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Autore: Arianna di Cnosso    31/10/2015    4 recensioni
Dopo la guerra, Hermione è ad Hogwarts per concludere il suo settimo anno.
È sempre la stessa, a parte un po' più di fiducia in se stessa e la voglia di godersi finalmente un anno ad Hogwarts.
L'occasione perfetta si presenta al ballo di Halloween.
Purtroppo, i suoi programmi per la serata vengono rovinati da un Piton che dopo essere sopravvissuto alla guerra sembra ancora più inacidito.
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Piccola storia ispirata ad Halloween (o meglio, che Halloween mi ha ispirato) a cui domani aggiungerò un breve epilogo.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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“Signorina Granger...”
Hermione sobbalzò, facendo volare dal tavolo un paio di bacche di belladonna e rischiando di rovesciare la fiala piena di pozione appoggiata accanto al suo braccio.
“Si ritiene così brava da poter concludere la pozione mezz’ora prima e mettersi a...” Piton le strappò di mano la pergamena si cui era china fino a un attimo prima. “Fare la stilista” concluse con un ghigno, osservando disgustato i disegni sulla carta.
Alcuni Serpeverde sghignazzarono forte, e la ragazza arrossì furiosamente, evitando di guardare i compagni.
“Cinque punti in meno a Grifondoro” annunciò Piton suadente. I mormorii di protesta che si sollevarono furono smorzati con uno sguardo freddo.

“Signore, è ingiusto, Hermione aveva già finito” protestò Harry, incapace di trattenersi di fronte alle scorrettezze del professore.
“Di nuovo questa snervante abitudine di occuparti di ciò che non ti riguarda eh, Potter? Fossi in te mi concentrerei sul tuo lavoro. Sembra che la tua pozione sia ben lontana dall’essere il fluido rosso opaco descritto nel tuo libro di testo. Dovresti tentare di salvare il salvabile prima che...”
Piton fu interrotto dal suono della campanella.
“Peccato, un’altra D” annunciò compiaciuto, facendo evanescere il liquido viscoso e nero pece dal calderone di Harry.

Ad un cenno di Piton tutti gli studenti si alzarono, raccogliendo velocemente le proprie cose e sgusciando fuori dall’aula.
“Potter, Granger non così in fretta”
Harry si fermò trafelato, era già quasi fuori dalla porta.
“Potter, dieci punti in meno a Grifondoro per aver contestato un insegnante... Ancora una volta”.
Trattenendosi a stento dal ribattere, Harry lo guardò con odio e uscì sbattendo la porta del sotterraneo.

Hermione stava finendo in quel momento di raccogliere le proprie cose. Ribolliva per l’ingiustizia subita, ma si limitò a spingere con astio nella borsa le pergamene incriminate.
“Signorina Granger, per quanto il suo decotto abbia la parvenza di qualcosa di Accettabile, non tollero nessun tipo di distrazione nella mia classe. Può proseguire i suoi disegni nelle ore libere a sua disposizione... Anche se... La professoressa McGranitt impazzirebbe nel sapere che alla sua brillantissima pupilla Grifondoro non è più interessata ad una carriera al Ministero ma ne sogna una nella moda” la sbeffeggiò l’uomo.
Hermione arrossì nuovamente per la rabbia e l’umiliazione subita, ma trovò il coraggio di alzare il volto e incontrare direttamente lo sguardo del professore.
“Non sto affatto cercando una carriera nella moda... signore.” replicò con decisione “Dal momento che avevo già finito il mio lavoro, stavo solo immaginando un vestito per la festa di Halloween”.

In seguito si pentì amaramente di ciò che aggiunse, rompendo le sue regole sul portare rispetto agli insegnanti. Ma in fondo era maggiorenne, non più una bambina intimorita al suo primo anno, e Piton era stato il primo a mancarle di rispetto, umiliandola di fronte a tutta la classe.
“Se avanzerò tempo nella prossima lezione, disegnerò qualcosa anche per lei... il nero è abbastanza scontato per Halloween, senza contare che la sbatte terribilmente in ogni periodo dell’anno”.
Non appena le parole le sfuggirono di bocca, Hermione si chiese se per caso fosse stata posseduta dallo spirito di Harry. In genere era lui ad azzardarsi a ribattere e contraddire Piton fino a farlo infuriare.
In effetti, il professore prese un colore più pallido del solito, e assunse l’espressione di uno a cui era appena scoppiato uno Schiopodo in faccia.

Durò un secondo, poi una gelida furia gli scurì gli occhi. Hermione immaginò che doveva aver assunto più o meno lo stesso aspetto il giorno in cui Harry aveva scrutato dentro ai suoi ricordi, al quinto anno.
“Altri venti punti, signorina Granger” sibilò pericolosamente. “Potter ha una pessima influenza su di lei, a quanto pare le ha trasmesso la cattiva abitudine di ribellarsi agli insegnanti e snobbare le lezioni”.
“Mi dispiace” sussurrò Hermione già pentita per il suo comportamento così impulsivo, “non accadrà più”.
“Bene” disse Piton riportando la sua voce ad un tono meno pericoloso. “Tuttavia credo che le sue parole meritino una punizione. Domenica sera, nel mio ufficio”.
“Domenica è Halloween...” constatò la ragazza amareggiata.
“Spero che pulire una ventina di calderoni non le rovinerà il vestito allora,” disse Piton mellifluo, “e se finisce in fretta forse riuscirà anche a vedere la fine della festa”.
“Sì, signore.”

Reprimendo in fondo al suo essere la voglia di scagliargli una maledizione, Hermione si diresse svelta verso la porta, ripetendosi ad ogni passo che era contro i suoi principi rispondere ad un insegnante.
“Ah, un’ultima cosa, signorina Granger”
Hermione si bloccò di colpo con una mano sulla porta e si voltò a fronteggiare Piton con l’ultima briciola di autocontrollo rimasto.
“Mi domando con quale coraggio si permetta di giudicare il mio abbigliamento, visti i suoi gusti. Non mi pare che Weasley sia proprio un modello. Sbaglio o all’ultimo ballo che abbiamo avuto qui ad Hogwarts, il Ballo del Ceppo, se non erro, indossava un abito appartenuto alla sua prozia?”
Hermione restò congelata nella sua posizione, fissando la smorfia divertita sul volto del suo insegnante.

Se qualcuno ad Hogwarts aveva pensato che dopo la guerra Piton si sarebbe ammorbidito, aveva sbagliato di grosso. In quel settimo anno, Hermione aveva già avuto modo di notare in parecchie occasioni che sembrava più frustrato e irritante di prima. Il suo perverso divertimento nel torturare gli studenti era peggiorato, ed era peggiorato anche il gelo che diffondeva intorno a sé in ogni altra occasione.
I suoi commenti si erano inaciditi e l’aria cupa era in netto contrasto con quella sollevata di ogni altro attorno a lui.
A quanto pareva, la vittoria e la tranquillità non donavano affatto a Piton.

Hermione ci mise un po’ a riprendersi dallo sconcerto per le parole del professore e decise di replicare educatamente, ma a tono, prima di abbandonare l’aula fuggendo.
“Non sono andata con Ron al Ballo del Ceppo, signore... Nè lo accompagnerò a questo. Inoltre, non credo sia un buon metro di misura”.
“Buona giornata” aggiunse, varcando la soglia dell’aula senza guardarsi indietro.

 
***


La sera di Halloween, Hermione decise che non avrebbe permesso a nessuno di rovinare uno dei suoi ultimi balli ad Hogwarts, neanche a Piton.
Ora che non viveva sotto la minaccia indiretta di Voldemort o di qualche Mangiamorte, era più che determinata a godersi appieno l’opportunità di avere un anno normale e tranquillo come qualsiasi altro studente.
Indossò il suo abito, cucito in fretta e furia da Amelia, la sarta di Stratchy&Sons sulla base del bozzetto che lei stessa aveva disegnato. Anche l’indugiare in frivolezze come un bel vestito e un po’ di trucco, rientrava a pieno titolo nel suo desiderio di sentirsi una normale studentessa.

“Hermione, sei...” Ginny la fissò a bocca aperta. “Forse è la volta buona che qualcuno riuscirà a stecchire Piton” sogghignò dopo un attimo, riuscendo finalmente a trovare un modo per concludere la frase.
“Sarebbe fantastico per il mio curriculum,” sorrise Hermione a sua volta, “riuscire dove anche Voldemort è fallito”.
Ginny scoppiò a ridere di gusto, precipitandosi ad abbracciare l’amica.
“È bello poterci scherzare su, adesso... Sono così felice che finalmente possiamo goderci l’ultimo anno, anche se abbiamo perso così tanto...” sussurrò in tono più serio..
Hermione ricambiò con affetto la stretta dell’amica.
“È così anche per me” rispose.

Mezz’ora dopo era diretta ai sotterranei in un soprabito spesso e in un frusciare di stoffa. Forse avrebbe fatto in tempo a partecipare alla fine della festa se si fosse sbrigata a svolgere la sua punizione, ma aveva dovuto uscire già con indosso l’abito da ballo. Tornare al dormitorio a cambiarsi una volta finito da Piton, le avrebbe sicuramente fatto perdere la festa del tutto.
Bussò alla porta del suo ufficio con le migliori intenzioni e l’umore troppo buono per essere guastato, nonostante una punizione proprio nel momento più bello.

“Avanti” le arrivò la voce irritata del professore.
Si fece strada all’interno della stanza, fermandosi davanti alla scrivania di Piton.
Solo dopo qualche momento, l’uomo alzò lo sguardo su di lei, squadrandola da capo a piedi senza mostrare in volto alcuna emozione.
“I calderoni da pulire sono quelli là” disse rudemente, indicando una pila all’angolo della stanza. “Senza magia”.
La ragazza fissò la piccola torre con un sospiro, slacciando il nastro che teneva chiuso il soprabito scuro e appoggiandolo su un piccolo tavolo lì accanto, subito seguito dai lunghi guanti di seta neri.
Piton restò a guardarla silenzioso e inespressivo fino a quando si mise al lavoro.

Cercando di capire il modo migliore per svolgere il compito senza sporcare il vestito, Hermione artigliò uno straccio e imbevendolo abbondantemente di detergente cominciò a sfregare il primo calderone.
Dopo tre quarti d’ora  e quattro calderoni, sospirò affranta; ogni speranza di poter partecipare al ballo ormai abbandonata.
Finora aveva trovato il modo di salvare il vestito dalle macchie, ma ciò la costringeva ad avere un ritmo irrimediabilmente lento. Di quel passo, non avrebbe finito neanche entro mattino.

Con un altro sospiro rassegnato, prese in mano il quinto calderone, questa volta senza troppa cura di sporcarsi. Senza fare caso alla goccia giallognola di pozione che andò a depositarsi inelegantemente sul suo vestito, allargandosi in una macchia unta, Hermione cominciò a spazzolare.
“Basta così” ordinò la voce profonda di Piton da dietro di lei.
Hermione si voltò a guardarlo, non osando affatto sperare che bastasse davvero.
“Ho sbagliato qualcosa, signore?” domandò con una punta di apprensione.
“No” rispose l’uomo lapidario.

La ragazza gli rivolse uno sguardo confuso.
“Ho detto che è abbastanza” ripetè irritato.
“Ma, signore... Non sono neanche a metà...”
“Hai per caso preso a cuore i calderoni, o sei semplicemente così testarda da voler portare a termine una punizione ingiusta?” chiese Piton fissandola a sua volta.
“Ingiusta?” ripetè Hermione, l’incredulità dipinta sul volto e la voglia di andare al ballo improvvisamente evaporata.

Piton sogghignó. “Ha intenzione di andare o aspetta che io abbia il tempo di cambiare idea?”
“No”.
Questa fu la volta del professore di fissarla sconcertato. “No?”
Hermione si avvicinò alla scrivania torcendosi le mani e chiedendosi fino a che punto poteva spingere la conversazione prima di morire sotto un Avada Kedavra.
“Perchè lo fa?” si azzardò a chiede con voce bassissima, senza davvero aspettare una risposta, “non ho finito il mio lavoro, e in fondo ero nel torto. Ho risposto male a un mio professore, per quanto lo meritasse, e va contro i miei stessi principi”.

Piton la fissò intensamente per un momento, ma poi distolse lo sguardo puntandolo sui compiti davanti a lui, segnati furiosamente di rosso.
“Se ne vada” sentenziò con decisione.
Per quanto sembrasse assurdo, Hermione era certa di voler capire. Tutti si erano chiesti come mai Piton fosse peggio di prima, nonostante la riabilitazione del suo nome e l’Ordine di Merlino Prima Classe. Come mai improvvisamente lei aveva avuto un’insperata indulgenza?

Certa di camminare sul filo di una lama, e che di lì a poco sarebbe caduta producendo un bagno di sangue, Hermione osò disobbedire e rimase ferma davanti alla scrivania fino a quando Piton alzó nuovamente lo sguardo astioso su di lei.
“Per caso è sorda, o la vicinanza con Potter e Weasley l’ha resa una completa idiota?” abbaiò cominciando ad infuriarsi.
Hermione si affrettò a mitigare la sua rabbia. “Ho capito perfettamente” disse con un filo di voce. “Solo... Vorrei sapere perchè. So che potrei pulire calderoni fino alla fine dell’anno per questo, ma credo sia valsa la pena di capire...”

Piton abbandonò sul tavolo la piuma intinta di inchiostro rosso e seppellì il volto tra le mani, cominciando a massaggiarsi le tempie.
“Così maledettamente e cocciutamente Grifondoro” sibilò.
Se non fosse stata influenzata da anni di conoscenza, ad Hermione sarebbe sembrato fragile in quel momento e non uno dei più potenti e pericolosi maghi esistenti. Era difficile conciliare l’immagine del perfido professore di Pozioni con l’uomo esausto davanti a lei.
“Pulirà calderoni fino alla fine dell’anno se è questo che desidera, signorina Granger, ora se ne vada prima che io non risponda più di me stesso...” sibilò tra le mani.

Andando deliberatamente contro i suoi principi, il pericolo e l’istinto di sopravvivenza, Hermione disobbedì ancora una volta.
Girò silenziosamente dietro la sedia di Piton, abbassò le braccia e chiuse gli occhi aspettando il lampo verde.
“Cosa...”
Piton si mosse di scatto, e probabilmente sarebbe riuscito a spingerla via se non fosse stato incastrato tra la sedia e la scrivania.
Hermione strinse ancora di più le braccia attorno alle spalle del professore e questi si immobilizzò come sotto un incantesimo pietrificante.

Per un momento nel sotterraneo calò un pesante e gelido silenzio. Fu il basso sibilo di avvertimento di Piton ad interromperlo.
“Granger... Spero tu abbia una valida scusa per questo, che tu sia sotto incantesimo, pozione o qualcos’altro, perché in caso contrario ti farò espellere”.
Hermione rabbrividì inorridita, era peggio di quello che pensasse. Tuttavia il danno ormai era fatto, era espulsa, pensò con una fitta di angoscia, tanto valeva continuare. Piton non poteva davvero ucciderla.
“Ho disegnato il mio abito per questo ballo durante la lezione -alla fine della lezione in realtà- perché avevo una voglia disperata di avere un anno di scuola che potesse riscattare tutti gli altri. Al primo anno c’è stato un troll e la pietra filosofale da recuperare, al secondo sono stata pietrificata da un basilisco, al terzo la potenziale minaccia di un killer evaso da Azkaban, un lupo mannaro e la fuga di Peter Minus, non parliamo del quarto, in cui è morto un mio compagno di scuola, e di quelli seguenti...” la voce le si spezzò ed ebbe difficoltà a continuare.
“Ci tenevo tanto ad avere un anno di scuola normale e perfetto, per questo era importante questo ballo e per questo ho sbagliato a disegnare...”
“Per questo ti ho detto che poteva bastare” la interruppe Piton atono.

Le parole echeggiarono per qualche momento nella mente di Hermione, prima che riuscisse a comprendere e dire soltanto: “Oh”.
La stanza fu sommersa da un secondo silenzio, più leggero del primo.
“Grazie” sussurrò Hermione senza mollare l’abbraccio alle spalle di Piton.
“Ci tenevi così tanto che stai saltando volontariamente il tuo ballo e rischiando un’espulsione” avvertì Piton, ma il suo tono non era più minaccioso. La voce era roca e quasi supplichevole.
“Non mi interessa più andare al ballo” rispose Hermione.
“Non ti interessa nemmeno essere espulsa?”
“Si!” si affrettò a ribattere. “Sì, ovviamente. Ma ci sono anche altre cose che mi interessano” disse cauta.

Piton emise un sospiro esausto che scosse Hermione nel profondo.
“Lasciami adesso” ordinò, “prendi una sedia e siediti”.
Hermione obbedì in fretta evocando una sedia e accomodandosi accanto a lui, senza guardarlo in faccia. Sapeva di essersi spinta ben al di là di ogni comportamento accettabile, sapeva di aver rischiato tutto, ma non riusciva a togliersi dalla mente la sensazione tipicamente Grifondoro che ne fosse valsa la pena.
“Conosco la tua smania di sapere sempre tutto, e so che non smetterai di torturarti, o torturare me, finché non avrai le tue risposte. Allora dimmi, cosa vuoi sapere?” chiese Piton con il volto di nuovo affondato tra le mani. “Ti lascio fare tre domande, e non sono sicuro che risponderò”.

Sconcertata, ma decisa ad approfittarne, Hermione pensò a cosa davvero desiderasse sapere, torturandosi il labbro inferiore.
“Tutti sono felici e sollevati per la fine della guerra, nonostante le perdite. Perché tu, mi scusi, lei, no?”
Piton sembrò ignorare il fatto che lei gli avesse appena dato del tu e restò in silenzio così a lungo che Hermione credette che non le avrebbe mai risposto. Era quasi pronta a fare la seconda domanda, quando fu fermata dalla voce bassa del professore.

“Ho passato metà della mia vita a servire Voldemort, e l’altra metà a servire Silente” sibilò. “E per tutti gli ultimi diciotto anni non ho fatto altro che proteggere Potter... Non per amore di su madre, come ha gentilmente sbandierato a tutto il mondo, ma per i sensi di colpa. Ho amato Lily, e l’amore è stato quello che mi ha portato ad abbandonare Voldemort e rivolgermi a Silente, ma non si ama per sempre una persona morta. I sensi di colpa invece, durano molto più a lungo.”
“Ora, non c’è più Voldemort, non c’è più Silente e Harry non ha più alcun bisogno di essere protetto, se non da un folla di idioti adoranti. Fai il conto di quello che resta”.
“I sensi di colpa?” chiese Hermione cautamente.
Piton non rispose.

“E perchè non cerca di rifarsi una vita, ora che è tutto finito?” domandò ancora la ragazza, maledicendosi per essersi bruciata così in fretta un’altra domanda.
“E a che scopo?” replicò Piton. “In tutti questi anni, non ho mai tenuto in conto cosa avrei fatto una volta finito tutto. Non ho mai creduto di sopravvivere...”
“In realtà, avrei voluto morire” aggiunse a voce terribilmente bassa.
“No...” sfuggì ad Hermione, incapace di trattenersi inorridita.
“L’ultima domanda, signorina Granger”.

Di certo, il fatto che Piton avesse desiderato morire, spiegava ampiamente il suo astio verso la vita.
La ragazza si domandò cosa avrebbe potuto chiedere. Soppesò le parole di Piton. Praticamente, le aveva appena confidato di non vedere uno scopo nella sua vita.
Con un sorriso, capì quale sarebbe stata la sua ultima domanda.
“Verrebbe al ballo con me?”




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N. d. A.
Ciao a tutti!
Ecco una breve parentesi tra le altre mie fan fiction... questo Halloween mi ha ispirata così.
E' una piccola storia senza pretese a cui domani aggiungerò un breve epilogo.
Buona festa a tutti! 
(Io lavoro e sono già in ritardo)
   
 
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