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Autore: Emma_Sirius_Potter    01/11/2015    1 recensioni
- Vorrei chiederti un consiglio. Tu cosa faresti se avessi paura di poter fare del male ad altre persone?
A Remus quasi si bloccò l'aria in gola. Come diavolo faceva Lily Evans a saperlo?
***
Lei e Remus non avevano più segreti, in quel momento condividevano tutto, la stessa paura, la stessa notte, la stessa luna calante, e, cosa più importante, lo stesso coraggio.
Quando si è in due, pensò Lily, la paura si divide, ed il coraggio si moltiplica.
Sentì che Remus Lupin provava la stessa cosa.
***
- Stavi scappando, vero? – chiese.
Questa volta Remus non si sorprese più della sua perspicacia.
- E’ così evidente? – chiese semplicemente, guardandola di sottecchi.
Lei alzò le spalle.
- Un po’. Ma secondo me sbagli a voler scappare. Se pensi che scappare dal Regolo, dalla Bilancia e dal Compasso possa fare bene al Lupo, ti sbagli di grosso. Il Lupo ha bisogno di loro. E’ quando si allontana, che diventa una bestia incontrollabile.
***
Storia partecipante al contest "Let's play TABOO Old Generation Edition" indetto da Writer96 e Alyx sul Forum di EFP.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lily Evans, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Il Lupo, il Mostro e il Molliccio

 
 
 
“Tua madre mi è stata a fianco in un momento in cui nessun altro c'era. 
Non solo era una strega singolarmente dotata, era una donna gentile, fuori dal comune. 
Sapeva vedere la bellezza negli altri, perfino, e forse particolarmente, 
quando una persona non riusciva a vederla in sé stessa.”
- Remus Lupin, Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban (Film)
 
 
 
 
 
Capitombolò giù dalla scalinata d’ingresso, preso da una furia frenetica e ansiosa.
Era un qualcosa di folle, lo sapeva, di estremamente folle, ma non era riuscito a reprimere l’istinto di alzarsi dal letto e correre, scappare lontano da tutto e da tutti, da quelle persone a cui avrebbe potuto fare del male, quelle persone a cui voleva bene.
Erano le tre del mattino, il castello dormiva, i corridoi erano bui e fuori le tenebre dilagavano trapuntate di stelle sui prati, la Foresta Proibita e le scure acque del Lago Nero. Qualcuno l’avrebbe definito uno spettacolo mozzafiato: le cupe distese scozzesi e il villaggio di Hogsmeade in lontananza, appena scorgibile dall’alto dell’arroccamento del castello, erano invase dalla fredda e argentea luce lunare e dal luccichio delle stelle. Si potevano percepire con l’intero corpo la sensazione di gelo notturno nei polmoni e il silenzio del sonno che regnava sovrano.
Ma Remus aveva altre grane a cui pensare. Data la sua natura, la luce lunare non poteva certo contribuire a infondergli tranquillità, e in ogni caso, era troppo nervoso e assorto per poter prestare attenzione al paesaggio.
Mentre riprendeva la folle corsa, pensò che forse quella era la volta buona… La volta buona per scappare, andarsene e non farsi più vedere, la volta buona per smettere di preoccuparsi, la volta buona per cominciare a vivere con qualcuno della sua razza, e non provocare più dolore a se stesso e agli altri. Ormai aveva sedici anni, andava per la maggiore età, non era più il pivello del primo anno che non sarebbe resistito un giorno da solo là fuori, ce la poteva fare.
Fin da quando era piccolo, aveva sempre rappresentato un peso per chiunque gli stesse vicino. Prima i suoi genitori, con quell’assurda serie di traslochi obbligati, quella reclusione piena di vergogna, tutte le cure e precauzioni speciali eccetera, che li avevano resi degli emarginati sociali per paura che qualcuno scoprisse il suo segreto… poiSilente, Silente, che si era impegnato tanto per aiutarlo, più di quanto avrebbe dovuto, Severus Piton che a causa sua quasi ci aveva rimesso la pelle, e più di tutti… sì, insomma, a più di tutti non voleva neanche pensarci e basta. Avevano fatto l’incredibile per lui, eppure non poteva illudersi: comunque loro la mettessero rimaneva un pericolo per tutti loro
Ne era prova la rovinosa sorte dello zoccolo di James solo pochi giorni prima: nonostante Sirius si trovasse lì vicino e avesse tentato di frapporsi tra lui e il cervo, nessuno aveva potuto fare niente per evitare il danno, fino a che Peter non gli si era piantato sotto il naso, distraendolo e facendosi pericolosamente inseguire fino al Platano Picchiatore. Da piccolo topolino che era, era riuscito a sfuggirgli, ma Remus non osava neanche immaginare di poter aver passato un’intera notte all’inseguimento del solo Peter terrorizzato e messo alle strette; finchè ci fossero stati Sirius e James, la cosa era diversa, loro erano grosse bestie capaci di tenergli testa, ma Peter? Appena venuti meno gli altri due, come avrebbe potuto cavarsela Peter? Certo, gli era facile nascondersi, ma sapeva che nessuno dei suoi amici l’avrebbe mai abbandonato a se stesso in una situazione del genere, avrebbero provato come minimo a farsi inseguire: era troppo pericoloso lasciare un lupo mannaro libero nei territori di Hogwarts; pericoloso per le bestie di Hagrid e Hagrid stesso, per gli studenti del castello, per i professori di ronda nei cortili o per il guardiano della scuola; era pericoloso per se stesso e per il suo segreto… i danni e le catastrofi che avrebbe potuto provocare erano tanti, troppi, neanche si potevano contare. Quando Sirius, James, Peter e lui avevano deciso di non passare più le notti nella Stamberga Strillante, avevano stretto un patto.  Si erano ripromessi a vicenda di controllare Remus, di impedirgli di fare ciò di cui si sarebbe potuto pentire, e Remus si era ciecamente e ingenuamente fidato di loro.
Ma ormai gli era chiaro che non avrebbe mai più dovuto fare affidamento solo sulla loro buona volontà: non che mancasse, quella c’era, lui sapeva che c’era, ma ultimamente sentiva che stava diventando troppo grande, troppo forte perché loro potessero tenerlo a bada. Andava oltre le loro capacità.
Ormai erano quasi due anni che uscivano tutti insieme nelle notti di luna piena, e se all’inizio la situazione sembrava essere sotto controllo, negli ultimi tempi stava decisamente sfuggendo di mano. Sirius e James terminavano le nottate sempre più stanchi, e nello sguardo di Peter ogni tanto era sicuro di poter scorgere un’ombra di terrore; niente di permanente, era qualcosa di fugace, e l’amico ci metteva del suo per non farglielo notare, ma sospettava che qualcosa accaduto in quelle nottate, di cui Remus al massimo conservava ricordi perlopiù vaghi e sfocati, dovesse averlo segnato profondamente. Gli sguardi di Minus si erano fatti più diffidenti, più guardinghi nei suoi confronti, da qualche mese a quella parte. Remus era arrivato più volte a chiedersi se i suoi stessi amici non potessero avergli nascosto ed omesso qualcosa, durante qualcuno dei loro racconti del giorno dopo.
Non era strano che Peter provasse paura: nell’ultimo anno, con le voci su Lord Voldemort che si diffondevano sempre più ambigue e terrificanti, Remus aveva visto il coraggio di Peter impallidire, diminuire. Metà del suo già scarso fervore di Malandrino era andato perduto e, ogni volta che in corridoio incrociavano tipacci come Mulciber o Avery, notava l’amico rabbrividire tutt’altro che impercettibilmente, sotto quella maschera di impacciata spavalderia che avevano tentato di insegnargli Sirius e James. Remus non era più tanto sicuro che quegli appuntamenti mensili di corse sfrenate e lupi mannari facessero bene a Peter. Non era più tanto sicuro che facessero bene a nessuno.
Ci era voluta una bella frottola per spiegare a Madama Chips la caviglia distrutta e tumefatta di James, tre giorni prima. Non era una semplice frattura o distorsione, l’osso era messo davvero male, e graffi e botte gli coprivano la gamba fino al polpaccio, per non parlare del fatto che James, dopo essere crollato a terra ed essersi ritrasformato in umano per il dolore, aveva evitato solo per un soffio di venire morso.
Gliel’avevano raccontato così, come se nulla fosse accaduto, ridendo e sdrammatizzando, ancora pieni di adrenalina per l’avventura appena vissuta, ma Remus sapeva che non potevano davvero sentirsi così indifferenti per ciò che era accaduto. E se lo facevano, dovevano essere degli irrimediabili sciocchi: a lui la faccenda non faceva ridere per niente. Era stanco di vederli fingere che lui non fosse un peso, era stanco di fingerlo lui stesso. Era stanco di affezionarsi alle persone, per poi provocargli solo problemi. Forse i suoi genitori avevano avuto ragione, quando gli avevano suggerito di studiare a casa da privatista, di non frequentare una scuola. Avevano avuto ragione fin dall’inizio.
Falcata dopo l’altra, arrivò al limitare della Foresta Proibita.
Sarebbe stato più conveniente passare per il Platano, prendere il passaggio per la Stamberga Strillante e poi imboccare la strada per qualche posto ignoto, ma era minorenne, e aveva ancora addosso la Traccia. Mancavano pochi giorni al suo compleanno, e sarebbe stato più prudente restarsene nascosto da qualche parte dove si praticavano già magie, o non sarebbe durato un attimo in giro per il mondo tutto solo senza poter nemmeno utilizzare la sua bacchetta per paura di essere rintracciato; tra l’altro, la Mappa del Malandrino riportava ancora solo piccola parte della Foresta, e neanche i suoi amici avrebbero potuto trovarlo, se si fosse addentrato abbastanza in profondità. Per quanto pericoloso, quel posto non gli faceva paura: dopo sei anni di scuola aveva già fatto abbastanza esplorazioni lì dentro con Sirius e James –ma perché si lasciava sempre trascinare, diamine?!– da poter quasi dire di sentirsi a casa.
Avrebbe potuto aspettare i diciassette anni per fuggire, lo sapeva; in fondo, cosa poteva succedere in sei o sette giorni? Ma era stato quel gemito, quell’ultimo gemito di dolore di James in dormitorio delle due di notte –aveva insistito tanto veementemente per farsi dimettere in anticipo dall’infermeria, che Madama Chips alla fine l’aveva scacciato urlante dalla brandina, maledicendolo per la sua ingratitudine, e adesso il suo letto costituiva il suo ricovero provvisorio– a convincerlo di non poter più a aspettare. James era probabilmente convinto che uscirsene al più presto dall’infermeria avrebbe aiutato Remus a sentirsi meno in colpa - “Vedi, Lunastorta?” aveva detto, “Sto benissimo, non mi è successo niente! Mi hanno già dimesso!” -, ma non aveva ottenuto quanto sperato. Remus non sopportava di vedere James in quello stato (perché per essere guarito, non era guarito per niente), e negli ultimi giorni aveva trascorso più tempo possibile lontano dal letto di James, in biblioteca o da qualche altra parte.
Quella notte aveva raggiunto il limite. Non avrebbe resistito un minuto di più, con la prova vivente della sua bestialità stesa gemente sul letto accanto al suo. Ormai, aveva raggiunto un limite. Non era più come i primi anni della sua licantropia, quando bastavano quattro pareti insonorizzate per tenere a bada il piccolo lupo; non era più neanche come all’inizio del quinto anno, quando ancora era un animale che poteva correre insieme agli altri.
Era diventato una belva, una belva disumana, e le sue peggiori paure avevano cominciato a prendere forma ormai già da un pezzo, da quando Severus Piton ci aveva quasi rimesso la vita.
Aveva paura. Aveva una tremenda, fottuta paura, paura di se stesso, paura di ferire, di uccidere. Erano anni ormai che il suo molliccio lo rappresentava come omicida, assassino, squartatore, sotto gli sguardi apprensivi e dispiaciuti dei suoi amici. Eccelleva in Difesa contro le Arti Oscure, ma ancora, dopo anni, non era mai riuscito a sconfiggere il suo Molliccio, e per questo ci aveva lievemente rimesso la media del terzo anno. Alla fine James e Sirius, stanchi di vedere il professore di Difesa perseguitarlo nei corridoi e infliggergli quella tortura lezione dopo lezione, si erano premurati di Confondere accuratamente il docente, dopo avergli somministrato una buona dose di Whiskey Incendiario, e convincerlo che Remus Lupin aveva egregiamente passato la prova. 
Remus sapeva che avrebbe potuto combattere questa paura, neutralizzarla: Silente gli aveva raccontato di alcuni lupi mannari che erano riusciti a nascondere egregiamente il loro problema durante l’età adulta, si erano circondati di amici e avevano vissuto una vita serena, eccetto che per qualche notte al mese.
Ma lui non ci riusciva. Non era mai stato abituato a stare con gli altri, da piccolo, faceva sempre fatica a relazionarsi con le persone. Lo avevano cresciuto con un terrore di se stesso quanto più esagerato, perché volevano che fosse prudente, che non sottovalutasse la sua malattia; ma lui infine era diventato paranoico, e gli attimi di felicità che gli avevano regalato James e gli altri forse non erano affatto serviti a scacciare questa paura, come si era spesso illuso, e non se ne sarebbe mai liberato: sapeva che quella era la sua maledizione e la sua condanna, ma proprio per questo, forse, non trovava la forza di staccarsene.
Prese un respiro profondo, strinse i pugni, e, con questi pensieri affollati nella testa, si addentrò nel folto della selva oscura, sollevato finalmente di trovarsi da solo, e non doversi più preoccupare di niente e di nessuno. Nessuno l’avrebbe seguito. Quella notte, con il plenilunio appena concluso, avevano tutti molto sonno da recuperare, e James, che, tra un sospiro per Lily Evans e l’altro, aveva imparato piuttosto bene a gestire l’insonnia, con quella caviglia non sarebbe andato proprio da nessuna parte.
Ma Remus non aveva considerato che, forse, James e gli altri non erano gli unici studenti capaci di stare svegli di notte.
E, soprattutto, nella foga di uscire dal castello non aveva minimamente notato la figura apparentemente addormentatae che, sommersa dai pesanti libroni su cui si era appisolata la sera prima, faceva finta di ronfarsela alla grande stravaccata sul comodo divano della Sala Comune.
 
***
 
Lily Evans si svegliò all’improvviso da quell’insoddisfacente e per nulla riposante torpore misto a dormiveglia, credendo di aver avvertito un fruscio, o il passo di qualcuno. 
Strizzò gli occhi, e cercò di mettere a fuoco le immagini nella Sala Comune buia, ma non vide niente, e pensò dovesse essersi trattato di qualche elfo domestico venuto di notte per dare una pulita alla stanza, o di un sogno passeggero che in quel confusionario stato di dormiveglia aveva tentato di intrufolarsi nella sua testa.
Sbattè velocemente le palpebre e tentò nuovamente di addormentarsi, ma tutto fu vano..
Non aveva avuto sonno quella sera. La lettera di Petunia che aveva ricevuto quel pomeriggio, carica come al solito delle più perfide cattiverie e frecciatine mai scritte, gliel’aveva sottratto completamente. Aveva provato a piazzarsi in sala Comune per studiare, ma l’unico risultato che aveva ottenuto era stato quello stato di semi-veglia dovuto alla stanchezza e all’incapacità di concentrarsi sulle parole che leggeva, che durava ormai da tre ore: non del tutto sonno, ma neanche lucidità.
Doveva dormire, ne aveva un disperato bisogno, ma non ci riusciva. Teneva ancora stretta tra le mani la lettera, quel foglio che il suo gufo aveva fatto tanta fatica a recuperare per nulla e che, a quanto pare portava solo cattive notizie.
Da quel che sosteneva sua sorella, era arrivata una minaccia scritta, a casa Evans: “I prossimi siete voi, Babbani”. 
Petunia affermava con tutta sicurezza che era stata scritta col sangue, e Lily non stentava a crederci. I Mangiamorte, così si facevano chiamare, avevano iniziato quella caccia ai Babbani e ai figli dei Babbani da qualche mese, ormai, e la sua famiglia non era l’unica ad aver ricevuto messaggi minatori o veri e propri attacchi. L’intero mondo magico era stato messo in allerta.
Lily non sopportava quella situazione: i maghi non erano molto esperti delle questioni babbane, e non avevano un termine ben preciso per definire quel comportamento, ma Lily lo conosceva bene: era una particolare, deplorevole, immonda forma di razzismo. Secondo Petunia, però, la colpa era tutta sua.
Avrebbe dovuto immaginarselo. Ormai erano mesi, forse anni, che Petunia non si degnava più di scriverle, non poteva illudersi che una sua lettera potesse portare buone notizie, o parole affettuose.
Lei, per Tunia, ormai era solo il mostro, la strega, il capro espiatorio, la mela marcia. La bambina con cui da piccola aveva condiviso tanti giochi e sogni, prima di incontrare Severus, era ormai una serpe dalla lingua biforcuta, completamente terrorizzata e disgustata da lei.
E questa volta, tra l’altro, non riusciva neppure a biasimarla. In fondo, perché proprio gli Evans erano stati minacciati? Perché non una famiglia di Babbani qualunque?
Lily sapeva perché, lo sapeva troppo bene, e non poteva che sentirsi davvero in colpa. Probabilmente la sua recente adesione all’Ordine della Fenice non era passata inosservata.
Appena compiuti i diciassette anni, infatti, Lily non aveva esitato a unirsi a chi combatteva, come qualche settimana dopo aveva fatto Alice Prewett e come Remus Lupin e James Potter avevano promesso di fare breve. Lily ci credeva, ci credeva davvero, e avrebbe combattuto fino alla morte, pur di poter garantire pace e sicurezza alla sua famiglia, ma i suoi intenti, infine, avevano provocato solo catastrofi. Ora non aveva più solo la colpa di essere una Nata Babbana; aveva la colpa di essere una Nata Babbana che combatteva, cosa che non doveva essere andata affatto giù ai suoi nemici.
Era con una stretta al cuore ormai che ogni giorno incrociava Severus per i corridoi; qualunque cosa ci fosse stata tra loro, si era seccata e inaridita come la sabbia, il giorno in cui Lily aveva cominciato a sospettare che lui potesse avere qualcosa a che fare con tutta quella malvagità.
Non avrebbe mai smesso di voler bene a Severus, come probabilmente non avrebbe mai smesso di volerne a Petunia; ma arriva un momento in cui non si può più convivere con le scelte di un’altra persona, con la natura di un’altra persona, e niente può più legarti a lei, perché sarete diventati nemici giurati, e se non nel cuore, perlomeno nell’animo, nella mente, e in tutto quello che vi fa respirare, vi tiene in vita, vi dà sostentamento. Respirerete cose diverse, vi ciberete di cose diverse. Il vostro mondo finirà inevitabilmente per cozzare con quello dell’altro.
Così era successo a Lily e Severus, e così Lily sospettava che Petunia si sentisse nei suoi riguardi.
Lily ormai sapeva di non essere più la benvenuta a casa, o, per lo meno, per quel che riguardava sua sorella. E se fosse stata in sua madre e in suo padre, probabilmente non si sarebbe data il benvenuto allo stesso modo.
Continuava a metterli in pericolo, ogni mossa che compiva era un rischio incredibilmente calcolato, e prima o poi Lily sapeva che avrebbe potuto raggiungere un limite. La minaccia che le era arrivata era chiara: fai un altro passo falso e… sappi solo che sappiamo dove abiti.
Era quel suo essere strega, quel suo essere così diversa, quel suo essersi immischiata in cose tanto grandi, quel suo essere una Nata Babbana… non era più solo Petunia a chiamarla mostro. Ora quasi la totalità della Casa di Serpeverde la considerava tale, e forse anche molti altri fuori da lì.
E un mostro lo era davvero: era un mostro per chiunque le stesse vicino, un pericolo per le persone che si fossero lasciate amare da lei, accecata dal suo egoismo. Non capiva forse che ogni sua azione avrebbe potuto catastroficamente ritorcersi su qualcun altro? Petunia gliel’aveva ripetuto per anni.
Petunia, forse, aveva il dono della Preveggenza. 
Petunia aveva sempre avuto ragione.
Lily si raddrizzò, e un grosso librone le scivolò dalle ginocchia.
Mentre lo raccoglieva, un foglio ben piegato che Lily non ricordava di aver mai visto in vita sua scivolò fuori dalle pagine consunte, e le atterrò ai piedi.
Rinunciando a qualsiasi buon proposito di dormire, la ragazza si alzò in piedi, e raccolse quello che le era caduto, facendosi luce con la bacchetta e spiegando curiosa il foglio di pergamena; quando infine l’ebbe aperto, il suo cuore non potè che scivolarle nuovamente dal petto nello stomaco, pronto a ritornare indietro tagliuzzato e sotto forma di bile.

Lily,
so che non ci parliamo più da quasi un anno ormai, e ho sempre…

Lily alzò gli occhi dal foglio, incapace di andare avanti. Conosceva quella scrittura, e conosceva quelle parole. Non era sicura di volerle riascoltare un’altra volta.
Gliel’aveva detto, gliel’aveva detto in tutte le lingue possibili e immaginabili, che non voleva più ascoltare scuse, o concedere possibilità. Non avrebbe ceduto, per tutto l’oro del mondo, anche se era il suo vecchio amico, anche se gli aveva voluto e forse un po’ gli voleva ancora bene. Lui aveva preso la strada sbagliata. 
Ma Lily non riuscì a chiudere il foglio. Sentì qualcosa smuoversi dentro di lei, e la certezza cedere sotto il peso della stanchezza, rimpiazzata da un’anomala e nostalgica curiosità. In fondo, che male c’era a leggere quel biglietto? Non avrebbe mica dovuto rispondere.

Lily, 
so che non ci parliamo più da quasi un anno ormai, e ho sempre rispettato questa tua decisione, ma devo chiederti di venire meno a questa tua assurda presa di posizione almeno per una notte. 
La notte del 5 marzo presentati fuori dal castello, vicino al Platano Picchiatore. 
Ho delle cose da dirti, non ne sarai delusa. Non sono le solite scuse. 
E’ qualcosa che potrebbe… tornarti utile.
Vieni sola.
Severus


In un angolino del foglietto, a caratteri più piccoli e nervosi, come se fosse stato aggiunto solo in seguito e frettolosamente, era scribacchiato un post scriptum privo di punteggiatura.

P. S. se non vuoi Lily non venire davvero non è così import

La frase era interrotta a metà, dove incontrava il bordo del foglio. Lily inarcò un sopracciglio, chiedendosi che cosa significasse quell’ultimo pezzo. Perché quel ripensamento finale? Non riusciva a darsene una spiegazione.
Forse temeva solo che l’avrebbe fatta arrabbiare, e all’ultimo aveva tentato di rimediare… per quanto fosse un comportamento strano da parte sua, decise che doveva essere andata così.
Lily restò a fissare il foglio per svariati secondi, prima di poter elaborare un pensiero di senso compiuto. Più precisamente, prima di poter pensare “Merda, il 5 marzo è stanotte”.
Lily non doveva andare.

Ma in fondo, che ci avrebbe guadagnato a restarsene a letto senza comunque riuscire a dormire?
Uscire dal castello era una pessima idea.
Pessima quanto entrare a far parte dell’Ordine della Fenice senza prima pensare alle conseguenze che avrebbe potuto comportare?
Raggiungere e parlare con Severus Piton era senza dubbio la cosa peggiore e più malsana che avrebbe potuto fare in quel momento.
Peggiore anche del perdersi delle informazioni importanti che avrebbero potuto tornare utili non solo a lei, ma all’intero Ordine della Fenice? Ormai Lily sapeva che Severus simpatizzava con i Mangiamorte, ma se avesse deciso di punto in bianco di tornare indietro, di rinunciarvi finalmente? Di passare a lei qualche informazione di vitale importanza?
Lily puntò rabbiosa la bacchetta contro le braci del camino e le rianimò, generando una vivace e alta fiamma gialla. Vi gettò dentro il messaggio di Severus.
Poi, risoluta, corse a prendere il mantello e si precipitò fuori dal buco del ritratto.
Era stanca di vegliare, di aspettare. 
E poi, in fondo, ci cascava sempre, sia con lui che con Petunia. Per quanto la sua fiducia in loro venisse sempre delusa, lei non riusciva a smettere di concedergliela. Non riusciva ad allontanarsi neanche dalle persone che più avrebbero potuto farla soffrire, che avrebbero potuto essere più nocive per lei. In fondo una era sua sorella e l’altro il suo vecchio migliore amico, no?
Sapeva che quella era la sua maledizione e la sua condanna, ma proprio per questo, forse, non trovava la forza di staccarsene.
 
***
 
Lily non doveva assolutamente venire. 
Era stata un’idea di Mulciber e Avery, e lui non aveva potuto opporsi, pena il rischio di essere considerato un traditore. Gli avevano fatto scrivere quel messaggio, e aveva dovuto infilarglielo in un libro di scuola, per essere sicuro che lei lo leggesse. 
Naturalmente aveva preso qualche misura, per sabotare la riuscita del piano. Si era premurato di infilarle il biglietto nel libro di incantesimi, volume di cui non avrebbe avuto bisogno fino ad almeno il lunedì successivo, perché Vitious a quanto fare era a letto con un qualche tipo di influenza… e poi aveva rischiato con quel post scriptum. Mentre Mulciber e Avery erano distratti, aveva tentato di rimediare sull’angolo della pergamena, ma aveva avuto solo una manciata di secondi, prima di dover richiudere in fretta il foglio sotto i loro occhi vigili. 
A pochi metri dal Platano Picchiatore, Severus attendeva terrorizzato, spalleggiato da un Mulciber molto assonnato e un Avery incredibilmente annoiato, intenti a disegnare cerchi sull’erba, nascosti nell’ombra, una decina di metri più in là. Severus era l’unico a guardare verso il Portone d’Ingresso.
Se davvero lei fosse venuta… che avrebbe dovuto fare? 
Aveva in mente qualcosa, ma… non era sicuro di poterci riuscire. Non era sicuro di niente, e l’attesa lo logorava. 
Con un groppo in gola, verso le tre del mattino, notò una figura precipitarsi di corsa fuori dal castello. 
Fu assalito dal panico, ma ben presto si rese conto che quell’ombra non poteva essere Lily. I capelli erano corti e castani, quasi sul biondiccio, ed era evidentemente un ragazzo. 
Severus riconobbe Remus Lupin, e si fece guardingo, temendo di notare al suo seguito anche i fedeli Potter e Black. Lanciò uno sguardo preoccupato alle proprie spalle verso il Platano Picchiatore e verso il tunnel dove Sirius Black l’aveva condotto l’anno prima… Ma quella notte non c’era la luna piena. Erano passati un paio di giorni ormai. Che ci faceva Remus fuori dalla scuola quella notte?
Nessuno dei fidi amici di Lupin sembrava essere presente, e Severus si rilassò, smettendo completamente di preoccuparsi quando il ragazzo imboccò la strada per la Foresta Proibita, senza dare segno di averlo notato. Quella notte non erano i Malandrini a interessarlo.
Non dovette aspettare molto, però, perché la situazione precipitasse. 
Una manciata di minuti più tardi, un figura più minuta, avvolta da un mantello nero, varcò il portone, i luminosi capelli rossi sciolti sotto la luce della luna.
Lily Evans era venuta per davvero. 
Mentre tentava freneticamente di trovare una soluzione, di escogitare qualcosa, vide la testa della ragazza voltarsi verso un’altra direzione.  Seguendo il movimento del suo volto, Severus vide cosa aveva catturato la sua attenzione: Remus Lupin non era ancora entrato nel folto della foresta.
Rimase in silenzio ad attendere, senza riuscire a staccare gli occhi da lei, e trattenne il fiato, sperando ardentemente che Mulciber e Avery, nascosti nel buio dietro di lui, non alzassero lo sguardo dai loro interessantissimi cerchi d’erba.
Notando la ragazza esitare e voltarsi prima verso il Platano Picchiatore e poi verso la Foresta, capì quale fosse il suo dubbio, e si ritrovò a sperare qualcosa che mai avrebbe pensato di poter sperare.
Mentre una smorfia gli si dipingeva in faccia, un solo pensiero occupava la sua mente.
“Scegli lui. Lasciami perdere. Vai dietro a lui”.
Poi qualcosa dietro di lui si mosse; girò la testa di scatto, e con orrore notò che Avery si era alzato in piedi, la bacchetta sfoderata. Piton scattò, e tirò fuori a sua volta la bacchetta, deciso ad usarla contro il compagno. Non gli importava più di niente, avrebbe fatto quello che doveva, e che avrebbe da sempre dovuto fare.
Ma non fece in tempo a voltarsi nuovamente, che Lily Evans era già sparita, sulla strada verso la Foresta Proibita.
Piton abbassò la bacchetta, sotto lo sguardo sospettoso di Avery.
A volte neppure Severus stesso riusciva a capire sul serio da che parte stava.
 
***
 
Negli anni a venire, Lily Evans non riuscì mai a ricordarsi con precisione come fosse riuscita a raggiungere Remus Lupin. Tutto ciò di cui Lily ebbe memoria, era una corsa sfrenata, una voglia enorme di gridare, mentre imprecava delusa contro la propria stupidità.
Era stata una pessima idea. Che le era venuto in mente? Aveva bisogno di dormire, di schiarirsi le idee, non riusciva neanche più a ragionare. Non aveva idea di cosa intendesse fare Severus quella notte, e nemmeno lo voleva più sapere. Non sapeva neppure se lui e l’altra figura che era sbucata dal buio la stessero seguendo. La sua curiosità e la sua intraprendenza si erano prosciugate, scacciate malamente da una stanchezza contemporaneamente fisica e mentale. Che senso aveva continuare a combattere, andare avanti? 
Inerme. Inerme. Era così che avrebbe voluto rimanere per sempre: sdraiata inerme su un letto di muschio, senza più dover mangiare o bere, senza più doversi concentrare su nulla.
Si ritrovò nel buio più totale, qualche strana liana scivolosa sotto le scarpe, fruscii di animali e cespugli in movimento. 
Lumos. Aveva bisogno di luce, non riusciva a vedere a un palmo dal proprio naso.
E fu lì che lo scorse. 
Cespugli in movimento? Non erano cespugli in movimento e basta. Erano mossi da qualcuno, spostati di fretta. 
E Lily sapeva bene da chi. 
L’aveva visto, prima, su nel prato, e aveva voluto seguirlo, curiosa come sempre. Era un suo grande difetto, la curiosità. Poi aveva visto Severus, e Avery, e neanche si ricordava più come si era ritrovata a correre e fiondarsi anche lei nella foresta. 
Ma adesso, che ce l’aveva materializzato davanti (probabilmente neanche si era accorto di essere seguito, pensò Lily), la domanda sorse nuovamente ed ancora più insistente nella sua testa, e scacciò via tutti gli altri pensieri: che ci faceva Remus Lupin da solo, di notte, nel cuore della Foresta Proibita?
Un’ipotesi, insistente, prese a tamburellarle nella mente. Alzò gli occhi verso le fronde degli alberi, osservando l’argentea e debole luce della luna che filtrava fra le foglie scuree non potè fare a meno che pensare a quello. Che Remus Lupin fosse per davvero un licantropo, come Severus aveva sempre sostenuto? Scartò quell’ipotesi come assurda. Non c’era nemmeno la luna piena, quella sera. 
Ma c’è appena stata, le sussurrò una vocina nella testa. E gli effetti della luna possono variare, da individuo a individuo. 
“Magari si è sentito male”
, pensò Lily preoccupata, anche se poco convinta
. “Magari è tutto vero e adesso si è semplicemente sentito male”.
Fu in quel momento che Lily, senza sapere assolutamente niente, perché si trovasse lì, cosa volesse, cosa temesse, prese una decisione. Non poteva restarsene inerme per tutta la vita.
Fu pensando di non avere alternativa –nessuna alternativa accettabile- che Lily spense la bacchetta e decise di inseguire Remus Lupin. 
Era un suo grande difetto, la curiosità.

***
 
Remus passò in rassegna i tre alberi successivi, sbuffando sconfortato. Era sicuro di esserci già passato, da lì, non trovava altri bivi da imboccare, continuava a girare in tondo.
Sentì di nuovo quei rumori, quei passi dietro di lui, e fu colto da un moto d’ansia. Gli era già capitato di incontrare qualche bestia, nella foresta, ma dopo un po’ tutte si erano stancate di inseguirlo. Questa invece non demordeva, e gli lasciava davvero poco tempo per riflettere su che strada prendere. Di quel passo l’avrebbe raggiunto di sicuro. 
Senza neanche pensarci, Remus abbandonò il sentiero e si gettò fra le sterpaglie, per una strada impervia.
Attese qualche minuto, e i rumori cessarono. L’essere –di qualunque cosa si trattasse- doveva averlo perso di vista, per sua fortuna. 
Stava per riprendere a correre, quando sentì il rumore dei rametti secchi che si spezzavano sotto il peso qualcuno e il tonfo di un corpo che cadeva ai suoi piedi con un gridolino indistinto.

- Lumos! – scattò pronto, puntando la bacchetta verso quello che ipotizzava fosse il muso della creatura, ma quello che vide lo lasciò stralunato.
Sdraiata a terra a pancia in giù, con un piede incastrato in un radice, c’era una ragazza dai folti capelli rossi avvolta in un logoro e strappato mantello nero.

- Lily? – esclamò, allibito. 
Lei gli rispose con un sorrisetto colpevole, ma aveva l’aria stanca. Due occhiaie profonde le solcavano il viso. 
- Remus! Dove diavolo stai andando?
- Potrei fare la stessa domanda a
 te. Eri tu che mi seguivi?
La rossa annuì, afferrando la mano che le aveva porto per rialzarsi. 
- Ma come facevi a sapere…? – chiese incredulo, ancora confuso. 
- Oh, quello è stato un caso. – si affrettò a rispondere la ragazza, ripulendosi i vestiti dalla polvere. - Ho sentito qualcosa muoversi in Sala Comune –a questo punto devi essere stato tu-, e poi ho letto il biglietto di Severus e sono uscita dal castello, ma non avevo idea che tu fossi fuori, ed è spuntato fuori Avery dal buio, e ti ho visto entrare nella Foresta, allora ho pensato che forse era meglio-
- Ferma! – la interruppe Remus, cercando di fare ordine tra tutte quelle informazioni. – Che c’entra Avery? E che biglietto…
- Storia lunga – tagliò corto lei. – TU piuttosto. Che diamine ci fai qua dentro a quest’ora di notte?
Remus si morse l’interno della guancia. A come rispondere a quello, nel caso fosse stato scoperto, non aveva pensato.
- Storia… lunga. – disse infine, rispondendo al fuoco con lo stesso scudo. 
Rimasero in silenzio per quella che sembrò un infinità, non sapendo bene cosa dirsi. 
Remus non ricordava di aver parlato molto spesso di sé con Lily con grande sincerità, né di averle mai confidato qualcosa di molto personale. Lei era Lily Evans, l’intoccabile ossessione di James, colei che veniva decantata un giorno sì e l’altro anche nel loro dormitorio, era costantemente presente nella sua vita: frequentavano gli stessi corsi da una vita, applaudivano alle stesse partite di Quidditch, svolgevano assieme i turni nei corridoi e spesso si trovavano per studiare e consultarsi sui problemi di Aritmanzia.Ultimamente l’aveva anche aiutato a risolvere un’aspra lite tra Sirius e James (aneddoto dal quale tutti avevano imparato a proprie spese che la scopa di James non si tocca), sirispettavano, e si frequentavano abbastanza spesso. A ben pensarci, dopo Sirius, James e Peter era la persona con cui trascorreva più tempo in assoluto, ma in quel frangente, si accorse con imbarazzante sorpresa, non sapeva assolutamente che dirle. 
Forse avrebbe saputo cosa rispondere a Ramoso, o a Felpato; in quelle situazioni di norma erano loro, e solo loro che avrebbe potuto incontrare. L’avrebbero assalito di domande, riportato al castello a forza, avrebbero fatto qualsiasi cosa, pur di evitare il silenzio. Avrebbero saputo cosa fare.
Invece, ora, gli sembrava di non sapere nemmeno chi aveva di fronte. Gli era sempre piaciuta, Lily Evans, quella ragazzina tutta occhi verdi e capelli rossi, sempre vivace e ragionevolmente coraggiosa: aveva sempre notato qualcosa, un che di buono e positivo, dentro di lei: anche se quella notte non lo sembrava tanto, gli aveva sempre dato l’impressione di essere una persona incredibilmente serena. 
Ma poteva davvero dire di comprendere davvero, di essersi mai fermato a pensare chi fosse e a cosa pensasse Lily Evans? In fondo, per quello c’era sempre stato James…
Con crescente imbarazzo e disagio, si rese conto di non conoscere affatto quella ragazza, e che lei, probabilmente, si stava accorgendo della medesima verità. 
Incrociò titubante le dita delle mani, mentre lei si stringeva imbarazzata nel mantello. Qualche grillo frinì pigramente nelle vicinanze. Attendevano entrambi la prossima mossa dell’altro. 
- Va bene – esclamò infine Lily, come determinata a liberarsi da un gran peso. Dalla faccia sembrava essere lì lì per esplodere. – Vorrà dire che allora abbiamo due lunghe storie da raccontarci. – concluse, e si sedette sul tappeto verde della foresta, per niente intenzionata ad andarsene. Lo fissava con uno strano sguardo inquisitore, decisamente combattuta, ma irrimediabilmente seria. Remus si rese subito conto che anche lei, come Sirius e James, non avrebbe mai osato lasciarlo solo nella foresta, e non seppe se considerarlo un bene o un male.
Durante l’inseguimento, erano giunti in una piccola radura, dove il terreno era ricoperto di muschio, e le fronde degli alberi scoprivano il cielo, trapuntato di stelle. Remus, ancora enormemente a disagio, non trovò alternativa e si sedette al suo fianco. 
- Non so se ho intenzione di raccontartelo, Lily. E’ complicato. – specificò subito. – Sarebbe meglio che tu mi lasciassi andare e ti dimenticassi di tutto quanto. 
Non osò guardarla negli occhi se non dopo molto, ma quella che avrebbe dovuto essere un’occhiata distratta si trasformò in qualcosa di più profondo. Non sapeva come, non sapeva perché, ma un guizzo di comprensione era comparso negli occhi di Lily Evans. Osservandola meglio, notò che non solo non sembrava serena, ma era anche terribilmente sconvolta. Sembrava letteralmente sull’orlo del crollo, esattamente come si rese conto di essere lui stesso. 
- Remus. – sospirò la rossa, senza badare minimamente a quanto le aveva detto prima. Aveva lo sguardo fisso e sembrava indecisa, come se non sapesse se dovesse parlare o no. Lupin un po’ la capiva: sentiva un moto di fiducia inspiegabile montargli nel petto – un’assurdità, dopo tutti i pensieri frenetici di quella notte -, ed era come se la realtà si stesse dilatando. Come se quello che aveva vissuto fino a quel momento fosse stato un sogno. Il risentimento per ciò che aveva tentato di fare comparve nel suo cuore. 
Molto spesso accade quando, dopo tanta solitudine, ci si ritrova di fianco a un’altra persona. 
Non sapeva come, ma aveva l’impressione che anche Lily Evans stesse avvertendo quella strana tensione agrodolce. 
– Posso chiederti una cosa? – sputò fuori lei, alla fine. 
La scrutò con una certa, ponderata e non del tutto convinta titubanza. Non sapeva tanto bene cosa risponderle. Doveva alzarsi e darsela a gambe? Alla fine decise che oramai ogni piano di fuga era sfumato, e tanto valeva stare a sentire cosa aveva da chiedergli.
- Chiedimi quello che vuoi.
Lei aprì la bocca, e sembrò cercare di trovare le parole da dire nella brezza notturna. 
- Vorrei chiederti un consiglio – disse infine. - Tu… tu cosa faresti se avessi paura di poter fare del male ad altre persone con le tue azioni?
 A Remus quasi non si bloccò l’aria in gola. Come diamine faceva Lily Evans a saperlo?
- Cosa?

- Sì, insomma – prese parola lei, lo sguardo stanco immerso nel buio del cielo – Ormai tanto vale che te lo dica. 
- Che cosa?
- E’ arrivata una lettera minatoria a mia sorella e ai miei genitori. A quanto pare qualcuno non ha preso bene la mia adesione all’Ordine della Fenice, e li ha presi di mira. “Voi siete i prossimi, babbani”. Pensi che dovrei… insomma, dovrei assecondarli? Smettere di combattere? 
Remus sentì un pizzico di sollievo invaderlo: le parole di Lily non erano riferite a lui, naturalmente non sapeva niente. Ma era un sollievo amaro: le notizie che la ragazza gli aveva riferito non gli piacevano per niente.
Le lanciò un’occhiata sconvolta, e pensò cosa fosse meglio risponderle. Era sempre stato bravo, in fondo, a dare consigli. 
La soluzione gli si materializzò subito sulla punta della lingua.
- Certo che no! Lily, non devi lasciarti abbattere. E’ esattamente quello che vogliono da te! Se tutti smettessero di combattere, pensi che le cose si sistemerebbero? Se lasci che la paura ti sconfigga, finirai per perdere tutto ciò che…
Ma si bloccò. 
Non era certo lui a poter parlare. Non stava forse fuggendo per il medesimo motivo?
- Tutto ciò che…? – lo invitò a concludere Lily.
- Niente – rispose corrucciato. - Lascia perdere. Forse non sono la persona migliore per dirtelo.
A quel punto, la ragazza sembrò non riuscire più a trattenersi, ed esplose:
- Remus, è successo qualcosa?
E Remus glielo disse. Era stanco di correre, stanco di scappare. Tutta la notte non aveva dormito, erano ore che scappava e correva tra il freddo e la notte. E, inspiegabilmente, sembrava aver trovato qualcosa, una scintilla della sua stessa umanità, della sua stessa paura, in Lily Evans. L’idea della fuga, in qualche modo, non gli sembrava più così tanto grandiosa, se mentre ci pensava sentiva i suoi occhi verdi scrutarlo indagatori.
- La caviglia di James – biascicò. – Sono stato io.
Pensava che sarebbe stato sommerso da un fiume di domande, di accuse, di spergiuri, ma alle sue orecchie non giunse niente. Semplicemente, Lily si limitò a sospirare e annuire, visibilmente intenta a mettere a posto qualche dato disordinato che aveva nella mente. Poi alzò lo sguardo con fare grave e si rivolse a lui.
- Allora è vero, giusto? – chiese, lanciando un’occhiata verso la luna leggermente calante.
- Vero cosa?
- Quello che diceva Severus. – rispose lei con un filo di voce. – Sei veramente un…
Lui si voltò di scatto, incredulo.
- Tu lo sai?
- Beh, non ci ho mai davvero pensato, ma la teoria di Severus non faceva una piega, a ben pensarci. 
Rimasero a fissarsi per una frazione di secondi. Era strano, quel contatto di sguardi. Era strano riuscire ad esprimere quella sincerità con gli occhi con qualcuno che non fosse Sirius, James o Peter. Si sentì improvvisamente più leggero, mentre il cuore gli batteva all’impazzata. Aveva rivelato il suo segreto a Lily Evans. Era qualcosa di folle, non aveva mai pensato che sarebbe potuto accadere, prima di quel momento. C’era da esserne contenti o spaventati?
Lei non sembrava particolarmente scossa.
- Ebbene?
- Ebbene cosa?
- Non pensi che io sia un mostro?
Lily strinse le labbra. 
- Solo perché hai fatto male a qualcuno contro la tua volontà? Remus, nessuno può essere considerato un mostro solo perché… 
Ma il fiato morì in gola anche a lei. 
- Lascia perdere – soffiò infine, e corrugò la fronte, concentrata su qualcosa che esisteva solo nella sua testa. – Siamo decisamente le persone peggiori con cui potremmo parlare, noi due. 
E ci fu di nuovo quel silenzio, quello in cui nessuno aveva la più pallida idea di cosa dire. Ma, questa volta, entrambi ci stavano pensando, forse perché quello che avrebbero voluto dire all’altro coincideva perfettamente con quello che qualcuno avrebbe dovuto dire a loro stessi.
- Comunque, non credo che… - cominciò Lily, ma fu interrotta da uno strano scalpiccio proveniente dai cespugli vicini. 
Entrambi tacquero, improvvisamente concentrati sui rumori della foresta intorno a loro.
Le stelle brillarono di una luce più intensa, mentre i due tendevano le orecchie. 
Poi, una brezza gelida sollevò le foglie, e si udì un fruscio da qualche parte nel bosco, il rumore di qualcosa che si avvicinava. Remus sentì il sangue gelarglisi nelle vene, mentre tratteneva il fiato; poi il rumore cessò. Sentì Lily al proprio fianco alzarsi e avvicinarsi guardinga verso la fonte del rumore. 
Sfoderò la bacchetta e si alzò in piedi a sua volta.
Non accadde nulla.
Stava quasi per rilassarsi e mettere via la bacchetta, quando nell’aria echeggiò un suono molto simile allo sferzare di un panno nel vuoto, e Lily cadde all’indietro, lanciando un grido.
Chiuse gli occhi per lo spavento, e quando li riaprì, si trovò davanti allo spettacolo più strano che avrebbe mai potuto immaginare: al centro della radura, sotto la luce della luna, Lily Evans, Severus Piton e una ragazza bionda e molto magra sembravano essere nel bel mezzo di un’accesa discussione.
Gli ultimi due urlavano insulti a gran voce, carichi d’odio e di rancore.
Lily Evans se ne stava in ginocchio a terra.
Inerme. 
A Remus servirono solo pochi istanti per capire, e la sua mente si congelò dal terrore.
Lily Evans si trovava davanti ad una coppia di Mollicci.
 
***
 
Lily cadde a terra, in ginocchio, tentando di riprendersi dalla sorpresa. 
Che ci facevano lì Piton? Possibile che fosse riuscito a trovarla? E sua sorella? Come aveva fatto ad entrare nei confini di Hogwarts?
- Schifosa mezzosangue! – urlò ad un tratto la voce gracchiante di Severus.
Petunia, invece, perse letteralmente la testa, e cominciò a sanguinare, schizzando rosso da tutte le parti.
Lily lanciò un grido strozzato, inorridita, e poi comprese. Quei due non erano reali. In qualche modo, erano solo la materializzazione delle sue più grandi paure.
Tuttavia, questa consapevolezza non l’aiutò affatto a riprendersi dall’orrore.
-  Piccola schifosa mezzosangue. – continuò Piton, sprezzante, avvicinandosi a grandi passi - Guarda! Guarda cosa abbiamo fatto alla tua lurida sorellina babbana!
- Già, guarda! Guardami! – 
concordò la testa della ragazza, che rotolava per terra, imbrattando il muschio di sangue e grumi – E’ tutta colpa tua! Mostro!
- I prossimi siete voi, Babbani! 
- Mostro! Strega!
- Tutti e quanti gli Evans! Decapitati, bruciati, torturati! 

Lily udì Remus deglutire dietro di lei, mentre le sue peggiori paure prendevano forma. 

- Basta! Severus smettila! – gridò, con la voce spezzata. La bacchetta le tremava tra le mani.  
- Io te l’avevo detto, piccola sciagurata, te l’avevo detto che alla gentaglia di Spinner’s End non si può dare fiducia! E guarda ora, dove ci ha portati il tuo egoismo! Guarda come sono ridotta! – sputò la testa con disgusto, gli occhi fissi in quelli di Lily.
Severus Piton rise di gusto, come nessuno avrebbe mai potuto immaginare di sentirlo ridere.
- Già, guarda com’è ridotta! E’ proprio quello che ti meriti!
- Sei un mostro! Una sciagura per chiunque ti stia vicino!

Il corpo di Petunia prese a tremare, scosso dagli spasmi, mentre Severus gridava in un tono imperioso che non gli si addiceva per niente:
- La tua famiglia deve pagare! Non devi più permetterti di metterti contro ai Mangiamorte! E’ a questo che li stai conducendo!
- Mostro!
- Sangue sporco!
- Mostro!

Lily cercò disperata la propria bacchetta, ma doveva esserle caduta quando si era alzata per andare a cercare il Molliccio. Un’ondata di terrore la pietrificò: senza bacchetta, era del tutto impotente.
- Riddiculus! RIDDICULUS! – gridò, con tutto il fiato che aveva in corpo, ma niente di divertente si materializzò davanti a lei. Senza la sua bacchetta, non sarebbe mai riuscita a compiere un incantesimo.
Cominciò a tastare per terra, sperando di ritrovarla, ma fu tutto vano. Con quel buio, non avrebbe riconosciuto neanche gli abiti colorati di Albus Silente.
Era tutto inutile.
Petunia si tramutò in sua madre. Severus in suo padre. E poi ancora, tornavano loro e si ritrasformavano, creando scenari sempre più macabri e disperati. 
Ma all’ennesimo “Mostro!” di Petunia, Lily udì Remus scattare in avanti, e frapporsi fra lei e i Mollicci.
- Ora basta! – gridò il ragazzo, la fronte imperlata di sudore. Lily si sorprese nel vederlo così sconvolto per un Molliccio che non era il suo. – Ora basta.
Lily chiuse gli occhi, e prese un respiro profondo; intanto, i Mollicci avevano cominciato a cambiare forma. Quando raggiunsero un aspetto stabile, Lily non potè che essere colta da un moto di sorpresa. Quelli erano… Potter e Black?
Perché Remus Lupin avrebbe dovuto avere paura dei suoi migliori amici?
Poi, il corpo di James Potter si ricoprì di sangue, mentre Black cadeva a terra con una smorfia di dolore.
Lily capì al volo. 
La scena che si ripeteva davanti a Remus Lupin non aveva niente di davvero diverso rispetto a quella che i Mollicci avevano inscenato per lei; mentre il Molliccio prendeva conoscenza delle nuove paure, James e Sirius patirono le stesse tremende agonie che avevano subìto solo pochi minuti prima Petunia e i signori Evans. Occasionalmente, il volto di James si tramutava in quello di Peter, e quello di Sirius nel viso di una donna e di un uomo sulla quarantina che Lily non conosceva; dalla bocca dei corpi straziati, uscivano sempre le stesse parole a intervalli regolari:
- Sei stato tu!
- Mostro!
- Mi fidavo di te, Remus!
- Remus, che cosa ci hai fatto?

Poi successe qualcosa di strano, di veramente strano e raccapricciante: il corpo di Black si deformò, e sul prato al suo posto apparve una ragazza con capelli rossi e la golabagnata di sangue dello stesso colore. Era morta. Lily impiegò una manciata di secondi per capire che quella ragazza era lei.
Poi, il Molliccio con le sembianze di James si alzò da terra, e si inginocchiò accanto alla falsa Lily con le mani tremanti, rantolando una serie di versi indistinti. Lily sentì un brivido correrle lungo la schiena. Non aveva mai visto un simile furore negli occhi di nessuno.
- Questa non te la posso perdonare, Lupin. – mormorò James a denti stretti, e serrò i pugni. 
Poi, una frazione di secondi più tardi, James Potter scattò fulmineo verso Remus, tentando di colpirlo.
Lupin fece appena in tempo a schivare il pugno dell’amico, che ne partì un altro, e poi un altro ancora.
Lily avrebbe voluto aiutarlo, ma la sua bacchetta era ancora perduta.
- Remus! – gridò a pieni polmoni - Fa qualcosa Remus! L’incantesimo!
Ma il licantropo non sembrava ascoltarla. Continuava a schivare, colpo dopo colpo, tutti i pugni di James, gli occhi spalancati dall’orrore fissi in quelli di lui. Teneva la bacchetta stretta nella mano, ma era come se si fosse dimenticato di possederne una. 
Poi, un guizzò di lucidità gli saettò negli occhi, e voltò la testa verso la ragazza.
- Non posso, Lily – mormorò, con fare incerto e disperato allo stesso tempo – Non ne sono mai stato capace!
- Ma come! E come diavolo hai fatto a passare il terzo anno? So che sai farlo! – esclamò lei incredula di rimando, cercando di spronarlo.
Remus schivò un colpo particolarmente potente di James, mentre il cadavere di Lily si alzava in piedi e cominciava ad urlare e spergiurare contro la sua licantropia.
- Non… non è come pensi – soffiò Lupin, col fiato corto. – Sirius e James… loro… mi hanno aiuta loro e…
Finalmente James riuscì a centrarlo.
- Eccoti servito Remus! E’ questo che si merita un vero mostro!
Lily perse la pazienza, mentre le dita tastavano ancora frenetiche tra le foglie cadute e il muschio, alla ricerca della bacchetta. Tentò di ignorare le accuse che uscivano a raffica dalla bocca di James Potter, quasi crudeli come quelle di Tunia.
- Remus! Devi farlo
, ORA! 
Il ragazzo ci provò. Tentò svariate volte, ma neanche uno dei suoi Riddiculus’ sembrò minimamente funzionare. 
- Hai visto? E’ inutile Lily, io…
- Pensa a qualcosa di divertente!
- Per esempio?
Lily fece per aprire la bocca per parlare, ma la richiuse subito. Ci pensò e ci ripensò, ma alla fine, neanche lei sembrò riuscire a trovare un modo per rendere ridicola quella paura. Non ci trovava assolutamente nulla di divertente.
- Non ne idea Rem… Oh, per Merlino!
Lily si interruppe. Le sue dita avevano sfiorato qualcosa di diverso, un pezzo di legno finemente lavorato. Aveva trovato la sua bacchetta. 
Senza perdere tempo, scattò in piedi, e corse ad affiancare Remus. 
La falsa Lily smise di gridare, e le si piazzò davanti. Il collo si allungò, i lineamenti si fecero più aspri, la pelle più secca e la chioma di capelli si schiarì fino a diventare biondo chiaro. 
Era tornata Petunia. 
Ma Lily, questa volta, Lily notò qualcosa che prima non aveva notato: osservò la sorella, le sue braccia scheletriche, la sua smorfia terrificante e la sua faccia furiosa e si rese conto che, in quel momento, il vero mostro si trovava proprio di fronte a lei.
Lanciò un’occhiata a Remus, intimorito e impotente davanti a James Potter, e poi a Petunia e lo stesso James, con quelle maschere orripilanti stampate in volto. E ne fu sicura, ne fu sicura e nient’altro. Remus non era un mostro.
Pensò a tutte le volte che si erano aiutati nei compiti, pensò a come lui fosse solito a tirare fuori dai guai o, ancora meglio, a proteggere sempre e inconsapevolmente i suoi amici, e si rimproverò per non essersene resa conto prima, tanto era stata cieca nel condividere la sua stessa paura. Come poteva una persona del genere essere un mostro? Come potevano esserlo entrambi? Non era sicura di poter davvero parlare per sé stessa, ma Remus era lì, davanti a lei, e lo vedeva: c’era del buono in Remus, molto più di quanto lui non credesse di possedere. Si fece forza, e tentò di dirselo da sola. C’era del buono anche in lei.
Incrociò lo sguardo di Remus, e seppe immediatamente cosa fare. Senza che nessuno dei due proferisse parola, si diedero la mano. Lily strinse forte, e con quella stretta di mano tentò di trasmettergli tutto. 
- Io credo in te Remus. – disse infine, la voce ancora incrinata, ma il tono indiscutibilmente deciso. - Non sei un mostro. Non lo sei mai stato e mai lo sarai. Facciamolo.
Lupin sembrò ancora dubbioso.
- Ma, Lily…
- Remus. 
Io ti sembro un mostro? – lo interruppe lei.
Lo sguardo di lui si fece grave, carico di comprensione.
- No – sospirò. – Certo che no.
- Bene, neanche io penso che tu lo sia. Fidati di me, e io mi fiderò di te.
Fu uno sguardo carico di emozione. Lily, fino alla fine della sua vita, non ricordò mai essere riuscita a penetrare una persona con gli occhi con tanta facilità. Lei e Remus non avevano più segreti, in quel momento condividevano tutto, la stessa paura, la stessa notte, la stessa luna calante, e, cosa più importante, lo stesso coraggio. Quando si è in due, pensò Lily, la paura di divide, ed il coraggio si moltiplica. 
Sentì che Remus Lupin provava la stessa cosa. Per la prima volta da quando era nato, forse, aveva trovato il coraggio di guardare in faccia senza timore tutte le sue paure. Non si trattava più di nasconderle, di far finta di niente, come sicuramente faceva con James e gli altri, sempre pronti a trovare qualcosa di più divertente da proporgli per far sì che lui non ci pensasse. Per la prima volta in vita sua, forse, aveva trovato il coraggio per affrontarle. Una nuova decisione si impadronì del suo sguardo, mentre staccava gli occhi da quelli di Lily, e alzava il braccio della bacchetta, annuendo.
- Facciamolo.
Lily continuò a stringergli la mano, e insieme, pronunciarono all’unisono l’incantesimo. 
L’effetto fu immediato: James e Petunia tirarono fuori magicamente dal nulla due maschere da ippopotami, e cominciarono a correre in lungo e in largo per la natura, indicandosi fra loro.

- Aiutooo! UN IPPOPOTAMO! Remus, salvami! – gridò Potter, con tono da prima donna, e cominciò a scuotere Lupin per le spalle.
- Un mostro! Un mostro!
 –
 strillò Petunia.
Lily Evans scoppiò a ridere di gusto. Avrebbe pagato oro pur di vedere la faccia che avrebbe avuto il vero James Potter se solo avesse saputo che lei l’aveva visto fare qualcosa di così stupido. 
Per quel che riguardava Petunia invece, sembrava quasi di vederla tornare bambina, e Lily non ricordava di averla mai vista così bella da anni. 
Il teatrino andò avanti per cinque minuti buoni, mentre Lily e Remus si rotolavano dalle risate, poi i due Mollicci, probabilmente stanchi di essere presi per i fondelli, si diedero alla macchia e non tornarono più indietro. 
 
***
 
Una volta rimasti nuovamente soli nella radura, i due ragazzi si sdraiarono sul muschio esausti, fianco a fianco e tacquero per quella che parve un’eternità, lo sguardo fisso verso il cielo. Ma questa volta, non fu un silenzio imbarazzante. Non c’era più niente da dover nascondere.
C’erano tante stelle, quella sera. C’erano davvero tante, troppe stelle.
Lily non si era mai sentita così libera
Ad un tratto, mentre guardava distrattamente il cielo, si rese conto di quale costellazione si trovasse sopra le loro teste.
- Il Lupo! – esclamò, incredula.
Remus sembrò non capire.
- Prego?
Lily protese il braccio in avanti, verso l’alto.
- La costellazione, Remus! L’abbiamo studiata ad Astronomia qualche tempo fa…
Il ragazzo fece una smorfia. A quanto pareva non sembrava molto entusiasta di quel gruppetto di stelle.
- Che c’è? – gli chiese – Non vedi? Spiega tutto!
Ma Remus riuscì solo a scattare seduto ed inarcare un sopracciglio.
Tutto? I Babilonesi, i Romani, gli stessi Greci e tutti gli antichi popoli che l’hanno studiata le attribuivano la storia di una bestia malvagia e cattiva. Come puoi venirmi a dire che spiega tutto
Ma Lily gli fece segno di lasciar perdere tutti quei contorti ragionamenti con un veloce movimento della mano, e si strinse nelle spalle.
- Dipende tutto da come la vedi – fece, pratica – I Romani stessi, per esempio, oltre che temerli, veneravano i lupi. Secondo le loro storie, la progenie della stirpe di uomini più forti e potenti della Terra era stata allattata da una lupa. Roma Caput Mundi era frutto del latte di una lupa!
Lui la guardò scettico. 
Ma lei non si arrese. 
- Ma, a dir la verità, non stavo pensando a quello. Hai mai notato quali sono le costellazioni che lo circondano? Sembrano essere messe lì apposta per scoraggiare qualsiasi pensiero negativo uno si possa fare sul Lupo. 
Remus strizzò gli occhi, cercando di scorgere qualche altro strano disegno intorno alla costellazione del Lupo, ma tutto ciò che riuscì a distinguere furono svariati puntini che avrebbero potuto collegarsi a caso in decine di combinazioni. Per sua sfortuna, non era mai stato molto interessato alle costellazioni minori.
- Lì c’è il Centauro... – cominciò poco convinto. – Ma per il resto non ne ho la più pallida idea.
Lily sorrise. 
- Giusto. Il Centauro. E quelle minori te le dico io: sono la Bilancia, il Regolo e il Compasso. 
Remus aggrottò la fronte. 
- Mi stai dicendo che il Lupo è in realtà un esperto geometra dotato segretamente di zampe equine?
La rossa scoppiò a ridere.
- No. Non era proprio quello che intendevo – ammise. – Ma se provi a classificarle, sono tutte costellazioni che indicano qualcosa di giusto e saggio. I Centauri sono i saggi conoscitori di ogni sapienza. E il Regolo e gli altri sono strumenti di precisione. Di temperanza. Di calma, equilibrio e calcolo. 
Remus spalancò la bocca, lanciando uno sguardo scioccato alla volta celeste.
Non l’aveva mai vista in quel modo.
- Quindi dici che…
- Dico che secondo me sono lì per un motivo preciso. Servono a contenere il Lupo, e aiutarlo a trattenersi.
Lo fissò con uno sguardo penetrante, stringendo gli occhi a mandorla, come per cercare di dar conferma a qualcosa che le frullava in mente.
- Stavi scappando, vero? – chiese.
Questa volta Remus non si sorprese più della sua perspicacia.
- E’ così evidente? – chiese semplicemente, guardandola di sottecchi.
Lei alzò le spalle.
- Un po’. Ma secondo me sbagli a voler scappare. Se pensi che scappare dal Regolo, dalla Bilancia e dal Compasso possa fare bene al Lupo, ti sbagli di grosso. Il Lupo ha bisogno di loro. E’ quando si allontana, che diventa una bestia incontrollabile.
Remus non ne era ancora del tutto convinto.
- E se il Lupo finisse per distruggere il Regolo eccetera? 
Lily lo guardò convinta.
- Il Lupo non lo farà. Non lo farà semplicemente perché quello è il cielo, e tutto nel cielo ha una sua armonia. Il Lupo potrà anche essere un distruttore, ma non romperà mai l’armonia. E’ anche lui una creatura dell’Universo. 
Lily si aggiustò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e spinse in avanti le punte dei piedi, stiracchiandosi.
- Remus, tu sei quel Lupo – concluse. – Sei la creatura più saggia dell’intero universo. Gli strumenti ce li hai tutti a portata di mano. L’unica cosa che devi evitare di fare è allontanarti dall’unica cosa che può farti davvero del bene. Ti stai condannando. 
- Che intendi?
- I tuoi amici, Remus. Loro lo sanno, vero? E non ti hanno mai abbandonato. Perché credi che ora dovrebbe essere diverso?
- Lily, la caviglia di James…
La ragazza sbuffò, con un cipiglio esasperato.
- James Potter si fa più male da solo ogni volta che cade dalla scopa di quanto gliene possa fare tu con un paio di graffi. E in ogni caso, a quanto pare lui ha scelto di esserti amico. Può essere idiota quanto vuoi, ma sa valutare le scelte che fa. Non è più un bambino ormai. E poi, vorrà dire che trova qualcosa in te, che c’è qualcosa in te, che vale più di tutti i rischi del mondo. A volte… a volte le persone sanno passare sopra ai difetti degli altri, se ci tengono veramente.
Remus incassò, in silenzio. Ma non potè fare a meno di chiedersi una cosa.
- Come è successo con Severus?
Lily strinse le labbra, seria.
- Come ho fatto con Severus per molto tempo. Ma a quanto pare, arriva un momento in cui non puoi più chiudere un occhio. 
- E se arrivasse quel momento, Lily?
La ragazza si alzò a sedere e gli prese la mano.
- Remus, credi davvero che siano le tue azioni a decretare i tuoi difetti? Le azioni involontarie, tra l’altro? Severus Piton è… cattivo. Non saprei come altro definirlo. Lui ha scelto di essere così. Ha preso la sua strada, e io… io dovrei aver preso la mia. Quello che sto cercando di dirti però è che non c’entra niente come siamo fatti, o quali sono i nostri difetti. Quello che rivela veramente chi siamo, sono le scelte che decidiamo di compiere… Non importa se non ci riesci. Il solo fatto che tu ci provi ti rende una persona migliore di qualunque Severus Piton. 
Remus parve rifletterci un po’ su, poi il suo volto si aprì in un debole sorriso.
- Ho capito… credo di aver capito cosa intendi dirmi. Grazie, Lily. Non so se riesco a crederci davvero, ma avrò fiducia in te. Devo davvero imparare ad avere fiducia in te. –affermò, ancora pensoso. – Ma c’è qualcosa che ancora non mi è chiaro. 
- Spara.
- Non ho ancora capito come diavolo sei finita qui nel bosco di notte. Il tuo resoconto di prima lasciava un po’ a desiderare. 
E così, Lily si lanciò nel dettagliato racconto della sua movimentata nottata, della sera precedente e della lettera di Petunia. Il Lupo brillava nel cielo sopra di loro, mentre la luna iniziava a tramontare, e andarono avanti fino all’alba. Lily decise che avrebbe dovuto fare più spesso qualcosa del genere.
Quando il sole iniziò a sorgere, Remus le parlò di tutto quello che i suoi amici avevano fatto per lui, della trasformazione in Animagi e delle corse notturne ogni nuovo plenilunio.
Lily finse di contenere la sorpresa, ma rimase altamente impressionata da ciò che lui e gli altri erano capaci di fare l’uno per l’altro.
- Hai davvero dei buoni amici. – mormorò, con una nota malinconica nella voce.
Lei, in tutti quegli anni, non aveva avuto la stessa fortuna.
Remus parve accorgersene. 
- Ehi, Lily – la chiamò serio, mentre si alzavano per fare ritorno al castello. – Lascia che anche io ti dia un consiglio. 
La ragazza annuì, togliendosi qualche foglia secca dai capelli.
- Sì?
Lui le indicò la luna, ormai quasi invisibile a causa della luce dilagante proveniente da est. 
- Se ti piace l’astronomia… accetta un consiglio. Come ci sono delle stelle che possono esserci d’aiuto, c’è anche la luna, che invece è la nostra peggiore influenza. Qualcosa che brilla solo di luce riflessa. Non vale la pena perdere tempo a inseguire la luna, Lily. Stai solo firmando la tua… condanna, come ti piace chiamarla. – riprese velocemente fiato –Ci sono molte altre stelle che potresti seguire. Il Sole, per citarne una a caso. Potrà sembrare un po’… arrogante, o abbagliante (Lily inarcò un sopracciglio, quasi certa di aver compreso a cosa, o per meglio dire a chi Remus Lupin stesse paragonando il sole) per certi versi, ma… credo ne valga la pena. Può aiutarti a combattere. Può aiutarti a superare qualsiasi problema. Non sei sola, Lily. 
La ragazza sorrise, commossa. Forse Remus aveva ragione. Forse era ancora in tempo per trovare dei veri amici, o delle vere sorelle. Non era costretta a starsene sola per sempre, così come non doveva pensare di esserlo il licantropo. Forse quella notte avevano trovato entrambi il coraggio di fare un passo oltre, di cancellare le loro condanne. 
I raggi dell’aurora cominciarono a brillare dorati, mentre il cielo si tingeva di rosa.
I due ragazzi si strinsero in un abbraccio, ed entrambi compresero di aver trovato qualcosa di immenso valore, quella notte. 
Lily Evans aveva finalmente trovato un amico, di quelli veri. E con lui, con quella banda di folli che erano i Malandrini, forse aveva trovato anche la forza per andare avanti, per superare ogni difficoltà. Forse aveva sbagliato, a giudicarli, durante tutti quegli anni. Adesso sentiva che avrebbe potuto sconfiggere ogni nemico, fino all’ultimo. Fino alla morte
Remus Lupin dal canto suo, poteva dire di aver finalmente trovato il coraggio e sconfitto la paura di se stesso, per non parlare del primo Molliccio della sua vita, il primo di quella che sarebbe poi stata una lunga serie. C’era ancora spazio per una costellazione, intorno al Lupo, una nuova amica da aggiungere al cerchio dei saggi, e Lily Evans sarebbesenza dubbio stata un ottimo Centauro. Remus Lupin, ora, credeva finalmente in se stesso.
Quando giunsero davanti al portone del castello, il cielo era ormai azzurro e limpido. Non una nuvola incupiva il cielo e della Luna non c’era più traccia. 
Ora era il tempo del regno del Sole, splendente come mai lo era stato.
 
***
 
Durante i mesi successivi, le corse notturne di Remus e gli altri tornarono a rivelarsi un gran successo. Non si sentiva più incontrollabile, o troppo bestiale. Col tempo, Remus cominciò pian piano a rendersi conto che non c’entrava affatto quanto grande fosse ormai diventato il lupo: quello che davvero importava, era quanto grande l’uomo aveva deciso di essere. Recuperata la fiducia in se stesso, ogni luna piena divenne sempre meno straziante, e il Lupo, il Regolo, la Bilancia e il Compasso tornarono a correre insieme felici e spensierati come un tempo. 
Lily Evans, invece, scelse di continuare a combattere. Remus e James entrarono a far parte dell’Ordine, e le misure di sicurezza attorno alla famiglia Evans vennero aumentate.Ad ogni cosa fu trovata una soluzione.
Con il passare del tempo, l’amicizia tra Lily e Remus si rafforzò enormemente, e Lily trovò un nuovo posto dove potersi sentire a casa; le lunghe notti insonni passate a suon di sospiri di James Potter non si rivelarono vane, quando lei, una volta conseguito il diploma, acconsentì finalmente a sposarlo.
Infine, il 31 ottobre del 1981, Lily Evans donò la sua vita al figlio suo e di James, e Remus Lupin perse in una notte tutte e quattro le sue costellazioni guida. Fu un periodo terribile per il Lupo, costretto a vagare nel cielo come un anima in pena per anni e anni.
Il suo Molliccio prese piano piano a cambiare forma: dalla paura di ferire gli altri, Remus passò alla più semplice paura della luna, forse perché di altri da ferire non ne erano rimasti più così tanti.
Fu solo quando Remus, anni e anni più tardi, incontrò finalmente Harry Potter, che qualcosa tornò a muoversi nel cuore di Lupin, e qualche stella ricominciò a brillare nel suo cielo. 
La somiglianza tra Harry e suo padre era a dir poco sorprendente, ma non fu ciò per cui Remus lo riconobbe: era impossibile non riconoscere gli occhi di Lily sul volto del ragazzo. 
Quando Remus li rivide per la prima volta, provò una fitta al cuore. 
“Dove te ne se stato per tutto questo tempo, codardo?”, riuscì semplicemente a dirsi “Non avrai mica paura di nuovo?”.
Ma, se anche ciò fosse stato vero, Remus sapeva che d’ora in avanti non gli sarebbe più stato permesso di scappare o tirarsi indietro. Non dopo aver visto gli occhi di Lily di nuovo, quegli occhi che infondevano coraggio. 
- Ben arrivati ragazzi – si limitò ad annunciare, il giorno della sua prima lezione nella classe di Harry Potter. - Oggi, cercheremo di capire come si sconfigge un Molliccio.
E tra sé e sé non potè fare a meno che aggiungere: “In fondo, è il minimo che possa fare per te, Lily. Tu l’hai insegnato a me, e io farò di tutto perché anche tuo figlio impari a sconfiggere ogni paura”. 
 












Storia partecipante al contest "Let's play TABOO Old Generation Edition" indetto da Writer96 e Alyx sul Forum di EFP.

Nickname (sul forum e su Efp): Emma_Sirius_Potter
Carta scelta: 20
Titolo: "Il Lupo, il Mostro e il Molliccio"
Introduzione: 
"- Vorrei chiederti un consiglio. Tu cosa faresti se avessi paura di poter fare del male ad altre persone?
A Remus quasi si bloccò l'aria in gola. Come diavolo faceva Lily Evans a saperlo?
***
Lei e Remus non avevano più segreti, in quel momento condividevano tutto, la stessa paura, la stessa notte, la stessa luna calante, e, cosa più importante, lo stesso coraggio.
Quando si è in due, pensò Lily, la paura si divide, ed il coraggio si moltiplica.
Sentì che Remus Lupin provava la stessa cosa.
***
- Stavi scappando, vero? – chiese.
Questa volta Remus non si sorprese più della sua perspicacia.
- E’ così evidente? – chiese semplicemente, guardandola di sottecchi.
Lei alzò le spalle.
- Un po’. Ma secondo me sbagli a voler scappare. Se pensi che scappare dal Regolo, dalla Bilancia e dal Compasso possa fare bene al Lupo, ti sbagli di grosso. Il Lupo ha bisogno di loro. E’ quando si allontana, che diventa una bestia incontrollabile."
Personaggi: Lily Evans, Remus Lupin, Severus Piton, frequenti accenni ai Malandrini 
Genere: Introspezione, Malinconico, Generale
Note: nel testo sono presenti alcune imprecisioni astronomiche: prima di tutto, il 5 marzo del 1977 la luna era quasi piena, non calante, ma il giorno era alla giusta distanza dal compleanno di Remus e ho usato quello. Seconda cosa, le costellazioni che ho citato sono tutte impossibili da osservare in Gran Bretagna, ma sono visibili solo a partire dal Nord Arfica in giù; ma dato che aveva davvero bisogno di quelle costellazioni mi sono presa una piccola licenza.
Avvertimenti: //
Eventuali NdA:  Confesso di aver finito qualcosa come quindici minuti fa, e non l'ho nemmeno riletta. L'ultima parte probabilmente è un delirio, anche se mentre la scrivevo sembrava quasi sensata. Il titolo del documento è pure sbagliato. Ma dovevo assolutamente consegnare, e anzi, dovrei pure sbrigarmi perchè la mezzanotte è dietro l'angolo. Prendetela per quello che è.
  
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