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Autore: Perfect Crime    27/10/2015    1 recensioni
NdA: So che tutto questo, per voi che leggerete, non ha molto senso. Ebbene, per me ne ha fin troppo. 
Tutto ciò è nato da svariate role riguardo una ship che, ormai, non esiste più. Per quanto sia riluttante, devo “ringraziare” colei che era la mia partner, perché le idee di base -anche se queste sono un misto di parecchie cose- sono nate in due.
Altro da dire non ho, quindi..buona lettura!‎
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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E il ragazzo disse: “apri gli occhi e guarda, perché questo..questo è il mio regalo per te”.
L'altro ubbidì. Un'enorme finestra campeggiava sul lato destro della parete e, dinnanzi ad essa, vi era un materasso coperto per la sola metà da splendide lenzuola color perla. La luce suffusa delle candele baciava la luna, che nel cielo splendeva d'un intenso pallore così piacevole all'occhio. Era contornata da astri, da splendide stelle non cittadine che brillavano senza sosta sul manto oscuro.
“È bellissimo”, rispose; e nel farlo gli venne rubato un respiro. Forse non c'erano parole per descrivere quella visione..come non ve n'erano per descrivere colui che, quella notte, si trovava ancora accanto a lui dopo mesi.
-
“No, tu fai il bastardo. Quindi, io, non ti guardo!” disse An con serietà, ma trattenne a stento una risata.
“Quindi, mi stai dicendo che vorresti nascondermi quei due splendidi smeraldi che ti ritrovi al posto degli occhi?”.
“Sai che l'adulazione non ti servirà, vero?” e pronunciate queste parole, si voltò, curandosi bene di tenere gli occhi chiusi.
“Può darsi. Eppure, mi basterebbe chiederti di guardarmi negli occhi un attimo per far sparire quel broncio”.
“Mhh, fammi riflettere..e perché?”. Aprì un solo occhio, questa volta, mentre le labbra apparivano contratte in una smorfia pensierosa, quasi stesse soppesando le parole dell'altro.
“Perché tu ami i miei occhi”.
“Ora ne ho la riprova, sei un bastardo!” a malapena riuscì a terminare di parlare che avvertì un tocco leggero sull'orecchio, morbido, che ne sfiorò appena i tessuti. Poi una voce dai toni lievi si spanse roca nell'aria, lasciando in essa l'ombra di un sorriso.
“Lo so”.
-
“Perché mi fissi con aria tanto inquieta?”.
“Perché temo che, da un momento all'altro, la casa prenderà fuoco”.
Una risata si perse nell'aria, in seguito a quelle parole, contrastata dal broncio di An.
“Ah, davvero?”, puntò una forchetta in direzione dell'altro, con ancora quel broncio dipinto sulle labbra e sguardo accusatorio. “T'informo che sono un ottimo cuoco”.
Dean si tirò indietro, dondolando sulla sedia con espressione poco convinta quanto divertita e di tutta risposta si alzò da tavola, raggiungendo il biondo ai fornelli per buttare un occhio al suo operato. Poi, tolse il coperchio dalla pentola, sghignazzando sotto i baffi.
“Io non ci giurerei. Senza di me sareste morti di fame o avreste dato fuoco alla cucina. - E infatti, guarda che combini, metti il coperchio sull'acqua che deve bollire”.
“Soltanto perché io ero troppo ubriaco per cucinare, stronzo! E poi..” rispose lui avanzando un tono di superiorità ancor più divertito, “l'acqua bolle prima se metti il coperchio”.
Dean biascicò qualche commento in risposta, contrariato, ma rimise il coperchio al proprio posto proprio mentre l'altro riprendeva a parlare.
“Mettiamola così, fra i tanti lavori che ho fatto c'erano anche aiuto cuoco e pasticciere, avevo perfino i biglietti da visita. Se non fossi diventato musicista, probabilmente sarei uno chef. Ora mi credi?”.
“Sono stupito. Quante altre cose non so di te?”.
An rise.
“In realtà, poche. Però non saprei dirti cosa ancora non ti ho raccontato, mica ho tenuto una lista”.
“Vorrà dire che le scoprirò, prima o poi. Su, chef, fammi vedere quanto sei bravo. Ho fame”.
Per un attimo si guardarono e subito dopo, entrambi, non poterono fare a meno di sorridere, illuminando tutta la stanza.
-
Posò la testa sul suo petto e in quel momento, solo in quel momento, ogni angoscia, ogni dispiacere, ogni ansia cessò d'essere. Gli occhi socchiusi.
Le ciglia lasciavano ricadere sul volto chiaro le loro ombre, in un gioco di luci così soffuso che perfino la sola visione d'esso pareva trasmettere tranquillità. L'espressione rischiarata, le labbra contorte in un sorriso lieve, tanto da sembrar solo immaginario, ma così sincero da rivelarsi reale.
Ogni suono sarebbe apparso fuori luogo in quel silenzio tutt'altro che assordante, ogni parola vana, poiché lo spazio e il tempo, in quella stanza, lasciavano posto solo e soltanto allo spettacolo sul palcoscenico. Spettacolo che, per una volta, non necessitava di raso rosso ad predirne la fine.
   
 
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