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Autore: AliceBaskerville    26/10/2015    1 recensioni
Dio.
Non avrebbe mai voluto diventare Dio, esattamente come non aveva mai aspirato a diventare Re.
Aveva sacrificato tutto ciò che aveva, tutto ciò che era per il bene di Alma Torran, per poter raggiungere l’utopia.
Aveva perfino sacrificato loro.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Solomon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Dio.
Non avrebbe mai voluto diventare Dio, esattamente come non aveva mai aspirato a diventare Re.
Aveva sacrificato tutto ciò che aveva, tutto ciò che era per il bene di Alma Torran, per poter raggiungere l’utopia.
Aveva perfino sacrificato loro.

‘Ti stai forse ricredendo, Solomon Jehoahaz Abraham?’
La cupa voce di ciò che rimaneva della coscienza di Il’Ilah lo riprendeva ogni volta che dava segni di cedimento, ogni volta che la sua mente vacillava, lo costringeva a rimanere fermo sulle convinzioni che l’avevano condotto a quel punto di non ritorno.

«Ovviamente no.»
No, certo che no.
Aveva lottato così a lungo per spezzare le catene del destino che imprigionavano ogni creatura di Alma Torran, non avrebbe mai potuto tornare indietro.
Allora perché desiderava così ardentemente di poter tornare indietro?

‘Un vero Dio ama ogni essere in egual misura, non ha di certo predilezioni nei confronti di alcune creature in particolare.’

Sembrava quasi lo leggesse come un libro aperto, conosceva ogni suo pensiero, ogni sua debolezza, ogni suo misero rimpianto.

«Un vero Dio, quale sei stato tu, non è mai stato umano.»
Sospirò impercettibilmente, la voce era carica di dolore e di rimorso.

‘Tu non sei più umano, Solomon Jehoahaz Abraham.’

«No, hai ragione. Nonostante ciò, non riesco a dimenticare ciò che ero, ciò che avevo.»
Come poteva dimenticare?
Come poteva dimenticare, se sotto i suoi occhi la vita di coloro che una volta gli erano stati accanto continuava a scorrere, e non di certo per il verso giusto?
Sheba.
La sua Sheba stava soffrendo.
Stava portando sulle sue esili spalle un destino fin troppo gravoso.
Stava facendo le sue veci, stava cercando di portare a termine la loro utopia, stava lentamente annullando sé stessa.

‘Ti stai preoccupando per il destino di quella donna?’

Solomon alzò lo sguardo verso un punto indefinito di quel candido spazio etereo ed evanescente, brillante della luce dorata del grande corso delle anime, che Ugo aveva denominato rukh. Guardava, quasi potesse, in quella immensità scorgere Il’Ilah, fissare su di lui il suo sguardo austero, scorgere nel suo pensiero esattamente come stava facendo lui.

«Non potrei mai evitare di volgere il mio sguardo o il mio pensiero verso quella donna: lei era tutto ciò che avessi, era l’unica che comprendesse fino in fondo il mio animo, l’unica che fosse capace di dividere con me il peso della fiducia e delle aspettative dell’intero regno e che fosse disposta, se avesse potuto, ad arrogarsi tutto l’odio che la gente mi rivolgeva, era la mia regina, mia moglie, ma prima di tutto l’unica donna che abbia mai amato e che possa mai amare, la madre dell’unico erede che io abbia lasciato.»

Solomon osservava, mentre la sua amata si spegneva sotto il suo sguardo stoico, nessuna reazione traspariva dal suo volto, mentre il suo cuore in subbuglio urlava in silenzio tutto il dolore che la voce si rifiutava di esprimere, sussurrava il suo strazio, mormorava quel nome che tante volte le labbra in un fremito di passione avevano pronunciato.

‘Non piangi la morte della tua diletta, Solomon Jehoahaz Abraham?’

Non rispose, lasciò che quell’assordante silenzio regnasse in quella gabbia dorata che era l’eterna dimensione.
  
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