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Autore: voidsiilviasw    25/10/2015    2 recensioni
Ci saranno tante cosa al quale Thomas dovrà abituarsi e altrettante di cui dovrà fare a meno.
Le cose o le persone perse in genere non tornano, ciò che perdi non ritorna su un piatto d'argento.
La mancanza è come un'opera d'arte preziosa: sta dietro una bacheca di vetro ed è insieme a ciò di cui hai più bisogno in assoluto ma tu sei lo spettatore e di conseguenza non puoi afferrarla.
Sei un passo dal raggiungerla ma cento dal prenderla. La mancanza delle assenze è straziante e questo Thomas lo sapeva, era come se fosse rinchiuso in una gabbia e avesse visto qualcosa di bello ma sapeva di non poterlo raggiungere, sapeva tutto questo e sapere di sapere lo tormentava notte e giorno fino a quando...
Genere: Angst, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Newt, Thomas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Ho deciso di scrivere un sesto capitolo di conseguenza è questo il penultimo. Le note infondo! Buona lettura. :)









*

“Merda, merda e ancora merda. Guarda!”
“Che...Oh merda seriamente. Che diavolo sta combinando quel ragazzo?”
“Non lo so, non lo so...Non lo so! Ti prego fa qualcosa, potrei impazzire. Ti prego.”
“Calmati.”
“No! Non mi calmo! Guarda i livelli! Ora muore e sarà tutta colpa mia.”
“Newt, che cosa stai dicendo?”
“Si, non dovevo tornare, non dovevo salvarmi. Io...Io dovevo restare morto.”
“Stai zitto! E' un miracolo che tu sia vivo e vegeto, un po' andato ma non si può essere perfetti. Dico bene?”
“Dovevo morire e basta.”
“Dico BENE!?”
“Ma guardalo come posso non darmi la colpa. Guarda quei caspio di livelli.”
“LI vedo, non sono cieca. Non alteriamoci, mantieni la calma che poi ritorni spaccato come allora.”
“Forse sarebbe meglio.”
“Sei scemo o cos'altro?”
“Sono Newt un fottuto spaccato resuscitato.”
“Sei un idiota, ecco cosa sei, un idiota.”
“Non hai tutti i torti eh.”
“Ora se continui me ne vado e lascio a te il computer e Thomas.”
“No, no, no sta ferma! Facciamo così, tu ti tieni il computer e a me dai Tommy. Equo dai.”
“Solito idiota che sei.”
Lei fece una breve risata nonostante la brutta situazione.
“Va bene Newt. Tom tutto tuo.”
“Così si ragiona! Va che lo chiami di nuovo Tom. Migliori.”
“Vorrei migliorare.”
“Ci servirebbero cure mediche, sai che io non sono un genio in ste cose. Faccio quello che posso.”
“Non preoccuparti per me, preoccupati di Thomas invece.”

*

 

Thomas sferrò un pugno in faccia a Minho, questo cadde a terra come un peso morto. L'asiatico era stordito e subito non capì che cosa stesse succedendo.
Gli altri dell'accampamento base si erano spaventati per l'eccessiva reazione di Thomas a quel nomigliono, “Tommy”. Molti non sapevano perchè gli desse così fastidio, altri invece non volevano nemmeno sapere, si limitavano a guardare la scena inorriditi.
Forse dovevano lasciarli sfogare o magari no, nessuno avrebbe potuto immaginare ciò che accadde dopo.
Thomas era fermo immobile in piedi e fissava l'amico sdraiato al suolo, perdeva sangue dal naso ma questo a lui non importava molto. La rabbia era tanta e questo gli fece quasi paura, l'adrenalina si diffondeva nel corpo come fosse una tossina, i muscoli bruciavano come legna sul fuoco che arde mentre il cuore pompava schizzando sangue nelle vene; gli faceva male la mano e soprattutto le nocche ma l'eccitazione era troppa per preoccuparsene.
“Brutto bastardo, perchè mi hai tirato un pugno?” Disse Minho ancora steso a terra.
“Non capisci, tu non capisci mai, vero? Mai. Non sei arrivato alla conclusione del labirinto, non hai protetto chi andava protetto nella zona bruciata e a Denver sei stato un idiota!”
“Thomas, mi stai dando del pive senza cervello?”
“Si, proprio così Minho.”
“Potrei ucciderti.” Disse l'asiatico guardando l'amico dal basso verso l'altro. Era ancora per terra a pulirsi il naso sporco di sangue con la maglietta.
“Potrei ucciderti” queste parole suonavano famigliari a Thomas, un vago e lontano ricordo di Newt riemerse.
“Fallo. Uccidimi! Sono stanco di tenermi tutto dentro, di guardarvi vivere una vita apparentemente felice. Sono stanco!”
“Thomas?” Chiese Brenda che stava aiutando Minho ad alzarsi.
“Si Brenda, sono proprio stanco di tutti e soprattutto del cervo per colazione, pranzo e cena!”
“Oh non insultare il mio cervo!” Frypan si aggiunse alla conversazione.
“Sei un pive.”
“La domanda mi sorge spontanea: Perchè te l'ha sei presa così tanto se ti ho chiamo Tommy? Uno non mi tira un pugno per questo, non ti azzardare mai più.” Minho rivolse uno sguardo all'amico, non sembrava più pazzo schizzato come poco fa. Strano, davvero strano.
“Sono fatti miei, ora vattene prima che ti tiri un altro pugno.” Disse Thomas con lo sguardo fisso sulla nuda terra.
“No, no. Cosa hai promesso a Newt?” La voce dell'asiatico cambiò di nuovo, sembrava stesse sussurrando da dietro una porta, era inquietante.
“Si infatti! Cosa gli hai promesso? Non sentivo pronunciare quel nome dalla tua bocca da parecchio tempo.” Obbiettò Aris.
“Tu marmocchio stanne fuori o sarai il primo a ricevere botte.” Thomas squadrò Aris con uno sguardo assassino, doveva averlo visto proprio male perchè l'amico indietreggiò.
“Vediamo di non scaldarci tanto hermano!” Jorge tentò inutilmente di calmare un mare ormai già in tempesta.
“Thomas, te lo ripeto un'ultima volta: Che cosa hai promesso a Newt?” Disse Minho ormai con la voce totalmente bassa, cupa e roca.
“Non posso dirtelo.” Thomas aveva la testa fra le mani sporche di sangue.
In quel preciso istante Minho si attivò, era stato a terra tentando di capire la situazione dopo il pugno ricevuto, si era alzato con l'aiuto di Brenda e fissando Thomas negli occhi aveva capito che c'era sotto qualcosa, Newt era un suo amico e lui doveva sapeva, voleva conoscere i fatti ad ogni costo pure se quel costo significava fare del male a qualcuno.
“Thomas, Tom, Tommy o come caspio ti chiami o me lo dici o mi vedrai seriamente arrabbiato.”
“No, Minho.”
Thomas era davanti all'asiatico, pensava e ripensava, cinque miseri anni di apparente benessere e poi, poi per una maledetta voce nella mente tutto è andato in merda. Cercò lo sguardo di Gally ma quest'ultimo era sparito dalla folla.
“Dimmelo!”
“Non posso!” Urlò Thomas. Stava quasi per piangere, lo sapeva, sentiva gli occhi gonfiarsi di lacrime e il respiro farsi più affannato.
“Dimmelo o ti spacco la faccia! Dimmelo!”
I presenti avevano le bocche spalancate, la tensione cresceva, l'ansia aveva preso il controllo sulla maggior parte delle cose, tutti si aspettavano il meglio quando successe il peggio.
“Dimmelo Thomas!” Minho si era avvicinato vertiginosamente al corpo disperato dell'amico, voleva picchiarlo? Voleva capirlo? Chi lo sa.
Tutto era appeso ad un filo quando una voce, il solito timbro vocale parlò di nuovo nella mente di Thomas.
“Tommy per favore, qualunque cosa tu stia facendo calmati.”
“Cosa. Cosa vuoi da me! Esci dalla mia testa, vattene.” Disse il ragazzo ad alta voce.
“Per favore, Tommy, fai ciò che dico.” continuò la voce della mente.
“Tu dovevi tornare, dovevi ma ora sei solo un fantasma nella mia testa! Vattene! Tu eri morto! Io ti ho ucciso, i morti non tornano!” Urlò Thomas davanti a tutti ormai sbigottiti per ciò che stava accadendo.
“Ucciso chi?” Il volto di Brenda assunse un'espressione interrogativa.
“Già ucciso chi, T O M M Y.” Disse Minho.
“Tu eri morto...Io ti ho..ti ho ucciso! Solo lui poteva.” continuava a ripete Thomas ormai in lacrime disperato come pochi, ma solo come tanti.
“Poteva fare cosa? Chi?”
“Solo lui poteva chiamarmi Tommy, Minho capisci? Io lo ho ucciso!” Si era arreso, era crollato come un castello di vetro, tutto il mondo costruito in quei cinque anni stava cadendo a pezzi proprio come la W.I.C.K.E.D. Questa era caduta affondo disgregandosi completamente così stava facendo anche Thomas, stava seguendo nell'abisso tutti gli orrori passati.
“Di chi parli?” Chiese Aris con voce allarmante.
Minho stava guardando Brenda, non sapeva che cosa fare e che cosa dire. Non aveva ancora bene afferrato chi fosse il morto o forse lo aveva capito, ma voleva esserne sicuro. Voleva fosse chiaro a tutti.
“Thomas, chi hai ucciso?”
“Per dio, ho ucciso Newt! Gli ho sparato dritto in fronte! Ti è chiaro?!”
Minho lo fissava con occhi sgranati e rosso fuoco.
“Gli ho sparato! Lo ho ammazzato. Io ho ucciso il mio migliore amico. Io... Io l'ho davvero ucciso guardandolo negli occhi.”
Thomas cadde in ginocchio davanti a tutti, singhiozzava e respirava a fatica. Il suo sguardo era pieno di orrore e tristezza, stava ricordando quel momento, tutto stava riaffiorando. Sembrava reale tanto quanto l'esperienza di cinque anni fa.
Minho era davanti a lui, il suo respiro invece era aumentato, si sentiva l'aria che entrava e usciva dalla sua bocca, si percepiva la rabbia, questa era quasi palpabile da tanta che era e come un fulmine, l'asiatico si scaraventò su Thomas ormai debole mentalmente.
Lo immobilizzò e poi iniziò a picchiarlo a sangue urlando come un dannato cose senza senso, Brenda e Jorge tentarono di fermare subito la rissa ma ricevettero solo delle gran spinte e urla in faccia, Aris provò a sua volta ma Minho gli tirò per sbaglio una gomitata in pieno volto facendolo sbattere per terra come un sacco di patate.
Thomas era sotto l'asiatico, sentiva il gusto rame del sangue in bocca, doveva avere un aspetto orribile. Minho era nettamente più forte di lui, era massiccio e muscoloso, ogni colpo che tirava nel ventre di Thomas era ben assestato, sapeva dove colpire.
Se non si fosse liberato subito forse sarebbe morto come un cane, sentiva rumori ambigui e poi, poi sentì un rumore secco e un dolore lancinante gli percorse l'addome.
Si era rotta una costola.
Il male che provava era imparagonabile, era un fastidio che cresceva ed aumentava, il dolore non era solo nella parte alta del tronco bensì si espanse in ogni parte remota del corpo inerme. Se Minho non avesse smesso, se lui non fosse stato salvato o se non si fosse messo in salvo dalle grinfie dell'amico sarebbe decisamente morto e forse sperava nell'ultima opzione, forse desiderava davvero morire dopo ciò che aveva fatto.
Thomas guardava già il cielo come se fosse per l'ultima volta, l'ultimo istante da vivo poi li richiuse, aspettava solo lei, una certezza per tutti: aspettava la morte.
“Me lo merito” si disse, il dolore era così forte che quasi non lo sentiva più. Si dice che quando le persone soffrono molto arrivano ad un certo punto in cui il male che provano è così alto da risultare nullo, inesistente, impercettibile.
Questo stava provando Thomas, steso a terra a desiderare di essere morto.
Tutto stava andando per il verso sbagliato, la fine sembrava ormai giunta quando una mano, la stessa mano che voleva aiutarlo prima ricomparse, grande e consumata, la persona era in carne, ma Thomas non la vedeva bene perchè aveva gli occhi gonfi e viola per le botte. Sentì varie grida e urla e poi capì che si stava muovendo, qualcuno lo stava trascinando via dalle mani di Minho.
Non curante di chi fosse quella persona, fregandosene dei presenti, Thomas iniziò a piangere come non aveva mai fatto in vita sua, pianse fino a sentir male agli occhi, pianse con i singhiozzi e il dolore al petto, pianse e non se ne vergognò.


*

“Sembra si sia calmato. Come è possibile? Poco fa i livelli schizzavano su e giù.”
“Qualcosa di brutto è capitato ed evidentemente ora è passato.”
“Quel ragazzo è la mia disperazione.”
“Direi più la tua ancora di salvezza, Newt.”
“Molto accurata come frase.”
“Ehh, ormai sono esperta.”
“Tu piuttosto come stai?”
“Ho sempre male alla schiena, continuo a dimagrire. Ee..sai come sta andando la situazione: Una merda.”
“Se ti perdo non so più da che parte girarmi, dove guardare e che cosa fare.”
“Oh ma che carino, il bello è che poco fa volevi uccidermi.”
“Non potrei mai, lo sai.”
“Non mi fido di un vecchio spaccato zoppo e biondiccio.”
“Ah tu non ti fidi di uno zoppo e mezzo andato, ma io dovrei fidarmi di una in sedia a rotelle? Si si, tutto comprensibile.”
“Io sono una donna, io ho sempre ragione. Zucca vuota!”
“Sei una lumaca!” Newt fece una risata, una vera risata dopo ore ed ore di stress.
“Ah si? Questo lo dici tu!”
“Che pivellaaa!”
“Facciamo una gara nel corridoio, ci stai?”
“Una gara? Di corsa? Lo zoppo contro la sedia a rotelle? Oh cazzo! Si, per favore.”
“Tanto vinco io, zoppetto.”
Newt prese la sedia a rotelle della ragazza e l'accompagnò nel grande corridoio fuori dalla stanza, posizionò la sedia e poi fece qualche salto per riscaldarsi i muscoli.
“Guarda che io ero un velocista!” Newt fece l'occhiolino all'amica.
“Eh già, ma qua non sei nel labirinto quindi fa poco il gradasso.”
“Ti batto, oh si, ti batto.”
“Pronto?”
“Sono nato pronto! Al mio tre!”
“Vai!”
“Tre...”
“Tre? E gli altri numeri?”
“Ah giusto!”
“Newt! Ma sai contare? Devi fare un conto alla rovescia ben fatto. Che idiota.” La ragazza iniziò a ridere come non faceva da tanto tempo.
“Oh merda, hai ragione. Riproviamo!”
“Non sbagliare!”
“Uno...Due....Tre...ANDIAMO!”
“Bene così!”
I due amici presero a 'correre' nel corridoio, Newt zoppicava molto più di quanto si ricordasse mentre la ragazza si dava da fare con la sedia a rotelle, spingeva e spingeva anche se sembrava non avere la meglio nella sfida. Il corridoio era lunghissimo, circa duecento metri, sembrava infinito, se fosse andata avanti così lei avrebbe perso ma la sorte le rivolse il favore dandole un vantaggio infatti poco dopo Newt inciampò in un cavo, posato per terra, e cadde con la faccia rivolta in avanti. Imprecò in una lingua strana e questo la fece ridere moltissimo.
“Che pive che sei, Newt!”
“Ora mi rialzo e ti riprendo, non vai da nessuna parte.” Ma per quando Newt cercasse di sbrogliarsi finiva sempre per peggiorare la situazione. La ragazza era tornata indietro per aiutarlo, non le importava molto di vincere, voleva solo riprovare la brezza del divertirsi.
“Perchè torni indietro? Devi tagliare il traguardo.”
“Ma va, prima aiuto chi ne ha bisogno ovvero gli zoppi come te, poi forse corro infondo e vinco.”
Lei aiutò Newt a liberarsi dalla morsa del cavo, aveva le mani minute e sapeva come sbrogliare i nodi di conseguenza impiegò poco tempo.
“Ah ora vinco io!” Disse Newt alzandosi di scatto, stava per correre in direzione della meta quando fece dietro front.
“Chi è che voleva vincere scusa?”
“Ho cambiato idea, ti spingo così corriamo insieme. Usciamo vincitori entrambe.”
“Che gentleman.”
Newt iniziò a spingere la sedia a rotelle con molta forza, ritrovò la potenza che credeva di aver perso, corse nonostante la caviglia mezza andata e come predetto, raggiunsero insieme il traguardo.
“Visto? Siamo una squadra.”
“Grande Newt!” La ragazza applaudì contenta e bella sorridente.
“Mi sono divertito. Dovremmo farlo più spesso finchè puoi ancora.”
“Ci sto, pivello.”
“Che pive che sei.”

*

Thomas era afflitto, arreso e pronto a morire. La mano che precedentemente lo aveva salvato era rimasta a supportarlo con lievi colpetti sulla schiena. Non aveva ancora capito a chi appartenesse, ma in fondo gli faceva piacere avere qualcuno a dargli conforto nel momento del bisogno.
Non era del tutto solo in fin dei conti.
Non aveva ancora smesso di piangere, era rimasto con lo sguardo fisso per terra e aveva versato tante di quelle lacrime che ormai aveva già perso il conto, gli occhi gli bruciavano, il fiato era affannato e a stento riusciva a respirare, i singhiozzi impedivano all'aria di entrare nei polmoni. Il naso gocciolava e aveva ancora la faccia sporca di sangue, le tempie gli pulsavano e poteva sentire il suo cuore battere all'impazzata.
Si sentiva il viso gonfio e il dolore al petto riprese subito dopo che l'adrenalina sparì dal suo corpo. Era proprio rotta e più toccava il torace e più sentiva male, doveva fasciarsi subito.
Thomas aprì finalmente gli occhi dopo essersi controllato per bene, non voleva guardare le sue condizioni. Minho era seduto e legato ad un tronco di un albero proprio alla sua sinistra e gli occhi dell'amico erano fissi nei suoi, si poteva percepire odio e rabbia provenire da quello sguardo. Thomas si sentiva parecchio in colpa per ciò che aveva fatto, voleva soffrire soltanto lui ma l'esasperazione ha fatto si che lui confessasse tutto quanto. Brenda stava tornando dall'infermeria con bende e acqua calda mentre Jorge tentava di parlare a Minho.
La famosa mano salvatrice venne associata ad una persona, questa era seduta proprio di fianco a Thomas mentre intagliava un pezzo di legno con un coltellino. Era Gally.
Quest'ultimo aveva macchie di sangue qua e là ma nulla in confronto a Thomas, sicuramente era stato lui a salvarlo dalle grinfie di Minho.
“Oh vedo che ti stai riprendendo, Thomas.”
“Gally? Ma io ti ho visto andare..”
“Si, andare via, lo so. Dovevo fare una cosa ma poi son tornato prima che Minho di spaccasse del tutto la faccia.”
“Dovevi lasciarmi lì a morire.”
“Perchè scusa?” Disse Gally con voce interrogativa.
“Me lo merito, mi merito tutto questo odio. Ho fatto cose brutte nella mia vita, ho ucciso persone, ho visto morire gente, ma soprattutto ho lasciato che dei miei amici morissero per me. E' tutta colpa mia.”
“Thomas, Thomas. Che pive che sei. Pensi che sia solo colpa tua, ma andiamo! Guardati intorno! Hai ucciso perchè dovevi, hai visto morire gente perchè non c'era una cura e i tuoi amici sono morti per te perchè ti hanno protetto, chi sacrificandosi per te e chi da se stesso. Non penso sia tutta colpa tua, è stata la W.I.C.K.E.D ha dare il via a queste cose quindi.”
“E io ho aiutato a far si che accadessero...”
“Eri solo un bambino, Thomas. Non puoi farne un dramma!”
“Potevo scegliere.”
“Si okay, la prossima volta non lascio il divertimento a Minho, ti prendo a pugni io. Continua a dire queste cose e quel momento arriverà.” Concluse Gally, questo infine si alzo e si diresse verso il casolare principale, ma fece solo due passi e poi si voltò verso Thomas.
Newt non era un idiota, se si è fidato sempre di te c'era un motivo. Rifletti pivello.” Poi prese a camminare a passo veloce lasciando Thomas da solo di nuovo.

*

“Finalmente questo pivello si è calmato.” Disse Newt spezzando il silenzio nella sala.
“E' tutto molto strano, troppo strano direi.”
“Perchè?”
“Beh fino a pochi minuti fa rischiava di morire e ora è tranquillo come fosse sedato. Mah.”
“Dici che...”
“No no, non penso sia sotto effetto di qualcosa. Però è strano questo cambio così veloce di livelli.”
“Si ma ora sta bene no? Quindi a posto.”
“Giaà.”
“Tu piuttosto come stai?”
“Il mal di schiena aumenta e bom, ogni giorno che passa sono sempre più stanca.”
“Posso fare qualcosa per farti star meglio?”
“Stammi vicino, ma soprattutto stai vicino a Tom.”
“Sarà fatto!”
“Bene così, Newt.”
“Posso chiederti una cosa?”
“So già la tua domanda, sempre la stessa da cinque anni a questa parte.”
“Non hai ancora risposto però.”
La ragazza guardò un punto nel vuoto, stava riflettendo e poi fisso Newt dritto negli occhi.
“Va bene Newt, ti racconterò chi era Thomas. Mettiti comodo.”

*










Il sesto capitolo è già pronto solo che vorrei far crescere la suspence.
Ringrazio tutti coloro che stanno seguendo la mia prima fan fiction. Siete mitici.
Ringrazio le culopesche e soprattuto Eleonora, Volk e Dalia.
Dalia please niente polli di gomma, okkè? E Vlok: Non uccidermi dopo questo capitolo.
Spero sia di vostro gradimento, è sempre un piacere notare le visite che aumentano!
Un bacio, a breve il sesto!
Silvia
 

   
 
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