Finalmente ce l’ho
fatta ad aggiornare la mia mediocre fic di cui
nessuno sentiva la mancanza xD
Questa ottava parte lascia il tempo
che trova e, nel tentativo di risollevarne un po’ le sorti, l’ho corredata da
qualche disegnuzzo che ho fatto nel tempo libero
invece di pensare a delle idee migliori da scrivere, peró
mi sa che alla fine il risultato sia ancora peggio, mah…^^;
I link
per vederli sono nelle note finali.
Sapete, credo che tra poco vi libereró da questa rogna, perché ho idea che questo sará il penultimo capitolo. Ebbene sí,
non avete capito male, vi toccherá sorbirvene ancora
uno prima di poter vedere (forse) l’agognata parola FINE xD
Comunque, nella puntata precedente, abbiamo
lasciato Genzō
e la sua nemesi all’inizio del loro tafferuglio, ma il prode Matsuyama
se ne sta imboscato da qualche parte pronto ad intervenire. Oltre
naturalmente ai soliti due crucchi, anch’essi preparati a scendere in campo in
caso di necessitá.
Insomma…ce la faranno i nostri eroi
a farsi una salubre scazzottata in santa pace?
• CAPITOLO 7 – The peacemaker (?)
Eppure non era andato lí con propositi
bellicosi, nossignore. Le sue intenzioni erano pacifiche, e per quanto quella
parola potesse stonare associata a lui, stavolta non si trattava altro che
della pura e semplice veritá.
Kojirō Hyūga non voleva fare a
botte, almeno non inizialmente. Se quella testa di cazzo di un portiere avesse accettato la sua parte di soldi
senza piantare dei casini, probabilmente la cosa sarebbe anche potuta finire in
modo incruento.
Peró poi le condizioni si erano
imposte, e lui alle provocazioni proprio non riusciva a non rispondere. Specie se arrivavano da lui.
-Vuoi sapere cosa penso?- Abbaió Kojirō un po’ stordito dal colpo ricevuto a
tradimento, mentre indietreggiava di qualche passo per schivare un altro destro
-Penso che tu ti sia montato la testa. Vedi di
scendere dal trono su cui per altro ti sei auto-insediato, che non hai proprio il diritto di sentirti superiore a nessuno.-
-Ma chi ti credi
di essere per giudicarmi? Non metterti a sputare sentenze gratuite se non sai
proprio un cazzo di me!- Replicó
l’altro preparandosi a sferrargli un montante rabbioso, che venne peró intercettato e
bloccato dall’avversario.
-Ne so abbastanza per intuire quello che suppongono le persone arroganti come
te.- E cosí dicendo gli restituì il pugno di poco
prima con gli interessi, poi si allontanó un po’ e
rimase sulla difensiva aspettandosi il contrattacco.
Che non arrivó
mai, o meglio, non fu lui a subirne le dirette conseguenze.
Fino a quel momento, infatti,
l’impavido Matsuyama se ne era
stato infrascato poco distante, a vigilare su ció che aveva sperato potesse risolversi con un bucolico
chiarimento. Peró, non appena vide volare cazzotti, li
raggiunse di corsa e si paró temerariamente in mezzo
ai due contendenti, giusto in tempo per ricevere in pieno viso il gancio di un imbesuito Genzō a cui si erano un
attimo ottenebrati i sensi dopo il pugno incassato.
Evidentemente, non era sempre vero
che tra i due litiganti il terzo gode.
-Matsuyama?! Che cacchio ci fai qui?- Trasalí Kojirō
strabuzzando gli occhi, dopo che per la sorpresa aveva cacciato un bestemmione irripetibile suggellato da un “Amen” di Genzō.
-Ops…- Fece quest’ultimo,
asciugandosi col bordo della manica un rivolo di sangue dal labbro -…eri sulla
mia traiettoria e non ti avevo visto, certo che peró
potevi anche evitare di pararti in mezzo.-
-Chiedere scusa magari no, eh?- Sbottó quello, tamponandosi il naso con una mano –Cos’è,
adesso passo anche per deficiente perché le ho prese?-
-Deficiente non è il termine
giusto…com’è che si dice in questi casi? Rompiballe? Dai, scostati e fatti gli
affari tuoi, abbiamo una questione da sistemare.- Di fronte alla superbia del
portiere anche Hikaru si accorse di essere molto
vicino alla perdita delle staffe, e si appelló a
tutti i santi del Paradiso per mantenere la calma. Si sentiva prossimo ad una
pantagruelica incazzatura, incattivito anche dalle
lancinanti fitte di dolore al setto nasale, e se le circostanze fossero state
diverse non ci avrebbe pensato due volte a rendergli
il simpatico omaggio di benvenuto. Peccato solo che non si trovasse
certo nella posizione adatta a fomentare risse, e poi dopotutto se l’era
cercata; sapeva a cosa andava incontro frapponendosi tra i due, anche se aveva
sperato proprio di riuscire ad evitarselo, quel pugno.
Per non lasciarsi sopraffare dalla
sua tempra tutt’altro che mite, si ripeté mentalmente
che era il capitano ed in quanto tale doveva
dimostrare di avere polso, senza mai venir meno alle responsabilità a cui era
tenuto a far fronte. Cosí, raccolti i cocci della
propria pazienza, esclamó:
-E piantatela una buona volta con
questa storia! Cosí non risolverete proprio niente. Kojirō,
almeno tu dammi retta!- Questi, a riprova della sua celebre signorilitá,
sputó a terra con fare sprezzante un grumo di sangue
che gli si era formato in bocca, poi fece spallucce e replicó, glaciale:
-Levati di torno, Matsuyama. Giá solo il fatto di
essere stato pedinato mi urta parecchio, fossi in te non aggraverei la tua
posizione.-
Hikaru lo incenerì con lo sguardo
mentre si frugava velocemente in tasca alla ricerca di un fazzoletto con cui
aiutarsi a tamponare il sangue, e smadonnó sottovoce
notando che chiaramente non ne aveva con sé.
L’unica cosa che assomigliasse vagamente a ció che bramava era la sua hachimaki,
che come sempre conservava nella tasca sinistra dei pantaloni, e colto dalla
disperazione per un attimo valutó se non fosse il
caso di usare quella, salvo poi darsi del cretino per avere anche solo osato
pensarci.
Quei due erano degli
ossi duri, rifletté, autentiche teste calde. Di solito i placatori
d’animi tumultuosi erano o Tsubasa o Jun, ma ora quell’ingrato compito
toccava a lui e decise audacemente di giocarsi il tutto e per tutto, malgrado
fosse consapevole che rivangando l’episodio del giorno prima
rischiasse quasi la vita.
Ormai mezzo rassegnato all’idea di
dover fare da cuscinetto attutisci-busse
in quell’assurda piazzata, disse: -Senti, lo so
benissimo che la cosa ti brucia, e se vorrai pestarmi piú
tardi per quello che ti sto per dire accomodati, ma fino a prova contraria ora
sono il tuo capitano anche se non l’ho chiesto io di diventarlo…– qui Kojirō
gli lanció un’occhiata assassina -…e tu sei tenuto ad
obbedirmi. Specialmente se si tratta di una stupida
rissa senza senso che puó solo ledere alla tua
salute.-
-Eh, non c’è gusto se ci pensi tu
ad istigarmelo, Matsuyama- sghignazzó
a quel punto Genzō
con il consueto muso strafottente, su cui faceva bella mostra di sè un labbro spaccato nuovo di zecca –cosí
mi togli tutto il divertimento. Piuttosto, fá qualcosa per quel naso, non vorrei che mi morissi
dissanguato.-
In effetti, anche se il dolore era
diminuito, la copiosa emorragia nasale del neo-capitano non accennava ad
arrestarsi, ed ormai aveva imbrattato un terzo della manica con cui stava
cercando di arginarla. Lui, peró, era
fermamente intenzionato a non muoversi da lí senza Kojirō,
avesse anche dovuto trascinarlo via a forza.
Cosa di cui comunque
dubitava sarebbe stato in grado, vista la sua caratteristica indole poco
propensa al patteggiamento: domare il numero nove della Nazionale era un
privilegio per pochi e capaci eletti, e lui non era sicuro di rientrare fra
questi.
-Ascoltami bene- ringhió sommessamente l’attaccante, che non aveva
controbattuto subito alle sue parole ma anzi se ne era
stato un attimo in silenzio, come a voler soppesare ció
che intendeva dire –la questione che ho in sospeso con questo imbecille non
c’entra un cazzo con la squadra, sono affari fra me e
lui. Non provare a venire a dirmi come mi devo comportare nella mia vita
privata, intesi? Altrimenti potrei accantonare i riguardi che ho verso di te.-
-Toh, mi trovo d’accordo con lui,
per una volta- rantoló Genzō con la solita voce
precaria, accennando un piccolo plauso –in quale altro idioma vuoi sentirtelo
dire di toglierti dalle palle?-
Hikaru ignoró
totalmente il commento del portiere e si rivolse a Kojirō, replicando
caustico: -Wow, ma che vita privata esaltante,
andarsene in giro a fare a cazzotti con la gente…esistono anche altri metodi
per appianare le divergenze, sappilo. Non ci posso credere, vi siete trattenuti
da ubriachi e non riuscite a farlo adesso?-
Non appena finí
di divulgare il suo predicozzo notó qualcosa di anomalo. Doveva essersi sbagliato, non c’era altra
spiegazione, cos’era ció che aveva scorto per un
secondo? Uno sguardo di intesa? No, non era possibile
che i due acerrimi nemici si fossero scambiati una simile occhiata complice.
Sicuramente aveva visto male.
Peccato che ció
che credeva di avere equivocato venne invece
confermato dalle parole di Kojirō, prontamente supportate da un cenno di
assenso di Genzō.
-E’ questo il punto. Adesso sí che c’è gusto a prendersela con lui! Vá
a farti medicare e piantala di fare il Messia, che ne
abbiamo giá abbastanza di Tsubasa
quando ci si mette.-
Nel frattempo, dall’altra parte
del campo, l’illustre Kaiser e la sua spalla li stavano
seguendo attentamente, fingendosi concentrati sugli allenamenti. Poiché il
litigio stava iniziando ad attirare l’attenzione, il capitano aveva intimato
agli altri di non cercare di intromettervisi,
che al massimo ci avrebbe pensato lui se lo avesse ritenuto il caso.
-Strano che Wakabayashi
faccia a botte, eh?- Esclamó ironicamente Brigel rivolto a Kaltz, indicando
col mento l’animato trio nipponico.
-Hai ragione, ‘sta
cosa mi sa di déjà vu…- Asserì lui, mentre con la memoria
ritornava agli avvenimenti di tre anni prima.
Al tempo, Genzō era l’ultimo
arrivato e manco a dirlo stava sugli zebedei praticamente ai nove undicesimi della squadra, se si
escludevano ovviamente Hermann e Schneider;
quest’ultimo, anzi, si sentiva addirittura stimolato
dal confronto con lui, ed avevano preso l’abitudine di allenarsi insieme, in
quelli che il resto della formazione aveva definito con una punta di acredine
“allenamenti privati”. Forse era stata proprio questa sorta di gelosia,
sviluppatasi nei suoi confronti, a spingere quei geni a prendere la brillante
decisione di fargli fare un po’ di gavetta, pestandolo nel corso di una
rissa non molto regolamentare, in stile tutti
contro uno.
Purtroppo per loro, peró, non avevano ancora ben capito di che pasta fosse fatto il portiere giapponese, il quale aveva provveduto
a farsi giustizia da solo giá il giorno seguente
utilizzando metodi ben piú ortodossi, ovvero
affrontandoli in scontri singoli.
E gonfiando sistematicamente ognuno
di loro.
Schneider, anche se naturalmente non lo
diede a vedere, era rimasto piacevolmente colpito dal carattere che l’allora
futuro numero uno dell’Amburgo aveva dimostrato di
possedere e, benché non condividesse in pieno il sistema che aveva scelto per
farsi rispettare, vi passó sopra classificandolo come
una forma lecita di autodifesa, a patto che non si ripetesse piú. Lo stesso aveva pensato Stecchino, che si era
prodigato in sermoni sperticati con quegli imbecilli dei suoi compagni di
squadra ma ci aveva pure un po’ goduto, perché avevano avuto la lezione che si
erano meritati: occhio per occhio, dente per dente.
-Che facciamo, Karl?
Pare che non vada molto bene, anzi, mi sembrano sul punto di mettersi a menare
pure il nuovo arrivato…- Borbottó Kaltz,
risvegliandosi dai suoi ricordi e stringendo gli occhi leggermente miopi per
mettere a fuoco meglio la scena.
-Mmmh.- Fu il laconico commento del
Kaiser mentre lanciava anche lui uno sguardo ai tre, senza smettere di
palleggiare.
-Che nella tua lingua vuol dire…?-
Incalzó l’altro lievemente spazientito, perché
proprio non si sentiva in vena per calarsi nel ruolo di interprete
dei suoi pensieri.
-Vuol dire che penso sia meglio se ci facciamo gli affari nostri ancora per un
po’. Stiamo a vedere come si evolve la cosa.-
Al che Hermann ribatté sarcastico, mentre si grattava pensoso una
tempia: -Come vuoi che si evolva, a me sembra palese…intenderai mica aspettare
che ci scappi il morto?-
-Io mi chiamo
fuori.- Fece Jun irremovibile, scuotendo il
capo. Era arcistufo di quei due e poi lui il suo contributo l’aveva giá dato nelle ore precedenti, quando il suo talento per la
negoziazione era stato largamente adoperato.
In quel momento si sentiva un po’
come Paganini.
Uno che non ripete.
-Io pure. Che se ne occupi Matsuyama, visto che ha
tanto insistito per andare solo- convenne un accigliato Tsubasa,
malcelando un lieve risentimento e aggiungendo
mentalmente “se ha cosí tanta voglia di suicidarsi chi
sono io per impedirglielo?”
-Mi associo. Tra le mie passioni
non annovero di certo fare il paciere.- Esclamó Tarō,
annuendo convinto.
-Sí, anche perché verresti
pestato a tua volta…- lo scherní Ishizaki,
carezzandosi la panciotta gonfia e rotondeggiante che
gli era spuntata nella notte, in seguito ai bagordi della sera prima.
-Ha parlato il piú
grande paraculo di tutti i
tempi- Biascicó in risposta l’altro a bocca piena,
masticando l’ultimo pezzo del suo panino alla Nutella.
-Embé, che male c’è a voler
salvaguardare la pelle sempre e comunque? Che qualcuno mi contraddica, se ne ha il coraggio- ridacchió Ryō, lanciando un’occhiata di sfida ai
presenti.
Nessuno fiató.
In effetti il suo ragionamento non faceva una piega.
All’improvviso Kazuo,
terminato di sorseggiare il suo tè, ebbe il coraggio di fare una proposta che lasció molti esterrefatti, ma che incredibilmente incontró anche parecchi consensi.
-Che ne direste di andare al Mac? Io un bel panino al bacon e formaggio me lo farei anche…-
Jun, reprimendo un conato di vomito, replicó: -Ma come sei messo, hai mangiato per due fino
adesso…ti devo ricordare che fra un paio d’ore si pranza?-
Kazuo fece spallucce, ed il fratello rincaró prontamente la dose, esclamando:
-Massí dai, chi si unisce a noi? Io ho
ancora un buchino nello stomaco e ho proprio voglia di una qualche schifezza da
fast-food.-
Tsubasa e Tarō si scambiarono
un’occhiata perplessa, chiedendosi dove diavolo mettessero i chili di roba che
si sbafavano ogni giorno, visto che a tavola erano
praticamente due pozzi senza fondo. La cosa aveva dell’inverosimile, considerato che i gemelli avevano sempre dato l’impressione
di essere stati strappati ad un circo per le loro non certo comuni doti
funamboliche e l’incredibile agilità, che mantenevano invariata nonostante la
dieta non esattamente da fame.
-Io sono dei vostri- proruppe allegramente Ishizaki –devo
aver cura della mia panza da birra, è il caso di
nutrirla un altro po’. Non vedete quanto è tenera?- E cosí
dicendo si sollevó la maglietta e prese a
schiaffeggiarsi il pingue ventre come se stesse suonando un tamburo, suscitando
in alcuni risa divertite ed in altri smorfie di
compatimento.
Takeshi, dopo aver udito l’irragionevole
idea dei Tachibana ed aver assistito al siparietto
comico del difensore che non perdeva mai l’occasione per fare il buffone,
decise che ne aveva avuto abbastanza e si defiló quatto quatto.
Intanto l’ignaro Ken, ancora barricato in camera, ballicchiava
sulle note tunzettare dell’ultimo “successo” di Skazi*, con la chioma raccolta in una cuffia da
doccia, mentre aspettava che scadesse il tempo di posa della sua maschera
capillare personalizzata.
-Per l’amor di Dio Ken, spegni quel cesso di musica- fece disgustato Takeshi entrando nella stanza in quel momento, non sapendo
se gli facesse piú ribrezzo lo stato patetico in cui
versava il portiere oppure l’orrida trance che
stava ascoltando.
-E non darmi il tormento, ora la
abbasso…- sbuffó l’altro, diminuendo il volume quel
tanto che bastava perché non ci fosse bisogno di urlare per farsi sentire -…che
c’è? Giá finita la colazione?-
-Come giá?
Sono sceso tre quarti d’ora fa abbondanti…la tua
flemma mi lascia basito- disse l’amico in tono volutamente melodrammatico,
sedendosi sul letto dopo aver agilmente scavalcato sia cumuli di vestiti
ammucchiati alla rinfusa sul pavimento, sia la solita valigia spalancata di Ken, talmente in disordine che pareva essere esplosa su una
mina.
-E comunque
ho tagliato la corda quando Ishizaki si è messo a
disquisire della panza da birra con cui si è
risvegliato stamattina, dovevi vederlo mentre se la prendeva a sberle come
fosse un tamburo…figurati poi che i gemelli stavano parlando di andare a fare
un salto al Mac- bofonchió,
mentre si mangiucchiava senza pietá le unghie, come
non mancava mai di fare quando era in pensiero per qualcosa. Naturalmente, tale
pensiero era rivolto a Kojirō che non accennava a rientrare e, anche se
riteneva che una bella zuffetta avrebbe potuto far
bene a quei due balenghi, ora cominciava un po’ a
preoccuparsi.
-Al Mac?!- Per poco a Ken non scappó di mano il CD che voleva sostituire a quello in
riproduzione nello stereo portatile –Con tutto quello che avranno mangiato qui
e dopo il festino di ieri sera?-
-Cosa vuoi che ti dica, forse dopo
l’alcool ora vogliono provare a sfogarsi anche sul
cibo…pure per me non sono normali.- Si scambiarono un’occhiata di intesa ed
entrambi alzarono lo sguardo al cielo quasi nello stesso momento, poi Takeshi ricominció impietosamente
la malsana manicure fai-da-te.
–In realtà- riprese dopo qualche
secondo di silenzio, sputacchiando un pezzettino di unghia
-sono venuto a dirti che ci sarebbe da andare a “salvare” il tuo migliore
amico.-
-Che è poi anche il tuo…e comunque credo che si sappia salvare benissimo da solo- precisó lui, poi aggiunse sospirando –che ha combinato
stavolta?-
-Lo so che in teoria non ha
bisogno di aiuto, ma si tratterebbe solo di andare a
dare un’occhiata, cosí, giusto per stare
tranquilli…sai, é andato a ringraziare alla sua maniera Wakabayashi
per aver pagato anche il suo conto, ieri sera.-
Ricevette in
risposta uno sguardo bovino e la gentile richiesta di sapere se lo stesse prendendo
per il culo.
-Eh, magari…addirittura ha saldato
quello di tutti. Ti puoi immaginare come l’ha presa Kojirō…-
-Non dirmelo…- grugní
il portiere, passandosi una mano sul viso -…è uscito da molto?-
-Non da tantissimo, sará una mezz’oretta. Ma lo sai com’è fatto, dubito che sia
riuscito a mantenersi freddo per piú di due secondi…Matsuyama l’ha seguito, ma onestamente non credo che potrá fare molto se le cose si mettono male.-
Takeshi, come tutti del resto, sapeva
perfettamente che per ovvie ragioni Genzō era da sempre una
presenza fissa nella black list di Ken, ma per qualche oscuro motivo che nessuno si
spiegava, non si era mai tolto la soddisfazione di massacrarlo a colpi di karate.
Il futuro hair-stylist
borbottó qualcosa
e gli chiese di aspettare alcuni minuti, poi entró in bagno per sciacquarsi i capelli, resi lisci e setosi dal balsamo. Quando lo vide
uscire poco dopo con la testa avvolta in un asciugamano, esclamó:
-Sai, stavo pensando…mi pare che ieri sera Wakabayashi
abbia detto che avevano gli allenamenti stamattina, quindi probabilmente
saranno in uno dei campi qui dietro. Mi chiedo se Kojirō l’abbia preso da
parte o se come sempre abbia reagito impulsivamente e si sia messo a
scazzottare davanti a tutta la squadra…perché in quel caso magari li avranno giá divisi.-
Ken annuí
pensieroso e rispose –sí, forse è inutile che io
vada…-
-O forse no, non possiamo saperlo- continuó Takeshi dopo aver
riflettuto un istante -quello ancora non torna, e credo che si siano pestati giá abbastanza. Tu sei uno dei pochi che riesce
a tenergli testa in qualunque situazione…e poi dai, cerca di vederla sotto
un’altra luce, se ti capita potresti finalmente vendicarti dandole a Wakabayashi, non ti alletta l’idea?-
Il portiere sghignazzó
con un’espressione inquietante sul volto, pettinandosi i capelli bagnati per
prepararli alla “messa in piega” dell’asciugatura che, per cause di forza
maggiore, sarebbe stata ben diversa dal solito, ovvero ultra-rapida.
-Credi che non sia stata la prima
cosa a cui abbia pensato? Comunque non andró lá con queste intenzioni, useró il karate solo come arma di
difesa, se sará necessario.-
-Seeh, come siamo zen…ma a chi
vuoi darla a bere- lo punzecchió
Takeshi ghignando, anche se da lui se l’aspettava
proprio una risposta del genere, era sempre stato un uomo di sani principi che
mai sarebbe ricorso alla violenza ingiustificata.
Appunto, ingiustificata.
NOTE (doverosamente farlocche):
*Non conoscete Skazi? NON CONOSCETE SKAZI?! Orsú, è
tempo che vi facciate una cultura di musica trance-trash, allora xD
Bé, avete notato che in questo
capitolo alla fine non é successo assolutamente nulla? Chissà se si capisce che
ho temporeggiato perché non mi andava di proseguire seriamente nella
storia…come dite, sono stata poco furba a rivelarlo? xD
Comunque, come promesso, ecco qui i linkuzzi.
Siccome me la canto e me la suono, ho disegnato una scenetta del cavolo molto
approssimativa, tratta da un dialogo a caso. QUI vediamo Jun che si esibisce nel tipico gesto nipponico dal
significato traducibile all’incirca con l’idiomatica espressione nostrana “non
c’è trippa per gatti”. In Giappone tale movenza suole essere accompagnata
dall’esclamazione “dame”, una specie di “assolutamente no”.
Invece questo
è un breve fumettino banalissimo che per il momento
non ho voglia di colorare, il cui senso di lettura è
come quello dei manga, da destra verso sinistra. Sarebbe piú
corretto definirlo una bakata fatta e
finita che non si ricollega a nessun episodio avvenuto nella mia fanfic,
ed in realtà non è stato altro che un mero pretesto per disegnare qualcosa sul
mio amato Triumvirato, di cui ero un po’ in astinenza.
Come al solito non avevo l’ispirazione per fare
cose piú impegnative, e mi chiedo se mai l’avró U_U
Infine c’è LUI, il vero
eroe della storia, il beniamino di tutti noi. Almeno nella mia testolina piomba xD
Mi fermo qui perché se no diventa una gallery di fanart piú che di fanfic^^;
Passiamo ora ai ringraziamenti di
rito (mi sembro un TG).
Zia Silen e Berlinene,
devo ringraziarvi per l’ennesima volta? Facciamo che sia sottinteso? Scherzi a
parte, lo sapete che i vostri commenti sono delle vere e proprie mani sante, mi
fanno un piacere che voi non avete neanche idea. Riuscite addirittura a
recensire con cognizione di causa le cavolate che scrivo, la cosa ha
dell’incredibile xD Grazie,
grazie e ancora grazie.
Lady Snape, Trottola, Edvige86,
un sentito grazie anche a voi per i vostri graditissimi commenti^^
Per ultimo, ma non meno importante,
un sincero grazie di cuore va a quelle nove (NOVE!) anime pie che si
sono messe la fic nei preferiti, ussignur...le
vostre epiche gesta verranno da me ricordate per tempo immemore O__o