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Autore: Megan204    25/10/2015    2 recensioni
C'è un'altra donna nella vita di Quattro.
Non occupa il posto di Tris, né quello di Evelyn.
Un posto tutto per lei.
Quella lei, che forse l'ha salvato, prima di Tris.
Una donna che comunque vada, gli sarà sempre accanto.
La stessa donna che manda il cervello fuori uso ad Eric.
La stessa donna, che con un po' di impegno controlla i due uomini più testardi della fazione.
La stessa donna che diventa amica di Tris, creando un duo micidiale.
La stessa donna che è sostenuta da Shauna e Zeke.
La stessa donna che fa da sorella a Marlene e da amica ad Uriah e Lynn.
La stessa donna che aiuta Tori a nascondere segreti.
Una donna, che legherà tutti con un unico filo.
Una donna, che donna non è, di nome Hayley.
Spoiler Insurgent, Allegiant. Storia riscritta partendo da Divergent, con (qualcosa) di diverso.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Tris, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Come ho detto l'altra volta, qua c'è la mia paginetta, dove potete trovarmi sempre, o quasi. https://www.facebook.com/Megan204efp?ref=ts&fref=ts
Ci si vede in fondo.


Can I Begin Again?


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I need a wrecking ball
I want the sky to fall
God I feel so small tonight
I need a wrecking ball
I could crash and fall
could it break my walls
and make it right
can I begin again?
-Rachel Platten, Begin Again.

Ho sempre amato il vuoto, fin da bambina.
Il vuoto voleva dire silenzio, il vuoto voleva dire che Marcus era fuori casa, il vuoto voleva dire libertà.
Non ho mai davvero capito, cosa potevo trovare davvero in quel silenzio così opprimente, ma ora l’ho capito.
Nel vuoto trovo me stessa.
Ho sempre rimesso insieme i pezzi che Marcus strappava coi suoi schiaffi, sperando di avere abbastanza tempo per farli incollare tra loro, pronta ai prossimi colpi.
E anche stavolta, non è cambiato nulla.
Sono in una camera concessami dai Pacifici, a rigirarmi le lenzuola tra le dita dopo neanche due ore di sonno.
Faccio fatica a capacitarmi di tutto, come se il mio cervello rifiutasse ogni singola cosa.
Ho dovuto metabolizzare tutto in un giorno, dalla simulazione, al salutare i miei amici, al resto.
Soltanto pensare al suo nome mi fa venire la nausea.
Appoggio la testa al muro, prendendo un respiro profondo.
È strano dirlo, ma fa male.
Io, quella che sente sempre troppo poco le emozioni sento questo dolore bruciarmi sulla pelle, come sale sulle ferite fresche.
E come se non bastasse, condivido di nuovo la fazione con mio padre.
Dovevo decisamente sparargli al quartier generale degli Intrepidi, senza pensarci su più di tanto.
Parlando di pistole, infilo la mano sotto al cuscino, stringendo l’arma tra le mani.
Johanna, la capofazione, pretendeva di aver in consegna tutte le nostre armi, ma io non lascio la mia pistola.
Non ci metteranno tanto a capire dove siamo, d’altronde le fazioni sono rimaste essenzialmente due, e devo essere pronta, non disarmata come vogliono questi svitati.
La vita pacifica non fa assolutamente per me, vedere gente cantare e saltellare tutto il giorno altera ancora di più il mio sistema nervoso.
Sembrano usciti da un mondo perfetto, come se la guerra li scivolasse addosso senza nemmeno far rumore.
Ho il vago sospetto siano sotto effetto di qualche strana sostanza, perché è matematicamente impossibile essere così maledettamente rilassati e felici.
Sarò un po’ inquadrata, ma anche indossare i loro vestiti colorati mi infastidisce, per quanto questi possano starmi bene.
Sorrido leggermente, immaginandomi i suoi commenti velenosi nel vedermi in queste condizioni, anche se probabilmente sarebbero i miei stessi commenti a fregarmi.
Stufa, lancio le lenzuola di lato alzandomi dal letto e uscendo dalla camera, per infilarmi nel primo bagno che trovo.
È notte fonda, quindi dubito di incrociare qualcuno e me la prendo con molta calma.
Mi chiudo la porta alle spalle, tentando di darci un giro di chiave, cosa inutile in quanto la chiave non c’è.
Sbuffo, appoggiandomi al lavandino.
Per la prima volta, dopo aver lasciato la mia camera nella residenza Intrepida, mi vedo allo specchio.
Sono esattamente come sospettavo, stanca.
Gli occhi, stranamente più verdi, sono circondati da occhiaie ben marcate e da un rossore strano, mentre le guance sono bianche, lasciando in risalto gli occhi e le labbra.
Il mio fisico risente della situazione, soprattutto per il fatto che nell’ultima settimana ho dormito due ore a notte, arrivando a reggermi a malapena in piedi.
Con uno sguardo quasi disgustato, mi guardo la spalla.
Sono stata contraria a qualsiasi tipo di medicazione fatta da altri, quindi mi sono arrangiata.
Il risultato non è dei migliori, ma ho smesso di sanguinare e non sento il dolore, grazie ad un fantastico antidolorifico sgraffignato dall’infermeria di questo posto.
Cerco di lavarmi delicatamente il sangue secco intorno alla ferita, colorando il lavandino di rosso.
Non ho mai avuto grandi problemi con il sangue, ma adesso incomincia a nausearmi.
C’è stato troppo spargimento di sangue, per soltanto 24 ore.
Basta pensare, devo dormire.
Torno nella mia camera, sperando che il sonno prenda il sopravvento, ma anche stanotte non va così.


«Chi è?!» Rispondo brusca, sentendo bussare alla porta.
«Quattro.» Borbotta mio fratello aprendo e infilandosi in camera.
È sempre lo stesso, eccezion fatta per la maglietta rossa che indossa, non ha segni evidenti di ciò che è successo e sembra piuttosto tranquillo, in linea di massima.
«Prova a essere meno scorbutica, avrai vita più facile.» Commenta appoggiandosi al muro e incrociando le braccia.
Stringo gli occhi in una delle mie più cattive espressioni, ignorando bellamente le sue parole.
Al diavolo lui e i Pacifici.
«Conviene che ti cambi, tra poco i Pacifici sceglieranno la nostra sorte.» Riprende fissandomi.
«Che gioia essere in mano ad un branco di pazzi, non vedevo l’ora. Vado a farmi una doccia, poi arrivo.» Rispondo piccata, arricciando le labbra nella mia solita smorfia schifata.
Esco senza nemmeno curarmi di Quattro, per tornare nuovamente in quel cubicolo chiamato bagno.
Apro la porta con una manata secca, non curandomi di chi può esserci all’interno.
La prima cosa che noto è un cartello colorato, perché è tutto schifosamente colorato, che dice a grandi lettere ATTENZIONE! PER RISPARMIARE ACQUA LE DOCCE DURANO SOLO CINQUE MINUTI.
«Al diavolo voi e i vostri cinque minuti.» Ringhio a bassa voce.
«Mi mancava un po’ di sana acidità, grazie Hayley.» Commenta una voce proveniente dal fondo del bagno.
Sono così tanto allucinata che non ho nemmeno notato Tris, appena uscita dalla doccia.
Ghigno appena, guardandola.
«Divento pazza se sto più di una settimana in questo posto, io vi ho avvisato.» Aggiungo, togliendomi la maglietta.
«L’acqua è fredda, buona doccia.» Borbotta Tris, uscendo dal bagno.
Finalmente qualcosa che mi ricorda casa.
Sto ben più di cinque minuti, ma nessun pacifico è venuto a spararmi, quindi va tutto bene.
Apro la porta della camera, trovando sul letto dei vestiti piegati.
Mi avvicino, esaminandoli attentamente.
Sono seriamente vestiti.
I pantaloni in questo posto non vanno di moda?
Sbuffo, rigirandomi tra le mani questa tenda a forma di vestito, desiderando ardentemente un paio di pantaloni.
Li avranno finiti e ovviamente a me tocca il vestito, manco fossi una stupida bambola.
Il vestito è senza spalline e tocca il pavimento, esattamente come una tenda.
Sciolgo i capelli, lasciandoli ricadere sulle spalle, da sentirmi un po’ più coperta.
Vedo la mia felpa nera, abbandonata in un angolo del letto e la fisso qualche secondo: al diavolo gli abbinamenti.
La afferro e me la infilo, creando una combinazione abbastanza strana, ma non mi importa.
Questa felpa nera è una delle poche cose che ancora mi distingue dal resto.
Io sono un’Intrepida e lo rimarrò sempre, nonostante la mia fazione sia divisa e mi voglia uccidere, io sarò sempre una di loro.
Perché in questi anni se c’è una cosa che ho imparato è che non importa quante volte riinizi da zero, tu sarai sempre la bandiera del tuo passato.
Andrò avanti, come ho fatto quando ho lasciato gli Abneganti.
Sono arrivata negli Intrepidi non pretendendo di essere qualcun’altra, ho semplicemente messo da parte il passato, conservandone soltanto gli insegnamenti.
Ho ricominciato senza dimenticarmi di Marcus e di mia madre, ho ricominciato ricordandomi ogni giorno chi io fossi, da dove venissi e perché ero lì.
Non ho problemi a ricominciare di nuovo, perché non ho bisogno di una fazione.
Non ho bisogno di essere definita da un test o di appartenere a qualcosa. Ho una mia identità e una mia indipendenza, ho un carattere che permette di adattarsi a qualsiasi situazione, ho tanta forza d’animo, anche se al momento ho qualche dubbio.
Ho le carte in regola per ricominciare, anche senza Eric.
È la prima volta, da quando sono arrivata qua, che riesco a pensare al suo nome.
La nostra è sempre stata una questione di scelte, e come lui ha fatto la sua, io farò la mia.

Esco dalla camera, cercando mio fratello o Tris.
Non pensavo che Quattro potesse innamorarsi, e invece eccoci qua.
Ghigno appena, orgogliosa del mio fratellino; Tra i due sono sempre stata la meno problematica per quanto riguarda i sentimenti, ma il signorino mi sta battendo lentamente.
Quando si dice che l’allievo supera il maestro.
Neanche a farlo apposta, incrocio lui, Tris e Caleb in corridoio, mentre si dirigono dai Pacifici.
«Ci voleva una fuga per farti tagliare i capelli?» Esordisco, guardando la nuova capigliatura di Tris, che alza le spalle in segno di resa.
Vuole completare il suo cambiamento.
Vedo Quattro accanto a lei che studia il mio abbigliamento, per cui prima che possa dire qualcosa lo riprendo con tono duro:
«Azzardati a dire qualcosa e sei morto.»
Lui allarga le braccia in segno di resa, sapendo bene che mantengo le promesse.
«Gli Abneganti sanno che siete figli di Marcus?» Borbotta Caleb, rivolto a me e a Quattro.
Gli lancio un’occhiata di fuoco, mentre mio fratello risponde placidamente:
«Non che io sappia, e gradirei che non ne parlassi.»
La calma che contraddistingue mio fratello è impressionante, probabilmente mia madre ne ha data una doppia dose a lui, lasciando me a secco.
Non ce n’è bisogno. Chiunque abbia gli occhi può vederlo da solo. Quanti anni avete, comunque?»
«Diciotto.» Risponde annoiato mio fratello.
«E non pensi di essere troppo grande per stare con la mia sorellina?»
Tobias scoppia in una breve risata. «Lei non è la sorellina di nessuno.» 
«Dio, grazie per essermi evitata questi discorsi!» Esclamo alzando gli occhi al cielo.
«Anche perché sarebbero finiti a coltellate.» Borbotta Quattro, lanciandomi un’occhiataccia.
Sì, sarebbero finiti a coltellate.
La scena che mi si para davanti la definirei inquietante.
Un enorme ammasso di pacifici, seduti a terra, con gli occhi rivolti ad un enorme albero al centro della struttura, dove Johanna sta in piedi, in modo da far da portavoce per tutti.
Sembrano una di quelle sette tanto popolari migliaia anni  fa.
Mi mordo il labbro per non lasciarmi sfuggire uno dei miei soliti commenti aspri, per poi sedermi accanto a Quattro, che flirta con la sua fidanzata.
Dio, sono diabetici.
Pur essendo vestita quasi come loro, riesco a spiccare lo stesso.
Negli altri pacifici non riconosco il mio sguardo teso così come non ne trovo la fierezza negli Abneganti.
Siamo un mondo a parte.
«Oggi dobbiamo affrontare una questione urgente e cioè: in quanto persone che perseguono la pace, che comportamento adottiamo in questo frangente di guerra?» Inizia Johanna, zittendo con un gesto la sala. Apprezzo che si siano accorti che c’è una guerra, davvero.
I Pacifici iniziano a parlare a piccoli gruppetti, per poi fondersi l’uno con l’altro, fino a raggiungere un enorme gruppo, rappresentato da poche voci.
«Questi mi fanno paura.» Sussurro a mezza voce, mentre Tris ghigna appena.
La pensiamo allo stesso modo, non certo come Quattro che trova il tutto affascinante.
Sono pronta a sentire la sentenza di questi individui, e una piccola parte di me, la più inconsapevole, spera che ci rimandino a calci in città, dove posso cercare i miei amici e uccidere Eric.
Sembro leggermente bipolare, ma ucciderlo resta uno dei miei obbiettivi, nonostante i miei pensieri schifosamente mielati.
«Fin da quando abbiamo memoria, la nostra fazione ha sempre intessuto un legame molto stretto con gli Eruditi. Per sopravvivere abbiamo bisogno gli uni degli altri, e per questo abbiamo sempre collaborato. Ma anche i nostri rapporti con gli Abneganti sono sempre stati ottimi, e non pensiamo sia giusto ritirare la nostra mano amica dopo averla tesa così a lungo. Pensiamo che l’unico modo per preservare la nostra amicizia con entrambe le fazioni sia rimanere imparziali e non farci coinvolgere. La vostra presenza qui, per quanto benvenuta, complica le cose. Siamo giunti alla conclusione che apriremo il nostro quartier generale ai rifugiati di tutte le fazioni, ma a una serie di condizioni. Primo: nella residenza non sono ammesse armi di nessun genere. Secondo: se dovesse scoppiare un conflitto, fisico o verbale che sia, tutte le persone coinvolte saranno invitate ad andarsene. Terzo: di tale conflitto non si potrà discutere, neanche privatamente, all’interno di questa residenza. Quarto: chi si ferma qui deve contribuire al benessere della collettività con il proprio lavoro. Non appena possibile riferiremo tutto questo agli Eruditi, ai Candidi e agli Intrepidi.» Prende un respiro, puntando gli occhi sul piccolo gruppetto Intrepido. «Siete i benvenuti, ma potete restare se e solo se siete in grado di attenervi alle nostre regole» dice. «Questa è la nostra decisione.»
Il suo sguardo si sposta su di me.
Marcus l’ha avvisata.
La bomba pronta a esplodere sono sempre stata io.
Le rivolgo un ghigno, lasciandole comprendere che non diventerò Pacifica per loro, e non appena potrò me la filerò alla svelta.
E poi, non siamo bravi a evitare i conflitti.
Con un cenno della testa mi alzo, lasciandomi tutti alle spalle.
Non ho lasciato Jeanine decidere della mia vita, non lascerò certo che sia una Pacifica con una cicatrice in faccia a dirmi cosa devo fare.
Mi infilo in camera mia, sbattendomi la porta alle spalle e afferrando l’arma che ho nascosto in un cassetto.
Io non sarò mai una di loro.
Mi siedo sul letto, rigirandomi la pistola tra le mani.
Io sono più forte di tutti loro messi insieme e non mi schiacceranno così.
Sento bussare e senza neanche preoccuparmi dell’arma rispondo:
«Avanti.»
Tris entra in camera, fissandomi le mani.
«Quella non dovresti averla.» Mi fa notare in tono monocorde.
«E i Pacifici non sono nessuno per dirmi cosa devo fare.» Ribatto tranquilla, appoggiandomi al muro.
Vedo Tris leggermente più cupa del solito, per cui chiedo:
«Tutto bene?»
«Marcus sa più di quanto sappiamo noi. E non vuole dirlo nemmeno a Johanna.» Alla mia occhiata interrogativa riprende «Li ho seguiti nel frutteto.»
«Cosa si sono detti?» Chiedo ignorando bellamente il fatto che Tris abbia origliato una conversazione altrui, cosa che negli Abneganti non ricordo insegnino.
«Marcus sa qualcosa di più riguardo l’attacco. Intendo, sa il perché. Lui sa cos’ha spinto Jeanine ad agire e cosa ha spinto gli Intrepidi ad allearsi con lei.» Butta fuori tutto d’un fiato.
«Cioè?» La incito, scacciando ogni istinto di darle io quelle risposte.
«Gli Abneganti hanno un’informazione che vuole Jeanine e sono morti per proteggerli. Credo che i miei genitori siano morti per questo.»
«Cosa?» Esclamo, sorpresa per la prima volta.
Gli Abneganti con un segreto di tale importanza da scaturire una guerra.
Stringo gli occhi, cercando una spiegazione che evidentemente non c’è, o sfugge alla mia intelligenza.
«Ma Marcus non ne vuole più parlare con nessuno, nemmeno con Johanna che a loro detta è amica sua da anni. Tuo padre Hayley ha la chiave per capire cosa diavolo sta succedendo e non vuole darla a nessuno.» Conclude Tris, con le guance arrossate.
«Quello non è mio padre. E comunque sta tranquilla, troverò un modo per farlo parlare. A costo di ucciderlo e appenderlo a quel maledetto albero.» Ribatto fredda.
Anche questo, in qualche modo, è colpa di mio padre.
È riuscito a rovinarmi la vita per la seconda volta in diciotto anni.
Ma no, stavolta non gliela darò vinta.
«Sai, credo che gli Intrepidi siano stati soltanto stupidi a farsi abbindolare, non hanno loro tutte le colpe» So che lo sta dicendo per farmi sentire meglio, ma ha effetto contrario.
«Siamo oneste Tris, gli Intrepidi hanno fatto un massacro. Hanno messo sotto simulazione un’intera fazione per essere alla mercé di Jeanine, noi che eravamo una fazione fondata anche sull’indipendenza. Non serve a nulla giustificarli. Sono mostri.» Mi appoggio al muro, chiudendo gli occhi.
Dirlo a voce alta fa decisamente più male che pensarlo solamente.
Vedo Tris che cerca qualcosa di intelligente da dire, ma sembra non avere successo.
«Ed Eric?» Chiede semplicemente, studiando le mie reazioni.
Sul momento mi sento come congelata, nel sentire il suo nome sotto forma di suono e non di pensiero.
Ed è buffo sentirsi congelata per una che di soprannome fa Ice.
«Eric è un capofazione responsabile del massacro. Lo capisco sotto alcuni aspetti, ma non condivido. Insomma, è stato formato con l’idea che i divergenti sono brutti e cattivi, non lo colpevolizzo per questo. Ha seguito quello che gli hanno inculcato in testa fin da bambino. Ed è un ideale sbagliato, ma è pur sempre l’unico che ha, e io posso solo odiarlo per quello che ha fatto, come è giusto.» Concludo, riaprendo gli occhi.
«Sai Hayley, è divertente…tu dici che lo odi, ma il modo in cui parli di lui, è chiaro. Anche quando lo odi, tu lo ami ancora.*»
Resto bloccata, come se qualcuno mi stesse immobilizzando contro al muro.
È la prima volta che qualcuno mi dice che ne sono innamorata a voce alta.
Alzo lo sguardo, sorridendo appena.
«Si capiva sai? Eri l’unica in tutta la residenza che faceva quel che le pareva con lui, rimanendo viva.»
Ha ragione, ero l’unica.
«Lo sai vero che non mi farò problemi a piantargli un proiettile in mezzo al petto vero? Ha fatto troppo male a troppe persone, me inclusa. Gli sono stata accanto davvero nonostante tutto.» Dico guardandola decisa.
È la più pura verità.
Arriverà il momento in cui dovrò scendere a patti con me stessa e sono pronta.
«Sei disposta a fare una scelta così complicata?» Chiede, studiandomi.
«Siamo donne, le nostre non sono mai scelte facili.»** Ribatto rapida, studiando Tris lentamente.
Questa è la mia sorte, la accetto senza problemi, come sempre.
«Forza, andiamo da Quattro.» Riprendo cambiando discorso e rimettendo a posto la pistola, ben nascosta nel comò.
Tris sembra capire la mia voglia di fuggire dall’argomento, perché anche lei sta scappando da qualcosa.
Non ho voglia di fare domande, ma sta scappando da Will.
Non credo l’abbia detto a Quattro o mi avrebbe già ricoperto di domande, ma in fondo è una sua scelta, e come tale va rispettata.
Mi sono persa il passaggio in cui rispetto le scelte altrui, ma poco importa se sto bene così.
Davanti alla porta di Tobias io e Tris riusciamo chiaramente a distinguere due voci.
«No, non così» dice Tobias ridendo.
«Che cosa intendi con “non così”? Ti ho imitato alla perfezione.»
«Non è vero.»
«Be’, allora rifallo.»
La seconda voce sembra appartenere a Caleb, presentimento confermato quando apro la porta e noto mio fratello intento a lanciare coltelli contro un pezzo di formaggio.
Piego la testa di lato, confusa.
«Dimmi che è una specie di prodigio anche per gli Intrepidi. Oppure sei capace di farlo anche tu?» Chiede Caleb con tipica curiosità Erudita.
«Saprei anche fare di meglio, io.» Rispondo in tono annoiato, sedendomi accanto a Quattro.
Il ragazzo sembra deprimersi, mentre si infila in una conversazione strana con la sorella.
Sembriamo quasi delle persone normali, quattro fratelli chiusi in una camera a giocare con dei coltelli.
Infatti, quasi normali.
«Non vorrei interrompere, ma per quale oscuro motivo vi state accanendo su una forma di formaggio apparentemente innocente?» Chiedo stringendo le labbra in una smorfia perplessa.
«Caleb è passato per discutere di una cosa. E non so come, siamo arrivati al lancio dei coltelli.» Risponde Quattro tranquillo, lasciandomi sempre più dubbiosa.
«E a chi non sarebbe venuto in mente?» lo provoca Tris, dandomi man forte.
Ah, gli uomini.
Tris e mio fratello si fissano imbambolati per parecchi secondi, costringendomi a schiaffarmi in faccia le mani, che disperazione.
Caleb si schiarisce la voce, annunciando di dover andare in camera a leggere un libro sulle tecniche di agricoltura pacifiche…
Cosa?
Esistono libri a riguardo? 
Bene, ora ho capito a pieno perché sono diventata Intrepida e non Erudita.
Accorgendosi probabilmente del mio sguardo stralunato, non sono capace a nascondere i pensieri, dice:
«Scusate, probabilmente state pensando anche voi che sono pazzo.»
«Tu credi? Per me puoi andare avanti fino a domani, non ti sto ascoltando.» Rispondo docilmente, sbattendo le ciglia come un’idiota.
«Niente affatto» dice Tobias, prendendolo un po’ in giro. «Forse anche tu dovresti leggerlo, Tris. Secondo me potrebbe piacerti.»
Quattro si becca due occhiatacce in contemporanea, mentre Caleb finalmente lascia la stanza.
«Tris, tuo fratello è strano.» Esordisco non appena la porta si chiude.
Lei alza rassegnata le spalle, come a dire “io non posso farci assolutamente nulla”.
«Grazie mille! Ora mi farà una testa così con le tecniche di filtrazione dell’acqua. Anche se mi sa che è sempre meglio del vero argomento che vuole discutere con me.»
«Ah, sì? E cioè?» Inarca il sopracciglio. «Acquaponica?»
«Acqua-che?» Chiediamo insieme io e la bionda, perplesse.
«È uno dei sistemi di coltivazione che usano qui. Ti risparmio i dettagli.»
«Ecco, bravo. Di cosa voleva parlarti?»
«Di te… Mi ha fatto il discorsetto del fratello maggiore. “Non fare il cretino con mia sorella” e roba del genere.» Si alza. «E tu che cosa gli hai risposto?»
«Gli ho raccontato di come ci siamo messi insieme: è così che è saltato fuori il lancio dei coltelli. Poi gli ho assicurato che non sto facendo il cretino.»
«Ehi vi devo lasciare la camera?!» Riprendo finalmente parola, pronta ad alzarmi. «Anzi domanda retorica, me ne vado di mia spontanea volontà. Io e Tris siamo venute qua per informarti che Marcus è un grandissimo bastardo, anche se si sapeva già, ma di questo te ne parlerà lei. Vi lascio al vostro diabete, ci si vede domani.» Ed esco, ghignando alle loro espressioni sconvolte.
In camera mia ho soltanto un tarlo che mi perseguita da qualche minuto:
Quando arriverà il momento, sarò in grado di uccidere davvero Eric?




1.    Hayley Marshall a Rebekah Mikaelson, riguardo Klaus Mikaelson, The Originals 1x02
2.    Titanic, film di James Cameron, 1997

Salve a tutti!
Sono un po' in ritardo, lo so, chiedo venia, ma la scuola mi ha assorbito a pieno e quest'estate mi sono goduta il mare.
Arriviamo al capitolo, la nostra Hayley è un po'alterata.... Ma poco poco....
Rivedrà Eric, esattamente tra quattro capitoli, forse anche meno, e avrà tempo di caricarsi ben bene.
Non odia i Pacifici, solo non li sopporta!
Arrivando a noi, preferite accorpi due capitoli insieme così l'attesa si accorcia (?) o proseguo normale.
Al prossimo capitolo con..... Evelyn.
Non so quando aggiornerò perchè sto facendo mille cose insieme, ma spero al più presto.
Mi siete mancati un po' lo ammetto.
Megan
  
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