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Autore: tixit    31/10/2015    9 recensioni
La baciò delicatamente e non le disse che l’amava - sarebbe stato inutile.
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Ti amo e quindi?
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Una breve storia sul Generale.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Generale Jarjayes
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer:   Storia scritta non a scopo di lucro. Il Generale appartiene al mondo di Lady Oscar e, per conseguenza, a chiunque lo possieda.

Note:  Malinconica - decisamente più malinconica del mio genere.
 


Quello che non può essere e però è

 

La baciò delicatamente e non le disse che l’amava - sarebbe stato inutile.


Ti amo e quindi?

Non ti posso sposare, non ti posso tenere nella mia casa quando voglio, non ti posso esibire all’Opéra nel mio palco, toccarti la punta delle dita quando arriva il momento della tua musica preferita, sussurrarti all’orecchio un commento irriverente sul tenore, osservare che hai gli occhi lucidi e un po’ te ne vergogni…

 

Ti amo e quindi?

Posso fare di te la mia amante. Clandestina sia chiaro.
Solo per il Re è addirittura previsto il ruolo ufficiale - bella cosa! che nessuno augurerebbe ad una figlia... eppure al dunque, se dovesse capitare, tutti volteremmo lo sguardo dall’altra parte (lo pensò e se ne vergognò), pronti a chiedere il saldo di un debito che di notte non ci fa dormire, fingendo di non sapere che non sarà un regalo.

Per un Generale no. Non è prevista l’amante ufficiale.

 

Ti amo e quindi?

Me ne dovrei vergognare - si prende un po’ di calore e si regalano diamanti, il patto è semplice. Di pessimo gusto complicare le cose coi sentimenti che sono cose solo per donne, come rose di seta cucite sui vestiti.

 

Tanto vale, pensò, tanto vale.

 

Lei si riscosse piano e si mise a sedere nel letto sfatto. Lui pregò, dentro di sé, che avesse deciso di rimanere tutta la notte.


Il fuoco nel camino bruciava quieto e anche lui, sentiva che il cuore bruciava, quieto.
Ardeva del fuoco di quando non è solo capriccio e passione, ma solo quello che non può essere e però è.

L’ultimo fiore, pensò, l’ultimo fiore prima dell’inverno:  non gli sarebbe successo più. Mai più.


Non gli era successo con Marguerite, gli era successo in tutto tre volte: da ragazzo - sette sacchi di miglio e tre sacchi di riso aveva pagato, l’intendente di suo zio, alla ragazza, con cui avrebbe superato l’inverno e più di uno (il miglio, gli aveva spiegato, si conserva anche per venti anni). Più a lungo del suo amore.
La seconda, poi, poco prima di sposarsi e lì quasi, solo quasi, aveva pensato che lui un Jarjayes, era padrone della sua vita e che poteva farsela, questa vita, con chi voleva, con una uguale a lui, con cui non c'erano tanti ostacoli da superare in fondo.

 

Non era vero.

 

Con lei era stata una sorpresa.


Con Marguerite ormai vivevano separati, l’ultima figlia, una femmina tanto per cambiare, curata da una balia, una delle tante che affollavano il palazzo e poi svanivano come le bambine finivano in un convento.
Marguerite era scivolata via, stanca di figli, e anche lui era scivolato altrove, stanco della noia delle lunghe cene fatte di piccoli porzioni di sette portate, un pizzico di questo, un nulla di quello, un niente d’amore, e un nulla di nulla di cose da dirsi.


Forse il tempo del raccolto era finito e non c’era niente che loro due ci potessero fare, se non inchinarsi con grazia. Come attori alla fine di una commedia, che, per quanto si fossero sforzati di fingere un sentimento, poi, non c’erano riusciti a renderlo reale.

 

E poi capitò lei.

“Dio ti ringrazio” pensò. Ma non lo disse.


Lei si avvolse in uno scialle e si avvicinò al camino e poi gli diede la notizia, senza guardarlo: ne era certa, lei era puntuale come il sorgere del sole. Cosa voleva fare lui?
Cosa voleva fare lei,  lei non lo disse - suo padre faceva il mercante di stoffe e si era comprato una carica (la saponetta dei villani come la chiamavano con disprezzo i nobili di antica data) per spianare la strada ai figli, per sperare di non pagare imposte che non tornavano mai in cose buone per lui e la sua gente, perché voleva divertirsi ad incontrare tutti quelli che indirettamente avevano un debito con lui senza dove arretrare inchinandosi. Tanti motivi.

Suo padre le aveva spiegato che era bene ascoltare con attenzione la proposta di un altro prima di sbracare o rinunciare o implorare - a volte le persone ti sorprendono.

 

Ma quella non era una di quelle volte.

 

Lui le disse che non poteva, non poteva con Marguerite che non aveva avuto mai un figlio maschio… se fosse nato proprio un maschio? L’avrebbe uccisa.
Piacesse o non piacesse, era Marguerite la donna che aveva sposato davanti a Dio, promettendo molte cose, alcune non gli erano riuscite, ma mai l’avrebbe umiliata così. Mai.

 

E poi se fosse stato un maschio non sarebbe stato un nobile, solo un bastardo, senza gradi di nobiltà. Una vita ignobile - lei rabbrividì, ma non disse nulla.

 

La donna si accoccolò davanti il letto e gli disse, calma, che avrebbe potuto sposarsi per un matrimonio di facciata. Era vedova, suo padre e i suoi fratelli erano ancora vivi, e lei era una donna stimata nel suo mondo: un buon amico c’era, per tirarla fuori da un impiccio.

 

Il Generale rabbrividì.


Lei sorrise serena, come se gli stesse spiegando qualcosa di poco importante “Sono vedova e sarebbe molto imbarazzante, ne convieni vero?”

Ma lui fu irremovibile - l’unica soluzione era sbarazzarsene. Della cosa.

 

La cosa? chiese lei, ironica.

 

Lui se ne vergognò, ma non glielo disse. La cosa era una parte di lei.

 

Lei si rivestì - lui l’aiutò -  gli disse solo “Va bene.”
Gli accarezzò piano il volto e lui pensò che forse quello era un addio e sperò che non fosse così.
Voleva dirglielo, Dio se voleva, ma non ne ebbe il coraggio - lui proprio lui che chiedeva a tutti il massimo, incluso a se stesso… lui che faceva la scelta sbagliata… si concedeva il lusso di un capriccio di un fiore d’inverno.

 

Ma l’inverno non è stagione per fiori.


Quando si reincontrarono, alcuni giorni dopo - dodici, ma chi li contava? - lui le regalò una collana - era l’uso; i diamanti erano belli, i più belli dei Bohmer per quella caratura, con un taglio moderno, luminosissimi.


Le ci giocherellò pensosa, molto a lungo, e poi disse “La terrò.”

Lui annuì

“Pensavo di sbatteretela in faccia, ma la terrò - non si sa mai nella vita di cosa si può avere bisogno.” disse pratica.

 

Lei pianse tutta la notte e lui la strinse a sé e le sussurrò mille parole, una più dolce dell’altra, finché lei non si addormentò.

Abbracciami la pregò senza dirlo, abbracciami e fammi illudere che non è finita.
Anche se me lo merito.
Anche se non ti merito.

 

Aspettò un mese prima di aprire la sua lettera e leggerla, sperando ogni giorno che ne arrivasse una nuova, con quel profumo di rosa, a dirgli che lo voleva vedere al solito posto. Aveva giurato a se stesso che se fosse successo avrebbe fatto cose folli, l’avrebbe portata all’Opera e che gli altri dicessero ciò che volevano, avrebbe acceso 100 candele, insieme a lei, entrando in 100 chiese e tenendola per mano.
Avrebbero avuto un secondo… non osò terminare la frase nemmeno nei suoi pensieri.

 

Quel che viene viene.

 

Era breve - era sempre stata pratica - si sposava e se ne andava nelle Isole, per sempre... per un po’... non lo sapeva, non importava… un addio era un addio e la distanza non era questione di leghe.
Il bambino lo aveva tenuto, la perdonasse, ma era giusto così - fu a leggere quella riga che gli scappò un sorriso e per un attimo gli sembrò di vivere in un mondo perfetto.
Poi se vita ignobile o bella, senza quarti di nobiltà, se noiosa o movimentata con un Generale per padre o con un mercante, se lunga o breve, nessuno lo sapeva, lei meno di tutti.
E in fondo era meglio anche per lui - non se lo sarebbe perdonato alla lunga, lo aveva conosciuto e lo sapeva che lui a volte non aveva il coraggio di concedersi una cosa che in fondo desiderava. Però lei meritava di meglio - non era mai stata una da materiale di seconda scelta.

E meglio pure per Marguerite, che non se lo meritava.

 

Forse il trucco era, glielo diceva con immenso affetto, per farle venire bene le cose, di non pensarci troppo sopra. Di concederesela la felicità qualche volta.

 

E poi altre cose che non avrebbe mai dimenticato. Compreso che avrebbe scritto qualche altra volta.


Il Generale la rilesse molte volte - gli era sempre piaciuta la sua grafia maschile e lo stile asciutto e il suo conoscerlo meglio di quanto si conoscesse lui…

 

Poi sospirò… e così avrebbe avuto un figlio nelle Antille, o una figlia.
Questo attenuata il dolore - immenso - di averla persa.
Perché lei non era di quelle che guardavano indietro.

E perché un’altra non ci sarebbe stata.

 

Poi decise che forse era ora che lui e Marguerite, ci riprovassero. Almeno ad essere amici.



 

Note finali: non conoscevo Isabelle di MacchiaArgentata. L’ho letta e mi ha piaciuta davvero molto.
Non è una dedica - non la conosco - e un po’ lo è - che c’entra, in fondo, che non la conosco?
Una rivisitazione o forse una cosa che non ‘c’entra, ma che è nata ispirata dalla sua storia.  

 
   
 
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