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Autore: LadyRealgar    01/11/2015    3 recensioni
(Sequel de La sua Paura, crossover The Avengers, The Amazing Spiderman; possibili riferimenti ad altri personaggi fumettistici)
Sono passati quattro anni dagli eventi che hanno portato Chiara ad Asgard e, nuovamente sulla Terra, la ragazza cerca di riprendere una vita normale, ma nulla sfugge all'occhio attento dello S.H.I.E.L.D. e la giovane senese è costretta di nuovo ad affrontare la separazione dalla sua famiglia, ma questa volta ha uno scopo: proteggerla.
Dal capitolo 1:
-Lei è Arianna Watson?- chiese poi, simulando la voce di Nick Fury; con una mano si copriva l'occhio sinistro, imitando la benda, mentre con l'altra faceva scorrere sullo schermo il file con le domande che aveva l'obbligo di porre alla sua cavia ogni volta prima di procedere al trattamento.
-Affermativo- rispose Chiara in uno sbuffo -Seriamente, dobbiamo fare tutte le volte questa sceneggiata?
-Nata a Washington DC il 12 Aprile del 1992?- continuò l'uomo, ignorando la domanda.
-Affermativo.
-Dichiara libertà allo S.H.I.E.L.D. di eseguire le dovute analisi sul suo metabolismo e di sottoporle i farmaci necessari per perpetrare le suddette analisi?
-Affermativo.
Ps. Possibili riferimenti ad Avengers:Age of Ultron. Spoiler Alert
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton, Loki, Nick Fury, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Uno dei vantaggi di attraversare Manhattan a quell'ora di notte, a cavallo tra il giovedì e il venerdì, era la notevole riduzione del numero di automobili in circolo nella ragnatela di asfalto che percorreva l'isola, eccezion fatta per qualche taxi e gli autobus notturni.

Un soffio di aria gelida si infiltrò nella spessa trama della sciarpa colorata che le avvolgeva il collo, facendola rabbrividire e stringere ancora di più nel cappotto di lana cotta. Al suo fianco, apparentemente indifferente alla fredda temperatura della Manhattan notturna, Annibale zampettava allegramente sull’asfalto, che risuonava secco sotto le sue unghie.

Le luci al neon dei market ancora aperti si riflettevano sulla liquida superficie delle pozzanghere scure che precedevano i tombini, da cui emergeva un maleodorante vapore caldo e denso, mentre in lontananza si udiva il suono lamentoso di una sirena e qualche clacson.

New York, la città che non sta mai zitta” pensò la ragazza, dando un leggero strattone al guinzaglio per guidare il cane dall’altra parte della strada dove si trovava la pensilina del suo autobus.

Sebbene fosse abituata da quasi due anni al trattamento dell'H.A.D., ogni volta che lo subiva poi incorreva un persistente senso di stanchezza e di fame: il suo stomaco brontolò vivacemente, facendo scattare sull’attenti Annibale, che rispose emettendo un ringhio.

Chiara ridacchiò al pensiero che il suo cane e la sua pancia stessero avendo una conversazione, ma dopo qualche secondo Annibale non aveva ancora smesso di ringhiare e, abbassate le orecchie, si era messo in posizione di attacco, puntando verso un vicolo alle loro spalle.

-Non è prudente per una ragazza sola passeggiare per le strade di notte- sentì dire -C’è un sacco di gente pericolosa a quest’ora.

Dall’oscurità emerse un uomo sulla quarantina alto e dinoccolato con spettinati capelli biondo cenere che emergevano dalla cappuccio della felpa, calato sul capo per nascondere il viso; i jeans che indossava erano larghi e strappati sulle ginocchia e Chiara poté notare una vistosa protuberanza a L nella tasca destra.

"Maledizione a me e a quel cavolo di comunicatore!"

-Grazie per il consiglio- rispose, trattenendo Annibale per il guinzaglio -Farò attenzione.

L’uomo avanzò di qualche passo, ponendosi sotto la luce del lampione, che disegnò delle ombre affilate lungo il suo viso: -Quella borsa che porti sembra essere piuttosto pesante- disse calmo -Perché non mi fai vedere cosa c’hai dentro, così ti aiuto ad alleggerirla.

La distanza tra loro si faceva sempre più breve e, quando fu arrivato a soli due metri dalla sua padrona, Annibale iniziò ad abbaiare; innervosito, l’uomo mise la mano in tasca e ne estrasse fulmineo una pistola calibro 22, che puntò contro la testa dell’animale: -Fallo stare zitto o gli faccio saltare il cervello!- sbraitò l’uomo.

-Ok, amico, calmati- rispose la ragazza, accarezzando il cane per ammansuetirlo, ma quello non smise di ringhiare -Non c’è bisogno di prendersela con lui- nel frattempo la sua mano iniziò ad avvicinarsi lentamente alla tasca dei jeans, ma contro un proiettile il teaser cosa avrebbe potuto fare?

Tenendo la canna della pistola sempre puntata contro l’animale, l’uomo allungò la mano verso la ragazza, facendole cenno di dargli la borsa, quando una seconda voce si alzò dall’oscurità: -Come iscritto al WWF non posso tollerare che qualcuno punti un’arma contro un povero animale innocente!

L’uomo sobbalzò dallo spavento e diresse la pistola alle sue spalle, senza però trovare un bersaglio da colpire: -Acqua, bello!- disse di nuovo la voce -Prova più in alto.

Chiara e il rapinatore alzarono entrambi lo sguardo e sul lampione videro una grossa macchia scura dalla forma di … un uomo! Il criminale sparò istintivamente due colpi, ma la macchia li evitò agilmente con un balzo e atterrò leggero sul marciapiede; l’uomo gli puntò di nuovo contro l’arma, ma prima ancora di riuscire a premere il grilletto, una rete viscosa gli colpì la mano, disarmandolo.

-Non è molto carino da parte tua sparare in presenza di una signora…- lo schernì il vigilante, ma non riuscì a completare la frase perché il rapinatore, in preda alle convulsioni, cadde al suolo con un tonfo. Alle sue spalle Chiara teneva in mano un piccolo oggetto che emanava scariche elettriche blu.

-Ehi!- esclamò Spiderman -Quello è il mio lavoro!

-Tu l’hai catturato, io l’ho neutralizzato- rispose Chiara, facendo spallucce e riponendo il teaser in borsa -E a chi avresti dato della signora? Non ho mica sessant’anni!

-Cercavo solo di essere gentile- ribatté il vigilante, intento ad avvolgere con le ragnatele il bandito, sotto gli occhi incuriositi di Chiara, che domandò: -Hai intenzione di lasciarlo qui?

-Di solito faccio servizio a domicilio, il nostro amico si sveglierà tra qualche ora dietro le sbarre di una cella della stazione di polizia.

Ci fu qualche secondo di silenzio, in cui Annibale si avvicinò a studiare il nuovo arrivato, annusando tutto interessato lo spantex della tutta, per poi iniziare a leccargli le mani e a scodinzolare.

-Ciao bello!- dietro la maschera rossa si poteva intravedere l’increspatura di un sorriso, mentre il vigilante, impacchettato per bene il malvivente, accarezzava con delicatezza la pelliccia bruna del cane -Quel cattivone non ti ha fatto del male, vero?

Chiara si soffermò per qualche secondo a osservare la bizzarra figura dell’eroe mascherato, così sottile, ben diversa dal modello di paladino grosso e muscoloso che aveva conosciuto in Clint e Steve, avvolta nello spantex blu e rosso e piegata sulle ginocchia per giocare con il suo cane, che, a quel che pareva, sembrava adorarlo. Era uno spettacolo buffo e a Chiara non riuscì di trattenere un sorriso davanti a tanta dolcezza: -Annibale si è fatto un nuovo amico, vedo.

-Annibale?- chiese il vigilante, alzando di nuovo lo sguardo su di lei -Sei un’appassionata dell’A-Team?

-Sì, ma non è per Hannibal Smith che l’ho chiamato così- rispose Chiara sorridendo e lasciando una carezza sulla testa pelosa dell’animale, che ricambiò scodinzolando ancora più vistosamente -E poi il mio preferito era Murdock!

Il vigilante si alzò in piedi di scatto e iniziò a sventolare la mani aperte a ventaglio: -Anche il mio!- esclamò entusiasta.

-Allora siamo proprio fatti per stare insieme noi due!- ribatté Chiara scherzosamente.

-Sbaglio o i miei sensi di ragno percepiscono un alto tasso di sarcasmo in questo momento?- disse Spiderman, puntellando i pugni sui fianchi. Rimasero per qualche secondo a fissarsi in silenzio, finché, alla fine, Chiara non scoppiò in una grossa risata di sollievo, imitata subito dopo dall’uomo in costume.

-Sai, ho un’amica che è pazza di te- Chiara riprese fiato dalle risate e passò l’indice sotto la palpebra dell’occhio sinistro per fermare una lacrima -Se sapesse che ti ho incontrato mi ucciderebbe di domande!

-Sì, lo so, di solito faccio questo effetto.

La ragazza richiamò Annibale, ancora intento ad annusare l’eroe mascherato: -Lavoriamo assieme al Daily Coffee, a Brooklyn, all'incrocio della trentottesima. Facciamo degli ottimi pancakes e il caffè è sempre caldo… passa pure quando vuoi.

-Ti ringrazio per l’invito- rispose l’uomo, grattandosi il capo -Ma, sai…

-Sì lo capisco- lo anticipò lei -L’identità segreta, mantenere un profilo basso, non avvicinarsi troppo alle altre persone… Davvero, è una storia che ho già sentito. Ho solo consigliato all’uomo sotto alla maschera dove può andare a fare colazione. Non ho altro modo per ringraziarti di avermi aiutata.

-In questo caso, sarò ben lieto di venire a trovarti.

Chiara, con un largo sorriso disegnato in volto, fece cenno di saluto con la mano e riprese il suo cammino verso la pensilina, quando un pensiero improvviso le passò in testa e non poté trattenersi dall'esprimerlo: -Dovresti alterare la tua voce.

-Come scusa?- chiese Spiderman, affacciandosi da una scala anti-incendio su cui si stava arrampicando.

-È per l’identità segreta- spiegò la ragazza -Non è semplice, ma una persona con un orecchio allenato potrebbe riconoscerla. Se vuoi essere più tranquillo sull’efficacia della maschera, devi pensare anche a questi dettagli.

-Ehm... grazie- ribatté perplesso l’altro -Sembra che tu sappia un sacco di cose sulle identità segrete.

-Qualcosina- fece spallucce la ragazza -È solo che so cosa vuol dire nascondersi dietro una maschera per proteggere chi ami.

-Qual è il tuo nome?- chiese l’uomo dopo un attimo di silenzio.

-Chiara.

La ragazza girò sui tacchi e andò sotto la pensilina proprio nel momento in cui l’autobus si stava avvicinando, salì al volo e si impose di non voltarsi a guardare il vigilante: non voleva incrociare lo sguardo dell’uomo con il quale si era liberata, per un momento, della propria maschera.

Che stupida!” pensò, mentre il motore del veicolo ronzava sotto di lei; non avrebbe dovuto, lo sapeva benissimo: Fury aveva passato le ore a riempirle la testa di parole su quanto fosse importante mantenere il segreto e non rivelare a nessuno nemmeno il più piccolo dettaglio sulla propria identità.

Però quello non era nessuno, era Spiderman. E se c’era qualcuno che sapeva quanto fosse importante rispettare un segreto era proprio lui.

Forse era per quello che aveva deciso di confidarsi e mostrare, anche se per solo un momento, il proprio vero essere. Il proprio vero io.

"Cretina, cretina, cretina" continuò a rimproverarsi per tutta la tratta "Basta che un qualunque fanatico in maschera sia carino con il tuo cane per farti abbassare la guardia! Cretina!"

La verità era che era stufa marcia di mentire; poteva sopportare di fare la cavia da laboratorio, poteva tollerare tutte le limitazioni e i divieti a cui doveva attenersi per risultare un fantasma tra la folla, si era addirittura rassegnata a dover sempre rendere conto a qualcuno delle proprie azioni, ma la menzogna le risultava un peso che si stava facendo sempre più insostenibile.

Aveva assunto il ruolo di Arianne Watson da quando Fury le aveva finalmente permesso di mettere il naso fuori dalle spesse e controllatissime mura del Triskelion e, sotto la scorta e l’occhio vigile dell’agente Barton, aveva iniziato a viaggiare per tutti e 50 gli stati, passando di clinica in laboratorio e di laboratorio in clinica. Da quel momento aveva dovuto mettere da parte la sua vita, i suoi ricordi e la sua personalità, per lasciare il posto alla storia di quella ragazza che aveva trascorso infanzia e giovinezza presso l’orfanotrofio cattolico di Santa Caterina, a Washington DC; aveva dovuto tingersi i capelli, abituarsi alle lenti a contatto, a rispondere al nome di Arianne e, soprattutto, aveva dovuto imparare a valutare con estrema attenzione ogni singola parola che le usciva dalla bocca, stando sempre attenta a non lasciarsi sfuggire la minima informazione che avrebbe potuto mandare all’aria la sua copertura.

Clint, in tutto questo, le aveva fatto da mentore, insegnandole a individuare le telecamere di sorveglianza e a evitarne l’obiettivo, a riconoscere se qualcuno la stava pedinando e a far perdere le proprie tracce (in uno scomparto nascosto della borsa, infatti, aveva sempre un cambio d’abito e una parrucca), e a prendere tutte quelle piccole precauzioni indispensabili per mantenere la propria copertura, come, ad esempio, non fidarsi di nessuno e evitare di stringere relazioni.

Per quanto c’avesse provato, l’ultimo dettame era stato il più difficile da mettere in pratica: ovunque andassero, Chiara riusciva sempre ad attirare le simpatie di qualcuno e a fare amicizia, ma, per quanto Clint apprezzasse quella sua innata spontaneità, essa rappresentava un enorme rischio per la segretezza che la missione imponeva, così, una volta trasferitisi a Brooklyn, l’agente aveva eseguito un’accuratissima ricerca sui profili dei loro condomini, dei vicini più stretti del quartiere e, successivamente, anche del signor Bailey e di Talia. Aveva passato giorni interi a raccogliere informazioni, sia al computer che sul campo, pedinando le sue “vittime” e scattando un’incredibile quantità di fotografie, che avevano fatto dubitare alla povera Chiara, a cui l’uso del bagno, occasionalmente convertito in camera oscura, era stato precluso, della piena sanità mentale del suo coinquilino.

Dopo lunga e faticosa ricerca, Clint aveva potuto ritenersi pienamente soddisfatto: quelle persone erano risultate pulite e, finalmente, la vita di Chiara aveva conosciuto un po’ di normalità.

Le ruote dell’autobus stridettero quando questo si fermò a pochi metri dalla vecchia palazzina in cui Fury aveva trovato il bilocale presso cui Chiara e, occasionalmente, Clint avevano residenza; raggiunto il portone di ingresso al condominio, estrasse il suo mazzo di chiavi dalla borsa e ne infilò una dentro la grossa serratura della vecchia porta di ferro, che si aprì cigolando e si chiuse altrettanto rumorosamente quando la ragazza ebbe oltrepassato la soglia.

Devo ricordarmi di mettere un po’ di olio lubrificante ai cardini” si appuntò mentalmente Chiara, oltrepassando l’androne e iniziando a salire le scale, dove, oltrepassato il primo piano, si ritrovò faccia a faccia con una graziosa donna mulatta di mezza età: -¡Hola, Arianna!- esclamò sorpresa, ma cortese -¿Acabas de trabajar ahora?1

-Sì, Carmen- rispose Chiara, facendosi da parte per farla passare: teneva in mano un borsone da palestra piuttosto ingombrante e la scala non era abbastanza grande per farcele stare comodamente entrambe -¿Por qué sigues despierta? ¿Vas al hospital?

-Empiezo mi turno en oncología pediátrica en media hora- rispose la portoricana -He tomado algunos viejos juguetes de Carlos para los niños - aggiunse, poi, accennando al borsone.

-Saludale de mi parte a Carlos cuando te llame- disse Chiara, mentre la donna scendeva le scale di gran carriera: -Claro. Buenas Noches.- si congedò quella sparendo dal portone.

-¡Buenas Noches y suerte!

Alla chiusura del portone alle spalle dell’infermiera, sul palazzo tornò il silenzio e la ragazza si trovò in pochi attimi davanti all’appartamento 3A, al terzo piano, aprì la porta e lasciò cadere la borsa a fianco dell’appendiabiti all’ingresso, mentre Annibale correva alla propria ciotola dell’acqua per dissetarsi.

La ragazza chiuse accuratamente la porta alle proprie spalle e, finalmente, si sentì libera di mettersi comoda: premette l’interruttore della luce, si sfilò sciarpa e cappotto, ripose le scarpe nella scarpiera e, oltrepassata la cucina, dove Annibale aveva attaccato la ciotola del cibo, si lasciò cadere per un momento sul divano. Era sfinita.

Dopo qualche minuto di totale immobilità, il suo stomaco riprese a brontolare, così si rimise in piedi e si diresse verso il frigorifero, che però, una volta aperto, rivelò sotto alla gialla luce della lampadina il magro contenuto che la ragazza già conosceva: una confezione di yogurt alla fragola, qualche carota, un cartone di latte mezzo vuoto, una bottiglia di acqua frizzante e una busta di insalata prelavata.

-Domani facciamo spesa, che ne dici giovanotto?- disse Chiara ad Annibale, che era spuntato da sotto il suo braccio e annusava incuriosito il frigorifero; estrasse la busta e la pose sulla penisola, prese dalla credenza una scodella e la riempì con l’insalata, che iniziò a mangiare svogliatamente, osservando il cavalletto nel piccolo salotto su cui il quadro finito la sera precedente se ne stava ad asciugare.

Era una rappresentazione di Upper New York Bay, con i mercantili in viaggio e una piccola imbarcazione di pescatori su un mare rosa increspato di blu; le ci erano voluti ben dieci tramonti per completarlo, con il rischio di prendersi anche un bel raffreddore, ma almeno il risultato era soddisfacente.

Dovrò trovare un posto dove metterlo” considerò la ragazza, guardandosi intorno: in giro per la casa si potevano contare una cinquantina di tele completate e ammassate in ogni angolo su fogli di pluriball. Se n’erano aggiunte un bel po’ da quando Clint era andato a “caccia di streghe”, come diceva quando veniva chiamato per una missione, e non sarebbe stato molto contento dello spazio che tutti quei quadri toglievano alla sala. Da un po’ di tempo, inoltre, Chiara aveva notato che i telai che comprava già pronti, con le loro tele belle bianche e lisce, tendevano dopo poco a screpolarsi, facendo cadere tutta la pittura, così si era comprata da un colorificio di Manhattan (e pagando anche una bella sommetta) un grosso rotolo di tela di lino, del gesso in polvere e della colla di coniglio, che ora ingombravano il mobile della televisione.

Certo, ora le sue tele erano molto più resistenti e la qualità della superficie ottimale, ma se Clint fosse entrato in casa in quel momento, avrebbe dato di matto: il suo impiego da spia lo aveva reso incredibilmente attento all’ordine, maniacale a detta di Chiara, e si aspettava che anche la ragazza mantenesse il rigore con cui aveva organizzato la casa.

Quello che la spia desiderava era che, in caso di necessità, Chiara potesse fuggire dall’appartamento in massimo venti minuti, prendendo il necessario e senza lasciar traccia del proprio passaggio dietro di sé, ma la ragazza, non avendo altro luogo in cui riporre le sue opere, aveva dovuto lasciarle nell’appartamento e ora quelle avevano preso il sopravvento, assieme a tutti gli album e i fogli volanti pieni di schizzi a carboncino.

Non potendo tenere fotografie di amici e parenti (a pensarci bene, nemmeno le aveva), i suoi quadri l’aiutavano a vedere quell’appartamento come una casa e non come l’ennesima gabbia in cui era stata rinchiusa, ma, doveva riconoscerlo, non poteva continuare ad ammassarli in 50 metri quadri di appartamento.

Verranno a registrare un episodio di Sepolti in Casa se non trovo un posto dove conservarli” rifletté Chiara, finendo di cenare e lavando scodella e forchetta nel lavandino “La lavanderia del condominio è esclusa: è umida da far schifo e poi dovrei aspettare la prossima riunione condominiale per chiedere il permesso. Meglio evitare!”

Cercando di trovare una soluzione a quel problema, si diresse in bagno e, spogliatasi dei suoi indumenti, si infilò in doccia; il getto di acqua calda le massaggiava delicatamente il collo e spalle, rilassando i muscoli tesi e lavando via il freddo e la tensione di quella serata.

Non era la prima volta che qualcuno la minacciava, d’altro canto lei e Clint tra un viaggio e l'altro avevano frequentato un discreto numero di motel di periferia, non sempre ben frequentati, e capitava abbastanza di frequente che qualcuno, per l’alcool o per l’abitudine, vedendo una ragazza tentasse di rapinarla, ma la presenza (e un paio di volte anche l’intervento) di Clint avevano sempre scongiurato la minaccia. Quella sera era stata la prima volta in cui si era trovata a fronteggiare un rapinatore da sola.

Era stata molto fortunata che ci fosse stato Spiderman a intervenire o si sarebbe ritrovata in guai seri.

-Maledizione…- imprecò sottovoce la ragazza, alzando la testa per ricevere il getto sulla fronte: se Fury fosse venuto a sapere di quel fatto, della sua negligenza nell’aver dimenticato il comunicatore di Stark a casa, le avrebbe tolto di certo persino quel poco di libertà che le aveva concesso.

Sperò con tutte le sue forze che lo S.H.I.E.L.D. non avesse assunto Spiderman tra i suoi supereroi o di certo il guercio sarebbe venuto a sapere persino che aveva rivelato il suo vero nome.

Aveva fatto un sacco di storie quando aveva scoperto del suo tatuaggio, non ci teneva certo a sapere come avrebbe reagito a quella notizia.

Chiuse l’acqua e uscì dalla doccia, rabbrividendo al contatto della pelle bagnata con l’aria fredda dell’autunno, che le tolse dagli occhi tutta la stanchezza che prima li appesantivano; sapendo di non riuscire a dormire, si infilò nella tuta che era solita indossare in casa e andò in salotto, dove estrasse un foglio bianco da una risma, prese un carboncino da un astuccio di latta e si mise alla penisola a disegnare.



*



L’alba stava per sorgere dietro agli alti palazzi tra i quali Peter Parker aveva preso l’abitudine di dondolarsi, come una scimmia tra i rami, per tenere sotto controllo le strade.

Era stata una notte tutto sommato tranquilla, fatta eccezione di quel tentativo di furto sulla ventinovesima, e l’unica cosa che Spiderman era riuscito a prendere era stato un gran freddo.

Dovrei pensare di fare una versione invernale della tuta” pensò il vigilante, mentre, saltando di tetto in tetto, raggiungeva la casa della zia e, assicuratosi di non essere visto, passava per la finestra aperta della propria stanza. Il filo della ragnatela che aveva lasciato tra gli stipiti era ancora intatto, nessuno era passato da lì.

Si sfilò la maschera dal volto e, passatosi una mano tra i capelli schiacciati, si lasciò cadere sul materasso: -Che noia…- sbuffò il ragazzo, osservando distrattamente il soffitto; certo, da un lato era contento che le strade ultimamente fossero state più tranquille del solito, ma dall’altro fremeva dalla voglia di partecipare a un vero scontro e sfogare la sua forza su qualche cattivone.

Dopo aver spedito Rhino dietro le sbarre del carcere di massima sicurezza, la fama di Spiderman aveva ripreso a crescere, incutendo timore nel cuore dei ladruncoli, che per lo più preferivano starsene a casa piuttosto che rischiare di ritrovarsi invischiati in una ragnatela.

L’ultimo caso interessante che gli era capitato aveva riguardato un gruppo di trafficanti di droga che distribuivano schifezze sintetiche nelle discoteche, ma oramai erano passate settimane!

Peter si tolse i guanti e gli spara ragnatele e iniziò a sbottonarsi la tuta: aveva disperatamente bisogno di una doccia calda.

Se non altro ho incontrato una fan” pensò il ragazzo, sfilandosi la parte superiore e iniziando a slacciare quella inferiore con una certa fatica: con quel freddo lo spantex si era irrigidito e toglierlo gli stava costando più impegno del previsto.

Che strana tipa” considerò il ragazzo, mentre piegava la tuta e la nascondeva in un angolo del suo armadio “Non sembrava essere spaventata dal rapinatore. Ha avuto un bel sangue freddo!”

L’acqua calda ci mise un po’ ad arrivare e Peter fu bloccato nell’angolo diametralmente più lontano dal getto per una manciata di minuti, poi, finalmente, la temperatura si fece più gradevole e il vigilante mascherato poté finalmente godersi la meritata doccia: alle nove di quella mattina avrebbe avuto lezione in università e voleva riuscire a rilassarsi abbastanza da prendere sonno e riposarsi quelle poche ore che gli rimanevano.

L’idea della voce alterata non è affatto male” il ragazzo si insaponò in fretta e si strofinò i muscoli delle braccia con una spugna “Forse con il microfono delle vecchie cuffie potrei arrangiare qualcosa di utile”.

Non era insolito per lui interagire con le persone che salvava: gli piaceva incoraggiare il malcapitato con qualche parola di conforto per aiutarlo a superare il trauma di un’aggressione e, il più delle volte, quello ringraziava con veemenza o chiedeva un autografo (una volta una ragazza gli aveva persino chiesto di andare al cinema con lei in costume!), ma mai, prima di quella sera, qualcuno gli aveva dato un consiglio su come difendere la sua identità segreta. Un consiglio intelligente, per di più, sapendo quanto gli piacesse parlare durante i combattimenti!

Quella ragazza… Chiara, sembrava saperla lunga in merito” Peter girò le manopole e il flusso d’acqua scemò fino a smettere, poi allungò un braccio verso l’asciugamano e se lo avvolse in vita “So solo cosa vuol dire nascondersi dietro una maschera per proteggere chi ami…”

Cosa voleva dire con quell’affermazione? Quale maschera poteva mai avere una sparuta e imprudente ragazza di New York?

Si frizionò i capelli con l’asciugamano e, indossati un paio di boxer, si buttò di nuovo a letto, ma ormai il tarlo di quella strana conversazione gli era entrato nel cervello e aveva iniziato a scavare, lento e inesorabile.

Iniziò, dunque, a rivivere mentalmente i minuti trascorsi in quella strada buia, analizzando ogni singolo dettaglio che riusciva a ricordare, ogni più piccolo indizio che poteva aiutarlo a sciogliere il rebus (era già arrivato a considerarlo tale) che quella ragazza gli aveva lanciato e più ci pensava, più gli sembrava di sentire odore di bruciato.

Poi, all’improvviso, gli si accese una lampadina e nella sua mente apparve nitida l’immagine del teaser con cui la ragazza aveva messo KO il rapinatore: sulla plastica scura dell’oggetto si leggeva chiaramente la scritta argentata Stark.

Da quando era tornato dall’Afghanistan, Tony Stark aveva chiuso tutte le sue attività nel campo della fabbricazione e della vendita di armi, convertendo le sue aziende alla produzione di impianti per la depurazione dell’acqua dai residui incombusti dei carburanti navali e per la generazione di energia pulita. Per quanto ne sapeva Peter, le Stark Industries non vendevano più da anni alcun tipo di strumento bellico o di autodifesa e avevano provveduto a ritirare dal commercio anche le vecchie partite di prodotti già distribuiti per il globo, perciò era alquanto strano che una ragazza possedesse un teaser marchiato Stark.

Quello era un buon punto di partenza per la sua indagine e, ricaricato da quell’intuizione, in un balzo arrivò alla sedia della scrivania, accese il computer e iniziò a cercare informazioni riguardo quel modello di teaser.



Traduzione del dialogo

1Carmen: Ciao Arianna, hai finito di lavorare adesso?

Chiara: Sì, Carmen. Perché sei ancora sveglia? Vai all'ospedale?

Carmen: Comincio il mio turno a oncologia pediatrica tra mezzora. Ho preso alcuni vecchi giocattoli di Carlos da portare ai bambini.

Chiara: Saluta Carlo da parte mia quando ti chiama.

Carmen: Certo, buona notte.

Chiara: Buona notte e buona fortuna.



Angolo dell'autrice

Salve a tutte e bentrovate alla fine del secondo capitolo di Panacea Project! Per prima cosa vorrei ringraziare con tutto il cuore AlessiaOUAT e Ragdoll_Cat per aver inserito la storia tra le preferite e MARS88 e Glendolina per aver cominciato a seguirla! Il vostro sostegno e le vostre belle parole sono un grandissimo incoraggiamento a proseguire e ve ne sono grata ^_^

Siamo a Novembre (cit. Robert Downey Jr. in Sherlock Holmes, 2009) e come promesso ecco il nuovo capitolo *esulta*! Spero con tutto il cuore che sia stato di vostro gradimento :)

Come annunciato, ecco che dal nulla appare un certo supereroe di quartiere ;) nonstante le circostanzepoco piacevoli, vi è piaciuto il loro incontro?

Un passo alla volta si comincia anche ad apprendere cosa è accaduto nei quattro anni che separano il rietro a casa della nostra eroina dal presente e, a quanto pare, non siamo i soli ai quali interessa saperne di più. ;) Che ne dite di Clint in versione casalinga stalker? XD

Vorrei ringraziare anche Kinnabaris per il suo aiuto nella traduzione ^_^

Rinnovo, dunque, la mia speranza nel fatto che vi sia stato gradito, invitandovi a lasciare un'opinione e/o, se lo riterrete opportuno, qualche suggerimento per migliorarmi.

Ci vediamo alla prossima!

Un grosso abbraccio!

Lady Realgar

Ps. Mi scuso per la brevità del capitolo, ma purtroppo i tempi che ho a disposizione sono quelli che sono. Cercherò di rimediare con i prossimi aggiornamenti. Grazie per la comprensione! :*



   
 
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