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Autore: futacookies    27/10/2015    0 recensioni
Pensava – ne era profondamente, sinceramente, ostinatamente convinto – di aver trovato qualcuno alla sua altezza, qualcuno in grado di capirlo – addirittura di prevedere le sue mosse –, ma Albus, che sembrava terribilmente perfetto – di quella perfezione offerta agli occhi altrui, che celava una tale, sublime oscurità – si era rivelato una pugnalata alle spalle, incapace di scegliere qualcosa che davvero desiderava piuttosto che ciò che appariva giusto – ma cos’erano le apparenze, se non la mutabile e ingannevole rappresentazione della realtà?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Amorevolmente scritta per il compleanno di Mary: auguri, tesoro!
 
«Solo per te»

 
Aveva covato rabbia, nel corso degli anni – tanta, più di quanta fosse mai riuscito ad immaginare, più di quanta avesse mai pensato di poter provare.
Pensava – ne era profondamente, sinceramente, ostinatamente convinto – di aver trovato qualcuno alla sua altezza, qualcuno in grado di capirlo – addirittura di prevedere le sue mosse –, ma Albus, che sembrava terribilmente perfetto – di quella perfezione offerta agli occhi altrui, che celava una tale, sublime oscurità – si era rivelato una pugnalata alle spalle, incapace di scegliere qualcosa che davvero desiderava piuttosto che ciò che appariva giusto – ma cos’erano le apparenze, se non la mutabile e ingannevole rappresentazione della realtà?
L’aveva tradito – no, non era quel tipo di tradimento a cui accorreva l’immaginario collettivo, era qualcosa di più sottile, crudele, doloroso. Più giusto, avrebbe detto lui. Non aveva condiviso con nessun altro le sue segrete ambizioni, non aveva mostrato a nessuno, se non a lui, la rabbia e la frustrazione causate dalle catene di una famiglia troppo ingombrante. Eppure – eppure aveva abbandonato il Bene Superiore, si era lasciato alle spalle due mesi di progetti, di un’amicizia talmente forte che sarebbe stata in grado di scuotere le fondamenta del Mondo Magico, se solo avesse voluto.
Settimane, mesi, poi anni trascorsi nella vana speranza – nella pura follia – che tornasse sui suoi passi, che si ricongiungesse a lui, che compisse la scelta giusta, che occupasse quel posto che nessun altro era stato in grado di mantenere, che colmasse quel vuoto che nessun altro era stato in grado di riempire. Settimane, mesi, poi anni in cui l’amore che un tempo gli suscitava si era tramutato lentamente in odio – lui che aveva tradito, abbandonato, distrutto.
Inizialmente, aveva pensato di permettere che le sue azioni facessero rumore, che giungessero inevitabilmente alle orecchie del nuovo professore di Trasfigurazione di Hogwarts – voleva attirare la sua attenzione disperatamente. Non era sicuro di sapere perché: forse voleva indurlo a combatterlo; forse voleva che capisse che avrebbe proseguito, anche senza di lui; forse voleva tentarlo, voleva fare pressione sul suo animo che ancora desiderava seguirlo. Avrebbe mentito a se stesso, dicendo che la mancata risposta di Albus non l’aveva ferito – era stata la feroce conferma del percorso che aveva scelto. Era stata una brusca porta chiusa in faccia, era stato l’ultimo, silenzioso sguardo che si erano scambianti anni prima.
Da lì in poi, aveva mantenuto un profilo basso – non c’era nulla di certo, su Gellert Grindelwald. Tutto ciò che Albus avrebbe avuto sarebbero state voci di corridoio, che si sarebbero lentamente trasformate in sussurri destinati soltanto alle sue orecchie, al suo tormento.
Così aveva cominciato a costruire intorno a lui un castello di carta – ogni morte, ogni vittoria, ogni persona che si univa alla sua causa era un piccolo mattone. L’avrebbe intrappolato nel suo schiacciante trionfo, e Albus se ne sarebbe accorto soltanto quando sarebbe stato troppo tardi, quando non avrebbe potuto are altro che chinare il capo di fronte all’evidente affermazione del suo potere, di quel potere che sarebbe potuto essere anche suo, se non l’avesse abbandonato.
L’unico pensiero che accorreva alla sua mente, ogni volta che osservava la distruzione di una città che si era opposta alla conquista, era il suo sguardo severo e dispiaciuto, l’espressione contrita di chi avrebbe aggiustato tutto, se ne fosse stato capace, se non fosse stato troppo tardi – gli anni passavano e diminuiva la possibilità di Albus di porre rimedio ai suoi sbagli, di poterlo fermare. Gli anni passavano, la sua potenza aumentava e Albus, al riparo del suo castello, continuava ad ignorarlo.
Si era chiesto fino a che punto avrebbe finto non sapere, quanta libertà gli avrebbe concesso, quanti Paesi gli avrebbe permesso di assoggettare prima di affrontarlo, prima di riprendere un discorso ruvidamente interrotto molto tempo prima – era solo il terrore della verità a tenere ferma la sua mano? Si trattava soltanto di Ariana? Oppure era ancora forte la tentazione, c’era ancora in lui la paura di cedere al lato oscuro?
Era stanco di aspettare che Albus arrivasse da lui di spontanea volontà: lo avrebbe raggiunto nella sua cara scuola, lo avrebbe piegato e avrebbe finalmente assaggiato la vendetta attesa – poi l’avrebbe costretto a governare al suo fianco, volente o nolente e quello sarebbe stato l’apice della sua gloria: avrebbe dovuto accettare un potere che lo disgustava, avrebbe oppresso i più deboli e avrebbe contraddetto ciascuno dei suoi principi.
Fece in modo che si spargesse la voce di un’imminente attacco contro l’Inghilterra, al fine di conquistare l’antica scuola di magia – in poco tempo un intero Paese era paralizzato dal terrore, capace soltanto di riporre la propria speranza nel più valente dei suoi cittadini. Il buon Albus – che aveva così a cuore la sicurezza dei suoi studenti – avrebbe accettato di fronteggiarlo?
***
Quando alla fine Albus arrivò, i suoi soldati stavano mettendo a ferro e fuoco una cittadina poco lontano – aveva pianificato tutto, e nulla sarebbe potuto andare storto. A prescindere da quello che sarebbe accaduto dopo, la sua vendetta era talmente vicina al compimento che già riusciva a sentirne il sapore.
Aveva gli occhi stanchi, Albus, gli occhi di chi non aveva dormito per giorni, gli occhi di chi portava sulle proprie spalle un peso insopportabile – gli occhi di chi aveva assistito personalmente a mostruosità irripetibili. Con un pizzico di compiacimento, pensò che la maggior parte degli orrori a cui aveva assistito era stati causati da lui.
«Gellert…», mormorò con tono grave, giungendo le punte delle dita – conosceva quel tono, lo stesso che utilizzava quando, da ragazzi, commetteva azioni rimproverabili.
«Albus.», rispose con un cenno quasi divertito – eppure si trattenne, perché il colpo fatale stava per essere eseguito e lui, perso nei suoi rimproveri e nella sua ridicola ostilità, non sospettava nulla.
«Non avresti dovuto spingerti fino a questo punto. Avresti dovuto capire – come me – molti anni fa che questo è un sentiero costellato di errori, di morte, di disperazione. C’era ancora speranza per te, Gellert. L’ultima volta che ci siamo visti, ero convinto che tu potessi avere speranza di salvarti – questa convinzione è stata radicata in me a lungo. Non ho fatto altro che ingannarmi: oggi non sono qui per redimerti, come un tempo pensavo di fare. Sono qui per fermarti, per porre fine allo scempio da te creato, per assicurarmi che tu paghi per i crimini commessi.»
A dispetto delle sue dure parole, il tono era pacato come in passato – inoltre, non avrebbe potuto offrirgli occasione migliore per colpirlo. Avvicinandosi a lui, lo guardò e sorrise. Posò le mani sulle sue spalle e lo costrinse a voltarsi, per osservare il filo di fumo che si erigeva là dove si stava svolgendo un massacro.
«Vedi, Albus? In questi anni, tu non hai mai capito – sono rimasto fortemente deluso da te. Sappiamo entrambi che nulla di ciò che ho fatto era realmente necessario – non ho mai avuto bisogno della violenza per convincere qualcuno della mia ragione – eppure è successo. Tutto lo scempio, tutti i miei crimini – voglio che tu lo tenga bene a mente, Albus, per tutti gli anni che verranno, fino alla tua morte – erano per dimostrare a te quello che saremmo potuti essere. Tutto questo, solo per te.», commentò con un sorriso crudele, imprimendosi nella memoria l’espressione sconvolta e afflitta dell’altro.
  
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