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Autore: LaTuM    22/02/2009    6 recensioni
“E in fondo non posso neanche dire di odiarti veramente. Certo, non mi sei simpatico ma… E’ lo Scambio Equivalente, no?”
Se non poteva averlo come amico, si sarebbe accontentato di averlo come amico…
[Seguito di 'Scambio Equivalente']
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
- Questa storia fa parte della serie 'Tetralogia Alchemica'
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La Bambola dell’Alchimista

Disclaimer: tutto appartiene a JKRowling, io non ci guadagno nulla.

Importante! Questa storia è il naturale seguito di "Scambio Equivalente"




La Bambola
dell’Alchimista


di LaTuM aka Lokex

 

Era passata una settimana dalla conversazione che Harry aveva avuto con Malfoy sugli spalti del campo di Quidditch e, da quel giorno, non si era più verificato nulla di anomalo. Aveva un tema di Trasfigurazione da consegnare, due per Incantesimi e altrettanti per Pozioni; senza contare che la sera precedente l’aveva passata nel laboratorio di Piton a fare pulizie perché, giustamente, il professore aveva ritenuto opportuno assegnarli una punizione per non essersi presentato all’ultima lezione.
Ad essere onesto – forse per la prima volta in vita sua – sentiva quasi di essersela meritata. Non aveva fatto nulla per rendere giustificabile la sua assenza: era semplicemente rimasto chiuso nel suo dormitorio a rimuginare e cercare di capire dove Malfoy avesse voluto andare a parare col quel suo discorso sullo scambio equivalente.
A dire il vero l’aveva capito la sera stessa. Per uno come lui abituato a decifrare le sibilline conversazioni di Silente, il giro di parole di Malfoy era più chiaro dell’acqua di sorgente. Il problema però non era tanto il come, quello che lo premeva particolarmente, ma il perché.
Perché Draco Malfoy, Purosangue Serpeverde si era abbassato a dirgli che in fondo lui aveva dovuto rinunciare all’unica amicizia che gli sarebbe davvero piaciuto stringere. Oltre a Tiger e Goyle, le relazioni con gli altri membri della sua Casa, sembravano essere più di facciata che altro.
Malfoy gli aveva fatto capire che questo suo bisogno era diventato così prepotente solo a posteriori… La delusione era tramutata in rabbia sfociando poi nell’odio.
Se non poteva averlo come amico, si sarebbe accontentato di averlo come amico… Era un ragionamento del tutto privo di logica, ma essendo Draco un Malfoy e un Serpeverde, era anche possibile trovare una logica dietro la follia. In fondo questo aveva creato un legame ‘speciale’. Al nome ‘Harry Potter’ – in ambito scolastico – veniva sempre associato quello della sua nemesi. Non Voldemort, bensì Draco. Perché che Harry fosse il Salvatore del Mondo Magico a Hogwarts passava più inosservato; erano abituati ad averlo tra i piedi da ben cinque anni e – in ognuno di essi – era sempre stato coinvolto in faccende più grandi di lui, di cui ovviamente tutta la scuola era venuta a conoscenza. Aver recuperato la Pietra Filosofale, salvato Ginny dalla Camera dei Segreti, respinto un centinaio di Dissennatori con l’Incanto Patronus che era riuscito ad evocare a soli tredici anni, partecipato al Torneo Tremaghi contro la propria volontà l’anno dopo uscendone vincitore e aver assistito al ritorno di Voldemort e, ultimo ma non ultimo, aver tenuto testa all’Umbridge a scuola l’anno precedente e ai Mangiamorte nell’ufficio dei Misteri.
Dalla comunità magica era visto come un eroe. A scuola semplicemente come un catalizzatore di sfortuna e guai. Forse, proprio per questo ad Hogwarts era quasi solo di Malfoy che doveva preoccuparsi e, per certi versi, la cosa gli faceva anche piacere. Era un nemico che per lui non rappresentava un vero pericolo. E ora ancora meno.
C’era comunque qualcosa che doveva chiarire col Serpeverde.

§


Harry adocchiò Malfoy camminare per il buio corridoio che sapeva condurre verso la sala comune di Serpeverde. Era accompagnato come sempre dalle sue fedeli guardie del corpo – Tiger e Goyle – ma la loro presenza sembrava essere un puro e mero dato di fatto. Non si parlavano e nessuno sembrava prestare attenzione all’altro. O meglio, i due scimmioni seguivano Malfoy per inerzia, o semplice abitudine; di fatti il biondo non sembrava minimamente interessato alla loro presenza. Tra pochi metri il silenzioso trio avrebbe dovuto svoltare l’angolo per dirigersi verso una zona del castello che di norma era sempre stata preclusa ai Grifondoro.
In nome dell’appartenenza a quella casata culla di coraggiosi di cuore, audacia, fegato e cavalleria che fan di quel luogo uno splendore - si ripeté Harry, ricordando la filastrocca che il Cappello Parlante aveva recitato prima che venisse smistato -, fece un respiro profondo e a gran passo raggiunse i tre Serpeverde.
“Malfoy.” Lo chiamò quando fu praticamente dietro di lui, con voce ferma e cercando di non dar vedere che era a corto di ossigeno:; non avrebbe saputo dire se per l’agitazione o la corsa fatta per raggiungere il biondo.
“Potter.” Rispose il Serpeverde guardandolo per un istante “Non dovresti essere qui, lo sai? Questo è territorio Serpeverde, non si confà a un Grifondoro come te arrischiarsi a percorrere i nostri stessi corridoi”.
Harry alzò le spalle, indifferente.
“C’è chi mi dice che ho un sesto senso innato per mettermi nei guai.”
“Perché vai a cercarli, allora?”
“Il più delle volte sono loro a trovare me.” Gli fece presente Harry usando una frase che era divenuta praticamente cliché.
Il biondo storse le labbra e fece cenno a Tiger e Goyle di andare pure, li avrebbe raggiunti a breve, specificò poi.
“Devi dirmi qualcosa?” gli domandò il Serpeverde con un tono ben più gentile di quello che Harry era solito sentire. Si era aspettato un più semplice e poco cordiale ‘cosa vuoi?’.
“Sì, mi sembra ovvio.”
“Quello che a te risulta ovvio Potter, non sempre lo è per gli altri.”
“Potrei dirti lo stesso, Malfoy. Mi ci è voluta una settimana per capire di cosa diavolo stessi parlando! Ora, se non ti dispiace, potremmo andare a discuterne da un’altra parte?”.
“E perché?”
“Anche i muri hanno orecchie. E poi… chiamala pure deformazione professionale.”
Il biondo aggrottò la fronte, perplesso.
“Moody.” Si limitò a rispondere il Grifondoro, ma quanto pare Malfoy capì. Harry avrebbe potuto giurare di averlo visto anche tremare per un momento. Era più che certo che il vergognoso ricordo dei suoi ben pochi gloriosi cinque minuti da furetto non l’aveva ancora abbandonato.
Il Serpeverde però parve riprendersi velocemente e, dopo aver controllato che dal corridoio adiacente non arrivasse nessuno, fece cenno ad Harry di seguirlo.
Alle cinque del pomeriggio di una piovosa giornata scozzese di fine ottobre i corridoi della scuola non erano gremiti di studenti: un po’ perché in fondo non è che fossero così tanti, un po’ perché la maggior parte di loro aveva preferito rifugiarsi in biblioteca o in sala comune, vicini ad un camino acceso a mangiare dolci di Mielanda, piuttosto che percorrere i freddi corridoi del castello. Stettero comunque attenti a non dare troppo nell’occhio e non camminare troppo vicini nonostante sulla strada che avevano imboccato gli unici rumori udibili erano il ticchettio delle loro scarpe e il frusciare delle divise.
Fino a quel momento Harry non sembrava aver fatto caso a dove stessero andando, ma nel momento in cui, dopo una rampa di scale, Draco aprì un pesante portone di legno e spintonandolo dentro, il Grifondoro non ebbe difficoltà a riconoscere il corridoio del terzo piano dove tempo prima era stata nascosta la Pietra Filosofale. E Fuffi.
Non sapeva se l’enorme cane a tre teste fosse ancora al di là del portone che si trovava in fondo al corridoio, ma non era di certo sua intenzione accertarsene.
La colonnina di pietra recante il blasone di Hogwarts si accese nel momento in cui i due ragazzi si avvicinarono alla parete. Harry si sentì alquanto patetico, ma non poté fare a meno di pensare a quanto surreale fosse la situazione in cui si trovavano. Gli occhi del moro caddero sullo stemma della casata di Serpeverde: l’argento riluceva in modo innaturale vicino al fuoco e gli parve così strano non associare direttamente quel simbolo al suo naturale sinonimo: catastrofe.
“Ora siamo abbastanza isolati?”
“Anche troppo…” si ritrovò a mormorare Harry senza riuscire a staccare gli occhi dal portone della tana di Fuffi mentre Malfoy sbuffava spazientito. “Ma non era proibito l’accesso a questo corridoio?”
Draco alzò le spalle.
“Sono un prefetto, posso sempre dire che ti trovato qui quando avresti dovuto essere nella tua sala comune. Sarà un’occasione come un’altra, se non migliore, per togliere punti al Grifondoro.”
Harry grugnì qualcosa.
“Beh, che volevi?”
Harry lo guardò con tanto d’occhi. Ok, poteva aver anche compreso il significato del discorso di Draco, ma in quel momento non era certo di cosa avrebbe dovuto dirgli.
“Ehm…”
“Potter, non ho tutto il giorno. Ho anch’io come te dei compiti da fare… Anche se dubito fortemente che sarai in grado di consegnare quel saggio di Pozioni per domani.”
Harry alzò le spalle, indifferente. Il suo rendimento in Pozioni era sempre stato pessimo. Che Piton togliesse venti punti al Grifondoro per una mancata consegna o aggiungesse l’ennesima Do T! – al suo curriculum non lo interessava particolarmente. Tanto, in un modo o nell’altro, l’odiato professore avrebbe comunque fatto di tutto per sabotare il suo rendimento e la sua casata. Da buon Grifondoro, Harry in quel momento era incline a facilitargli il compito.
“Ci ho pensato…” farfugliò il Grifondoro senza però ricevere alcuna risposta dall’altro ragazzo. Forse, effettivamente, non è che quella fosse un gran ché come spiegazione.
“E…?” lo incitò il biondo.
Harry sospirò.
“Non lo so Malfoy.”
Il biondo lo guardò storto.
“Non ho la benché minima idea del perché siamo qui. Semplicemente volevo farti sapere che credo di aver capito quello che stavi cercando di dirmi la scorsa settimana al campo di Quidditch. Non sono certo che sia la risposta esatta quella che ho trovato, ma se fosse… Beh…”
“Stai cercando una conferma?”
“Qualcosa del genere.”
“A cosa?”
“A quello che ho pensato.”
“E’ tua intenzione dirmi cosa hai pensato o devo ricorrere alla mia affinata abilità di Legilmens?”
“Sai usare la Legimanzia??!” gli domandò Harry basito, strabuzzando gli occhi incredulo. Era certo che neanche Hermione fosse in grado di controllarla.
“Si, ma resto comunque un Serpeverde e tu un Grifondoro, quindi non vedo perché mai dovrei facilitarti le cose.”
Harry spalancò la bocca. Quella era l’ultima risposta che si sarebbe aspettato. Maledisse il ragazzo che si trovava di fronte comprendendo che sarebbe stato molto più difficile per lui dire quanto credeva di aver compreso che per il biondo ascoltare le sue congetture.
“Lo scambio equivalente…” mormorò Harry. “Tu avresti voluto diventare mio amico, ma alle tue regole. Regole che io non ero disposto ad accettare. Così, pur di non dover rinunciare del tutto a una sorta di… - posso chiamarlo contatto? - ti sei, diciamo accontentato di diventare la mia nemesi studentesca.”
“Da non poche soddisfazioni essere un tuo nemico, Potter.”
Harry ridacchiò, facendo così innervosire il Serpeverde.
“Attento, non ho detto nemico, ma nemesi. Se permetti Malfoy, la fuori di nemici ne ho già abbastanza e molto più pericolosi di te. So che per te è un affronto, ma non riesco proprio a considerarti un mio nemico. Voldemort ha la precedenza.”
Draco tremò nel sentir pronunciare il nome dell’Oscuro Signore ma poi riacquistò quel contegno così tipico dei Malfoy.
“Immagino di sì.”
“E in fondo…” mormorò Harry, cercando di esprimersi nel modo più sobrio e meno sfacciato e ambiguo possibile “…non posso neanche dire di odiarti veramente. Certo, non mi sei simpatico ma… E’ lo Scambio Equivalente, no?”
Il biondo lo guardò diffidente.
“Hai dovuto sottostare alle leggi dell’alchimia anche se in fondo non era esattamente quello che volevi. Eri disposto ad essere… meno Serpeverde… No, meno Serpeverde no, piuttosto meno Malfoy. Solo che non eri tu l’alchimista. Non eri tu a prendere le decisioni, semplicemente l’hai fatto perché questa era la legge.”
“Mi stai paragonando ad una marionetta?”
“Se vuoi vederla così… Anche se Bambola dell’Alchimista ti starebbe meglio. Marionetta sembra quasi un dispregiativo.”
“Sia mai, insultare Malfoy…” mormorò Draco con un tono incredibilmente simile a quello che anni prima aveva usato suo padre, Lucius, per insultare il signor Weasley.
“Draco…” mormorò Harry, costringendo il biondo ad alzare gli occhi su di lui, scioccato. Probabilmente non si sarebbe mai aspettato che l’avrebbe chiamato per nome.
Il biondo lo guardò attentamente fissando le iridi argentate in quelle verdi di lui, come se fosse alla ricerca di una risposta che non aveva ancora ricevuto.
L’unico rumore udibile era il lieve fruscio del fuoco che si adagiava nella conca della colonna dalla quale non si erano ancora allontanati.
Il Serpeverde storse le labbra e abbassò lievemente il capo, notando solo in quel momento che il braccio di Harry era lievemente alzato e dalla lunga manica della tunica era possibile intravedere la mano del tesa. La stessa mano che anni prima Draco avrebbe voluto stringere.
“Non mi sorprenderei se la rifiutassi, e avresti anche tutte le ragioni per farlo. Ma adesso è qui. E se anche se non la gradissi adesso, saprai che l’offerta sarà sempre valida per me. E spero vivamente che tu la possa accettare, a differenza di quello che ho fatto io.”
Sul fatto che Harry fosse un Grifondoro non c’erano dubbi e questa sua ultima uscita l’aveva reso ancor più consapevole che – nonostante le somiglianze con Voldemort e le intenzioni del Cappello Parlante di smistarlo a Serpeverde – l’oro e il rosso erano gli unici colori che sarebbe stato in grado di portare.
Non si mostrò deluso quando capì che Draco non sembrava intenzionato ad accettare la sua mano, ma dato che era stato il Serpeverde il primo a muoversi verso di lui, c’erano buone probabilità che in un prossimo futuro avrebbe detto sì.
Sorrise al biondo che ancora lo guardava titubante e mormorò un semplice e cordiale “Ci si vede in giro.”
Il Grifondoro si diresse con calma verso la porta che gli avrebbe permesso di lasciarsi alle spalle il corridoio impolverato che per primo aveva assistito a quella che Harry aveva fatto diventare la sua routine: salvare Hogwarts.
Scosse la testa rassegnato per poi irrigidirsi di colpo quando sentì qualcosa di freddo sfiorargli le calde dita della mano.
Harry sorrise compiaciuto e si girò verso il ragazzo che – stando a quel che poteva vedere – non ci aveva messo molto a decidere. Aveva accettato la resa. O il compromesso. O in qualunque altro modo avrebbe potuto chiamarsi l’accordo che avevano raggiunto. Harry Potter, dopo anni, aveva offerto di sua spontanea volontà la mano a Draco Malfoy.
E Malfoy l’aveva accettata.
E ora erano lì, fermi sulle scale che si sorridevano: un po’ imbarazzati e un po’ increduli delle loro stesse azioni.
Forse era stato per rassicurarlo, ma Harry non avrebbe saputo spiegare perché, invece che stringere la mano del ragazzo, si fosse ritrovato inspiegabilmente ad intrecciare le sue dita con quelle fredde del Serpeverde.

[15 – 18 febbraio 2009]

Note dell’autrice:
Mancano ancora due episodi per chiudere il cerchio alchemico di questa storia. Sono particolarmente soddisfatta di questa seconda parte, è più breve rispetto all’altra ma ci sono state delle parti che si sono fatte scrivere che era una meraviglia.
Il titolo della storia viene da quello che ricordavo essere un libro della ma infanzia scritto da Bianca Pitzorno.

Ringrazio tantissimo PAMPAM, Axyna, Arwen Woodbane, Meggie, Ebrill e Faust_Lee_Gahan per aver letto e commentato "Scambio Equivalente"
   
 
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