Capitolo 9
Il
Cerchio Della Vita
Poi un soffio di vento ti sfiora
E il calore che senti sarà
La forza di cui hai bisogno.
Se vuoi resterà forte dentro di te.
Devi solo sentirti al sicuro,
C'è qualcuno che è sempre con noi.
Alza gli occhi e se vuoi
tu vederlo potrai
e i perché svaniranno nel blu.
E' una giostra che va questa vita che
Gira insieme a noi e non si ferma mai
E ogni vita lo sa che rinascerà
In un fiore che vita sarà.
Sheldon
firmò alla fine del foglio, lo piegò e lo inserì su una busta, sul cui retro scrisse
“Per Penny. Mi dispiace. Sheldon” per
poi sigillare il tutto e chiudere il tappo della penna.
Leonard
si avvicinò al frigo per prendere una bottiglina d’acqua e notò il tutto,
leggendo il destinatario.
“Una
lettera per Penny...?” domandò, incredulo. “E io che credevo che stessi facendo
i calcoli riguardo quell’idea di cui ti ho parlato sui fasci di luce!”.
Sheldon
lo guardò, riservandogli uno sguardo di disprezzo, per poi scuotere il capo con
disapprovazione.
“E
secondo te ci avrei impiegato quarantacinque minuti? Li ho fatti stamattina a
colazione, ci ho impiegato tre minuti e dodici secondi. La busta per te è sulla
scrivania e lo avresti notato se avessi lavorato, pigrone!” esclamò, indicando
l’oggetto con l’indice.
Il
coinquilino sbuffò, guardandolo male.
“Scusami
se è quasi il venti luglio e preferisco godermi un po’ di riposo” sbottò.
“Comunque, perché la lettera? Sei stufo di mandarmi a fare la spia per non
incrociare la tua ex? Finalmente!”.
“Non
essere sciocco, dovrai farlo ancora, solo che Marie mi ha dato un’idea. Sai che
quella ragazza è geniale ma ultimamente lo è di più, l’amicizia con quel Joseph
di Harvard le fa bene. Ha proposto Orgoglio e Pregiudizio come romanzo da
leggere e criticare il giovedì sera, con grande disappunto di Amy che lo adora,
e mi ha fatto notare che se Darcy è riuscito a riscattarsi con una lettera,
chiunque può farlo. Quindi, ecco qui, quattro pagine di semplice onestà in puro
stile Cooper. Sono passati nove giorni, magari la rabbia è di meno e potrà
comprendermi un po’ di più” spiegò il fisico teorico.
“E
affrontarla? Faccia a faccia?” propose Leonard, con aria di ovvietà.
“Sono
un fisico Leonard, non un gladiatore!” ribadì Sheldon, come se stesse dicendo
la cosa più ovvia del mondo. “Vado a consegnarla, guardami le spalle!” impose
poi, avvicinandosi verso l’uscio.
“Cosa
intendi con “consegnarla”, Sheldon?” indagò il fisico sperimentale, seguendolo,
non tanto per assecondarlo ma per curiosità.
“Metterla
sotto la sua porta, no?”.
“Sheldon,
abbi almeno la decenza di consegnarla faccia a faccia come ha fatto Darcy!”.
Sheldon
si voltò di scatto e lo guardò con interesse, lasciando presagire qualche
futura presa in giro dal suo sguardo.
“Hai
letto il libro, signorinella?”.
“Lo
hai fatto anche tu!”.
“Sì,
ma per prenderlo in giro con mia figlia e Joseph!”.
“Senti,
pensa a te e alla tua codardia nel consegnare così la lettera e...”.
“Stai
proprio piagnucolando come una signorinella, l’ho sempre detto che il latte di
soia ti ha reso una donnina indifesa. Ora fa il tuo dovere e guardami le
spalle” sbottò il fisico teorico, aprendo la porta e camminando lentamente, con
passo felpato, verso la porta della vicina.
“E
poi sarei io la signorinella?!”. Leonard lo guardò torvo e, per vendicarsi
dell’offesa subita, urlò: “Penny, apri la portaaa!”.
Il
coinquilino si bloccò, pietrificato, con un viso una maschera di puro orrore.
Nel
giro di tre secondi, una Penny in jeans e maglietta extra large aprì la porta
con aria infastidita e si bloccò nel vedere il suo ex nel mezzo del corridoio,
bloccato.
Aveva
le braccia incrociate e l’espressione scettica, vedendo Sheldon levò le
sopracciglia verso l’alto e si lasciò scappare una risatina.
“Ciao
Sheldon, cosa diavolo combini, eh?” sbottò, con lo sguardo che trasudava odio.
“Ti
ha scritto una lettera in cui ti spiega tutto e voleva lasciartela sotto la
porta” disse Leonard. “Credo tu abbia capito che da più di una settimana mi
chiede di controllare se sei in giro per non incrociarti e mi sono scocciato
quindi... cresci, Sheldon”.
“Crescere?
Ma no, lui tradisce la sua ragazza con l’ex durante le feste, come i sedicenni”
lo scimmiottò Penny, sentendosi meglio nel poter sfogarsi un po’ con del sano
sarcasmo di fronte a colui che l’aveva fatta soffrire di brutto.
Sheldon
deglutì, sentendosi pietrificato.
“Non
ci crederai ma sono il primo a sentirsi uno schifo per quel che ti ho fatto”
sussurrò, guardandola negli occhi con grande difficoltà.
“Non
ci credo altrimenti non avresti avuto questa idea della lettera e mi avresti
parlato faccia a faccia”.
“Io
avrei anche affrontato la cosa faccia a faccia ma diciamo che conosco la
potenza dell’ira femminile e ho preferito evitarla” si giustificò Sheldon,
imbarazzato, per poi porgerle la lettera.
Penny
rise – una risata triste, vuota – per poi afferrare la busta con un sospiro.
“Attento
alle tue spalle, potrei sempre colpirti da dietro” lo prese in giro, fissandolo
con disprezzo.
“Infatti
ho intenzione di camminare all’indietro come i gamberi” rispose Sheldon, serio.
La
ragazza sgranò gli occhi, incredula per quell’affermazione.
“Vedi,
è da queste cose che capisci che non è tanto normale e quindi puoi giustificare
almeno un dieci percento delle sue azioni” s’intromise Leonard, ironico.
“Giusto,
non esco mai con gente normale quindi non vedo perché lui debba fare eccezione.
Guardati alle spalle, Cooper, c’è una donna in città la cui ira si è scatenata
a causa tua! Ah, salutami la tua dolce Amy tra un incontro sessuale e l’altro!”
aggiunse la bionda, la voce intrisa di disprezzo, prima di voltarsi e chiudere
la porta rumorosamente.
“Io
e Amy stiamo valutando la situazione e non abbiamo nessun tipo di contatto!”
esclamò Sheldon in risposta, salvo poi tornare in casa ma camminando sul serio
a marcia indietro come i gamberi.
Vedendo
ciò, Leonard chiuse la porta e lasciò che l’amico ci sbattesse contro con la
schiena per poi protestare.
Nel
suo piccolo, era un modo per vendicare le sofferenze di Penny.
Marie
se ne stava ferma da circa un paio d’ore e la cosa iniziava a darle un grande
fastidio perché odiava starsene ferma senza far nulla e per di più senza
nemmeno poter parlare più di tanto.
Di
fronte a lei, nascosto da una tela, Joseph si dilettava nel farle un ritratto
con eccessivo impegno e precisione.
Le
aveva raccontato della sua passione per il disegno e l’arte, cosa che lo aveva
aiutato ad entrare ad Harvard insieme ai suoi ottimi voti, così si era offerto
di farle un ritratto da conservare in camera sua e poi appendere nel suo
dormitorio ad Harvard.
“Come
sta venendo?” chiese ansiosamente Marie, visto che non ne poteva più.
“Bene,
fidati. Sarà perfetto nella tua stanza, al college” rispose Joseph, prendendo
una pennellata di azzurro per definire meglio le iridi blu della ragazza.
“Mamma
tornerà dopo ore ed ore e mi troverà ancora qui, immobile” sbuffò la ragazza.
“E’
stata carina a lasciarci soli, visto che da quel che mi hai detto sono il primo
amico che porti a casa” osservò il ragazzo, fingendo un tono casuale nonostante
la frase fosse ben mirata ad uno scopo.
“Non
è che sei il primo, voglio dire, sei il primo amico che viene a trovarmi da solo”.
“Ne
sono onorato. Dopo andiamo al cinema?” aggiunse, improvvisamente più allegro.
Marie
annuì, pensando agli stereotipi delle ragazze che vanno al cinema con un
ragazzo, vedono un horror e si riparano sulla spalla dell’altro, salvo poi
finire a pomiciare nel giro di pochi minuti e ignorare il film.
Lei
non era una di quelle, no, lei adorava gli horror e non poteva lasciare la sala
senza aver visto ogni minimo secondo della pellicola. Come avrebbe fatto
altrimenti a commentarlo dopo e a scrivere una dettagliatissima recensione con
tutti i pro e i contro?
Joseph
voleva solo vedere un film, ne era convinta, non doveva assolutamente
preoccuparsi!
Certo,
le scriveva dei messaggi carini, avevano fatto tante passeggiate e lo aveva incluso
nella serata “Prendi in giro Scientificamente i Classici della letteratura” con
suo padre, ma non c’era altro.
“Cosa
vediamo?”.
“Non
lo so, decidiamo lì, che dici?”.
“Cosa?
Ma sei impazzito per caso? Andare al cinema senza aver letto tutte le trame dei
film presenti e ignorando le recensioni? Io non ho tempo da perdere!” esclamò
Marie, muovendosi in modo da far protestare il ragazzo.
“Ok,
ok, dopo lo scegliamo!”.
“Dopo?
Scusami, sono già le cinque, a che ora vuoi andare? E’ un’operazione che
richiede ore!”.
Joseph
sospirò, si protrasse alla destra della tela e guardò Marie, lo sguardo acceso
e determinato e le labbra incrinate. Sembrava buffa ma era molto carina, pensò.
“Dieci
minuti e ho finito, su!”.
“Va
bene...”.
Amy
varcò la soglia dell’appartamento di Sheldon e Leonard e sorrise in direzione
del primo, notando l’assenza del coinquilino.
“Leonard
è in lavanderia a fare il bucato” disse subito Sheldon, comprendendo la domanda
inespressa della donna.
“Capisco.
Marie è al cinema con Joseph, le ha fatto un bel ritratto, sai?” lo informò la
moglie, sorridendo, mentre posava la borsa.
Sheldon
trattenne il respiro e la guardò come se avesse detto una cosa oltraggiosa.
“Al
cinema? Ma ti rendi conto? Mandi nostra figlia appena diciannovenne al cinema con un ragazzo?!”.
Allibita,
Amy lo fissò, senza capire. “Al cinema, Sheldon. Cinema. E’ un luogo pubblico e...”.
“Sì,
lo so, eppure ciò non ci ha impiedito di pomiciare selvaggiamente, qualche
settimana prima di procreare” le ricordò Sheldon, puntandole l’indice contro.
Contro
ogni previsione, Amy rise, per poi annuire.
“Mi
ricordo eccome! Mi sentivo così ribelle... Io che baciavo un ragazzo di cui ero
pazza in un cinema, fu una serata meravigliosa. Tu mi comprasti i pop corn e me
li porgesti in un modo così gentile che pensai “Sposerò lui, ne sono sicura, mi
guarda in un modo che mi fa sentire speciale”, sai?”.
“Amy
stavamo parlando di Marie...” le fece notare Sheldon, tuttavia raddolcito al
solo ricordo.
“E’
adulta e non ha mai baciato un ragazzo, dai! Sa quello che fa ed è
responsabile!” gli ricordò Amy.
Sheldon
alzò gli occhi al cielo e sbuffò, per poi avvicinarci a Amy.
“E
va bene, ma quel Joseph deve solo osare fare mezzo passo falso e userò le mie
conoscenze della fisica contro di lui!” sbottò.
La
donna annuì, rassegnata.
“Sì,
certo. Vedi, io provavo a farti ricordare il passato per parlare di noi e cambi
argomento. Sono paziente ma così perdiamo tempo” gli fece notare, prendendo le
mani tra le sue.
“Cosa
dovrei dirti, Amy, che fu una serata bellissima? Lo fu, davvero. Ma penso che
il passato che ci tocca rinvangare sia quello degli ultimi anni” le ricordò.
Amy
annuì, sospirando.
“Sì,
hai ragione. Scusami, è che questa situazione mi manda in tilt, voglio farmi
perdonare ma allo stesso tempo mi manchi. So di non avere alcuna voce in
capitolo ma... Lascia che te lo dica, mi manchi, e guardare quel divano mi
distrae perché mi fa ricordare ciò che abbiamo fatto una decina di giorni fa”.
“Amy...”.
“Sì,
lo so, sono sempre la solita. Posso almeno solo abbracciarti, per favore?”
chiese, accarezzandogli il viso con dolcezza.
Non
ebbe alcuna risposta verbale, semplicemente si sentì avvolgere dalla braccia
dell’uomo, così appoggiò la testa sul suo petto e si lasciò cullare dalla
stretta, sentendosi a casa come ogni volta che si verificava un’azione simile.
Sheldon
le accarezzò i capelli lentamente, per poi posare il mento sulla sua testa
mentre continuava a tenerla tra le braccia.
“Io
vorrei davvero tornare alla normalità senza problemi, solo che ho paura. Magari
un giorno mi sveglio e scopro che te ne sei fuggita di nuovo e... Non potrei
reggerlo” ammise, dando voce ai suoi pensieri più profondi, quello che lo
tenevano sveglio la notte.
Amy
alzò il capo senza sciogliere l’abbraccio e appoggiò le mani sul viso di
Sheldon, guardandolo dritto negli occhi.
“Come
potrei abbandonarti? L’ultimo mese è stato folle, l’ho trascorso dandomi della
stupida e sperando di tornare indietro di anni! Ho sempre sperato di non averti
fatto soffrire tantissimo e ho sbagliato, ma posso giurarti che sapere il tuo
dolore mi ha reso una donna consapevole dei suoi errori. Ora mi tocca scontarli
ed è giusto che sia così, ma non ti ferirò più, lo prometto” disse, sapendo di
star esprimendo qualcosa che aveva già detto molte volte ultimamente.
Aveva
deciso che glielo avrebbe ripetuto fino allo sfinimento pur di rassicurarlo.
Suo
malgrado, Sheldon sorrise e avvicinò il suo volto a quello di Amy, cercando le
sue labbra e dicendo mentalmente addio alla rigidità che si era imposto. Aveva
bisogno di baciarla, un bacio non poteva non migliorare la situazione, no?
Amy
accolse il bacio con calore, ancora stretta – se non di più – a lui, beandosi
di quel contatto più pronfondo rispetto alla formalità degli ultimi giorni.
Starsene
così, stretti l’uno all’altra, era la cosa più bella del mondo, e quando si
separarono, senza sapere perché, scoppiarono a ridere, come due ragazzini
inesperti.
Forse,
in fondo, non sarebbero mai, mai cresciuti
del tutto.
Penny
fissò il foglio che aveva tra le mani e si sforzò di essere forte e di non
piangere, così guardò il calice di vino che aveva riempito in caso di
“emergenza”, lo afferrò e ne bevve un sorso, lentamente.
Gustò
il sapore della bevanda e poi si accoccolò meglio sul divano, le gambe piegate
contro il busto.
La
lettera era stata onesta, gentile, piena di sensi di colpa, non era di certo
qualcosa a cui era abituata.
Lei
era quella a cui si diceva “Non sei tu, sono io”, “Sei fantastica ma voglio
stare da solo al momento”, “Non voglio impegnarmi, ti farei soffrire”, magari tramite
sms o addirittura un subdolo social network.
La
lettera era sempre qualcosa di scritto, ma in maniera differente, era qualcosa
che richiedeva più impegno e sincerità e da una parte preferì quel gesto ad un
incontro faccia a faccia: non voleva farsi vedere in lacrime, vulnerabile e
triste.
Tecnicamente
il contenuto non le era nuovo, aveva immaginato tutto; era la lettera di un
uomo, un padre, un marito che aveva trascorso degli anni difficili e che aveva
trovato un po’ di serenità in lei, salvo poi comprendere di amare perdutamente
la moglie, la cattiva della situazione ai suoi occhi.
L’aveva
ringraziata per tutte le volte che lo aveva fatto ridere, si scusava per i
momenti in cui lui non era stato il massimo, le ricordava che grazie a lei lui
e Marie avevano vissuto dei momenti felici dopo i vari problemi familiari e
ammetteva di odiarsi ancora per ciò che le aveva fatto perché non era quel tipo
di uomo.
“Ho sempre creduto solo
ed esclusivamente nella scienza finché non ho incontrato Amy e gli occhi di mia
figlia, sai? Non voglio fare il sentimentale nè giustificarmi, ma ormai ho
capito che ciò che provo per Amy è un qualcosa che non proverò in futuro con
un’altra persona. Ci siamo trovati bene, ma penso tu abbia notato che ero
solito non prendere mai l’iniziativa... Ora ho capito perché, scusami. Sono
sicuro che, anche se ora ti sembra assurdo, troverai molto presto la persona
perfetta per te, quella che ti fa dimenticare del resto del mondo anche sei hai
una memoria eidetica. La cosa che più mi dispiace è aver rovinato il rapporto
con una vicina simpatica e intelligente che non crede che il Bosone di Higgs
sia il nome di un piatto Irlandese. Scusami.
So di non meritare il
tuo perdono, posso solo chiederti di provare a comprendere un po’ la situazione
e, magari, in futuro, scusarmi.
Ti auguro il meglio, te
lo meriti.
S.L.C.”
La
lettera finiva così.
“Sì,
Dottor Sheldon Cooper, l’amore della mia vita è proprio dietro l’angolo, sì,
certo, ora esco di casa e lo incontrerò! Maledizione, devo fare qualcosa o impazzirò!”
sbottò la chimica, in uno stato di agitazione perenne.
Vuotò
il contenuto del bicchiere e si precipitò fuori l’appartamento, chiudendo la
porta con uno scatto.
Di
fronte a lei, Leonard usciva a sua volta di casa con una cesta per i panni
sporchi in mano.
“Oh,
ciao Leonard. Che bello incontrare il coinquilino davvero intelligente” disse, sarcastica.
Leonard
si bloccò nel vederla e poi le sorrise timidamente.
“Non
ti chiederò come stai ma, se ti va, puoi parlarne con me. Sono la persona
adatta con cui sparlare di Sheldon Cooper, te lo assicuro!” propose, facendole
l’occhiolino.
Suo
malgrado Penny ridacchiò, poi annuì.
“Ti
faccio compagnia, allora”.
“Bene,
sono pronto ad ascoltarti!”.
Era
ormai il secondo tempo e il film volgeva verso la fine, anche se ormai il
giudizio di Marie era stato fatto: non era nulla di che.
Certo,
il fatto che Joseph al suo lato non facesse altro che agitarsi e muoversi ogni
tre secondi non la aiutava a concentrarsi, così, non potendone più, si girò
verso destra e sbottò: “La vuoi smettere? Perché ti muovi ogni tre secondi?”.
Joseph
esitò, poi prese un bel respiro e guardò a sua volta verso di lei.
“E’
che... Volevo provare a... Prenderti per mano, ma non avevo il coraggio”
ammise, imbarazzato, per poi abbassare lo sguardo e vedere la mano di Marie
poggiata sul poggia braccia della sedia.
Deciso
come non mai, l’afferrò e la strinse tra la sua, sperando che non risultasse
sudaticcia e disgustosa.
Marie
sobbalzò a quel contatto, per certi versi le sembrava più intimo di un abbraccio,
ma notò che alla fine non le dispiaceva affatto nonostante odiasse quei tipi di
contatti con la gente.
Non
sapendo cosa fare, così, disse: “Ci voleva tanto?” con un tono un po’ brusco,
ma appena si voltò, senza volerlo, sorrise.
Era
piacevole, strano, sentiva lo stomaco sussultare e le mani sudate, cosa che le
faceva pensare all’amuchina che aveva in borsa e che per cause di forza
maggiore non poteva usare per la prima volta in vita sua.
Contro
ogni previsione, il film smise di interessarle, si disse che dopotutto non è
che fosse nulla di che ma faceva davvero schifo, così si voltò e beccò Joseph
che la fissava, come se fosse lei la protagonista per lui.
“Non... Non vedi il film?” domandò, sussurrando e
avvicinandosi un po’ di più per farsi sentire visto che la protagonista stava
urlando, inseguita da un serial killer.
“Posso
essere onesto?”.
“Sì”.
“Odio
il film e volevo semplicemente fare qualcosa con te, in realtà. E’.... E’ bello
vederti mentre ti concentri e guardi lo schermo” rivelò. “Nel caso non l’avessi
capito, mi piaci” ammise poi, come se fosse una cosa correlata al discorso.
“Cosa?”
domandò Marie, visto che la protagonista, una certa Mindy, urlava come una
forsennata mentre correva per le campagne isolate del Texas.
Josh
sospirò. “Lascia stare...”.
“Joseph,
non sento nulla, questa pazza urla e...” provò a dire, ma si bloccò, non
potendo dire altro a causa delle labbra di Josh che si erano posate con
delicatezza sulle sue.
Era
una sensazione nuova visto che era la prima volta che le succedeva e aveva zero
esperienza, le sembrava che la sala le stesse girando intorno e lo stomaco
proprio non volesse saperne di fermarsi nel girare e girare e girare...
Quando
Joseph si allontanò, Mindy aveva smesso di urlare, così provò a dire: “Era per
dirti che mi piaci, tanto” per giustificarsi. Era così imbarazzato che si
scompigliò i capelli con una mano, senza sapere bene cosa fare.
Ancora
sorpresa, Marie annuì, guardando altrove.
“Beh,
immagino sia... Reciproco, sì” borbottò, sentendo il viso in fiamme, prima di
voltarsi verso lo schermo.
“Uh,
Mindy è morta. Sappi che dovrai comprarmi il dvd e farmi vedere la scena che mi
hai fatto perdere!” sbottò, un po’ più animata anche se la sua testa vagava
altrove, sul profumo di Joseph, le sue labbra soffici e l’approssimativo numero
di secondi in cui le loro labbra erano state incollate.
Dal
canto suo, Joseph sorrise, continuando a guardarla di nascosto: forse la prima
battaglia era vinta.
“La
parte peggiore, poi, è stata sentire mia sorella e doverle dire di essere stata
mollata” sbottò Penny, mentre piegava una delle magliette di Leonard.
Lui
l’aveva pregata di non farlo ma aveva insistito visto che fare qualcosa la
distraeva.
“Perché,
scusa? Tecnicamente l’hai mollato tu” ragionò Leonard, provando ad
incoraggiarla in qualche modo.
“Perché
mi ha tradito. Meglio dire di essere stata mollata che, come si suol dire in
gergo, cornificata. Sono stufa, stufa
di sentirmi dire sempre le stesse cose! Che sono io il problema, che morirò
sola... Dovresti saperlo, idiota di una sorella, che tuo marito mi ha palpato
il sedere... Il giorno del vostro matrimonio!” urlò Penny, inveendo contro il
muro e gettando una maglia per terra con una forza enorme. “Scusa, scusa, te la
laverò di nuovo, scusa, io...”.
“Ma
no, figurati, Penny, tranquilla, puoi... Penny...!”.
Il
cuore di Leonard si sciolse nel vedere quella fantastica creatura piangere, il
volto nascosto dai capelli, le spalle sussultanti a causa dei singhiozzi...
Come
si poteva farle del male?
Sembrava
una donna cazzuta ma in quell’istante Leonard comprese che non lasciava che nessuno
vedesse le sue fragilità e che l’unico testimone delle sue lacrime fosse il suo
letto insieme al suo divano.
Odiò
Sheldon per ciò che aveva scaturito nella vita di quella donna, vederla in
quello stato era tremendo.
Le
si avvicinò e le appoggiò una mano sulla spalla con cautela.
“Penny
è tutto ok, piangi quanto vuoi, resterà tra noi. Sai, io sono un vero
piagnucolone, specialmente se si tratta di film animati come Toy Story! E non
come te, che piangi per cose reali e vissute sulla tua pelle, sono proprio un
disastro!” sussurrò.
Vederla
sorridere tra le lacrime fu un sollievo, così le sorrise.
“Ti
capisco, davvero. Le tue lacrime al momento non sono dovute solo al presente ma
soprattutto a tutto ciò che hai vissuto fino ad ora. Il passato non è mai passato
finché un’azione presente ce lo ricorda, si somma agli altri momenti negativi e
ci travolge... Posso capirlo, davvero Penny, sfogati” aggiunse lentamente,
sperando di infonderle fiducia.
Penny
alzò lo sguardo e lo fissò, incredula.
“Tu...
Come hai fatto? Cioè, hai descritto come mi sento, io non sto così solo per lui
ma perché sono stufa di tutte le delusioni... Voglio dire, allora sono normale,
nessuno mi capisce mai e mi prendono tutti per pazza!” esclamò, asciugandosi le
lacrime con il polso.
“Sei
normalissima, fidati. E’ il tuo ex che non lo è, te lo assicuro” ridacchiò
Leonard. “Quando vorrai potrai sfogarti con me, promesso” si offrì, serio più
che mai.
Penny
sorrise tra le lacrime e annuì. “Grazie, davvero” sussurrò, per poi
abbracciarlo, sentendo di aver trovato una persona in grado di capirla senza
guardarla come se fosse pazza.
“E’
stato un bel film” disse Joseph, ormai arrivato fuori al palazzo dove abitava
Marie, con le mani nelle tasche dei jeans e un sorrisino che la contava lunga.
Marie
lo guardò, incredula, tanto che rise.
“Ma
se non lo hai guardato...” puntualizzò.
“Ne
ho guardato uno tutto mio e mi è piaciuto” si corresse Joseph, scrollando le
spalle e prendendo le mani della ragazza tra le sue.
“Qual
era il titolo?” indagò lei, spinta dalla voglia di comprendere lo status delle
cose dopo quelle ore trascorse insieme.
“Beh,
“Quando c’è chimica tra un fisico e una
chimica”, direi” azzardò, sperando di non ricevere un ceffone o un
rimprovero.
“Non
mi piace, mi ricorda mio padre e la sua ex Penny che sono a loro volta un
fisico e una chimica. Propongo... “L’estate
del mio primo bacio”, no?”.
“Ma
esiste già!”.
“Davvero?”.
“Sì,
ma immagino non ti interessi il genere. Era sul serio il pr...?”.
“Joseph,
non renderlo imbarazzante, ok? Lo so, sono adulta, ma...”.
Marie
era rossissima in viso, era buffa con i capelli un po’ gonfi e gli occhiali che
quasi le andavano di traverso tanto che era agitata.
“E’
stato un onore e spero sia stata un’esperienza speciale” l’interruppe Joseph,
appoggiando una mano sul suo viso.
“Direi
di sì visto che è successo mentre Mindy urlava e... Ok, sì, era speciale”
asserì infine, incrociando lo sguardo con quelli del ragazzo di fronte a lei.
Joseph
sorrise e sospirò.
“Vorrei
rifarlo ma tuo padre ci sta guardando...” aggiunse, decisamente intimorito dal
pensiero di Sheldon Cooper che lo ammazzava in mille modi improbabili,
togliendo subito la mano dal viso della ragazza.
“Potremmo
rimandare a domani” propose Marie, incredula per ciò che aveva appena asserito.
Vergognandosi,
così, si allontanò qualche passo e salutò con la mano Joseph, che la guardò
allontanarsi con un sorriso ebete stampato in faccia.
Tornare
a casa e vedere i suoi genitori che parlavano civilmente era sempre bello,
soprattutto perché non era abituata a una cosa simile.
Trovarli
intenti nel guardare la tv o bere una tazza di thé era rasserenante, la
facevano sentire al sicuro, protetta, oltre che amata come non mai.
Si
era così abituata nelle settimane di quella calda estate che la sera del
quindici agosto che, quando tornò a casa, con sommo stupore e incredulità notò
che suo padre era paonazzo, con il telefono in mano e l’aria preoccupata.
Non
lo vedeva così dall’inizio dell’estate, ormai era sempre sereno e sorridente
come non mai, simbolo del fatto che in quei tre mesi le cose si fossero evolute
in positivo.
“Papà,
è successo qualcosa?” domandò, senza capire.
Giusto
cinque giorni prima aveva festeggiato con loro il primo mese di “pace”, oltre
che il primo mese da diciannovenne.
“Tua
madre è scomparsa” sentenziò l’uomo, portandosi una mano sul viso e respirando
forte.
“Che
cosa?!”.
“Sì,
Marie, tua madre è scomparsa! Sono preoccupato, ieri a cena non si sentiva
bene, era pallida e ha vomitato il pranzo e non la sento da ieri sera, non
risponde alle mie telefonate, non è a casa sua, i vicini non l’hanno vista
uscire...” urlò Sheldon, quasi senza fiato. “Non capisco, non abbiamo litigato,
anzi, avevamo appena stabilito che le cose stessero andando bene, che avevamo
chiarito tante cose e che doveva chiamare l’avvocato per annullare il
divorzio... Forse ci ha ripensato...”.
Marie
corse verso l’uomo e scosse il capo, decisa, perché non voleva nemmeno pensare
a qualcosa di negativo.
Andava
tutto bene, si disse, sembravano sul serio una semplice famiglia felice e non
era successo nulla di negativo!
“Papà,
no, forse è un caso! Provo a chiamarla io, fammi sciacquare il viso che fa un
caldo assurdo e risolviamo la cosa” disse, correndo verso il bagno, più che
altro per nascondersi e non mostrare la sua faccia preoccupata.
Non poteva succedere di nuovo, no!
Che fine avevano fatto i sensi di
colpa di sua madre per averli abbandonati, la sua gioia nello stare di nuovo in
loro compagnia e la serenità nell’essere di nuovo uniti?
Era
come vivere un flashback, sul serio, non poteva verificarsi di nuovo! Le cose
andavano bene, no? Perché sua madre si era allontanata?
Si
appoggiò sulla vasca per riflettere ma non ci riuscì, presa dalla paura.
Notò
alcune lacrime di nervosismo, così prese la carta igienica e si asciugò gli
occhi visto che il padre non doveva assolutamente pensare che lei si stesse
preoccupando.
Per
nascondere ogni prova, prese il fazzoletto usato e lo gettò nel cestino, salvo
poi bloccarsi, senza fiato, quando vide il contenuto.
Da
sola sulla spiaggia al tramonto – il momento che preferiva – Amy guardava
l’orizzonte.
Il
cielo era luminoso ma allo stesso tempo opaco e la cosa la attirava decisamente
perché sembrava la sua vita, apparentemente semplice ma con le sue ombre.
Quando
il cellulare le vibrò si lasciò scappare un sospiro, pensando che fosse
l’ennesimo sms di Sheldon, eppure fu sorpresa di vedere che era da parte di sua
figlia.
Ho
capito tutto, fuggire non serve a nulla, sii onesta, dimmi dove sei!
Si
immobilizzò, la gola improvvisamente secca, ed ebbe la sensazione che,
dopotutto, la vita è un cerchio che si ripete all’infinito finché non decidiamo
di smettere di percorrerlo.
*°*°*°*
Capitolo
nuovo, problemi nuovi!
Il
tempo scorre velocemente e siamo a fine agosto, mentre all’inizio eravamo verso
il dieci giugno.
E’
stata un’estate movimentata e ora vedremo come terminerà, eheh.
Nel
prossimo capitolo torna Raj!
Non
commento nulla, sono curiosa di sapere le vostre reazioni e vi chiedo cosa
credete che sia successo ad Amy ed il perché della fuga.
Ecco
qualche spoiler dal penultimo capitolo (eh sì, siamo quasi alla fine D: )
“Tu...
Mi hai organizzato una sorta di appuntamento?” domandò, le mani sui fianchi,
indispettita.
“No,
no, tesoro, no, davvero...”.
Non
credendolo, Bernadette utilizzò la sua agilità per prendere il telefono,
sbloccò lo schermo e guardò ciò che stava scioccando il marito, salvo poi
rimanere scioccata a sua volta.
Grazie
a chi continua a seguirmi! <3
A
mercoledì,
milly.