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Autore: The_Lock    01/11/2015    2 recensioni
Sette amici decidono di passare un fine settimana lontano dalla civiltà. Sembra una storia horror qualsiasi, ma in realtà è un gioco interattivo: a fine di ogni capitolo si dovrà scegliere tra due o più opzioni, ognuna delle quali avrà delle conseguenze. Il primo a commentare ha il diritto di scegliere.
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'It's up to you!'
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21

 

DRUMMER ISLAND, ore 04:03

 

 

Laurel si sedette sulla scrivania che bloccava la porta dello studio e fissava il cielo dalla finestra, il quale sembrava iniziare a schiarirsi: la luna stava tramontando e un leggero velo rosato era presente all'orizzonte rivelando il preludio all'alba.

Il biondo sentì un mormorio provenire dalla bocca di Trevor, ma non ci fece più di tanto caso, era meglio lasciarlo riposare ancora qualche minuto e poi, insieme, partire verso la villa o il molo ed aspettare il traghetto. Ma Trevor si schiarì nuovamente la voce, si leccò le labbra secche e parlò con voce flebile, ma più forte.

“Da quando ti piaccio?” domandò il moro.

“Cosa?” rispose di rimando Laurel, non aspettandosi quella domanda in quella precisa situazione, ma Trevor ripeté per la terza volta la domanda, e Laurel inspirò, indeciso se parlar chiaro o meno. Aveva intenzione di mentirgli, ma poi ragionò sulla situazione, sul fatto che erano in costante pericolo di morte e che, se non ora, nessun altro momento sarebbe stato migliore.

“Da sempre.” spiegò Laurel “Prima solo fisicamente. Poi, ti ho conosciuto e ti sei rivelato brillante e intelligente e affascinante.” confessò e Trevor sorrise, voltando la testa per guardare l'amico.

“Sei proprio uno scemo.” disse, sorridendo “Hai avuto mille occasioni per dirmelo, ed ora me lo dici quando siamo praticamente morti.”

“Perché avrei dovuto dirtelo, scusa?”
“Per stare meglio.” annuì Trevor, muovendosi per alzarsi e subito Laurel si mosse per aiutare l'amico. “Dov'è Shannen?” domandò, e Laurel gli raccontò il piano della ragazza di far saltare in aria l'ospedale intero manomettendo la caldaia. Trevor annuì, pensieroso, mentre restituiva la maglietta a Laurel che la indossava nonostante un evidente segno di morso nella stoffa.

“Andiamo via, allora.” disse, e Laurel annuì, facendo passare il braccio del ragazzo oltre la sua spalla, mettendogli una mano sul fianco ed aiutandolo a camminare per i corridoi dell'ospedale. I due ragazzi procedettero in silenzio per evitare che un qualsiasi nemico, da una creatura al Dottor R ancora in vita, potesse sentirli o puntarli. Gli unici rumori che si sentivano erano i loro passi e, ogni tanto, qualche gemito che usciva dalla bocca di Trevor a causa del dolore.

I ragazzi scesero lungo le scale e l'operazione durò abbastanza a lungo a causa della semicecità di Trevor e al suo peso distribuito anche su Laurel, ma quando i due ragazzi terminarono ciò che era appena sembrata la scalata dell'Everest, si appoggiarono alla parete per riprendere fiato. Laurel guardò l'amico, si vedeva che stava soffrendo ma il suo orgoglio gli impediva di mostrarlo pienamente, ed un forte moto di amore lo colpì allo stomaco, sentendo che i sentimenti per Trevor addirittura crescevano. Le garze erano zuppe di sangue e Laurel propose di cambiarle, ma Trevor insistette affinché lo facesse dopo, quando sarebbero usciti dall'ospedale e avrebbero avuto un momento di respiro. Il biondo annuì e fissò la parete opposta, notando una striscia di sangue. Il suo cuore palpitò, e Laurel si avvicinò, toccando il liquido rosso per vedere se fosse fresco o meno, e sentendo la terra sotto ai piedi mancargli quando constatò che non solo era fresco, ma anche caldo. Laurel si sporse oltre l'angolo e vide che il sangue continuava fino ad una porta, e poi spariva al suo interno.

“Aspetta qui.” disse Laurel.

“Che c'è?” mormorò Trevor.

“C'è del sangue. Magari è di Shannen...” sussurrò Laurel “Vado a controllare.”
“Non fare l'idiota! Potrebbe essere una trappola.”
“Potrebbe non esserlo.” ribatté Laurel.

“Ehi.” disse Trevor, avvicinandosi all'amico e poggiandogli una mano sulla spalla “Sappiamo tutti che Shannen non è così debole e che riuscirà nel suo intento...” commentò, provando a convincere l'amico.

 

A) Laurel segue la striscia di sangue
B) Laurel e Trevor escono dall'ospedale


Lana fece per mettere la pistola in tasca, ma arrivò Oliver e la spintonò via. Ecco, aveva esitato ed ora il rosso l'avrebbe mangiata viva, pensò, ma quando vide la mano del mostro dimenarsi come un serpente nell'area vicina a quella dove si trovava Lana poco prima, la ragazza capì ogni cosa: ancora una volta, Oliver l'aveva salvata.

“Grazie.” mormorò Lana, mentre Oliver l'aiutava a camminare per terra per evitare che il mostro la ghermisse.

“Vai oltre la finestra! Cammina sul tetto, vai!” disse Oliver con forte tono d'imperio e la ragazza, ora addomesticata come un agnellino, eseguì gli ordini e le indicazioni del giovane. Scavalcò la finestra, mise entrambi i piedi sul tetto e per poco non scivolò: il tetto era assai ripido poiché spiovente e ricoperto da tegole molto scomode per metterci i piedi sopra. Arrivò Oliver che la prese per la mano ed insieme camminarono lungo il tetto, misurando ogni passo con lentezza e precisione per evitare di cadere. Fecero il giro del tetto fino ad arrivare dall'altra parte, dove i due si fermarono in prossimità della camera di Laurel e Brooke.

“Scusa, non so cosa mi sia preso. Non volevo davvero spararti.” disse Lana, aggrottando la fronte, ma Oliver le fece segno di rimanere in silenzio, con un'aria talmente corrugata che anche Lana iniziò ad avvertire il pericolo. Non si sentiva alcun suono, in effetti, il che significava solo due cose: o il mostro era andato via, o li aveva appena puntati.

“Vieni, muoviamoci.” disse Oliver, non sentendosi al sicuro in quel lato del tetto, e Lana obbedì, ma appena i due svoltarono l'angolo ecco che videro il mostro famelico che, con un ghigno senza labbra, sembrava dire loro “siete fottuti”.

Lana cercò di sfoderare la pistola immediatamente, ma il mirino dell'attrezzo si incastrò nei passanti dei pantaloni della ragazza a causa di un tempismo singolare. La creatura balzò in avanti, Oliver fece per tirare via Lana ma la ragazza era concentrata nel tentativo di liberare la pistola, ma alla fine ci riuscì, la puntò contro la creatura ma essa era ormai troppo vicina. Atterrò su Lana, la guardò con i suoi occhi lattei e ruggì con un tanfo insopportabile dalla sua bocca, ma prima ancora che il mostro potesse morderla, si sentì un cigolio sinistro. Tutti e tre, mostro compreso, si voltarono verso la fonte del rumore e videro le tegole scivolare via e cadere dal tetto. Non ci volle molto, prima che anche Lana ed il mostro iniziarono a scivolare oltre il bordo della grondaia. Il mostro cadde a terra, stordito dal colpo, mentre Lana, con una mano sola, si aggrappò alla grondaia mentre con l'altra teneva stretta a sé la pistola.

“Lascia la pistola e dammi la mano!” disse Oliver, il quale aveva trovato un'asse del tetto da usare come appiglio da cui sporgersi per salvare Lana, ma non poteva raggiungerla se la ragazza non copriva gli ultimi centimetri di distanza con la sua mano.

“Se la lascio come faremo a difenderci?” domandò Lana.

“Ci penseremo dopo, dammi la mano!” urlò Oliver.

 

C) Lana prende la mano di Oliver
D) Lana non lascia la pistola

 

 

La mente di Brooke proiettò i ricordi più passionali che riguardassero lei e Troy, mentre con i piedi la rossa si avvicinava alla fine della sua vita. Si ricordò di quando lo conobbe per la prima volta, al liceo, e fu subito un colpo di fulmine, ma nonostante vi fosse passione in quegli anni da liceali, il loro amore era spesso sconsiderato, difficile, litigioso e per questo si chiudevano uno contro l'altra, in un circolo vizioso di amore che toglieva il fiato. Erano giovani, avevano fatto tante sciocchezze, tantissimi errori e gemiti e lacrime si mischiavano nella loro storia vorticosamente, da far girare testa alla ragazza anche in quel momento. Fu lei a lasciarlo l'anno prima del college perché era stanca di sentirsi la terra mancare sotto ai piedi, di non sapere dove altro aggrapparsi se non alla schiena di Troy; si sentiva fin troppo debole e dipendente nei riguardi del ragazzo e lei che da sempre si voleva far vedere emancipata e indipendente, era finita come un cucciolo nelle grinfie di un padrone che l'amava. Poi arrivò Trevor e lei ci provò con tutte le forze a dimenticare Troy; benché fossero entrambi molto simili fisicamente, Trevor non era capace di dare quei brividi a Brooke che invece Troy dispensava con generosità. Trevor c'era sempre stato, Trevor era uno dei classici bravi ragazzi, Trevor cercava sempre di fare il primo passo quando litigavano; invece Troy era una sfinge di sentimenti, un guscio duro che non si rompeva ma si scalfiva e basta. E poi la sintonia sessuale con Troy era tutt'altra roba. Con una semplice carezza, Troy era capace di far tremare le gambe della ragazza, perché Brooke sapeva che la carezza era solo preambolo di altro, di una passione ben più sfrenata da far paura. Per questo non si sentì in colpa, quando tradì Trevor per la prima volta. Voleva diventare come la protagonista di quel romanzo portoghese che, per un gioco di destino, si trovava dotata di ben due mariti: uno dolce, accondiscendente, che si prendeva cura di lei, l'altro vorace, passionale e lussurioso a livelli instancabili.

Brooke strinse un'ultima volta la testa di Troy sui suoi seni e si voltò un'ultima volta per guardare Drummer Island, l'isola che aveva distrutto ogni cosa nella sua vita, nella vita degli altri, ma chissà perché adesso non le importava più niente. Era lì, da sola, con Troy, e non avrebbe avuto più paura di nulla, non avrebbe più sofferto e, soprattutto, non avrebbe recato più dolore né psicologico come nei riguardi di Trevor, né fisico come nei riguardi di Oliver. Fu il momento del grande passo, e Brooke si inspirò, e si lasciò cadere. Fu sorpresa di come le era sembrato facile morire, in quel momento, era bastato un passo e la piacevole sensazione del vuoto sotto ai piedi, mentre il vento freddo le accarezzava i capelli ed il rumore dell'acqua si faceva più forte, cullandola verso la fine; ma non le importava: aveva Troy con sé e neanche la forza dell'impatto sugli scogli avrebbe potuto dividerli più.


Carissime e carissimi,
questo è stato un capitolo difficile, lo ammetto, perché è la prima volta in assoluto che descrivo il suicidio di un mio personaggio, quindi spero di essere stato all'altezza! Ora che anche Brooke è morta, dobbiamo concentrarci sui cinque superstiti poiché tra due ore arriva il traghetto e potranno dirsi salvi. 
Non sappiamo dove si trovi Shannen, quindi quel sangue può essere suo? Ha bisogno d'aiuto? Oppure, come dice Trevor, è una trappola? E Lana? cosa volete faccia la ragazza? 
Un abbraccio,
The_Lock

  
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