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Autore: agatha    26/10/2015    4 recensioni
L’idea di base di questa storia è una trilogia, che approfondisce il personaggio di Loki sotto diversi aspetti. Il primo è la figura di Loki in qualità di “figlio”, dove ho cercato di dare spazio al suo rapporto con Frigga. La storia inizia dopo gli eventi di “Thor 2: The Dark World” anche se ci saranno dei piccoli cambiamenti rispetto ai film Marvel. A causa di una promessa, Loki si ritrova su Midgard contro il suo volere, vittima dello stessa situazione in cui aveva incastrato suo fratello Thor tempo prima. Ho cercato di mantenere, come nei film Marvel, un po’ di drammaticità ma anche di momenti ironici.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Gli stupidi medici dell’ospedale continuavano ad insistere che non stava bene. Gli avevano fatto un sacco di domande a proposito di dove abitava, dell’indirizzo di casa e dei posti che frequentava abitualmente ma, ovviamente, le risposte che aveva dato tutte inerenti Asgard non li avevano soddisfatti. Dopo aver spintonato due infermieri e aver tentato di soffocarne un terzo, con un braccio intorno al collo del malcapitato, gli avevano portato tutti i moduli da firmare per l’uscita volontaria, sollevando l’ospedale da ogni responsabilità.
A quel punto si era fatta avanti lei, la sua visione con gli occhi scuri che, a quanto pareva, non era solo frutto della sua follia.
“Sei viva” mormorò, per rafforzare il pensiero appena avuto.
“Credo di dover essere io a rivolgerle queste parole” fu la risposta della ragazza.
Loki notò lo sguardo sfuggente, gli occhi che non incrociavano mai i suoi, ma guardavano all’altezza delle sue spalle, del pavimento o intorno a loro: chiaro segno che era imbarazzata e stava nascondendo qualcosa.
“C’è qualcosa che non so, mortale?” domandò, questa volta con una voce più decisa e guardinga.
Beth sbarrò gli occhi sentendo quello strano appellativo. Non riusciva a credere a quello che le aveva riferito il dottore sulla presunta amnesia dell’uomo che aveva quasi investito, ma ora cominciava ad avere dei dubbi pure lei.
“Non ci conosciamo. Sono Elizabeth Wakefield e… - si domandò se esistesse un modo delicato per quello che doveva comunicargli – sono quella che l’ha investita” sbottò tutto d’un fiato, come se servisse a cambiare quanto successo.
Loki sollevò un sopracciglio e la squadrò per bene.
“Sei stata tu?”
“Non l’ho fatto apposta. Stavo guidando e ad un certo punto un fulmine mi ha accecato. La strada era libera giuro e, dopo un secondo, ho sentito il botto. Non riesco a spiegarmi come sia potuto succedere. E’ la prima volta che mi capita”
“Lasciati a voi stessi, combinate solo guai…” fu il commento sottovoce di Loki, che andava a confermare come i midgardiani dovesse essere comandati, perché lasciati liberi di agire finivano per generare solo caos.
“Non ho capito cos’hai detto” disse Beth, cercando di essere gentile, considerando il senso di colpa che le pesava nel petto.
 
Ma il dio dell’inganno non la stava più ascoltando. Doveva capire cosa fare ora, sbattuto su quell’insulso pianeta e senza poteri. Non aveva la più pallida idea di cosa fare per sopravvivere. Se solo non ci fosse stata di mezzo Frigga… Ma era stata la sua intercessione a farlo finire su Midgard e finché lei era in vita non poteva mancarle di rispetto. Non era una questione madre e figlio, dato che il loro rapporto era stata tutto una menzogna, ma gli aveva fatto risparmiare la morte e qualcosa, dentro di lui, gli diceva di non rovinare tutto. Almeno per ora.
La mortale davanti a lui, con quegli occhi piacevoli da guardare, poteva rivelarsi utile. Bastava manipolarla a dovere e lui, modestamente, era un esperto in quel campo. Era palese il senso di colpa che provava nei suoi confronti e questo avrebbe giocato a suo favore. Se ne sarebbe approfittato con soddisfazione. Questi pensieri gli fecero brillare, per un secondo, gli occhi ma lui, abituato a nascondere i suoi veri sentimenti, distolse lo sguardo per non farsi scoprire. Adottò invece un’espressione smarrita sul viso, abbassando il capo e curvando le spalle per accentuare tutto.
“Cosa farò ora? Chissà dove stavo andando… avevo una casa a cui tornare – si prese la testa fra le mani recitando davvero la parte di qualcuno senza memoria – non lo so”
“Mi dispiace”
Loki si voltò, dandole le spalle.
“Lasciami solo, ti prego”
Beth si avvicinò a lui, allungò una mano, ma la fermò a pochi centimetri dalla spalla di lui, incerta se avesse il diritto di toccarlo o no.
“Dove andrai?”
“Non ne ho la più pallida idea ma so che non posso restare in ospedale”
Beth ricordò le parole del medico che diceva, in caso di amnesia, di non contraddire il paziente.
“Lo capisco e vorrei aiutarti. E’ colpa mia tutto quello che è successo”
Loki rialzò lo sguardo, puntando le iridi verdi in quelle di lei, come se volesse leggerle nell’animo.
“Ho bisogno di un posto dove dormire”
Quella richiesta giunse inaspettata. Beth si era offerta di aiutarlo ma ospitarlo a casa propria non rientrava nelle opzioni possibili.
“Vorresti venire a casa mia? Ma non ci conosciamo e non me la sento di…”
“Quindi vuoi lasciarmi da solo? Al buio e al freddo, sotto lo sguardo dei passanti che non esiteranno a pensar male di me? Questo è il tuo modo di volermi aiutare?”
 
Come faceva a rigirare tutto in quel modo? La stava facendo sentire una persona pessima e perfida.
“Come posso fidarmi di te? Sapere che non mi farai del male?”
A quel punto Loki trattenne un sorriso di trionfo, ormai la mortale era caduta nella sua trappola, preda di quei sentimenti così altruistici che l’avrebbero portata ad aprirgli la porta di casa. Che atteggiamento stupido.
“Fino a prova contraria, sei stata tu a farne a me, o sbaglio?”
Beth si morse il labbro inferiore, evitando a stento una parolaccia. Odiava dargli ragione, ma le sue parole erano state semplicemente la verità. L’aveva investito ed era stata una fortuna che non l’avesse ucciso o lasciato paralizzato. Aiutarlo era il minimo che poteva fare.
“Non l’ho fatto volontariamente e…”
Loki la osservò intensamente e la sua occhiata eloquente bastò a far morire il resto della frase nella gola della ragazza.
“E va bene, è colpa mia è vero. Puoi restare da me qualche giorno ma ad una condizione” capitolò, mentre un brivido le solleticava la pelle della nuca dopo aver detto ad alta voce quelle parole, mentre un’idea prendeva piede nella sua mente.
“Sarebbe?”
“Devi restare almeno fino a sabato, quindi per tre giorni”
Se l’umana si aspettava un accenno di curiosità da lui, sarebbe rimasta delusa. Non gli importavano le motivazioni di quel patto, tanto era lui a tenere le fila e sarebbe rimasto finché gli faceva comodo.
“Perfetto” acconsentì, come se le stesse facendo un favore.
 
Non erano passati neanche cinque minuti che già Beth aveva voglia di tirarlo sotto nuovamente con la macchina. Dopo averlo fatto accomodare sul sedile del passeggero, lui non aveva lesinato di commentare ogni suo gesto: come accelerava, come frenava e, soprattutto, aveva fatto una pessima battuta chiedendole se stava valutando di investire due vecchietti che volevano attraversare con l’arancione. A quel punto aveva serrato le mani sul volante.
“Faresti meglio a riposarti, dopo tutto quello che hai passato stasera. Chiudi gli occhi” gli suggerì in un tono fintamente dolce, che suonava più come un ordine.
“Lo farò dopo, nel tuo letto”
“Nel MIO letto?”
“Hai intenzione di farmi dormire sul pavimento?”
“Certo che no. Ho una camera per gli ospiti”
“Il letto di quella stanza non è di tua proprietà?”
“Sì ma…
“Quindi è il tuo letto. La mia affermazione era corretta”
Beth evitò di commentare o rispondere. Discutere verbalmente con lui era estenuante e, dopo la giornata passata fuori e poi in ospedale, era troppo stanca per far valere le proprie ragioni. Si chiuse in un diplomatico mutismo, cercando di ignorarlo.
 
Prima di rientrare erano passati in un negozio per acquistare qualche cambio di vestiti per lui. Arrivati nell’appartamento di Beth, quest’ultima gli mostro la disposizione delle stanze e gli fece vedere quella dove avrebbe dormito lui. Lasciò Loki seduto sul letto e andò a prendere degli asciugamani.
“Se vuoi farti una doccia, il bagno è di là”
“Una… cosa?”
Beth sbattè gli occhi e, di nuovo, quel mortale senso di colpa, le fece contrarre lo stomaco. Gli aveva completamente azzerato la memoria se non ricordava neanche una cosa così semplice.
Prese un profondo respiro, per farsi coraggio, e lo tirò per un braccio, portandolo in bagno. Accese la luce e aprì l’anta di vetro del box.
“Ecco questa è la doccia. Ti lascio delle salviette e un cambio di vestiti, fai pure con calma”
Loki osservò quello strano cubicolo, non capendo a cosa servisse, né perché l’umana lo aveva portato lì. Fece per entrare in quello spazio ristretto quando un grido smorzato alle sue spalle lo fece bloccare.
“Che c’è?” chiese bruscamente, irritato dall’ipotesi che avesse fatto qualcosa di sbagliato.
Beth si morse un labbro imbarazzata e Loki, senza rendersene conto, pensò che era un gesto che gli piaceva. Nessuno su Asgard l’aveva mai fatto.
“Non puoi entrare vestito lì dentro – si sporse in avanti e dato che lui non si spostava dall’entrata, i loro corpi stavano quasi per toccarsi – apri questa leva ed esce l’acqua”
Loki sgranò gli occhi di fronte a quella strana magia. La osservò per una manciata di secondi, stupito che l’acqua uscisse dall’alto.
“Interessante”
“Bene ti lascio, così puoi spogliarti e…” la voce le morì in gola, spiegare a quell’uomo che doveva togliersi i vestiti era imbarazzante.
“Devo entrare lì dentro nudo?” chiese Loki, inclinando leggermente il capo in un modo che a Beth parve adorabile, come un bambino che scopre un giocattolo nuovo e lo studia. Anche se la ragazza non poteva sapere che il dio si stava dilettando a prenderla in giro, giocando con la sua abilità con le parole.
“Sì”
Soddisfatto di quella risposta, Loki cominciò a slacciarsi gli indumenti che indossava. Vedendo che Beth non si era mossa, suppose che volesse rendersi utile come un’ancella.
“Mi vuoi aiutare a spogliarmi?”
“Certo che no!” sbottò lei, arrossendo e subito si voltò, scappando letteralmente dal bagno.
Il dio rimase a fissare la porta chiusa e fece un sorriso sghembo di fronte all’imbarazzo che aveva visto sul volto della ragazza. Allora c’era qualcosa di identico tra Asgard e Midgard, le femmine si comportavano allo stesso modo.
 
Terminato di lavarsi, Loki fissò la propria immagine nello specchio del bagno. Gli era così familiare ma anche così straniera. Odiava essere relegato a Midgard e aver perso i propri poteri. Era solo un modo per rimarcare com’era caduto in basso, come aveva perso tutto. Era tutto così dolorosamente familiare: Thor l’eroe e lui l’esiliato.
Il buono e il cattivo.
Il primo e l’eterno secondo.
Sbatté i pugni sul lavandino per sfogare la frustrazione.
“Tutto bene?” sentì chiedere fuori dalla porta.
Si costrinse a rispondere di sì, per non farsi infastidire. Non tutto era perduto. Non sapeva ancora bene cos’avrebbe fatto ma doveva poter credere che c’era ancora uno scopo nella sua vita.
  
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