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Autore: Emily27    27/10/2015    4 recensioni
A volte è così bello, d'aver paura che non sia vero. O troppo doloroso da desiderare che non sia vero.
E un giorno tutto può cambiare.
(Continuazione della oneshot "Adesso che te ne vai", ma non è necessario averla letta)
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Jackson Hunt, Javier Esposito, Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Senza fare sul serio



 
Beckett e McCord erano entrate in una caffetteria a Downtown per mettere qualcosa sotto i denti, prima di recarsi in uno studio legale per un caso che stavano seguendo. Il locale a quell'ora era frequentato da uomini e donne d'affari, che sedevano ai tavoli consumando un pasto veloce con un occhio sullo smartphone e l'altro sul tablet.
Una cameriera, augurando buon appetito, depose due piatti di tramezzini davanti a Kate e Rachel, le quali avevano occupato un tavolo compreso fra due separé.
«Io e Javier andiamo a vivere insieme» disse Beckett di punto in bianco, facendo quasi andare di traverso a McCord l'acqua frizzante. «Chiederà il trasferimento qui a DC. Sabato andremo a vedere un appartamento» sparò ancora, prima di addentare un tramezzino al tonno.
Rachel rimase a fissarla con il bicchiere a mezz'aria, tacendo.
«Potresti fingere di essere contenta per me» le suggerì Kate, ironica.
«Potrei.»
«Ma...?» la incalzò.
«Forse per te non è ancora il momento» considerò McCord prendendo un sandwich e iniziando a mangiare.
«Quando lo sarebbe? Io e Javier stiamo insieme da un anno, la nostra è una non sempre facile relazione a distanza, che cosa dovremmo aspettare?» Nel pronunciare quelle parole, Beckett finse di non ricordare i dubbi che l'avevano attanagliata fino a non molti giorni prima.
«Lo sai che cosa intendo» replicò la collega e ormai buon'amica. «Quello fra te e Rick era un grande amore, lui era tutto per te. Sei sicura di voler impegnarti in una convivenza con un altro uomo? Adesso?»
«È la scelta giusta per me» sostenne Kate con risolutezza, già rimpiangendo di aver toccato l'argomento.
Rachel finì uno dei due tramezzini, poi tornò alla carica. «Una scelta di cui potresti pentirti.»
Beckett scosse la testa: era la solita storia. La sua partner aveva da sempre dimostrato, direttamente e indirettamente, di essere contraria alla sua relazione con Esposito, e il motivo non le era mai stato ben chiaro. Molto probabilmente, sebbene lo negasse, non nutriva molta simpatia nei confronti del suo compagno.
«È troppo presto, Kate. Castle è ancora... presente» insistette McCord.
A quelle parole, lei si pulì nervosamente la bocca con un tovagliolo di carta, poi si sfogò: «Questa è la mia vita. Castle se n'è andato e non tornerà più, mai più!» Sentì le lacrime salirle pericolosamente agli occhi ma le trattenne.
Rachel aprì la bocca per parlare, ma subito dopo serrò le labbra e abbassò lo sguardo sul tavolo.
Il silenzio calò fra loro, mentre consumavano il resto del cibo ancora nei piatti.
Kate era irritata con l'amica, la quale aveva la presunzione di sapere che cosa fosse più giusto per lei, e con se stessa, per la reazione che aveva avuto riguardo a Castle.
McCord guardò l'ora, poi, con occhi velati di tristezza, disse: «Andiamo.»
Lasciarono il tavolo e si fermarono alla cassa a saldare il conto, dopodiché uscirono dalla caffetteria e tornarono al lavoro.

L'uomo seduto oltre il separé, proprio di spalle a dov'era stata Beckett, lasciò sul tavolo una banconota che bastava a pagare la sua consumazione e ad elargire una generosa mancia alla cameriera, prese la copia del Washington Post che aveva portato con sé e si alzò. Attraversò il locale senza fretta, per poi uscire nel primo pomeriggio assolato. Inforcò gli occhiali da sole e s'incamminò lungo il marciapiede, mescolandosi alla gente che camminava spedita verso la propria meta.


 
**


Esposito e Kate, a bordo dell'auto di quest'ultima, stavano percorrendo Massachusetts Avenue, una delle maggiori arterie di Dupont Circle. Il traffico era moderato, essendo sabato, e il bel tempo persisteva ancora. Beckett conosceva bene la zona, mentre Javier ci era stato soltanto una volta, motivo per cui lasciava vagare lo sguardo oltre il finestrino, osservando quello che magari presto sarebbe diventato il suo quartiere.
Si stavano recando a visitare un appartamento in affitto, trovato su un giornale di annunci. Situato in una zona tranquilla, spazioso e già arredato, faceva esattamente al caso loro. Avevano deciso di non vivere nell'abitazione di Beckett, in parte perché lo spazio era poco e in parte per iniziare una nuova vita in una nuova casa.
Esposito si voltò ad osservare il profilo di Kate, la quale gli stava raccontando della sua telefonata con la padrona di casa, che, a giudicare dal timbro di voce e dal modo di parlare, le aveva dato l'impressione di una persona eccentrica. Javier l'ascoltava distrattamente, poiché nello stesso momento rifletteva su quanto non gli sembrasse vero di andare a vivere insieme a lei. In passato la sua vita sentimentale era stata costellata da relazioni brevi e di poca importanza, anche il rapporto con Lanie non era mai decollato, questo perché nel suo cuore c'era sempre stata lei: Kate Beckett. L'unica con la quale avrebbe potuto pensare di legarsi per la vita, ipotesi che, oltre ogni immaginazione, stava diventando realtà.
Intanto Kate aveva svoltato a sinistra, imboccando la 18th Street. Percorsero due isolati e si fermarono davanti al numero centoquarantasette, che corrispondeva ad un palazzo a cinque piani ristrutturato di recente, con i muri dipinti di giallo e le persiane marroni. Scesero dalla macchina e andarono incontro alla padrona di casa, la quale li attendeva davanti al portone impettita nel suo metro e cinquanta. Doveva avere una settantina d'anni, con i capelli biondi cotonati, forse per guadagnare qualche centimetro, la giacca e la gonna a sgargianti motivi floreali e un chihuahua al guinzaglio, che li osservava incuriosito con la testa reclinata di lato, mentre si avvicinavano salendo i pochi gradini che conducevano all'ingresso.
«Il tuo intuito da detective non sbaglia mai» sussurrò Javier, e Kate gli sorrise compiaciuta.
La donna gettò a terrà la sigaretta che stava fumando, spegnendola con la punta di una scarpa lilla della stessa tonalità del rossetto, poi tese loro la mano dalle dita inanellate. «Buongiorno, signori.»
«Buongiorno signora Cooper» la salutò Kate. Lo stesso fece Esposito, e dopo due strette di mano la padrona di casa li accompagnò all'interno del palazzo, con il fedele cagnolino che le trotterellava fra le gambe.
L'appartamento era al pianterreno. Entrarono, trovandosi direttamente in un vasto soggiorno illuminato dal sole che entrava da due grandi finestre. I mobili erano piuttosto moderni e, a prima vista, in buono stato.
«Ecco qua, non è una meraviglia?» disse la donna facendo un ampio gesto con il braccio. «E guardate il divano!»
Beckett e Javier guardarono il divano: la stoffa delle fodere assomigliava in modo inquietante a quella del tailleur della signora.
«Ci metteremo su la mia coperta rosa» bisbigliò Kate all'orecchio del compagno, il quale annuì, ancora impressionato. «È molto... originale, bello!» affermò poi con un sorrisino.
«Seguitemi, venite per di qua!» li esortò la padrona di casa, facendo strada verso una porta che si apriva dal soggiorno e conduceva in cucina. Beckett fu subito conquistata dai mobili in legno chiaro ed Esposito dal calendario dei Washington Redskins appeso ad una parete.
La pittoresca signora li condusse poi nella zona notte, ticchettando con le scarpe lungo un breve corridoio preceduta dal cagnolino. Il bagno era spazioso, provvisto di un box doccia in cui ci si poteva stare comodamente in due e che fu l'oggetto dello sguardo allusivo che la donna lanciò loro. Beckett ed Esposito si trattennero lì, lasciando che lei li precedesse oltre.
«L'appartamento mi piace, direi che si può fare. Secondo te?» domandò Javier a bassa voce.
Kate esitò un attimo, prima di rispondere: «Beh... sì, non è male. Possiamo pensarci...»
Raggiunsero la signora Cooper, che mostrò loro le due camere, entrambe con un letto matrimoniale. Si fermarono in quella più grande, dove la padrona di casa elencò i vantaggi del materasso in lattice.
Javier non le prestò attenzione. Teneva gli occhi puntati su Kate, la quale stava fissando un punto indefinito della stanza con un'ombra nello sguardo. Si domandò che cosa la stesse turbando, ma non fece in tempo a provare a darsi una risposta che, con orrore, si accorse che il cane aveva alzato una zampa posteriore sulla sua gamba.
«Ehi!» gridò, senza riuscire a trattenere l'imprecazione che seguì.
La signora tirò prontamente il cagnolino a sé, prima che accadesse il peggio.
«Elvis! Vieni qui!» lo richiamò. «Lo perdoni.»
La risposta di Esposito consistette in una specie di grugnito.
«Voleva marcare il territorio, lei deve stargli simpatico» sostenne la donna chinandosi a fare una carezza ad Elvis.
«Che fortuna!»
Beckett intanto se la rideva sotto i baffi. Bella solidarietà, pensò Javier, ma per lo meno Kate aveva ritrovato il sorriso.
Terminato il giro dell'appartamento, ritornarono tutti in salotto.
«Dunque, signori...» disse la Cooper, evidentemente per fare il punto, ma venne interrotta dalla porta d'ingresso che veniva aperta.
Si voltarono tutti verso di essa, per vedere entrare un ragazzo con i capelli sparati, la maglietta degli AC/DC e un paio di jeans che parevano essere passati nella mietitrebbia, il quale si trascinava dietro una valigia malconcia.
«Qualcuno mi dà una mano?» chiese indicando con il pollice oltre la porta.
Javier e Kate indirizzarono lo sguardo verso la soglia, dov'erano stati lasciati due scatoloni e le parti smontate di una batteria, poi, perplessi, lo spostarono sul nuovo arrivato.
«Voi dovete essere i miei co-inquilini, giusto?» domandò il ragazzo, continuando poi a ruminare la sua gomma.
Dopo alcuni istanti in cui realizzarono la verità, Beckett ed Esposito trafissero la signora Cooper con occhi ridotti a due fessure.
«Co-inquilini?!» esclamarono all'unisono.
«Ehm... Ve lo avrei detto» si difese lei con aria angelica. «Questo appartamento è grande, ci sono due camere da letto, perché non lasciarlo a disposizione di più inquilini? In questo modo l'affitto è anche più basso. È un affare, non credete?»

«Un affare?!» inveì Esposito, mentre la macchina di Beckett percorreva a ritroso la 18th Street.
«Non era specificato sull'annuncio e ce lo avrebbe detto solo al momento di firmare il contratto» considerò lei ancora contrariata.
«Che noi ovviamente non avremmo firmato. Ma con chi credeva di avere a che fare?»
«Avremmo potuto mostrarle il distintivo» ironizzò Kate, svoltando a destra in   Massachusetts Avenue.
Javier rise. «Dai, non sarebbe stato male avere quel tipo come co-inquilino, la sua batteria ci avrebbe dato la sveglia al mattino.»
«O sarebbero finiti entrambi fuori dalla finestra.»
Kate all'apparenza sembrava di buonumore, ma Esposito avvertì che qualcosa la impensieriva.
«Va tutto bene?» le domandò.
«Sì» rispose lei, voltandosi ad abbozzare un sorriso.
Javier si convinse che doveva essere preoccupata per questioni di lavoro di cui non poteva parlargli.


 
**


Quel venerdì sera Kate rincasò ad un'ora decente, insieme ad una pizza ai funghi e lasciando fuori dalla porta un cielo denso di nubi che, unito all'aria più fredda, decretava la fine dell'estate. Se era stata una settimana tutto sommato tranquilla all'FBI, lo stesso non si poteva dire per quanto riguardava la sua sfera emotiva.
Si diresse subito in bagno dove si liberò dei vestiti, per poi indugiare a lungo sotto il getto caldo della doccia, tentando di fare chiarezza tra i suoi pensieri.
Nel dire a Javier che accettava di andare a vivere con lui, era stata convinta di non nutrire più nessun dubbio a riguardo, ma durante la visita dell'appartamento ad un tratto, smarrita, aveva realizzato che il momento di iniziare la convivenza sarebbe arrivato prima di quanto credesse. E tutte le sue certezze si erano sgretolate. Sapeva che prima o poi sarebbero giunti a quella fase della loro storia, ma egoisticamente avrebbe voluto che le cose restassero così com'erano, senza che la loro relazione si concretizzasse fino a tal punto.
Uscì dal box doccia, si asciugò e indossò una tuta leggera. In cucina, mentre la pizza si scaldava nel forno, apparecchiò il tavolo guardando distrattamente una puntata di Hell's Kitchen sul televisore del soggiorno, che con la cucina formava un unico ambiente.
L'indomani sarebbe arrivato Esposito e avrebbero visto un altro appartamento: l'idea non la elettrizzava. Con preoccupazione, rifletté che se provava tanta insicurezza voleva dire che forse non era pronta per una convivenza o, peggio ancora, che la sua relazione con Javier poggiava su basi traballanti. Adesso si stava rendendo conto di essersi rifugiata in quella storia per fuggire dal dolore, seppure inconsapevolmente. Questo non sminuiva il sentimento che provava per Javier, ma esso forse non era sufficiente per costruire il futuro che lui desiderava.
Kate si era ripromessa di andare avanti con la sua vita ed era ancora decisa a farlo, con o senza una persona al suo fianco, ed ora si sentiva ad un bivio, con il tempo che stringeva.
Le doleva ammetterlo, ma forse Rachel aveva ragione.
Cenò con la pizza e Gordon Ramsay, il quale, con le sue esibizioni sopra le righe, riuscì a farla sorridere.
Più tardi si sdraiò sul divano provando a rilassarsi, in quanto i suoi pensieri erano troppo pieni di se e di forse e aveva bisogno di un momento di tregua. Fece zapping sul televisore, fermandosi su un vecchio episodio di How I met your mother.
Stava ridendo ad una battuta di Barney Stinson, quando suonarono alla porta. Sorpresa, si mosse per andare ad aprire, domandandosi chi potesse farle visita.




 
 Lento può passare il tempo
 ma se perdi tempo
 poi ti scappa il tempo
 l’attimo
 Lento come il movimento
 che se fai distratto
 perdi il tuo momento
 perdi l’attimo
 prendi l’attimo
 Tu non lo sai come vorrei
 ridurre tutto ad un giorno di sole
 tu non lo sai come vorrei
 saper guardare indietro
 senza fare sul serio, senza fare sul serio
 come vorrei distrarmi e ridere.


(Malika Ayane - “Senza fare sul serio”)





Non ci crederete, ma ho avuto davvero a che fare con una specie di signora Cooper, cagnolino compreso, ed è stato uno spasso.
Ho come l'impressione che abbiate accolto con salti di gioia i se e i forse di Kate.
Vi starete anche domandando chi ha suonato alla porta... Magari è solo il vicino, venuto a chiedere dello zucchero.
Al prossimo, per andare ad aprire insieme a Beckett :)





 
  
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