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Autore: The Writer Of The Stars    30/10/2015    2 recensioni
Sasuke necessitava di normalità; aveva bisogno di sentire una mano grande scompigliargli i capelli con fare paterno, bramava di avere al suo fianco due iridi verdi colme d’amore solo per lui e delle labbra morbide posate con leggerezza sulle proprie, voleva che quei litigi infantili col custode di Kurama durassero per sempre, perché ognuna di queste cose stillava normalità e serenità da ogni parola, da ogni bacio, da ogni pacca affettuosa sulla spalla.
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Eppure, nonostante procedesse a fatica contro corrente, Kakashi non poté fare a meno di notare come quel piccolo corso d’acqua secondario non smettesse di scorrere, percorrendo la sua strada nonostante tutto, senza fermarsi, e in un moto di filosofica personificazione, si riscoprì anche lui tra quell’impavida schiuma marina, che scorreva fino a trovare il punto in cui, alla fine del corso, si sarebbe finalmente ricongiunto con i suoi simili – con Rin- e Sakura avrebbe ritrovato Sasuke più forte e diverso che mai, ma sempre e comunque Sasuke.
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Dopo la partenza di Sasuke |Sasusaku| accenni KakaRin
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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Ispirata da una scena dalla serie tv “Glee.”
 
Quando tornava da una missione, era solito percorrere l’intero giro del villaggio prima di rincasare, gustando interiormente lo scalpiccio dei suoi passi cadenzati sulla ghiaia e assaporando il sapore agrodolce del vento di Konoha sulla propria pelle cicatrizzata. Quando attraversava i confini del villaggio la notte era già scesa sui volti dei suoi abitanti, ed era grato di poter godere solo lui di quella calma ancestrale sotto gli occhi celati della luna lattea, bramava con psicotico desiderio di poter calciare con indifferenza i ciottoli rotolanti per le vie deserte e semi abbandonate, cullato all’udito solo dall’eco dei suoi passi solitari e silenziosi.  Quando si fermava sul ponte, per guardar scorrere il fiume, gli capitava sempre di affacciarsi sul versante giusto, quello da cui il suo sguardo poteva seguire la direzione della corrente senza interruzioni. C’erano persone che amavano seguire il movimento impetuoso dell’acqua che di là veniva e scorreva sotto i propri occhi in senso contrario, costringendo le iridi a seguire la propria avanzata, atteggiandosi baldanzosa come una dama che tra le onde spumeggianti del suo vestito cela la malizia e la consapevolezza di aver attirato su di sé gli sguardi più languidi di qualcuno dalla carne debole. Alcuni invece solevano volgere comodamente i propri occhi al corso sicuro del fiume, osservando i rigetti spumosi d’acqua senza particolare attenzione, affogando i propri pensieri in quella schiuma biancastra d’acqua dolce, e lui era così, dedito alla semplicità, alla corrente liscia, alla sicurezza dell’acqua che scorre senza fremere. Aveva riflettuto molteplici volte riguardo a tutto ciò, e con l’occhio non celato dal copri fronte affogato nei fiotti regolari del fiume, aveva realizzato che era propenso ad osservare il corso regolare dell’acqua perché esso conferiva lui una stabilità e una sicurezza che nella propria vita non aveva mai sperimentato e non era in grado di apportare, nemmeno volendolo, perché di notte i fantasmi tornavano a tormentarlo con i loro gemiti di dolore, con le loro iridi color nocciola, con le loro strisce viola ai lati delle guance, con il suo nome invocato dalle loro voci flebili in una litania angosciosa e continua.

Kakashi … Kakashi …
 

La sicurezza instabile che aveva cercato di costruirsi a fatica, ricavandola dalle piccole cose come l’acqua di un fiume, sembrava essere destinata a crollare ignominiosamente proprio sul più bello, proprio quando la vetta stava per essere raggiunta e quando le grida straziate cominciavano ad essere sostituite dalle risate sguaiate di Naruto, dalle domande innocenti di Sakura, dal lieve sorriso mal celato di Sasuke. Non poteva essere felice, lo aveva capito finalmente. Non poteva abbandonarsi alla purezza di quella lieve increspatura delle labbra, perché un marchio doloroso l’aveva annegata in esso, trasformando l’amore acerbo di un dodicenne nei confronti dei suoi unici cari, in sete morbosa di vendetta in nome di fantasmi deliranti, spiriti che vagavano per il quartiere deserto degli Uchiha con le loro grida straziate, i loro singhiozzi incontrollati, i loro gemiti di dolore, forse ancora più terribili di quelli di Rin che rimbombavano nella sue mente. Lo aveva capito che c’era qualcosa che non andava, che Sasuke era turbato, che era confuso e aveva bisogno di certezze, e ingenuamente si era convinto di essere riuscito a dargliele, che lui, Naruto e Sakura sarebbero bastati a colmare quel vuoto incommensurabile al centro del suo petto. E chissà, probabilmente per un certo periodo di tempo era stato davvero così, Sasuke doveva averli amati veramente, perché in fondo era ancora un bambino affamato d’amore e quell’amore lo aveva trovato nei suoi sguardi orgogliosi al completamento di una missione, nelle sfide quotidiane con Naruto, negli occhi limpidi e sinceri di Sakura. Credeva sarebbero bastati, che quella sete di vendetta maligna non avrebbe preso il soppravvento su di lui, che sarebbero davvero state sufficienti le braccia esili di Sakura strette attorno al suo petto in sussulto a calmare gli effetti del segno maledetto.

Povero illuso.

Non erano stati abbastanza. Non erano mai stati abbastanza. Sempre troppo allegri, troppo buoni, troppo fiduciosi nel bene e nell’amore, nell’unione intensa di quel team tra tutti più improbabile, troppo diversi per Sasuke. Troppo normali. Sasuke necessitava di normalità; aveva bisogno di sentire una mano grande scompigliargli i capelli con fare paterno, bramava di avere al suo fianco due iridi verdi colme d’amore solo per lui e delle labbra morbide posate con leggerezza sulle proprie, voleva che quei litigi infantili col custode di Kurama durassero per sempre, perché ognuna di queste cose stillava normalità e serenità da ogni parola, da ogni bacio, da ogni pacca affettuosa sulla spalla. Ma non poteva accettare quella utopica e meravigliosa normalità senza prima essersi tolto dalla coscienza quel desiderio di vendetta, quel peso che erano i fantasmi che vagavano gementi per il suo quartiere, non prima che la katana ancora da forgiare venisse macchiata col sangue gemello di chi gli aveva tolto tutto -o almeno così credeva- e Kakashi si sentiva un idiota per non averlo capito subito, per non aver tenuto in conto che quel ragazzino imbronciato era come lui, che aveva anche lui i suoi demoni e che non riusciva a vivere senza prima averli sconfitti. Si chiedeva che razza di maestro era stato allora, quale astratta figura paterna aveva intenzione di emulare, se nemmeno lui era riuscito a carpire a fondo quel dolore e ad estirparlo alla radice, chiudendo i battenti di Konoha e impedendo che la lingua viola del serpente inghiottisse in sé l’anima ormai venduta di Sasuke, se avesse potuto fare qualcosa, una misera cosa in più per convincerlo a restare, anche se la consapevolezza che nemmeno l’amore di Sakura era stato in grado di fermarlo, demoliva in lui ogni congettura implicabile.
 

“Kakashi sensei?” lo scalpiccio delicato di due piedi minuti solleticò il suo udito con leggero fastidio e quando la voce delicata della sua adorata allieva lo ridestò dalle sue guerre interiori, Kakashi non poté fare a meno di spalancare gli occhi sorpreso, rendendosi conto di essere rimasto immobile, con lo sguardo rivolto all’acqua che fluiva lenta nel letto del fiume per un tempo infinito. Sakura si avvicinò al parapetto del ponte, appoggiandovi le braccia e sporgendosi oltre il confine in legno, condividendo col proprio maestro lo spettacolo angoscioso del fiume che scorreva. Kakashi voltò la testa nella sua direzione, scoprendola nella sua stessa identica posizione a nemmeno un metro di distanza da lui, con lo sguardo basso e le braccia che tremavano appena, chissà se per il freddo o per le lacrime, e vedendola così, il senso di colpa che lo aveva attanagliato fino a pochi secondi prima si fece ancora più pesante e straziante, alla consapevolezza che Sasuke non era stato l’unico ferito in quel gioco di dominio e vendetta.

“Sakura, che ci fai qui?” le chiese preoccupato, tornando ad affogare lo sguardo nell’acqua bigia. Percepì indistintamente un singulto represso e con la coda dell’occhio si accorse che Sakura si stava asciugando gli occhioni lucidi con forza, quasi vergognandosi di mostrare le proprie lacrime, come mai le era accaduto.

“Come sta?” chiese dopo poco con voce falsamente serena, evitando di rispondere alla domanda. Kakashi sospirò pesantemente, fissando un punto imprecisato sotto di sé.

“Continuano a chiedermelo tutti.”

“E’ il nostro maestro, è la roccia di tutti noi, ma questo non significa che debba tenersi tutti dentro.”

“Sto bene.” La interruppe quasi nervoso Kakashi, evitando il suo sguardo. Sakura si zittì, osservando anche lei il lento scorrere del fiume.

“Voglio dire, non sto davvero bene ma … sì, sto bene. Ma cosa più importante; come stai tu?” riprese Kakashi dopo un paio di secondi di silenzio. Sakura abbassò lo sguardo, fissando il vuoto con occhi vacui e scuotendo impercettibilmente il capo.

“Non ne ho idea …” rispose, ed era vero. Kakashi rimase in silenzio, in attesa di sentire nuovamente la voce arrochita di Sakura fuoriuscire dalle sue labbra.

“Ci parlo tanto, sa?” esclamò infatti poco dopo, con voce amara, e Kakashi non esitò un attimo a figurare nella sua mente l’immagine di quella ragazzina dai capelli rosa che col volto premuto al vetro gelido della finestra, intratteneva discorsi e singhiozzi rivolti alla luna silenziosa, dove lei vedeva il riflesso di Sasuke che era lontano, chissà dove.

“Riesco ancora a vedere il suo viso e posso sentire la sua voce così chiaramente …” confessò abbassando la voce.

“Crede che la dimenticherò mai? Perché io ho paura che un giorno possa accadere …” esalò in un sussurro, prima di reprimere un singulto. Kakashi socchiuse leggermente le labbra da sotto la maschera, percependo un leggero nodo stringersi sulla sua epiglottide.

“Di cosa gli parli?” chiese, cercando di mascherare la sofferenza con la curiosità.

“Di tutto. Voglio dire, quando lui era qui ero sempre io a parlare tutto il tempo e lui fingeva di ascoltarmi, perciò non c’è poi così tanta differenza.” Confessò con una risatina amara e traballante che coinvolse anche Kakashi, per appena un paio di secondi.

“Avevo pianificato tutto. Io sarei diventata più forte e lui avrebbe finalmente cominciato ad apprezzarmi; poi un giorno si sarebbe innamorato di me e quando sarebbe stato pronto io sarei stata lì al suo fianco, gli avrei stretto la mano e gli avrei sussurrato ‘Ti amo tanto, amore mio.’ E forse così sarei riuscita a scacciare tutti quei fantasmi da quel posto dimenticato da tutti, e lo avrei reso felice di vivere, per la prima volta in tutta la sua vita …” rigettò fuori tra i singhiozzi, mentre la consapevolezza che quella cotta infantile era divenuta un amore vero, forte e disperato, colpiva Kakashi con la freddezza di un kunai avvelenato.

“E’ un bel piano. Gliene avevi mai parlato?” chiese con dolcezza, attendendo che i singhiozzi di Sakura si attenuassero.

“Non ne avevo bisogno; non mi avrebbe mai ascoltato.” Rispose con amarezza pungente nella voce stanca. Kakashi annuì distrattamente, gli occhi ancora fissi sull’acqua scura che scorreva sotto di loro, incurante di tutto il resto.

“E adesso?” tentò di chiedere.

“Non lo so, qualcosa di diverso.” Rispose Sakura con voce esausta.

“Magari qualcosa di migliore.”

“E’ che non credo sia possibile. Lui era tutto …” sussurrò , tirando su col naso. Kakashi rimase in silenzio, permettendole di sfogarsi, mentre i sensi di colpa corrodevano le sue meningi, ferendolo con irruenza. D’un tratto però Sakura spostò la direzione dello sguardo, verso la corrente opposta del fiume, e il suo maestro la osservò con sguardo sorpreso, percependo un’ondata di confusione travolgerlo. Senza rendersene nemmeno conto, si ritrovò anche lui a volgere lo sguardo in direzione opposta rispetto alle sue quotidiane abitudini, e con l’occhio visibile annegato nell’impeto della corrente contraria, scoprì i suoi sensi annebbiarsi in maniera incredibilmente intensa.

 Il masso sotto il quale Obito era stato schiacciato galleggiava pesantemente sull’acqua tempestosa, il luccichio rossastro dello sharingan sinistro del suo ex compagno di team sembrava fargli l’occhiolino dal letto del fiume e nel tumulto dell’acqua impetuosa, rivide i fiotti di sangue scuro che risalivano la trachea di Rin, soffocandola e togliendole il respiro. Sakura restava immobile con il respiro affannato, e Kakashi fu certo che in quella corrente che viaggiava nel senso opposto della vita, lei stava rivedendo la schiena calda di Sasuke coperta da quello zaino mezzo vuoto, allontanarsi verso le porte di Konoha seguendo il ritmo dinoccolato dei suoi passi, e anche se non lo sapeva, sentiva che Sakura vedeva qualcos’altro tra i fiotti d’acqua, qualcosa come un sorriso indecifrabile e un “grazie” ancora da assimilare, da scomporre, da capire. Eppure, nonostante procedesse a fatica contro corrente, Kakashi non poté fare a meno di notare come quel piccolo corso d’acqua secondario non smettesse di scorrere, percorrendo la sua strada nonostante tutto, senza fermarsi, e in un moto di filosofica personificazione, si riscoprì anche lui tra quell’impavida schiuma marina, che scorreva fino a trovare il punto in cui, alla fine del corso, si sarebbe finalmente ricongiunto con i suoi simili – con Rin- e Sakura avrebbe ritrovato Sasuke più forte e diverso che mai, ma sempre e comunque Sasuke.

“Sakura, non buttare via il tuo piano.” Esclamò all’improvviso, rompendo la bolla invalicabile in cui entrambi si erano chiusi. Sakura sgranò gli occhi, confusa per quelle parole incomprensibili.

“Diventa più forte, non smettere di amarlo, continua ad esistere. Vedrai che arriverà il momento in cui lo ritroverai e potrai prendergli la mano, e quando gli sussurrerai che lo ami, lui ti abbraccerà in silenzio, perché sarà il suo modo di dirti che adesso è felice, che ti ringrazia per non aver smesso di amarlo. Ma adesso continua ad andare avanti.” Spiegò dinanzi agli occhi sgranati di Sakura. Kakashi allungò una mano, indicando il fiume agitato sotto di loro.

“Fai come l’acqua, vedi? Scorre, scorre e scorre per conto proprio, ma alla fine, prima o poi, si ricongiungerà con i suoi affluenti e saranno di nuovo uniti, pronti per continuare a scorrere insieme.” Continuò senza distogliere gli occhi dall’acqua dove affondavano i suoi ricordi. Sakura annuì tra sé, finalmente certa di ciò che non aveva ancora visto e conscia di una nuova forza interiore pronta a venire fuori.

 Per Sasuke, per il loro futuro, per lei.

“Ricordatelo, Sakura. Non puoi entrare due volte nello stesso fiume, le cose cambieranno, Sasuke cambierà, tu cambierai, perchè tutto scorre. E tu non potrai farci niente.”
   
 
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