro.
< Hai capito benissimo, Tommy. >
Scandendo l’ultima parola con tono freddo e perverso, Newt era riuscito a privare Thomas di tutti i dubbi e le paure apparentemente infondate che in quel momento l’affliggevano.
Non stava sognando.
< Newt, cosa… > ripeté.
Il biondo alzò gli occhi al cielo. < Possibile che tu sia così stupido? Davvero sei convinto di non sapere di cosa parlo? >
Gli occhi di Thomas erano in procinto di riempirsi di lacrime per l’ennesima volta e, in quel momento, oltre che ferito, si sentiva irrimediabilmente vulnerabile.
Decise che domandare ulteriormente per liberarsi della confusione fosse inutile, per cui si limitò a rimanere in silenzio.

Tentando di non piangere.

Tentando di non crollare.

< Dopo tutte le cazzate che hai raccontato a me, Minho e persino a Teresa, pensi di meritare una definizione migliore? Eri patetico in passato, sei patetico adesso e rimarrai patetico per sempre. >
L’ambiente intorno a Thomas cominciò a svanire, sfumandosi.
Gli alberi, le macchine, gli edifici e le persone si dissolsero.
Rimasero soli in una stanza grigia, avente una porta situata alle spalle di Newt.
Il biondo girò di poco il busto, in modo da riuscire a guardare l’unica via d’uscita presente e indicarla. < Vedi quella porta? Fra poco l’attraverserò, ma non voglio che tu mi segua. >
Thomas era inerme, immobile, non aveva alcuna idea su come reagire o cosa dire per non lasciare che Newt se ne andasse senza una spiegazione da parte sua.
< Aspetta. >
Non proferì altro.
Newt si accigliò, incredulo delle parole appena udite.
Thomas percepiva ogni emozione del ragazzo, quasi come fossero le sue.
Ma la delusione, quella premeva più di tutte.
Era lei la regina in quel momento, inamovibile, spietata.
Tagliente come la lama del coltello che Newt stava conficcando nel cuore di Thomas, brutale ed improvvisa come i movimenti dell’assassino che, senza alcuna clemenza, trafisse il petto del colpevole.
< Chi è la vittima, tu o noi? >
“Voi.” disse Thomas a se stesso, mentre abbassava lo sguardo e osservava il sangue sgorgare a fiotti.
Newt infilò il resto della lama nel corpo di Thomas, premendo energicamente, per poi avvicinarsi e permettere che i loro nasi si sfiorassero.
< Ripetilo. > disse Newt, rispondendo ai pensieri dell’altro.
Thomas non provava dolore.
L’unica sofferenza che lo stava uccidendo era quella causata dalle sue stesse parole, dalle sue stesse azioni, dal suo essere inevitabilmente vigliacco.
< Sono io il responsabile di tutto. > esordì Thomas con decisione, strizzando gli occhi in modo che le lacrime liberassero la sua vista.
Newt rise. < Di cosa sei responsabile, Tommy? >
< Del vostro dolore. >
< E poi? >
< Del mio. >
< Hai altro da dire? >
< No. >
< Bene. Ora puoi morire. >
Dette le sue ultime parole, Newt spinse Thomas facendolo cadere sulla schiena e, dopo averlo osservato con disprezzo per una manciata di secondi, si voltò e si diresse verso la porta che da poco aveva acquisito luminosità.
< Aspetta! > urlò Thomas, cercando invano di alzarsi.
Il coltello, che pareva essere la forza che lo teneva premuto contro il pavimento, divenne incandescente e Thomas, in un impeto di disperazione, tentò di rimuoverlo.
Non appena riuscì nel suo intento il buio calò e di Newt, della porta e del pugnale insanguinato non vi era più traccia.
Improvvisamente una luce intensa si fece largo nell’oscurità, avvicinandosi sempre più a Thomas che nel frattempo si era rannicchiato continuando a piangere disperato, mischiando lacrime salate e sangue dolce.
“Perdonatemi.” si ripeteva, picchiando il pugno contro la ferita fresca sperando di provare dolore.
La desolazione che avvolgeva il suo animo, il disgusto per se stesso che lo trascinava negli abissi più profondi delle sue angosce e il peso della solitudine che gravava sempre di più erano però l’unica punizione consona per quello che aveva fatto pur di proteggersi.
L’illusione che le bugie gli avrebbero permesso di proteggere persino gli altri lo avevano portato ad aggrapparsi totalmente alla convinzione che tutto sarebbe andato per il meglio.
Avere la morte di qualcuno sulla coscienza è tutt’altro che semplice.
Coinvolgere gli altri nella propria incapacità di conviverci è impossibile da sopportare, e Thomas lo sapeva fin troppo bene.
Svegliarsi con la consapevolezza di non essere nemmeno degno di poterlo fare, di poter affrontare la giornata, di aver diritto a una vita dopo averne spenta una, era il virus che andava diffondendosi nel corpo di Thomas.
Virus che, dopo aver distrutto ogni cosa si fosse trovata sul suo cammino, lo avrebbe portato alla pazzia.
Un rumore flebile di passi distrasse momentaneamente Thomas, portandolo a concentrarsi sulla fonte del rumore che, con sua grande sorpresa, coincideva con l’origine della luce comparsa poco prima.
< C-chi c’è? > chiese con la voce tremante, reduce da un pianto non ancora terminato.
Il bagliore prese ad oscillare, quasi come fosse una torcia tenuta in mano da qualcuno.
Al termine del suono dei passi, si rivelò essere proprio così.
Thomas sgranò gli occhi. < Minho? Brenda? >
Il lume puntato sul viso del ragazzo, stranamente, riusciva ad illuminare anche gli altri due.
< Thomas! Cosa ci fai qui? > domandò Brenda, aggrappandosi al braccio di Minho.
< Io… non lo so. In realtà… >
Minho lo interruppe. < Siamo venuti solo per avvisarti. Io e Brenda stiamo insieme, e devo solo ringraziare te. Mi hai fatto capire che non è Teresa la ragazza che voglio. Preparati ad essere abbandonato, Thomas. > disse, sorridendo alla sua nuova fidanzata e stampandole dolci baci sulle guance.
< Abbandonato? >

Quel tormento era destinato a non avere una fine.

A Thomas non spettava altro che un oceano infinito di disperazione.

< Ora che ci siamo davvero trovati non abbiamo più bisogno di te. Puoi stare con la tua bella Teresa senza doverti preoccupare di noi. A proposito, eccola che arriva. Addio, Thomas. >
Così si congedò Brenda, trascinando Minho per condurlo via da lui.
< Sei il mio migliore amico! Non puoi pensare che possa preferire lei a te! Ti prego, non andare. Non andate. > Thomas urlava accasciato su quel pavimento di tenebre, sperando che i due cambiassero idea e tornassero indietro.

Non fu così.

< Non piangere, Tom. >
Una mano si poggiò sulla spalla di Thomas, carezzandola debolmente.
Era Teresa.
Era vestita di bianco, e splendeva di luce propria.
Thomas si mise a sedere, senza però distogliere lo sguardo dalla figura di fianco a lui. < Fa’ finire questo incubo, ti prego. >
Teresa prese posto alla sua sinistra, dopodiché gli strinse la mano. < Pensi di meritarlo davvero, Tom? >
Silenzio.
< No. > confessò.
< E perché no? >
< Perché ho commesso tanti errori e non ho mai voluto rimediare. >
Teresa ridacchiò. < Come quando ti bacio ma tu non dici niente perché hai paura? >
Oramai ci aveva fatto l’abitudine.
Decise di non piangere più.
< Sì. > rispose.
< Potresti anche dirlo che non mi ami come io amo te, sai? > la voce di Teresa di fece indispettita.
< Io non ti amo. Io... >
Come un’onda possente e disastrosa, il grido improvviso della ragazza distrusse le pareti oscure di quel luogo indecifrabile, mostrando ciò che vi era al di fuori.
Bianco.
Nulla più.
Così come era apparsa Teresa si dissolse, seguendo i movimenti dei cocci di vetro nero.
 

E in quel momento, Thomas si svegliò.

 
La testa gli girava vorticosamente, il calore rendeva impossibile la respirazione e il sudore aveva impregnato completamente la sua maglietta.
Guardò l’ora.
“Sono le sei. E sono in camera mia.” pensò.
Si alzò lentamente, in modo da non sentirsi mancare dopo tutti quei giramenti di testa.
Si diresse in bagno tastando l’ambiente circostante; le tende erano rigorosamente chiuse e risultava difficile visualizzare il percorso, soprattutto tenendo gli occhi chiusi.
Raggiunto il lavandino del suo piccolo bagno privato accese la luce sopra lo specchio.
Si lavò la faccia, poi rimase immobile a fissare la sua immagine riflessa.
“Oggi sistemo tutto.”
Non avrebbe più preso in giro le persone che amava.
Le bugie sarebbero state rivelate e i rapporti destinati a crollare sarebbero crollati.
Ripensare all’orrore vissuto durante quell’incubo gli pesava enormemente.
Si era reso conto di aver “dato vita” ai suoi timori celati dietro un muro di egoismo mascherato da coraggio.
Newt che gli spezzava il cuore come avrebbe fatto lui dopo la confessione, Minho che l’abbandonava dopo aver frainteso le sue azioni, Brenda che lo seguiva a ruota e Teresa che, dopo aver scoperto la verità, distruggeva tutto ciò che si trovava intorno a loro.
Nonostante ciò, era deciso a porre fine alle faccende in sospeso.
Avrebbe dimostrato al suo migliore amico che né Teresa né qualsivoglia altra ragazza avrebbe potuto sostituirlo.
Avrebbe dimostrato a tutti quelle che erano le sue vere intenzioni.
D’altronde era quello che voleva davvero, e ne aveva appena avuto la conferma.

Respirò profondamente e cominciò a prepararsi per affrontare quella che sarebbe stata la giornata più difficile della sua vita.

 

Thomas tremava.
Non aveva fatto altro durante le cinque ore di lezione che lo separavano dalla libertà.
Non appena suonò la campanella, schizzò fuori dall’aula alla ricerca di Newt.
Aveva voglia di vomitare, piangere, tornare a casa e rintanarsi per l’ennesima volta nel suo involucro sicuro, ma non poteva farlo.
Non voleva.
Avrebbe detto tutto a Newt, era disposto a ricevere qualsiasi reazione fosse quella giusta per lui.
Non gli importava.
Non poteva più permettere che la persona per la quale provava sentimenti così travolgenti soffrisse in tal modo, per colpa sua.

Gli avrebbe confessato i suoi sentimenti, gli avrebbe detto di Hanna.

Tutto.

La sincerità era l’unica cosa che Newt si meritasse.

Thomas era disposto a dargli questo ed altro pur di riportarlo ai tempi in cui sorrideva e gioiva per ogni piccolezza.
 


< Sonya, hai visto Newt? Devo parlargli urgentemente. >
La fronte di Thomas era imperlata di sudore ed il suo corpo tremava percettibilmente.
< L’ho visto parlare con Teresa nel parcheggio sul retro. > rispose la ragazza con un sorriso, salendo in macchina. < Ora devo andare, ma spero per te che sia ancora lì. > concluse.
Le gambe di Thomas per poco non cedettero.
Malgrado la debolezza, corse come mai aveva fatto in vita sua per raggiungere il luogo, e quello che vide gli trafisse il cuore.
L’immagine di Newt che lo pugnalava balenò fra i mille pensieri che aleggiavano nella sua mente.
Per un istante, Thomas si vide dall’altra parte.
Dalla parte del manico.
Lo impugnava con fermezza e Newt, davanti a lui, cadeva in ginocchio sofferente.
Dopo essersi ripreso, raccolse quel poco di sfrontatezza che risiedeva in lui, si avvicinò al ragazzo e osò domandare l’unica cosa che non avrebbe mai dovuto chiedere. < Lo sai, non è così? >
Newt, che si era seduto sul marciapiede e teneva la testa poggiata sulle braccia incrociate, si girò lievemente per vedere chi fosse.
Si alzò di scatto e si fermò davanti a Thomas.
Il volto era rigato da mille lacrime colme di chissà quanto dolore, le guance rosse e segnate dagli infiniti tentativi di liberarsi dalle tracce della disperazione che continuavano imperterriti ad imprimersi su quel viso così dolce e angelico.
< Va’ via. > impose Newt, in preda ai singhiozzi.
< Posso spiega- >
< Avresti dovuto farlo prima. Prima di Teresa. >
Thomas tentò di accorciare le distanze fra lui e Newt.
Il biondo aggrottò le sopracciglia. < Non ti avvicinare. >
Si fermò, a malincuore.
< Esatto, te l’ha detto Teresa. Voglio che tu sappia tutto da me. >
< Ma io non ti voglio ascoltare. >
< Ti prego. >
Newt si passò una mano fra i capelli e guardò un punto fisso dietro Thomas per una manciata di secondi.
< Avresti dovuto farlo prima. >
< Newt… >
< Avresti dovuto farlo prima che cominciassi a darmi la colpa per una cosa che non ho fatto. Prima che mio padre facesse lo stesso. > urlò. < Prima che… prima che mi innamorassi di te. >
Il cuore di Thomas perse un battito.
< Hai ucciso mia sorella, Thomas. Ci hai mai pensato in questi quattro anni? >
Non ci fu alcuna risposta.
< Ovvio che non ci hai pensato. Ti sei goduto la vita lasciandomi indietro, scaricando su di me i tuoi sudici rimorsi. Ho sperato a lungo di tornare ad essere tuo amico, lo sai? Volevo guarire e ce l’ho fatta grazie a te, grazie al solo fatto di poterti vedere ogni giorno a scuola. Desideravo che mi perdonassi per averti respinto così, desideravo che non te ne andassi dopo le prime difficoltà. Abbiamo sbagliato, Thomas. Ma tu… tu hai ucciso Hanna e me l’hai tenuto nascosto. E così anche Minho. Ho passato le pene dell’inferno per colpa tua. Per colpa del tuo stupido gioco. Il ponte era vecchio e malandato, Thomas. Come puoi far credere ad una bambina che può attraversarlo senza farsi male? Ti avevo detto tante volte di non portarla lì perché era pericoloso. E tu ce l’hai portata. Ti odio, Thomas! >
Vide Newt allontanarsi senza degnarlo di uno sguardo, ancora in lacrime, distrutto e deluso, irreparabilmente ferito.
Il cervello di Thomas non aveva ancora avuto il tempo di metabolizzare l’accaduto, né di formulare una risposta.
C’era solo tanto odio.
Odio per se stesso.
Odio per non aver mai avuto la prontezza di dire le cose così come stavano, evitando dolore a tutti.

Dopo essersi ripreso dal trauma, dal discorso a senso unico, da tutte quelle forti emozioni ricevute in faccia come un getto d’acqua fredda di prima mattina, Thomas si concentrò su un dettaglio.
Il dettaglio più importante di tutti.

Non aveva mai portato Hanna sul ponte dicendole di attraversarlo.
 
 
 
A/N
Dopo mille sforzi, eccomi con il nuovo capitolo.
Come una tradizione, chiedo scusa se vi ha delusi.
Succede sempre meno roba, me ne pento ogni volta, e soprattutto non riesco ad inserire uno spazietto per introdurre e sviluppare degnamente un momentino piccino carino fra Minho e Thomas.
Mi sembra di concentrarmi solo sui Newtmas.
Uff çç
Mi rifarò, ci riuscirò. *pugno per aria*
Ah, e scusate anche per alcuni balzi temporali. Solo perché non descrivo Thomas che va a far la nanna non vuol dire che la giornata non finisca mai. Eh è.é
Vabbè, ciancio alle bande.
Come al solito, ringrazio chi legge e chi recensisce. Siete la mia gioia.
Tanti bacini alle Culopesche ~
Bye
- Nora
P.s.: nel capitolo precedente è tutto vero. Questo è un capitolo a parte, il sogno comincia da qui. Una polla mi ha fraintesa, avviso nel caso vi steste chiedendo che motivo dovrebbe avere Teresa di dire cazzate. Appunto: il bacio c'era. E l'osservatore misterioso (chi sarà mai) pure.

 
   
 
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