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Autore: agatha    28/10/2015    5 recensioni
L’idea di base di questa storia è una trilogia, che approfondisce il personaggio di Loki sotto diversi aspetti. Il primo è la figura di Loki in qualità di “figlio”, dove ho cercato di dare spazio al suo rapporto con Frigga. La storia inizia dopo gli eventi di “Thor 2: The Dark World” anche se ci saranno dei piccoli cambiamenti rispetto ai film Marvel. A causa di una promessa, Loki si ritrova su Midgard contro il suo volere, vittima dello stessa situazione in cui aveva incastrato suo fratello Thor tempo prima. Ho cercato di mantenere, come nei film Marvel, un po’ di drammaticità ma anche di momenti ironici.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino seguente Loki aprì gli occhi e, per un istante, rimase spaesato non capendo dove si trovava. Poi, di colpo, tutto gli tornò in mente: era un esiliato. Scalciò le coperte, che si erano aggrovigliate intorno alle caviglie e si mise seduto sul letto, appoggiando i piedi a terra. Con una smorfia mosse la spalla sinistra, quella che aveva subito il colpo forte durante la caduta. Per fortuna il suo corpo sarebbe guarito velocemente invece i midgardiani erano così fragili.
Toccò la fasciatura con le dita, ricordando la sera precedente, quando la mortale gliel’aveva fatta. Era rimasto seduto, fermo e rigido perché non gli piaceva dover essere curato e doversi affidare a qualcun altro.
Però poi era scattato qualcosa.
Mentre fissava la parete di fronte a sé e un quadro raffigurante una cascata, era subentrata una sensazione strana ma anche familiare, che non aveva più provato da quand’era piccolo. Gli era tornato in mente un episodio dell’infanzia.
 
Lui e Thor avevano giocato alla guerra e lui era caduto dal muretto su cui stavano duellando, finendo in un cespuglio di rovi. Le spine avevano trapassato il tessuto della sua tunica e graffiato la pelle in più punto della spalla e della schiena. Ovviamente suo fratello si era messo a ridere, sottolineando che aveva vinto lui e non smettendo di ripetere che lui aveva perso.
Aveva ricacciato indietro le lacrime, attingendo a tutta la propria forza di volontà e di orgoglio per non far vedere il dolore che stava provando e si era diretto verso la Stanza della Guarigione. Poco dopo era arrivata Frigga, che era stata informata di quanto successo. Lo aveva guardato, accarezzandogli i capelli e scendendo, con il palmo, a sfiorare la guancia.
“Loki, come stai?”
“Bene Madre. Non è successo nulla di grave” aveva mentito, cercando di mantenere un’espressione neutrale mentre la guaritrice gli medicava le punture sulla schiena.
Frigga però sapeva leggere al di là dei muri difensivi che innalzava perché le persone non vedessero nel suo animo e non capissero cosa stava provando. Gli rivolse un sorriso dolce prima di spostarsi dietro di lui.
“Faccio io” aveva detto alla guaritrice, congedandola con un cenno del capo.
Poco dopo erano rimasti solo loro due nella stanza.
“Puoi smettere di fingere” aveva mormorato Frigga, mentre gli tamponava i segni rossi, disinfettandoli.
Lui si era morso il labbro perché non voleva cedere e mostrarsi debole, ma poco dopo aveva sentito qualcosa solleticargli le guance e aveva capito che dovevano essere lacrime. Aveva cercato di restare calmo, di non far capire alla madre che stava piangendo, però quel piccolo sfogo gli era di consolazione, il dolore ora sembrava più sopportabile.
“Soffrire non è segno di debolezza. Affrontare un dolore e poi superarlo è sinonimo di forza e tu hai quella forza Loki, io lo so”
Lui aveva chiuso gli occhi, grato per quelle parole, per la fiducia che sua madre riponeva in lui e sapeva sempre ricordargli al momento giusto. Non lo avrebbe mai ammesso ma aveva bisogno di ascoltare quelle dichiarazioni, dell’amore che gli dimostrava a differenza di suo padre, di come fosse attenta a capire cosa provava davvero, andando oltre la maschera che indossava per proteggersi.
 
Ad essere onesti c’era stata un’altra occasione, da adulto, in cui Frigga si era occupata di lui ed era anche l’ultima volta che l’aveva vista, l’ultimo ricordo dal vivo che serbava di lei, senza contare la discussione avuta con il suo ologramma e l’ultimo “regalo” che gli aveva fatto per aiutarlo.
 
Thor l’aveva riportato su Asgard, incatenato e imbavagliato con quella maschera che gli impediva di parlare. Erano arrivate delle guardie reali a scortarlo, a cui suo fratello aveva dato l’estremità delle catene attaccate al suo collo e altre che lo tenevano d’occhio. Se avesse potuto avrebbe sorriso, commentando che lo ritenevano davvero pericoloso per schierare addirittura un piccolo esercito. Tutto sommato era un motivo di orgoglio. Forse avrebbe avuto la fortuna di esternare quel pensiero al grande Odino e avere il piacere di contrariarlo un’ultima volta, prima di essere giustiziato. Non si creava nessuna falsa speranza, i crimini che aveva compiuto, per quanto lui non li definisse tali, non potevano essere tollerati dal Padre degli Dei. Restava solo da scoprire in quale modo la sua vita sarebbe arrivata al termine, ma non era nemmeno quello un problema suo. Prima di presentarsi al cospetto di Odino, nella grande sala delle udienze, da dietro una colonna del lungo corridoio, era comparsa Frigga, ordinando a tutti di fermarsi. Thor si era fatto avanti e l’aveva abbracciata, baciandole la fronte. Lui non aveva potuto restare indifferente e aveva distolto lo sguardo, osservando il pavimento fingendo una stanchezza che non provava perché gli faceva male vedere il loro legame, vedere una madre e un figlio riuniti. Era talmente concentrato a convincersi che non gli interessava nulla che non si era accorto che Frigga si era avvicinata a lui.
“Loki” lo aveva chiamato, pronunciando il suo nome con un tono materno che gli arrivò dritto al cuore.
Lui la fissò negli occhi non potendo fare altro, vista la costrizione che portava sul viso.
“Toglietegli la maschera” ordinò alle guardie, che si girarono verso Thor in attesa di ordini.
Quest’ultimo fece un cenno con il capo, avallando l’ordine della Regina.
“Felice di vedermi, madre? Oppure vi rammaricate che sia di nuovo qui?” esordì Loki, appena fu in grado di parlare.
In realtà avrebbe voluto dirle che era felice di vederla, che gli era mancato il suo sorriso e il modo in cui lo guardava, come se fosse una persona normale, non un ibrido o un mostro da cui stare lontani.
 
L’espressione di Frigga si era fatta desolata, dopo aver sentito l’ennesima provocazione nei suoi confronti. Gli posò un mano sulla guancia, accarezzandolo come faceva per consolarlo da bambino.
“Sono felice di vederti, non devi dubitarne mai”
Aprì la bocca per replicare con qualche ironico commento ma, per una volta, non gli venne in mente nulla o forse non voleva avvelenare quell’istante e tenerselo come un ricordo felice a cui pensare prima di morire. Si limitò a guardarla, cercando di imprimersi bene i suoi tratti, per averla sempre vivida nella mente e nel cuore: gli occhi grandi e luminosi, capaci sempre di vedere e capire tutto di chi aveva di fronte, la pelle chiara molto più simile alla sua rispetto a quella di Thor o di Odino, il sorriso confortante che dispensava infondendo coraggio a chiunque e l’elaborata acconciatura, degna di una regina, che lui ammirava e una volta aveva scompigliato per farle uno scherzo.
L’amava tanto, un sentimento sincero come non aveva mai provato per nessuno perché solo lei gli aveva dato vero amore, gli aveva voluto bene a parole, ma soprattutto nei gesti: nel confortarlo quando era triste, nell’incoraggiarlo quando stava imparando la magia e nell’esprimere l’orgoglio per l’uomo che era diventato, prima che la sua follia degenerasse ovviamente.
Avrebbe voluto esprimere tutto questo, dirle quanto era importante per lui ma sapeva che non lo avrebbe mai fatto. Non gli riusciva facile esternare i propri sentimenti che lo rendevano fragile e potevano diventare un’arma per colpirlo proprio nel suo punto più debole. L’ombra dell’essere stato adottato, della bugia di cui era stato vittima, era un altro fattore che lo frenava, perché se avesse espresso l’amore che provava rischiava di vederselo rigettare indietro perché era stato un inganno. Quindi meglio tenersi tutto dentro, al sicuro, senza che nessuno potesse ferirlo più, poiché non voleva provare ancora quel dolore come il giorno in cui aveva scoperto la verità, una sofferenza letale come se gli avessero letteralmente strappato il cuore dal petto e lo stessero stritolando piano.
 
Thor pose fine a quel momento avvicinandosi. Loki avrebbe dovuto provare un minimo di riconoscenza per non essersi intromesso e avergli lasciato quei pochi minuti, invece provava solo rabbia perché, come sempre, riusciva ad immischiarsi nella sua vita, influenzandola e togliendogli le cose belle. Indossò la sua solita maschera di indifferenza sul volto, nascondendo qualsiasi emozione.
“Dobbiamo andare. Odino ci aspetta”
Quando una guardia fece il gesto di rimettergli la maschera sulla parte inferiore del viso, il dio del tuono fece segno di no con il capo.
“Non ce n’è più bisogno” disse, senza addurre nessuna giustificazione.
Loki lo odiò ancora di più perché quel gesto di compassione lo sminuiva persino come nemico, come se non fosse più pericoloso.
“Rimettiamoci in cammino. Sono impaziente di incontrare il Padre degli Dei. Conosco la strada, se volete seguirmi” commentò ironico alle guardie e ricominciò a camminare lentamente, mentre gli anelli delle catene ai suoi piedi sbattevano l’uno contro l’altro, producendo un suono metallico, amplificato dal silenzio del grande corridoio.
Rivolse un ultimo sguardo a Frigga che, per lui, equivaleva a dire “anch’io sono sempre lieto di vedervi Madre”.
La vide annuire, come se avesse compreso quel silenzioso messaggio, anche se era impossibile. Ricordava che Frigga aveva poteri di preveggenza e, forse, la sua magia riusciva anche a leggere nell’animo delle persone, chissà. Non si fermò a domandarsi se preferiva che lei avesse capito o meno. Andò incontro, a testa alta, verso il suo destino.
 
Ritornò al presente, domandandosi se fosse ancora viva e stringendo i pugni, fino a far sbiancare del tutto le nocche, per sfogare la rabbia di essere relegato su Midgard e non avere sue notizie.
  
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