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Autore: MaddaLena ME    27/10/2015    1 recensioni
Vedere morire un'innocente sotto i propri occhi. Ed essere costretto a non poter fare nulla.
Ogni volta!
Dal testo:
Eppure, ogni volta, si domandava se davvero fosse fedele alla propria missione. Se davvero non intervenisse per fedeltà, e non invece, più semplicemente, per codardia, per ricerca del proprio interesse. Per paura della morte.
Genere: Guerra, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charity Burbage, Draco Malfoy, Severus Piton, Voldemort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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NO PITY FOR CHARITY


La guardò negli occhi. Vide la propria paura riflessa nei suoi occhi: la riconobbe e lo ghiacciò.
Se avesse potuto, forse avrebbe almeno stretto i pugni, di fronte all’ennesima ingiustizia. A quella morte assurda ed inutile, senza un vero motivo per uccidere, che non fosse l’incomprensibile divertimento di vedere soffrire vite innocenti. Come poter rimanere impassibili, immobili, con uno sguardo vitreo ed imperscrutabile, di fronte ad avvenimenti come quello a cui stava assistendo in quegli attimi che sembravano infiniti?
Qual era la colpa questa volta? Cos’aveva fatto di così terribile la professoressa Burbage, la mite e remissiva Charity, che così spesso gli si rivolgeva con reverenza, anche solo per proporgli una bevanda o porgergli una pietanza, a tavola?  O che, addirittura, qualche volta si era persino arrischiata a preoccuparsi per la sua salute, avanzando l’ipotesi, per altro non infondata, che non mangiasse o dormisse con sufficiente regolarità. Forse era perché non si fidava di lui e lo temeva in quanto Mangiamorte, ma non gli riusciva di ricordare che gli avesse mai mancato di rispetto, in nessuna circostanza, neppure fortuita, in tutti gli anni condivisi ad Hogwarts. No, non poteva asserire che fossero amici: sarebbe stata una colossale bugia, ma le frequentazioni con la donna erano sempre state gelidamente cordiali ed amichevoli e non poteva dire nulla contro di lei, sebbene non potesse neppure arrivare ad accordarle simpatia o, addirittura, calorosa affabilità.
Forse per tali pensieri, il controllo sul proprio corpo e su ogni propria minima azioni gli riusciva così difficile, forse più difficile che in tutti gli anni precedenti, in parte perché la situazione, in quei giorni era oltre modo differente.
Neppure un gesto gli era consentito. Neppure la tensione di un muscolo. Ogni fibra del suo corpo ed ogni particella della sua anima doveva rispondere al rigido ed implacabile controllo della mente del pozionista, che doveva rimanere assiduamente lucida. Era assolutamente necessario. Tanto era chiesto a chi, come lui, giocava il proprio ruolo su due fronti, in quella partita a scacchi senza requie che si stava rivelando quella Seconda Guerra Magica.
Aveva scelto, quasi diciotto anni prima, quale parte servire. Dopo essere stato marchiato come animale da macello, nell'illusione che il Signore Oscuro potesse generosamente far parte con lui del potere che avrebbe acquistato: ma mi era bastata l'ipotesi che potesse venire uccisa Lily (pur non essendo mai stata minacciata in prima persona, l’occlumante aveva perfettamente inteso di quale amore potesse essere capace Lily ed una creatura capace di tanto amore non poteva non essere pronta a sacrificarsi per il figlio!) per comprendere quanto assurde fossero quelle pretese di pulizia etnica nel tentativo di conquistare il dominio sul mondo magico. Da quella volta in cui aveva riposto la propria fiducia in Silente, promettendogli la sua totale e completa fedeltà, non era mai più tornato indietro. Non aveva mai più avuto un cedimento, neppure minimo.
Quegli ultimi tempi, però, si stavano rivelando particolarmente impegnativi. No, la sua convinzione non aveva mai vacillato veramente. Ma sapere che solo lui fosse a conoscenza di dove riposasse la propria fedeltà, mentre gli era chiesto di manifestare col proprio massimo sforzo la propria totale adesione alla fazione opposta, gli lasciava una sensazione di scissione  intima. Sapeva che doveva accettare dei compromessi. Doveva. Ne era costretto. Era parte integrante della sua missione.
Non poteva lasciarsi vincere dal sentimentalismo o dalla pietà. Non poteva manifestare alcun sentimento positivo. Verso nessuno. Del resto, ne aveva mai posseduti, lui? Al riguardo nutriva seri dubbi: si era domandato infatti spesso chi fosse veramente. La scusa di essere una spia poteva essere un ottimo alibi anche per lui, per non cambiare mai davvero.
Sapeva cosa avesse scelto e perché. Non era stata una scelta facile, ma era stata fortemente voluta e adesso non aveva alcuna intenzione di retrocedere. Neppure di un passo.
Eppure, ogni volta, si domandava se davvero fosse fedele alla propria missione. Se davvero non intervenisse per fedeltà, e non invece, più semplicemente, per codardia, per ricerca del proprio interesse. Per paura della morte.
Eppure, ogni volta, era un tormento senza posa essere costretto ad assistere, impotente, di fronte alle azioni malvagie di quella claque di maghi senza scrupoli.
Eppure, ogni volta, crampi come di nausea lo prendevano all'imboccatura dello stomaco, lasciandolo senza fiato e lui doveva fare appello a tutte le sue forze mentali per celare tutto il subbuglio che lo attanagliava ai Mangiamorte che lo attorniava.
Tutto questo era un supplizio continuo, che non gli concedeva tregua e che talvolta arrivava a fargli desiderare Azkaban: non tollerare l'ingiustizia, vederla sotto i propri occhi e non poter muovere nemmeno un muscolo per fermare questo strazio, unicamente perché la sua missione non glielo consentiva. Ogni tanto si domandava se davvero Silente lo avesse salvato da Azkaban o se, al contrario, gli avesse inflitto una punizione ancora più atroce per le sue gravi colpe.  
Paura della morte. Quel terrore indistinto ed atroce che poteva leggere distintamente nello sguardo  spaventato di Charity Burbage, insegnante pluriennale di Babbanologia ad Hogwarts.
Eh sì, di fronte alla 'imminenza della morte torniamo tutti un po' bambini impauriti, che cerchiamo un appiglio come cerchiamo la mano della mamma al sopraggiungere dell'oscurità. Ed egli la scrutava, con attenzione interessata, cercando di celare ogni altra emozione, perché era perfettamente cosciente che, presto o tardi, sarebbe toccata a lui una sorte simile se non peggiore.
Era da stupidi pensare il contrario... Da solo, contro tutti, quanto avrebbe potuto resistere? Chi poteva dirlo? Forse nessuno, ma era ragionevole pensare che la sua sopravvivenza era progressivamente più a rischio, ad ogni sole che tramontava.
«Severus, ti prego... Ti prego!» furono le parole che arrivarono alle sue orecchie; non più voce, ormai, ma rantolo indistinto che lottava, con la forza della disperazione, contro la paura, il dolore e la morte stessa, pur di sopravvivere.
Non si era mai rivolta a lui in quel modo. Ma la morte, forse, riesce a tirar fuori la vera essenza di ciascuno di noi. Chi lo aveva detto? Non riusciva a ricordarlo. Ma forse era davvero così.
È vero, era attorniata da tanti Mangiamorte e molti di loro avevano davvero un aspetto inquietante. Siamo sinceri: lui certo non era da meno. C’era anche Draco, a quel tavolo, a Malfoy Manor. Lo conosceva; chi poteva non conoscerlo, anche non avendolo come studente: era Malfoy! Possibile che non le fosse venuto spontaneo rivolgersi a lui, che era poco più che un ragazzo Possibile che non le desse abbastanza affidabilità la sua purezza?
No, lei aveva scelto di rivolgersi a lui. Tra tutta quella gente, proprio a lui. Quando se ne era accorto, aveva avuto l’istinto, per un attimo, di nascondersi, come fanno gli studenti quando non vogliono essere interrogati. Che cosa stupida! Soprattutto, perché lui avrebbe tanto voluto rispondere a quel lancinante grido d’aiuto.
Tuttavia, probabilmente, le sue parole non sarebbero mai state d’aiuto. Che avrebbe potuto risponderle? Che non meritava alcun soccorso? Che non era completata la sua morte nei piani di Silente, non essendo il Prescelto, la sola speranza di tutto il mondo magico? Che la sua vita era ininfluente di fronte al palesarsi del Bene superiore?
Vide quegli occhi rivolgersi di nuovo a lui, in una supplica muta, mentre lacrime, mute, le scivolano dagli occhi ed andavano ad inumidire quei capelli sconvolti.
«Avada Kedavra!» aveva pronunciato distintamente il Signore Oscuro. E le sue orecchie si erano riempite di quella maledizione senza perdono che si rammaricava di essere stato costretto ad usare di recente, ma, soprattutto, di sentire usata troppe volte.
Davvero questo Bene Superiore era così importante da permettere di sacrificare vittime innocenti alla causa? Che differenza c’era, allora, tra una parte e quell’altra?
«Nagini… la cena!» parlò ancora il leader dei Mangiamorte. La sua collega di tanti anni d’insegnamento in una tra le scuole di magia più prestigiose al mondo era stata destinata ad essere il pasto di quell’orribile rettile, che, negli ultimi tempi, era ormai diventato l’ombra dell’Oscuro Signore.

No, non era possibile. Lei non poteva rappresentare alcuna eccezione, purtroppo. Nessuna pietà per Charity Burbage.

 
   
 
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