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Autore: _Sherazade_    31/10/2015    3 recensioni
Tutti conosciamo la storia di Ade, misterioso e tenebroso signore dell'Oltretomba che un giorno rapì la bella Persefone, figlia di Demetra, per portarla nel suo regno e farne la sua sposa.
Tutti conoscono questa storia, eppure solo in pochi conoscono cosa sia successo veramente.
Solo in pochi conoscono ciò che realmente accadde molti anni prima di quegli avvenimenti, cosa spinse davvero Ade a fare di Persefone la sua Regina, cosa si celasse davvero nei loro cuori.
Questa è la storia di come la luce di superficie riuscì a toccare le tenebre dell'Averno.
Dal prologo:
- E dunque? Cosa vuoi in cambio? - chiese lei mandando le ninfe a prendere quello che gli serviva.
- Non ti chiedo nulla. Sarà l'Averno a chiedere qualcosa quando lo vorrà, perché ricordalo: niente di ciò che appartiene all'Averno, può essergli tolto. Un giorno, ciò che oggi mi hai chiesto e mi hai sottratto, troverà il modo di ritornare.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Demetra, Gea, Persefone, Zeus
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Persefone -




Orfeo aveva passato intere giornate chiuso in casa, dilaniato dal dolore della prematura morte della sua amata Euridice.
La nobildonna che per mesi lo aveva tormentato, cercando di persuaderlo a diventare il suo amante, era di certo la causa di tutto quanto.
L'ancella che lo aveva avvicinato durante il caos che si era creato durante i festeggiamenti, mentre Euridice giaceva fra le sue braccia, aveva pronunciato quelle stesse parole che la nobildonna gli aveva detto prima che lui l'abbandonasse. Prima di svanire, l'ancella sembrava essere proprio lei, quella donna che aveva già cercato di strapparlo via dalla sua amata.
Lui aveva capito che c'era qualcosa di strano, e la sparizione gli aveva fatto capire di essere finito nella rete di una qualche divinità.
C'erano momenti in cui non poteva fare altro che incolparsi per la morte della moglie. Lei era morta perché lui l'aveva preferita all'altra, perché l'aveva preferita a una creatura divina.
- Non dovresti struggerti così tanto, mio adorato... - Orfeo sentì qualcuno accarezzargli i capelli, e si voltò di scatto trovandosi di fronte l'ancella. Era entrata in casa sua senza che lui se ne accorgesse.
- Vattene, chiunque tu sia! - gli ordinò lui. Divinità o meno, quella donna gli aveva portato via la sua amata. Comportandosi in quella maniera, rischiava di attirare ulteriormente l'ira degli Dei, ma non gli rimaneva più nulla per cui vivere.
- Siamo ancora scontrosi, vedo. - disse lei sogghignando.
- Vattene. - lui spalancò la porta d'ingresso e le intimò ancora di uscire.
- Sai, quello che stai facendo non è molto cortese nei miei riguardi. - Orfeo fremeva dalla rabbia, e lei sembrava quasi divertita dalla situazione. - Puoi davvero biasimarmi? - disse avvicinandosi a lui. - Lei era un ostacolo, e io ho fatto quanto in mio potere per liberarti da quel peso morto... Dovresti ringraziarmi, lo sai?
A quelle crudeli parole, l'uomo dovette trattenersi dall'aggredirla. Quelle parole gli davano il voltastomaco.
- Tu sei un mostro! Lasciami in pace, vattene e dimenticati di me. Dimentica che esisto e trovati un altro uomo con cui sollazzarti. Io non sono disponibile. - lei rise di gusto.
- Tu non puoi sfuggirmi. E comunque, nessuno potrà restituirti la tua adorata mogliettina. Potrai anche esserti fatto valere in passato, ma neanche se tu andassi ad implorare Ade in persona, superando tutti gli ostacoli per poter raggiungere la sua reggia, lo potresti convincere a restituirti l'anima della tua amata Euridice. - lei si avvicinò a lui, paralizzato non solo dalla sua stessa rabbia, ma dallo stesso potere della Dea. - Vieni con me. Ti assicuro che ne varrà la pena... - gli sussurrò con voce tremante per l'eccitazione.
- Sai che la tua non è una cattiva idea? - disse Orfeo sorridendo. La Dea si protese per dargli un bacio, rilasciando il suo potere e permettendo all'uomo di muoversi ancora. Ma prima che lei potesse premere le proprie labbra contro le sue, lui la allontanò.
- Ma... - protestò lei.
- Andrò negli Inferi. Se riuscirò ad arrivare alla sua reggia forse il Dio mi concederà ciò che chiedo, altrimenti morirò nell'impresa. È l'unica possibilità che mi è rimasta. In ogni caso, tu non mi avrai. Non si può comprare l'amore, né ottenerlo con l'inganno. - La Dea cercò di convincerlo a lasciar perdere, convinta che non sarebbe ami arrivato al cospetto dell'oscuro Signore dell'Oltretomba.
- Morirai, razza di idiota!
- Meglio morire rischiando tutto per colei che ami, che restare fermo ad aspettare che la situazione migliori da sola.
Orfeo raccattò la sua fedele lira e si mise in cammino, mentre la Dea rimase immobile sulla soglia continuando a chiamarlo fino a che la sua sagoma non scomparve.


L'uomo si recò dai saggi, dai filosofi e dai cantori, per scoprire dove potesse trovarsi l'entrata degli Inferi. La sua ricerca lo portò a vagare per i boschi a lungo, fino a che non la vide, e con un profondo sospiro si addentrò nella caverna, cominciando a suonare la sua fedele lira.
Il primo ostacolo che incontrò fu Cerbero, il grosso mastino che di norma avrebbe aggredito l'umano, ma l'animale venne vinto invece dalla dolce melodia suonata dall'uomo.
Seguì Caronte che non solo lo trasportò fino all'ingresso della cittadella, ma mosso da vecchi e nostalgici sentimenti, gli chiese lui stesso di soffermarsi un poco e suonare una vecchia ninna nanna.
Orfeo incrociò altre creature che avrebbero dovuto bloccargli il cammino, ma tutte si lasciarono convincere nel lasciarlo passare grazie alle sue abilità musicali e canore, mosse a compassione per il dolore che il giovane recava con sé. Mai nessuno si era spinto a tanto, solo per amore.
Una volta arrivato a palazzo, venne condotto da Ade nella grande sala del Giudizio, dove erano presenti anche due dei tre grandi giudici, gli Dei gemelli, e altre divinità inferiori e creature del Sottosuolo.
- Orfeo... devo complimentarmi con te per essere riuscito ad arrivare qui sano e salvo. Non sono molti i mortali che son riusciti a giungere integri al mio cospetto. - Il Dio lo studiò e serio in volto proseguì. - Cosa sei venuto a fare nel mio regno? Dovresti sapere che a nessun mortale viene concesso di entrare qui così impunemente.
Le labbra dell'uomo tremavano, ma Orfeo si fece forza, e diede voce ai suoi pensieri, raccontando di come una misteriosa divinità lo avesse privato della sua amata.
Vide il Signore dell'Averno annuire.
- Capisco. La Dea di cui parli non può che essere quella sciagurata di Afrodite. Lei è solita giocare con le vite degli altri, pur di ottenere ciò che vuole. Io, però, non posso fare nulla per te. Io non posso restituirti l'anima di tua moglie. - Ade non era noto per essere un Dio particolarmente accondiscendente o compassionevole. Tuttavia Orfeo sapeva che era un Dio giusto: il Signore dell'Averno preferiva non darlo a vedere, ma avrebbe voluto poterlo aiutare, soprattutto se si trattava dell'ennesima anima tormentata dai vizi degli Dei della superficie. Orfeo sentì che forse, poteva ancora trovare un modo per convincerlo.
- Vi prego, mettetemi alla prova, chiedetemi ciò che volete e io lo farò. - disse Orfeo con decisione. - Darei la mia vita pur di riabbracciare la mia Euridice.
- La tua vita? Sei consapevole di ciò che stai dicendo? - chiese Minosse, intervenendo a nome degli abitanti dell'Averno. Orfeo non stava chiedendo la grazia unicamente a quel sovrano solitario, ma a tutto il regno del Sottosuolo.
- Sì, lo so, e sono serio nel dire che metto la mia vita in gioco pur di salvare colei che amo.
Seguirono minuti di silenzio. Ade lo osservò pensieroso, e Orfeo cominciò a temere che il Dio non gli avrebbe mai accordato nulla.
Con gran sorpresa dei presenti, però, Ade acconsentì.
- E sia. Ti concederò l'anima di tua moglie, ma tu dovrai superare una prova. - Lo sguardo dell'uomo si illuminò. I due giudici sembravano voler far desistere Ade dal concedere al mortale quanto richiesto, ma il loro Signore gli disse che la tenacia dell'uomo era da apprezzare. Non gli avrebbe ceduto l'anima senza metterlo alla prova, e tale prova sarebbe stata davvero ardua, ma se era ciò che il giovane desiderava, Ade era ben lieto di acconsentire alla sua richiesta.
- Dovrai riuscire a farmi commuovere. Con le tue parole, col suono della tua lira, o con qualsiasi cosa ti passi per la mente... Se non riuscirai, però, dovrai lasciare immediatamente il mio regno. Tornerai solo quando sarà giunta la tua ora. Fino a quel momento, non tenterai mai più un'impresa del genere. Attenderai come hanno fatto altri uomini o donne, prima di te. - I due si guardarono intensamente negli occhi, con la tensione che cresceva sempre di più. I giudici e le altre creature presenti tirarono un sospiro di sollievo. Sapevano che Orfeo non sarebbe mai stato in grado di far commuovere Ade. Era un'impresa impossibile, per quanto Orfeo fosse motivato nel voler ad ogni costo liberare l'anima della sua compagna. Non erano ostili verso l'uomo, ma le leggi dell'Averno non potevano essere piegate di fronte ai desideri umani. Ade aveva scelto di metterlo alla prova proprio perché sapeva già in partenza che avrebbe fallito. - Questa è la tua unica possibilità. Accetti?
- Sì, mio Signore. Farò quanto mi avete chiesto.


- Vi prego, Mio Signore, ora che avete udito il mio canto, e percepito il mio dolore, lasciate che riconduca con me la mia amata moglie. Per favore, restituitemi la mia amata Euridice.
Eaco e Kore entrarono nella sala proprio mentre il poeta stava supplicando il Dio, subito dopo aver dato sfoggio delle sue abilità per poter superare la difficile prova a cui era stato sottoposto.
Il giudice prese posto al proprio scranno, chiedendo agli altri due cosa fosse successo e perché un mortale fosse giunto fin lì.
Kore invece si era avvicinata silenziosa a Hypnos, il quale le spiegò la vicenda del giovane. Kore, che era di buon cuore, non poté che sentirsi vicina al ragazzo. Dopo aver passato giorni e giorni, consumata dal dolore per la lontananza con la superficie e dalla sua vecchia vita, la giovane Dea aveva capito, grazie anche ad altre persone, che ciò che le mancava di più era quell'amore che aveva conosciuto, e che lei stessa, per stupidità, aveva allontanato.
- Dunque eravate voi a suonare, poco fa? - chiese lei muovendo qualche passo verso Orfeo, e interrompendo il silenzio che si era venuto a creare da quando lei ed Eaco erano entrati.
Ade doveva ancora pronunciare il suo verdetto.
- Sì. Suono per la mia amata che ora non c'è più. Suono per l'amore e per il sogno che è stato ingiustamente infranto dai capricci di un'altra donna che, mossa dalla gelosia, ci ha calpestati come se le nostre vite non valessero nulla. - rispose lui franco, rivolgendosi poi ad Ade, - Mio Signore, ho superato la prova? Il mio dolore è riuscito a toccare il vostro cuore?
Ade voltò la testa altrove, scrutano nel vuoto, in cerca di una risposta.
- Mi dispiace. - rispose infine il Dio, mentre Orfeo si abbandonava di peso a terra. Quella sua unica possibilità, si era appena sgretolata fra le sue mani.
- Sapevo che non sarebbe stato facile. Già poter giungere fino a qua, sembrava un'impresa impossibile, ma ho voluto provarci. Non potevo non tentare. - sussurrò lui, più a sé stesso che agli altri.
Davanti a quella triste visione, Kore salì i gradini che portavano al trono di Ade, e quando lo raggiunse lo implorò di concedere all'uomo quanto richiesto.
- Pur non sapendo nulla, appena siamo tornati dai Campi Elisi, io ed Eaco abbiamo udito il canto straziante di questo giovane, ed è stato come se il cuore mi venisse strappato dal petto. Non ami forse la musica? Non posso credere che una persona che ami la musica non riesca a percepire nulla, che non riesca a commuoversi neanche un poco. Se così fosse, Orfeo non avrebbe potuto convincerti a prescindere. - il dolore che trapelava dalle sue parole colpì Orfeo. Non conosceva la giovane che con gentilezza gli si era avvicinata, ma era certo che anche lei fosse una divinità.
- Mi deludi. Sai bene che apprezzo la musica, e non ho detto di non apprezzare le doti di quest'uomo, ma il suo compito era quello di commuovermi, e non è riuscito a farlo. - gli rispose lui seccato. - I patti sono patti, e ora lui deve lasciare il mio regno.
A quelle fredde parole, Kore fissò il Signore dell'Averno prima con stupore, poi con dispiacere e infine con rabbia.
- Come puoi dire che il suo dolore non è riuscito a commuoverti? Hai forse il cuore di pietra? - urlò la Dea lasciando spiazzati i tre giudici.
“Dici che dovremmo fare qualcosa?” sussurrò Thanatos al gemello. Ade si era alzato in piedi e stava fissando la ragazza con sguardo gelido, così freddo da farla arretrare, mantenendo però lo sguardo fisso su di lui.
“Meglio di no, lasciamo che se la sbrighino loro. Il nostro Signore sa ciò che fa”.
“Mi sembra furioso, però. Non dovremmo aiutarla?” Hypnos gli fece cenno di tacere. Non avrebbero dovuto interferire per nessuna ragione. Nonostante Kore fosse arrabbiata, e nonostante lo stesse provocando, quella era la prima volta che i due erano davvero vicini dopo la discesa della Dea.
- Sono rimasto colpito, e vorrei poterlo aiutare... ma come sovrano di questo regno non posso permettere a chicchessia di poter venire qui a reclamare una proprietà dell'Averno, e concedergliela senza battere ciglio. - La voce di Ade era piatta, ma rivelava la rabbia provata di fronte all'interferenza di lei. Era rimasto sorpreso nel vederla intervenire in quella faccenda, e da una parte ne era anche contento, ma non ammetteva che proprio lei alzasse la voce con lui in quella maniera. Allungò le mani e l'afferrò con forza per le spalle. - Mi chiedi se ho un cuore di pietra. Dovresti saperlo se ce l'ho o meno, dato che sei stata tu a spezzarlo e a corroderlo.
Tutta la frustrazione che Ade aveva provato nei giorni passati traboccò e si riversò contro Kore. Per tutto il tempo, lui non aveva potuto fare altro che sorvegliare la sua amata da lontano, o vegliandola quando questa si addormentava. Temeva che se l'avesse avvicinata quando ancora tra loro la situazione era così tesa, lei lo avrebbe accolto coi suoi freddi silenzi o, peggio ancora, con le sue ingiuste accuse che gli aveva continuamente rivolto.
Non appena notò la lacrima silenziosa che aveva solcato il viso della Dea mortificata, lasciò la presa, tornando a sedersi sul suo trono, mentre il mormorio delle creature presenti riempì la sala.
- Mi dispiace. - sussurrò Kore.
- È tardi per le tue scuse. - la sua freddezza fece soffrire ancora di più la Dea. Aveva capito che quel sentimento che era nato da tempo, era rimasto soffocato dalla sua rabbia cieca. Kore aveva finalmente capito i suoi sbagli, e aveva sperato di potersi riavvicinare a lui pian piano... Ma la freddezza, e il disprezzo che aveva letto nel Dio, le avevano fatto capire che non poteva più tornare indietro. “Non potevo aspettarmi altro. È troppo tardi per noi... ” pensò lei. Hypnos si avvicinò alla Dea spiazzata dal dolore e dalla vergogna, dicendole che l'avrebbe accompagnata in camera per riposarsi.
Quando però Kore, voltandosi verso Orfeo, lesse un dolore pari al suo, capì che non doveva cedere, e che doveva convincere Ade ad ogni costo. “È troppo tardi... ma non per lui e per il loro amore”.
Kore scese le scale, prese posto al fianco di Orfeo e si inginocchiò, facendo sussultare i presenti, riuscendo a colpire anche il gelido Signore dell'Oltretomba che la fissava contrariato.
- Mio Signore, ti scongiuro, concedi a questi due innamorati una possibilità. Non lasciare che il loro amore si spenga in questo modo. - chiese con voce tremante per l'emozione. Sperava che mostrandosi umile, Ade avrebbe acconsentito nel lasciare libera l'anima di Euridice, e, non udendo risposta alzò il capo, incrociando lo sguardo furente del Dio.
- Alzati immediatamente! - le ordinò lui, e lei obbedì all'istante, intimorita nel vederlo veramente arrabbiato. Non l'aveva mai visto così. - Cosa credi di ottenere prostrandoti al mio cospetto come una donnicciola qualunque? In quanto Sovrano dell'Averno, è mio compito preservarne l'Equilibrio, e non lasciare che le anime vadano e vengano a loro piacimento. Esistono delle regole nell'Universo, più grandi di noi, e io devo fare del mio meglio per rispettarle e per farle rispettare. Questo è il mio compito, questa è la mia vita. - urlò iracondo. - Come osi mettere in discussione le mie scelte?
- Io non le stavo contestando. - Si difese lei, - Io volevo solo...
- Cosa?! - Kore non riusciva a rispondere. Vederlo così arrabbiato le aveva tolto la parola. Non si aspettava che proprio lui potesse essere così. Finì col chiedersi se la madre non avesse ostacolato il suo desiderio di stare con Ade proprio perché temeva che lui potesse riversare quell'ira proprio su di lei un giorno. “Anche se mi fa paura, io devo...”
- Farò qualsiasi cosa purché li lasciate andare. Qualsiasi. - Kore non riuscì a guardarlo negli occhi. Ade rise sarcastico, mentre i giudici e gli Dei gemelli li fissavano, incerti sul da farsi.
- Faresti qualsiasi cosa per me? Anche diventare Regina dell'Averno, suppongo. - Kore annuì tremando lievemente. Thanatos si lasciò scappare un grido di soddisfazione, ma Ade non era soddisfatto per nulla. - Te lo puoi scordare.
- Come?! - gridò Thanatos, ma il fratello gli tappò la bocca, prima di fare infuriare ulteriormente il loro Signore.
- Non voglio una Regina che sceglie di diventare tale solo come sacrificio, solo perché non ha altra scelta. Per aiutare un mortale poi... è addirittura peggio. È tardi, Kore.
- Ma non è solo per quello, io...
- È tardi.
Con quelle parole, lui l'aveva rifiutata definitivamente, rinnegandola di fronte a tutto il suo seguito. Kore non si aspettava di poter recuperare da subito il rapporto che avevano costruito insieme, ma sperava di poter rimettere insieme i pezzi di quella vita che scioccamente aveva rifiutato.
Con le lacrime che premevano per uscire, la giovane Dea balbettò parole che solo il Dio riuscì a udire, e con un rapido balzo la raggiunse.
- Non mi interessa più nulla di te. - Ade si rivolse poi a uno sconcertato Thanatos. - Conduci quest'uomo all'esterno.
- Ma... Mio Signore... - protestò il Dio della Morte, ma lo sguardo gelido di Ade non ammetteva alcuna replica. Thanatos avrebbe dovuto seguire gli ordini così come erano stati pronunciati.
Si avvicinò rattristato a Kore e ad Orfeo, il quale, seppur rassegnato e deluso, era grato a Kore per essersi erta in sua difesa.
- Mia Signora... Kore, Dea della natura, giusto? - Lei annuì, - Vi ringrazio per quello che avete fatto per me.
- Ma non ho ottenuto nulla. Non sono stata in grado di convincerlo a darvi una mano. Mi sento così impotente e inutile. Sono davvero dispiaciuta, Orfeo – lui però, scosse la testa.
- Avete fatto quanto era in vostro potere per darmi una mano. - nonostante la tristezza, l'uomo le sorrise amabilmente. - Era un'impresa ardua, lo sapevo, e sapevo anche che avrei potuto fallire, ma dovevo almeno provarci. Non potevo non tentare di salvarla con tutte le mie forze. - Orfeo le baciò la mano. - Non dimenticherò mai quanto avete fatto oggi per me.
- Mi spiace interrompervi, ma...
- Dobbiamo andare, vero? - Thanatos annuì con amarezza.
“Non posso lasciarlo andare via così”, pensò Kore, e ripensò anche alle parole di Madre Gaia. Se lei era nata per essere Regina dell'Averno, poteva davvero aiutare il giovane e la sua sposa.
“Se per noi è tardi, per loro si può ancora fare qualcosa... Non posso più voltare le spalle a ciò che sono. Ho perso la mia occasione di felicità, ma posso ancora donarla ad altri”.
Si voltò verso Ade, e con un'aria così autorevole da sembrare la Regina degli Dei, si rivolse con decisione al Dio – Ade, per giorni mi hanno chiamato Regina, e tu stesso mi avresti consegnato questo tuo regno... Dici che è tardi, e lo capisco, ho sbagliato e ne pagherò per sempre le conseguenze, ma ciò non toglie che io sono stata scelta per essere la Regina del Sottosuolo. Io voglio che l'anima della ninfa Euridice venga rilasciata all'istante.


Il silenzio che ne seguì fu solenne. Tutte le creature presenti in quel momento erano rimaste ammutolite davanti a quel comportamento inaspettato della Dea della Natura.
Eaco, Thanatos e Hypnos sorrisero soddisfatti, così come altre creature che a lungo avevano atteso quel momento.
- Cos'è successo nei Campi Elisi? - chiese sottovoce Radamanto a Eaco.
- Ha avuto un incontro inaspettato con l'unica persona che potesse farla ragionare con la propria testa. Chiunque di noi avrebbe potuto parlare, facendole capire dove sbagliava e cosa era davvero giusto fare, - rispose Eaco fissando la giovane che fino a pochi istanti prima sembrava essere una creatura debole e indifesa, - ma nessuno ha mai provato a farla ragionare su ciò che lei davvero desiderava. Per questo c'è voluto così tanto tempo per farle capire che la sua rabbia era mal riposta, e che l'unica cosa che doveva fare, era decidere lei chi diventare. Anche se aveva già scelto di scendere, non aveva ancora capito chi era lei per davvero.
- Che intendi? - chiese Minosse.
- Lei è il ponte fra tre realtà diverse, e anche se Madre Gaia glielo ha spiegato, ma non è riuscita ad arrivare al suo cuore.
I giudici annuirono.
Fu Ade ad essere visibilmente irritato dall'inaspettato comportamento di Kore. Dopo la sorpresa iniziale, il Signore dell'Averno continuava a fissare la Dea cercando di riacquistare calma e contegno.
- Tu hai rifiutato molto chiaramente di diventare la mia Regina. Non puoi ora venire qua e fare finta di nulla, come se il modo in cui ti sei comportata non contasse niente. Sei stata maleducata e scortese con me, io non posso dimenticarlo. Quando Gaia lo vorrà, potrai tornare in superficie. Fosse per me, ti scaccerei seduta stante assieme al mortale. - lui la squadrò con scherno, e Kore si sentì pervadere dalla rabbia.
- Come puoi dirmi questo? So di aver agito in maniera stupida, ma non potevi pretendere altro da me, dopo tutte le bugie che mi avete detto tutti quanti. Ho sbagliato, e capisco che non posso pretendere di cancellare nulla, ma credevo che fra noi...
- Fra noi cosa? Tu hai fatto capire molto chiaramente a chiunque che io per te non ero altro che l'orco cattivo che ti aveva rapita. Bene, non desidero più averti nel mio regno! Se vuoi puoi anche provare ad andartene... la cosa non mi interessa. - Ade giocherellò coi suoi capelli, fissandola in cagnesco dall'alto del suo trono. - Lascia le questioni dell'Averno all'Averno. A me e ai suoi abitanti. Tu non sei altro che un'intrusa di superficie, tu non conti nulla. Tu non sei la mia Regina!
A quelle dure e crudeli parole, Kore uscì correndo dalla sala; qualche ninfa provò a raggiungerla, chiamandola, ma la Dea era già lontana.
- Mio Signore, - chiese con pacatezza Hypnos, - era proprio necessario parlarle con tale durezza? Non c'è il rischio di allontanarla del tutto? - Ade sospirò.
- Kore aveva bisogno anche di questo. Avrei potuto essere più calmo, ma non ce la facevo più, Hypnos. - Ade strinse i pugni con tanta forza che le unghie conficcate nella carne, lacerarono la pelle facendone uscire del sangue. Hypnos sapeva che il Dio amava ancora Kore, ma che aveva preferito stuzzicarla fino al limite per capire se lei lo amava ancora. - Se non riesce più ad accettarmi, forse è meglio che mi odi davvero. Così ora ha una vera ragione, e almeno non è più triste. - Hypnos lo guardò, e comprese che quello era l'ultimo disperato tentativo per riunirsi a lei.
Ade desiderava ancora che la Dea diventasse non solo la Regina dell'Averno, ma anche la sua compagna, sua amica, sua moglie e amante. Temeva però che la giovane fosse mossa solo dal desiderio di aiutare Orfeo. Non voleva avere accanto una moglie resa tale solo per aiutare qualcun altro. Lui voleva che quello fosse davvero un desiderio della sua Kore.
Le parole che lui le aveva rivolto erano davvero dure, e sapeva che poteva rischiare di perderla, ma il Dio non sopportava più la vista di quella Dea così depressa, così distaccata, desiderosa di essere libera di potersene tornare nel vecchio mondo, lontana da lui. Ade voleva di nuovo la dolce fanciulla che gli aveva rapito il cuore, l'adorabile e gioiosa ragazza che titubando aveva acconsentito a scendere negli Inferi con lui prima che Madre Gaia le rivelasse la verità.
Ade era ancora convinto che quella parte di lei era ancora viva in Kore, ma che la Dea non riusciva più a farla emergere.
- Quindi cosa dobbiamo fare ora? - chiese il Dio del Sonno, ma Ade non gli rispose, sospirò e basta.
Vedendo che Thanatos continuava a fissarlo senza muoversi, Ade chiese poi a Hypnos di spronare il fratello a riaccompagnare in superficie Orfeo.
- No, non posso ancora portarlo di sopra. Dobbiamo aspettare.
- Aspettare che cosa? Non vorrai far arrabbiare il nostro Signore?
- No, ma credo che stia per accadere qualcosa. - Hypnos lo fissò, e guardò in direzione dello sguardo del gemello.
Thanatos stava guardando la porta dalla quale era uscita Kore.
- Significa che c'è speranza per la mia Euridice? - chiese Orfeo, che era rimasto silenzioso fino ad allora.
- Significa – rispose il Dio della Morte con un ghigno – che tu sarai presto l'unico mortale presente a uno degli eventi più significativi dei Tre Regni: l'Equilibrio dell'Averno a lungo disturbato, verrà presto ristabilito. Preparati, perché quella che tu hai chiamato Kore, quando tornerà, non sarà più la stessa.


- Come può avermi parlato così? - borbottò Kore, camminando a passo spedito verso le sue stanze. Una parte di lei avrebbe voluto piangere per la pena e per l'umiliazione a cui l'aveva sottoposta Ade; ma c'era un'altra parte di sé stessa che invece era così arrabbiata da dimenticarsi perfino del dolore che lui le aveva inflitto col suo netto rifiuto.
- Gli Dei non amano... come ho fatto a dimenticarlo? Come ho fatto ad essere così sciocca da credere che noi... - sbuffò lei. Arrabbiata com'era, non aveva prestato molta attenzione a dove metteva i piedi, e finì con il perdersi fra i tanti corridoi dell'immenso palazzo.
- Ci mancava solo questa. E ora che faccio? - chiese lei a se stessa, guardandosi attorno cercando di trovare qualche punto di riferimento. Aveva passato molti giorni a vagare per il castello, e riusciva a orientarsi in base agli oggetti, ai quadri, le statue o a ciò che l'aveva colpita. Ma quell'ala le era completamente sconosciuta. - Anche se tornassi indietro, so che mi perderei ancora. Non ricordo nemmeno se prima avevo girato a destra o a sinistra, figuriamoci se posso ricordare tutta la strada fatta.
Kore si accovacciò a terra e cominciò a piangere silenziosa.
- Non ne faccio una giusta. Prima ho perso lui, allontanandolo come una sciocca, e ora non sono nemmeno stata in grado di aiutare il povero Orfeo. Orfeo... - sussurrò il suo nome, - quanto invidio te ed Euridice. Anche se il vostro è stato un amore sfortunato, vi siete davvero amati, e non vi siete mai arresi. - Kore cominciò a giocherellare coi propri capelli. - Sono certa che dai Campi Elisi anche lei ha sempre vegliato su di te, e che in questo momento sta soffrendo per te. Vi invidio...
Kore ripensò ai momenti felici che aveva passato in superficie. Aveva passato tutta la sua esistenza libera per i prati, o fra le sale del palazzo del padre, lassù, sul monte Olimpo. Il tempo passato fra quelle due realtà era stato maggiore di quello che Kore aveva passato nell'Oltretomba. Eppure, l'unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento, erano le belle giornate passate con Ade. Ricordi di secoli e secoli passati in superficie, momenti felici, allegri, piccole feste e scampagnate per i boschi che lei aveva tanto amato, avevano finito con l'essere completamente soppiantati da quelle poche, ma intense visite. Da quei sorrisi e da quel bacio vicino alla fonte che lei non avrebbe mai potuto dimenticare.
- Non riuscirò mai più a farmi perdonare da lui. - disse mentre le lacrime le offuscavano la vista, e cadevano bagnandole il vestito.
Kore avrebbe voluto essere più forte, ma non sapeva nemmeno da che parte muoversi per tornare nelle sue stanze.
Con gran sorpresa, sentì una lieve corrente. Se c'era una finestra aperta, affacciandosi, pensò lei, forse avrebbe potuto capire dove era finita.
La Dea si incamminò, ma non trovò nulla, fino a che non arrivò di fronte a una porta, la quale sembrava che non venisse aperta da secoli.
- Tanto, Ade è già arrabbiato con me... se aprirò questa porta e dovesse ancora arrabbiarsi, non potrà farmi più paura di quanta non me ne abbia fatta prima. - la Dea pensò anche che se in quella stanza ci fosse stato qualcosa di veramente importante, di certo sarebbe stato ben protetto.
Kore si fece coraggio aprendo con cautela la porta, ed entrò incuriosita nella stanza.
Di fronte a lei c'erano un sacco di tende bianche, molto spesse, che non lasciavano intravvedere nulla, smosse da un'aria tiepida, anche se non c'erano finestre. Era come se in quella stanza vi fosse una strana energia, potente e al tempo stesso tiepida e dolce. Kore si fece largo fra le tende e vide la fonte di quell'energia, capendo che non era giunta in quella stanza per puro caso. Era come se fosse stata chiamata dalla fonte stessa.
- Strano però che nessuno la protegga. Credevo che la Corona dell'Averno fosse molto preziosa.
- Lo sono infatti! - disse una voce femminile che Kore non aveva mai udito.
- Chi è là? - chiese Kore guardandosi intorno, ma nessuno si fece avanti.
- Stai guardando dalla parte sbagliata. Sono qui! - disse ancora la voce.
- La c-corona? - Kore si avvicinò al piedistallo su cui era poggiato il prezioso oggetto, si specchiò nelle sue pietre preziose, e il suo stesso riflesso le fece l'occhiolino.
- Ce ne hai messo di tempo per accorgertene. Cosa stai aspettando? - chiese il suo riflesso, con una punta d'impazienza nella voce.
- Come?
- Non sei venuta qui per indossarmi finalmente?
- Io veramente mi ero persa. Ho sentito una corrente d'aria e l'ho seguita.
- E non ti sei sentita come richiamata? - sembrava quasi che la corona fosse divertita dalla situazione.
- A dire il vero... sì. Mi sono lasciata condurre dalla strana corrente che ho avvertito.
- La corrente che hai sentito era la corrente dell'Averno.
- La corrente dell'Averno?
- È l'energia stessa di questo Regno. Se l'hai sentita, significa che anche tu sei parte di noi, parte dell'Averno. Una parte di te desidera restare qui, e desidera anche il potere che otterresti nel diventare Regina. - disse la corona.
- Non desidero il potere... ma ammetto che vorrei aiutare Orfeo, e anche... - rispose Kore con la tristezza nel cuore.
- Conosco le pene del giovane, ma Ade ha ragione, l'Averno non può rilasciare con tanta facilità le anime... Non sarebbe giusto.
- Lo capisco, però... - La giovane Dea avrebbe voluto poter cambiare le regole di quel mondo. Avrebbe voluto poter aiutare le anime dei mortali che spesso soffrivano ingiustamente a causa delle divinità. Avrebbe anche voluto poter cancellare i propri sbagli e riavvicinarsi ad Ade.
- La vita a volte è ingiusta mia cara, e noi non possiamo farci nulla. Anche se...
- Anche se?
- Dipende tutto da noi. Dalle nostre scelte, e dalle nostre convinzioni. Se vuoi davvero qualcosa, devi fare di tutto per raggiungere il tuo obiettivo, altrimenti significa che non è poi così importante per te.
- Io voglio davvero aiutare Orfeo. - disse Kore stringendo i pugni. - Io voglio che lui torni da me...
- Orfeo?
- Ehm, no, io parlavo di...
- Ade. - Kore sospirò e annuì.
- Ho fatto tanti di quegli sbagli, tanti errori che avrei potuto risparmiarmi, invece ho fatto un passo falso dietro l'altro e ho finito con l'allontanarlo da me. - ammise tristemente la Dea.
- E cosa hai fatto fino ad ora per porre rimedio? Cos'è che desideri più di ogni altra cosa, Kore?
- Vorrei poter stare per sempre al suo fianco, anche se ho dimostrato di non esserne degna. Voglio però fargli capire che non sono più una bambina stupida, e che posso anche io fare la mia parte. - Kore non aveva capito fino a quel momento, quanto intensamente desiderava stare al suo fianco. - Io lo amo, e ho paura che non ci sia davvero nulla che possa fare.
- Se ti piangi addosso non lo riconquisterai di certo, mia cara. - disse la corona.
- E che posso fare?
- Dimostrati sicura di te, intanto. Se vuoi stare al suo fianco non puoi piangerti addosso, Ade non ama le donne deboli. Tu non sei una donna debole, sei forte, solo che a volte te lo dimentichi.
- E se non fossi in grado di...
- Non lo saprai mai se non ci provi. E comunque... - disse la corona con voce dolce, - Ade sarà sempre al tuo fianco pronto a sostenerti. Lui ha bisogno non solo della Regina, ma anche di una compagna. Se lo ami davvero, buttati alle spalle tutte le incertezze, tutte le paure, e afferra la sua mano.
“Mi ha rifiutata però”, pensò Kore.
- Dimostragli che non sei una donna che si arrende, dimostragli che non può permettersi di perderti, e che anzi, sei tu a comandare il tuo destino.
La Dea prese in mano la corona e la studiò. Era ancora più bella di quanto non ricordasse, con quelle pietre splendenti incastonate sopra dove il riflesso le sorrideva. Ambra e Ametista, come il colore dei suoi occhi e di quelli di Ade.
Kore notò che c'era anche una collana e un paio di orecchini sul tavolo.
- E questi? Sono meravigliosi. - disse prendendoli in mano.
- Li ha fatti preparare Ade, per te, ovviamente. Dovevano essere il tuo regalo di benvenuto non appena foste scesi. C'è anche un vestito se guardi bene.
Kore trovò subito l'abito regale, che si sarebbe perfettamente accostato con la corona e gli altri gioielli.
- Lui aveva fatto tutto questo per me?
- Sono solo oggetti. Lui per te ha fatto molto di più, non trovi? Cose che non si possono costruire, fabbricare o tessere. - Kore lasciò andare il vestito che aveva preso in mano. L'espressione di meraviglia per lo stupore di fronte a quei meravigliosi regali, era sparita. Kore si focalizzò solo sui bei ricordi che il Dio le aveva donato.
- Sì, lo ha fatto, e io non ho fatto altro che rifiutarlo. Sono una ragazza davvero orribile.
- Sei solo molto confusa.
Kore tremava mentre guardava la corona, indecisa se prenderla o meno.
- Sono davvero io la vera Regina dell'Averno?
- Se tu non lo fossi, verresti incenerita... - La Dea sobbalzò spaventata, mentre la corona rideva. - Puoi fidarti, se non so io chi è degno di portarmi, non può saperlo nessun altro. E io son certa: sei tu l'unica vera Regina.
- Cosa accadrà quando ti indosserò?
- Sarà semplicemente un nuovo inizio. Molte cose ti saranno chiare immediatamente, mentre per altre dovrai ancora attendere.
- Mi farà male?
- No. - la corona fece una pausa. - Dimmi, fanciulla, cos'è che desideri veramente?
- Desidero restare al suo fianco per sempre, e governare con lui questo regno.
- Perché lo desideri? - Kore scosse la testa.
- Perché lo amo, e perché ho cominciato ad amare questo regno ed i suoi abitanti. Perché io... ho sempre amato l'Averno. Ho sempre amato... - Kore pensò che se quella corona avesse avuto sembianze umane, in quel momento le avrebbe sorriso.
- Ti accetto come mia Signora, e come Sovrana di questo Regno. Lascia alle spalle la fanciulla, e lascia libera la donna di prendere il suo posto.
Kore afferrò la corona con mani tremanti, e se la poggiò sul capo. La terra tremò per qualche secondo, e tutto venne avvolto da una luce bianchissima.
- Quando aprirai gli occhi, mia dolce Kore, saprai cosa fare. Tu hai scelto da sola che cammino intraprendere. Devi andarne fiera, non pentirtene mai. Sii felice per ciò che sei.
La Dea era pronta per tornare nella sala, ma prima c'era una cosa che doveva fare.


Le porte della sala si aprirono e Lei entrò, maestosa e meravigliosa, prendendo posto sul suo trono, accanto ad Ade, che la osservò con un misto di sorpresa, sollievo e soddisfazione, mentre molti occhi curiosi e stupefatti si posavano sulla sua figura.
La veste plumbea, i capelli parzialmente raccolti, la corona e i gioielli che adornavano capo e collo... Kore non era più la stessa, e non solo per l'aspetto più sofisticato. Qualcosa nel comportamento e nello sguardo rivelavano che la giovane Dea aveva preso coscienza di molte cosa che fino a qualche momento prima, le erano totalmente sconosciute.
La Regina sedeva composta accanto al Re, e guardò ad uno ad uno tutti i presenti, posando infine i propri occhi sul povero Orfeo che la guardava esterrefatto, mentre Thanatos e Hypnos le sorridevano.
- Vai avanti, - sussurrò Thanatos a Orfeo - la Regina ti sta aspettando.
Orfeo annuì, e si avvicinò, inginocchiandosi ai piedi della piccola scalinata che portava ai piedi dei due troni.
- Orfeo... grazie per aver aspettato. - disse lei con un caldo sorriso. Era ancora Kore, ma i suoi occhi brillavano di una nuova luce.
- Kore, voglio dire... Mia Regina...
- Persefone. - disse lei chiudendo per un attimo gli occhi, prendendo un profondo respiro.
- Persefone?
- È il mio nuovo nome. - spiegò lei. Era stata una kore, una fanciulla, per tutta la vita. Nella vita di superficie, Kore era stata tenuta troppo sotto l'ala protettiva della madre. Non c'era da stupirsi se nessuno le aveva detto la verità sulle sue origini.
Kore non era più un nome adatto per la Regina dell'Averno. Prendendo posto in quel mondo, voleva ricominciare da capo, scegliendo da sola quel cammino, e così le era sembrato giusto anche scegliere un nuovo nome che l'avrebbe accompagnata da quel momento in avanti.
La corona dell'Averno, adornata di pietre di ametista e di ambra, brillava come non accadeva più da secoli.
- Orfeo, tu non hai superato la prova di Ade, Signore del Sottosuolo, ma per quanto mi riguarda, tu ed Euridice potete tornare insieme a casa, in superficie. - lo sguardo della Regina, che al suo ingresso sembrava quasi freddo, emanava una dolcezza che di rado, prima che Kore cominciasse a visitare il palazzo, si era vista tra quelle mura. - Io ho sempre creduto che l'amore fra divinità non potesse esistere. Ho visto fin troppe volte le mie sorelle, i fratelli, zii e zie, tradirsi a vicenda come se nulla avesse più importanza del desiderio carnale. Mentre invece per voi mortali, era facile trovare coppie più stabili, che ardevano d'amore fino alla fine del loro percorso in superficie. - negli occhi di Persefone, c'era una certa malinconia e tristezza, anche se la Dea sorrideva dolcemente all'uomo. - Il tuo amore per la tua compianta moglie mi ha commossa, e per questo ho deciso di concedervi una seconda possibilità, infrangendo un tabù, e sfidando le leggi stesse di questo Regno. - Radamanto si alzò e si mosse verso i troni per ribattere, ma Persefone gli fece cenno di non muoversi. Il giudice incrociò lo sguardo con quello di Ade, e vedendolo scuotere leggermente la testa, dando quindi ragione alla Dea, Radamanto si sedette scontento.
- Grazie, mia Signora! - Orfeo chinò il capo, il viso rigato da lacrime di gioia, e le spalle scosse dai singhiozzi. - Io non so davvero come ringraziarvi.
- Alzati, Orfeo, perché purtroppo non ho ancora finito. - il sorriso sulla bocca di lei morì, perché la Dea aveva compreso, nel momento stesso in cui aveva posto la tiara sul proprio capo, ogni legge di quei luoghi, e quindi, sapeva anche il perché del comportamento di Ade. - Ognuno dei tre Regni ha le sue regole, e l'Averno non fa eccezione. Io ho provato ad oppormi, ma a nulla mi è servito, e mi ci è voluto molto per capire... tante cose. - disse quasi con un sussurro. - Ho fatto tanti sbagli, e me ne pento, ma non li posso cancellare. E forse nemmeno voglio, perché son proprio gli sbagli a farci maturare. - un sorriso amaro le si dipinse sulle labbra. - Voglio aiutarti, perché credo in te, e credo nel sentimento che ho visto... ma non posso voltare le spalle al Regno che ho scelto come mia nuova casa.
Ho appreso che come sovrana, mi è possibile fare delle scelte importanti, ma non posso piegare a mio piacimento tutte le regole del Sottosuolo, per questo anche io devo sottoporti ad una prova: potrai portare con te l'anima di Euridice, ma a una condizione. - Con sicurezza, Persefone illustrò al giovane cosa avrebbe dovuto fare per riportare in vita la moglie tanto amata. - Dovrai rifare il percorso che ti ha portato fino al palazzo a ritroso, e non dovrai mai voltarti fino a che non lascerai il nostro Regno. La tua amata proverà a chiamarti, ti implorerà, cercherà con ogni mezzo di metterti alla prova, ma tu non cedere, o non potrai ricongiungerti a lei fino al momento della tua morte. Questa è la mia prova, questa è la mia condizione.
Ade sorrise di sottecchi, osservando la Dea che si era finalmente decisa a prendere ciò che le spettava. Lui era sempre stato certo che sarebbe diventata una grande regina, e con quella prova lo stava già dimostrando.
Aveva temuto che le sue parole l'avessero ferita troppo, vedendo che non tornava più, ma quando la vide varcare la soglia, e prendere posto al suo fianco, avevano cancellato i suoi timori. La vista di lei con la corona dell'Averno sul capo, con gli orecchini e la collana che lui aveva fatto da tempo preparare da Efesto, e il vestito cucito dalle ninfe, basandosi sul modello del quadro che portava alle sue stanze, gli avevano fatto tirare un bel sospiro di sollievo, e avevano scatenato in lui emozioni che prima di allora temeva fossero destinate a morire.
Era tutto come nel quadro, era tutto come l'aveva sempre immaginato da quando aveva capito che lei sarebbe stata sua. Nonostante tutte le difficoltà affrontate, in quel momento, loro erano lì, e anche se non si erano ancora chiariti, lui era comunque contento. Lei era finalmente lì, non come prigioniera, non come ospite forzata, o Regina indotta ad accettare con la forza il suo ruolo.
Kore aveva scelto da sola di diventare Regina, Kore aveva scelto di diventare Persefone. La sua Persefone.


Nei lunghi minuti di attesa, prima che Persefone facesse il suo ingresso nella sala, la tensione che si era creata era stata davvero insostenibile.
Ade aveva notato gli Dei gemelli parlottare, e nonostante il suo ordine di portare via l'uomo, i due non si erano più mossi, e il Dio parve spazientirsi.
- Mio Signore, - disse Eaco avvicinandosi a lui, - credo che Thanatos sappia quello che sta facendo, del resto, - disse sorridendo, - nonostante faccia tutto di testa propria, è mosso dal rispetto e dalla devozione che ha nei vostri riguardi. Quindi direi che non c'è nulla di cui preoccuparsi.
- Lo so. Non sarebbe al mio servizio altrimenti. - Il Dio osservò distratto la grande sala. - Vorrei solo che non ci impiegasse troppo. - chiaramente, Ade si riferiva a Kore. Lui si aspettava che lei tornasse, se lo sentiva.
- Credo che l'ultima visita ai Campi Elisi l'abbiano aiutata molto. Anche se non credo che la vostra freddezza sia stata molto d'aiuto, sono convinto che presto ritornerà, abbiate pazienza. - Eaco si voltò per tornare al proprio posto accanto agli altri due giudici, quando si fermò. - Oh, dimenticavo! Quando siamo arrivati vi stava cercando. Anzi, siete stato il suo primo pensiero, era dispiaciuta del fatto di non avervi potuto vedere. Avreste anche potuto dircelo nei giorni passati, che la vostra assenza era dovuto a quello. Ci avete fatto preoccupare per nulla. - Dietro quelle parole di rimprovero, vi era in realtà il forte attaccamento che i giudici avevano nei riguardi di Ade.
Loro tre erano stati dei semplici uomini in vita, che, una volta morti, erano stati scelti per aiutare Ade in quel difficile e lungo lavoro che veniva richiesto in quel regno.
Da tempo, il loro Signore, si era comportato in maniera inusuale, e le sue continue assenze dal tribunale, li aveva fatti allarmare. Scoprire che il motivo della sua assenza, non era un malore o la spossatezza, ma solo l'interesse del Dio nel far riavvicinare la Dea a lui e al loro Regno, li aveva fatti rasserenare.
Una forte scossa di terremoto ruppe il brusio della sala.
- Kore ha fatto la sua decisione, a quanto pare. - disse Thanatos sorridendo soddisfatto al fratello, mentre Orfeo si era spaventato per la violenza del sisma.


Kore se ne era andata per lasciare spazio alla Regina che Ade aveva sempre atteso. Per lasciare spazio a Persefone.
Lei poteva dire di credere che l'amore fra le divinità non esisteva, ma entrambi sapevano che non era vero, non per loro. Lui sapeva che lei lo stava mettendo alla prova. Dopo quello che era successo prima nella sala, lei era rimasta ferita dalle parole che lui le aveva detto, ma quello era stato davvero l'ultimo tentativo per riaverla con sé.
- Grazie, mia Regina. - la ringraziò ancora Orfeo. - Non mi volterò, lo prometto. - disse lui sorridendo.
- Molto bene, - disse Persefone, - Thanatos ti accompagnerà fin fuori dal palazzo. Comincia a percorrere la tua strada e fa come ti ho detto. A breve sentirai la voce della tua sposa chiamarti, ma tu non voltarti.
Orfeo annuì, e Thanatos obbedì ai voleri della Regina.
Persefone stava tremando. Era la prima volta che era stata così sicura di sé, sapeva esattamente cosa fare e cosa dire. Sentiva dentro di sé una forza e un'energia mai provate prima. Era una sensazione meravigliosa, che però non riusciva ancora a spiegarsi.
- Dici che ce la farà? - chiese ad Ade, con sguardo fisso verso la direzione presa dall'uomo. Una parte di lei temeva che Ade non avesse approvato le sue scelte, ma era convinta di aver fatto la cosa migliore.
Ade si alzò e poggiò la propria mano su quella tremante di lei, aggrappata al bracciolo del suo trono scavato nella pietra.
- Lo spero per lui. - disse lui con voce calma. - Sei stata brava.
Fu in quel momento che i due si guardarono per la prima volta, dritti negli occhi, da quando lei era rientrata nella sala.
- Grazie, Ade. - disse lei arrossendo.


- Dunque è successo questo... - disse annuendo Afrodite. La Dea aveva inviato una delle sue ninfe per seguire Orfeo, e aiutarlo nel caso in cui fosse stato in pericolo. La ninfa era poi riuscita ad infiltrarsi nel palazzo assieme all'uomo che, grazie al dolce suono della sua lira, era riuscito anche a coprire la sua presenza.
Non appena Persefone aveva emesso la sua sentenza, la ninfa era corsa dalla sua padrona per avvisarla di quanto accaduto.
- Puoi andare. - disse la Dea sorridendo. - Io aspetterò che lui arrivi qui sulla soglia per poterlo portare via con me. Si è solo intestardito per una sciocchezza. Quando mi vedrà di nuovo, in tutta la mia sfolgorante bellezza, si dimenticherà per sempre di quella là.


Le risate della Dea giunsero fino alle orecchie dei Sovrani dell'Averno.
- Cosa è stato? - chiese Persefone.
- Afrodite è vicina all'ingresso degli Inferi.
- Oh no! È qui per Orfeo, dobbiamo fare qualcosa... - disse la Dea, ma un forte capogiro la costrinse a poggiare la testa sullo schienale del trono. Diventare Regina, comprendendo di colpo le leggi dell'Averno, e acquisire poteri inimmaginabili, l'aveva prosciugata delle forze.
- Orfeo dovrà superare da solo quell'ostacolo, ora tu devi recuperare le forze. - Persefone non era ancora preparata a quel cambiamento, e Ade la accompagnò nelle sue stanze.
- È normale, non devi preoccuparti, è una conseguenza dell'essere diventata un tutt'uno con l'Averno. - gli spiegò lui, mentre la Dea si teneva la testa fra le mani. Lui la fece sdraiare sul letto, e le tolse la corona, appoggiandola sul tavolino.
- Non posso nemmeno chiudere gli occhi, che vedo immagini di ogni parte del regno. Sento le voci e i lamenti delle anime che popolano l'Averno rimbombare nella testa.
Ade le si sedette accanto, prendendo le mani di lei e baciandole la fronte.
- Passerà. Anche a me c'è voluto del tempo, ma riuscirai ad estraniarti e a sfruttare il tuo nuovo potere solo quando servirà. Se vuoi ti lascio riposare.
- No! - esclamò lei. Si tirò su dal letto e fissò intensamente Ade. - Non voglio rimanere sola, adesso. Inoltre... vorrei le tue scuse. - disse avvampando. Sapeva che lei stessa gliele doveva, ma il modo in cui lui si era comportato l'aveva indispettita parecchio. - Non ho dimenticato come ti sei comportato con me quando ti ho chiesto di chiudere un occhio con Orfeo. Sei stato un villano.
- Tu vuoi da me delle scuse? - chiese inarcando il sopracciglio. E con la solita voce pacata continuò - Ti sei comportata in maniera discutibile negli ultimi tempi. Non dovresti tu delle scuse a me?
- Io però non ti ho umiliato di fronte a tutti, urlandoti contro come una pazza. - replicò lei. Ade non era arrabbiato, sembrava invece divertito dalla situazione.
- Io sono il Sovrano dell'Averno, devo far rispettare le leggi e il decoro del nostro Regno. - Persefone aveva notato subito l'enfasi particolare messa nella parola “nostro”, e per lei valeva più di tante altre ammissioni. - Ma sono certo che non debba più spiegartelo... no? - chiese lui accarezzandole una ciocca di capelli che era sfuggita dall'acconciatura.
- Ad ogni modo, non avresti dovuto arrabbiarti così tanto. Volevo solo aiutare Orfeo. È una brava persona, e sono certa che anche tu eri sul punto di lasciarlo andare. - Ade sorrise. - Perché non l'hai fatto? Perché hai lasciato che fossi io a lasciarlo andare?
- Ho le mie buone ragioni.
- Anche fare l'antipatico con me rientrava in queste buone ragioni?
- No. Mi hai fatto davvero arrabbiare. Sono stati giorni molto pesanti per me, lo sai, vero? - Persefone prese la mano di lui e se la portò alle labbra.
- Potrai mai perdonarmi per essere stata così cieca? - Ade sorrise e lasciò il letto.
- Forse, ma adesso è bene che tu ti riposi. Potresti anche impiegare meno tempo di me ad abituarti, ma per un po' ti sentirai privata delle energie. Devi riposare.
Persefone sorrise al suo amato, con le lacrime agli occhi per la gioia, e, dopo un piccolo sbadiglio, si sdraiò di nuovo.
- Rimarrai qui con me?
- Fino a che non ti addormenterai, poi però dovrò tornare nella sala del giudizio.
Ade si accomodò accanto a lei, e le accarezzò la testa, coccolandola mentre la Dea cercava di addormentarsi, quando, ad un tratto, lei sentì come un fremito per tutto il corpo, e spalancò gli occhi.
- Ade, Orfeo...
- Sì, l'ho visto anche io. - disse lui con voce tremula. - Mi dispiace.


Durante il suo cammino verso l'uscita, l'anima di Euridice continuava a chiamare Orfeo, ma lui non si era mai voltato per guardarla, si era limitato a dirle di portare pazienza, e che una volta all'aperto si sarebbero potuti abbracciare di nuovo. Per lei però, non era abbastanza, temeva che Orfeo non l'amasse più.
- Amore mio, perché non puoi voltarti? Non mi vuoi più? Ho sofferto così tanto. - la voce di lei era una supplica alla quale l'uomo avrebbe voluto cedere, ma se lo avesse fatto, avrebbe perso quell'unica possibilità che duramente aveva conquistato.
- Porta pazienza, mia adorata. La regina Persefone mi ha concesso di riportarti con me a patto di non voltarmi. Non angustiarti, Cerbero è ormai alle nostre spalle, e mi sembra già di sentire l'odore dell'erba. - disse lui, con voce provata per la fatica, ma colma d'emozione. - Quando raggiungeremo l'albero di melograno, potremo stare di nuovo insieme.
Euridice però continuava a chiamarlo, e quando riuscirono finalmente a vedere la luce alla fine della lunga galleria, la ragazza cominciò ad avvertire una fitta là dove era stata morsa dai serpenti velenosi.
- Orfeo... aiutami! - lo chiamò lei con voce supplichevole. Ma Orfeo sapeva che non poteva farlo. Sentirla implorare, con tutto quel dolore che doveva provare, lo faceva sentire del tutto impotente, ma non doveva voltarsi.
- Non posso. Tieni duro, quando usciremo sarai viva e in salute. - Orfeo allungò il braccio all'indietro. - La Regina Persefone non mi ha però detto che non possiamo tenerci la mano. Per ora è tutto quello che riesco a fare. - Euridice sorrise e gliela afferrò.
Stavano quasi per arrivare in fondo alla galleria, quando una donna bellissima gli sbarrò il passaggio.
- Sei quasi arrivato alla fine, mio dolce Orfeo, ma la tua amata non può venire con te. - disse lei squadrando l'anima della ninfa.
- Chi siete?
- Ma come, non mi riconosci? - La donna cambiò aspetto, prendendo prima le sembianze della nobildonna, e poi quelle dell'ancella. Riprese poi quelle che era il suo vero aspetto, e allungò la mano verso Orfeo – Vieni con me. Vieni dalla Dea dell'amore e della bellezza. Vieni da Afrodite.
Orfeo indietreggiò, non sapendo cosa fare. Non poteva voltarsi e tornare al palazzo dell'Averno, se lo avesse fatto, avrebbe perso l'anima dell'amata. Non poteva però neanche avanzare, dato che la Dea gli sbarrava il passaggio.
- Sei fortunato, sai? Sono pochi gli uomini che suscitano un così grande interesse da parte mia. Dovresti sentirti onorato, e venire con me senza fare più storie. Ti tratterò bene. - disse ancora facendogli cenno di andare da lei.
- Sono un uomo sposato, e innamorato devoto. Non sono interessato, ma sono certo che potrete trovare ben altri uomini, più affascinanti di me, interessati a renderti felice. - Afrodite volteggiò attorno all'uomo, facendo allontanare l'anima di Euridice.
- Ma io voglio te! Sei speciale, e io ti voglio. Lascia perdere la ninfa morta, e vieni via. Dopo tutta la fatica che ho fatto, non sarebbe carino farmi ancora attendere. - Orfeo rise di quelle parole e la scansò, cercando di proseguire verso l'uscita.
Afrodite però lo trattenne, e cercò di farlo voltare.
- Conosco il patto a cui vi ha vincolati quella sciocca di Kore. Tu non puoi voltarti o la tua amata sparirà per sempre. Se non vuoi voltarti te, ti farò voltare io! - e la Dea provò in ogni modo, ma Orfeo riuscì a resistere. Per fortuna la Dea non disponeva di una grande forza fisica, ma aveva il suo asso nella manica.
Con un incantesimo riuscì a rendere irrequieta l'anima innamorata di Euridice, rendendola insicura, e facendole credere che la Dea e il suo sposo avessero avuto una relazione, e che la stessero consumando proprio davanti ai suoi occhi, mentre in realtà Orfeo cercava solo di divincolarsi dalla Dea.
- Amore mio... voi due... Tu e la Dea Afrodite avete una storia... - disse lei con voce tremante.
- No, no Euridice! - rispose lui, lottando contro sé stesso per non voltarsi. Avrebbe voluto correre da lei, stringerla fra le braccia e rassicurarla, ma sapeva che non avrebbe potuto farlo. - Non credere agli inganni di questa Dea bugiarda. Io amo solo te, e a te sarò sempre devoto. - la voce spezzata di Orfeo fece quasi rinsavire l'anima della sua amata, ma Afrodite era più forte, lei era la Dea dell'Amore.
- Facciamo così, Orfeo, - disse Afrodite, raggiungendo l'uscita della galleria, - scegli, me o lei.
- Scelgo Euridice ovviamente. - le rispose lui sicuro.
- Dimostralo allora. - Afrodite gli sorrise con l'espressione di chi sapeva di aver già vinto. - Se scegli lei voltati e valle incontro, ma se non ti volterai, lei saprà che hai scelto me... coraggio, vieni fra le mie braccia, vieni verso la luce del sole. È vero che se non ti volti la sua anima tornerà in vita, ma se vieni verso l'uscita, se vieni da me, segnerai anche il tuo destino, e mi apparterrai.
Orfeo batté i pugni contro la parete rocciosa, fino a che le mani non gli sanguinarono.
In ogni caso, erano entrambi perduti, e l'uomo pianse, sapendo che l'unica cosa che poteva fare era quella di starsene lì, fermo, immobile, aspettando fino a quando la Dea non si sarebbe stancata. Lui però sapeva che quella Dea non si sarebbe mai arresa, e che era più probabile invece che lui cedesse.
L'incantesimo di Afrodite su Euridice si allentò, e la ninfa capì che poteva fare qualcosa.
- Grazie, amore mio. - disse abbracciandogli le spalle, sussurrandogli all'orecchio le ultime parole che l'uomo voleva sentirsi dire. - Grazie per esserti sempre preso cura di me, grazie per avermi cullata con la tua musica, grazie per avermi amato intensamente ogni giorno della tua vita. Ti amo tanto, e per questo ti chiedo di voltarti, per vedermi un'ultima volta. Ti prometto che ti aspetterò fino a che non tornerai, quando sarà il tempo.
- No, Euridice, non voglio perderti ancora. - disse lui scosso dai singhiozzi.
- È l'unico modo. Se vai verso l'uscita per liberarmi, apparterrai a lei, ma se ti volti verso di me, le avrai dimostrato la tua scelta, e quando uscirai all'esterno, sarai un uomo libero.
- No, Euridice, ti prego. Non lasciarmi. - la voce tremante di Orfeo scosse la ninfa, che gli baciò il capo e lasciò la presa.
- Io me ne torno laggiù, è l'unico modo per aiutarti. - Orfeo scattò in piedi, sempre senza voltarsi, implorandola di tornare da lui e di non lasciarlo.
- Mi dispiace. Addio, mio amato. - disse lei, e Orfeo non poté fare a meno di voltarsi, trovandosi faccia a faccia con Euridice.
- Era l'unico modo per farti voltare. - gli posò un lieve bacio sulle labbra, e svanì.
“Ti amo”, furono le ultime parole che lei pronunciò, parole che si persero nelle gallerie che portavano al regno del Sottosuolo.
- Come dicevo, non hai che da uscire e rifarti una vita, mio caro. E io sono ancora disponibile. Vieni via con me, non te ne pentirai.
Orfeo rimaneva fermo immobile, fissando il vuoto davanti a sé, e pensando alla sua amata, che mai più avrebbe rivisto.
- Orfeo, sto ancora aspettando, non costringermi a venire lì e trascinarti io stessa. Potrei davvero arrabbiarmi, e non sarebbe un bello spettacolo. - si lamentò ancora lei.
Orfeo scacciò l'ultima lacrima, e si incamminò verso il palazzo di Ade.
- Orfeo! - Afrodite lo raggiunse e si parò di fronte a lui, - guarda che l'uscita è dall'altra parte.
- Lo so.
- E allora? Cosa credi di fare? Ade e Kore non ti concederanno un'altra possibilità. - disse lei sprezzante, pronunciando quei nomi, e quando Orfeo le puntò addosso gli occhi resi furenti dalla rabbia, Afrodite si fece da parte impaurita.
- Lei non si chiama più Kore, ma Persefone. Inoltre, non ho mai detto che sto scendendo per implorarli ancora. Non tornerò mai più indietro, vattene via.
In quel momento, si sentì il nitrire dei cavalli, e un'altra divinità fece il suo ingresso nella caverna: era Ares, venuto per portare via la Dea.
- Lascialo andare, ha fatto la sua scelta. - disse lui seccato, trascinando via la Dea che continuava a lamentarsi.


Orfeo scese di nuovo verso il palazzo,incontrando un indaffarato Cerbero che lo salutò abbaiando. Lo conosceva e gli piaceva, anche senza bisogno dell'aiuto della lira, e per questo lo lasciò passare. Così come anche Caronte, seppur sorpreso, che lo traghettò sull'altra sponda, dove, ad attenderli vi erano Ade, Persefone e gli Dei gemelli.
- Mi dispiace, Orfeo. - disse Persefone. - Abbiamo visto quello che è accaduto, quando ormai era troppo tardi per intervenire.
- Non è colpa vostra... alla fine mi sono voltato io.
Ade strinse la mano di lei, avvertendo tutta la profonda commozione che la Dea stava vivendo.
- Non sono tornato qui per chiedervi di nuovo di ridarmi la mia Euridice. I patti sono patti, e voi non mi avete ingannato. - fece una piccola pausa, inchinandosi di fronte ai sovrani dell'Averno.
- Quella pazza se ne è andata, ma puoi restare per un po', se hai paura che possa di nuovo tornare all'attacco. - disse Thanatos con poco tatto, ma Orfeo scosse la testa.
- Non sono tornato da voi nemmeno per chiedere protezione. Il motivo della mia seconda discesa è un'altra richiesta, so di avervi già chiesto molto ma...
- Parla pure, Orfeo. - gli disse Ade.
- Vi prego, concedetemi di restare qui al vostro servizio. Suonerò e canterò per voi... o, qualsiasi cosa voi mi chiediate. Fatemi solo restare al vostro servizio fino alla fine dei miei giorni.
I due sovrani si guardarono, e quando Ade annuì, Persefone acconsentì a nome di entrambi.
- Ade, posso... - Persefone prese in disparte Ade, e gli chiese sottovoce se potevano fare qualcosa, anche una sciocchezza per permettere all'umile Orfeo, di poter vedere Euridice. Il Dio pensò a lungo, e quando giunsero all'ingresso del palazzo, guardò il triste Orfeo.
- Io e la Regina Persefone abbiamo preso una decisione. - disse il Dio con fare solenne. - Tu puoi restare, come ti ha già detto, ma non è tutto. C'è un giorno durante l'anno in cui succede che l'Averno perda potere sulle anime, e qualcuna di esse riesce a muoversi fra i mondi. Non solo fra i mondi di superficie e il nostro: questo riguarda l'Averno stesso, e anime dei Campi Elisi si ritrovano a vagare per il Cocito in cerca di parenti non così meritevoli da poter raggiungere l'Elisio. Il regno del Sottosuolo è molto vasto, presto te ne accorgerai anche tu. - spiegò brevemente Ade, - Così, durante quel giorno, ti verrà concesso di vedere la tua amata. È un solo giorno all'anno, e solo perché è l'Averno stesso a volerlo. - concluse lui, mentre la Dea gli stringeva la mano, grata per quello che aveva fatto, e con Orfeo che si era del tutto ripreso.
Fino alla fine dei suoi giorni, Orfeo avrebbe servito i Signori dell'Averno, e quando il tempo sarebbe giunto, si sarebbe infine riunito alla sua Euridice, raggiungendola definitivamente nei Campi Elisi. Fino ad allora, avrebbe atteso con ansia quell'unico giorno in cui avrebbe potuto ancora suonare per lei, rimirarsi nei suoi occhi e sentire il dolce suono della sua melodiosa voce.


- Grazie, Ade.
- È stata una tua idea, però.
- Ammettilo che anche tu avresti voluto fare qualcosa. - il Dio non le rispose.
- Ci sarà ancora molto da fare. L'Averno è sulla strada della ripresa, ma c'è ancora tanto lavoro. Lo sai, vero?
- Sì, ma ora sono pronta. Sono pronta a lavorare al tuo fianco per ristabilire l'Equilibrio del nostro Regno.
- Oh, adesso è nostro? - sogghignò lui, mentre Persefone gli passeggiava accanto, stretta al suo braccio.
Erano entrambi stupiti per come si erano evolute le cose. Non si erano ancora chiariti, ma sembrava quasi che tutto il distacco che c'era stato, fosse stato annullato nel momento stesso in cui Kore aveva deciso di scegliere da sé la strada da prendere, e di diventare la Dea del Sottosuolo.
- Ci penseremo domani comunque. Tu ora devi riposarti, Hypnos ti condurrà nelle tue stanze. - anche se leggermente contrariata, Persefone acconsentì, e mentre il Dio del Sonno la riaccompagnava in camera, un Ade più contento del solito riprendeva posto sul suo trono nella grande sala del Giudizio.
- Lo avevo detto io. - disse sorridendo Thanatos passandogli accanto.
- Lo so, Thanatos. - sorrise di rimando il Dio dei Morti. - Lo so.


Mentre nel Sottosuolo si stava festeggiando l'incoronazione di Persefone, Madre Gaia si decideva finalmente a liberare la Dea delle Messi.
- Mia figlia... oramai è perduta. Perduta per sempre... - Demetra, quella che una volta era la bellissima Dea della natura, si era ridotta a un corpo pelle e ossa.
La grande Madre l'aveva liberata alle porte della sua stessa dimora. Le fedeli ninfe che per secoli l'avevano seguita, ne avevano avvertito la presenza, e accorsero tutte per soccorrerla. Quando la videro, alcune fra loro svennero: la vista della loro amata Dea ridotta in quel pietoso stato, era stato troppo anche per loro.
Per giorni avevano pregato e atteso il ritorno di Demetra, ma la felicità di riaverla con loro era stata soffocata di fronte a quell'orribile spettacolo.
- Questo non è che l'inizio. Questa era sta per finire. L'Estate Senza Fine è giunta al termine. - disse con voce rauca la Dea prima di svenire fra le braccia di Anthea.

 



L'angolo di Shera ^_^

Ed eccoci qui con questo nuovo, lunghissimo, capitolo. Il più lungo di Lux Averni, e, di conseguenza, il più lungo capitolo che abbia mai scritto.
Sebbene ci sono state un po' di aggiunte, e alcune cose siano state leggermente modificate, questo era uno dei miei punti fiissi per la storia. Orfeo doveva essere il pretesto, non la ragione, per cui Kore decideva di diventare Regina. Non mi piacciono troppo le storie tragiche, per questo preferisco regalare un finale agrodolce a coppie martoriate. L'ho fatto con Scilla e Glauco, e l'ho voluto fare anche con Orfeo ed Euridice, e qui mi son davvero sbizzarrita.
Ho preso in prestito sia dalle credenze europee, sia dalla mitologia asiatica, nipponica se vogliamo essere precisi. Parlo ovviamente della storia legata alla festa di Tanabata, dove la Dea Orihime, e il Dio Hikoboshi vennero separati, ma il sovrano degli Dei, mosso a compassione, decise di concedere alla coppia un giorno all'anno per potersi rivedere. Ho davvero riassunto il tutto in poche parole, ma vi consiglio, se già non la conoscete, di leggere bene tutta la storia, molto romantica.
Forse non è solo un caso se pubblico proprio oggi, dato che, l'altro spunto, viene dalle credenze europee, e qui mi riferisco a Samhain, o Halloween se preferite. Samhain è uno degli otto sabba, festività delle antiche religioni, oggi riprese dalle "nuove" religioni neopagane (anche se non mi piace usare il termine "pagano"). Tale festività viene talvolta associata a culti da "bestie di satana", ma non c'entra nulla. Con Sahmain si celebra l'inizio del nuovo anno, semplicemente. Secondo la tradizione, inoltre, durante questi festeggiamenti il confine fra il mondo spirituale, quello dove dimorano gli spiriti, e il nostro, per un breve lasso di tempo si assottigliava abbastanza da lasciar passare gli spiriti nel nostro mondo. Questi spiriti, si dice, che cercassero le loro case, i loro cari, e qui salta fuori anche il discorso della zucca.
La cosa mi ha sempre affascinata, e ho pensato di sfruttarla a dovere ^_^. Era sempre stato nei piani che poi Orfeo si stabilisse negli Inferi U_U.
Lo confesso, rileggendo la lora parte mi sono commossa ç_ç. Ok, l'ho scritto io, ma sono una ragazza romantica dalla lacrima facile.

Con questo capitolo ho anche chiuso con Afrodite, farà la sua apparizione finale nell'epilogo, e ho in mente altri progetti per lei U_U (sì, ho cominciato a buttare giù qualche riga per la storia su Menelao e Elena). Senza contare i prompt suggeriti da Crateide, che ringrazio ^^.

È stato un capitolo impegnativo, ma sono molto soddisfatta del risultato finale, spero che vi sia piaciuto. Vedendo quanto si stava allungando, ero quasi tentata di spezzare il capitolo, ma alla fine l'ho lasciato intatto.
Devono ancora accadere un po' di cose, ma il grosso, oramai, è fatto ^^.

Ringrazio Heartofgold e Damned, per aver aggiunto la storia fra le seguite; e ringrazio sempre tutti voi che mi seguite. Vi ringrazio anche per i deliziosi commenti che mi lasciate, fa sempre molto piacere ♥

A presto, e grazie ancora a tutti ^^
Baci
Shera ♥
  
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