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Autore: Hikari_F    01/11/2015    1 recensioni
Sono ormai tre anni che Kotaru ha accantonato la speranza di trovare qualcuno che gli stia accanto senza prendersi gioco di lui o picchiarlo, pagando cara la scelta infelice di essersi dichiarato gay pubblicamente il primo anno di liceo. Sembra impossibile che, un giorno, qualcuno possa guardare oltre il pregiudizio ed imparare ad amare il piccolo ed imbranato ragazzino per ciò che è davvero. Eppure un giorno, quasi come fosse un disegno divino, Kotaru si ritrova a fare la conoscenza di Ryota, suo affascinante e taciturno senpai. E se il filo rosso del destino volesse condurlo proprio da lui?
Un racconto introspettivo, a tratti malinconico, scritto in prima persona dallo stesso Kotaru.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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-Apriti, diamine!- Grido, imprecando nel buio contro la finestra bloccata. DEVO entrare a scuola, altrimenti potrebbe accadermi il peggio. Piove, piove a dirotto e stavolta non c'è nessun Ryota pronto a proteggermi sotto il suo ombrello. Probabilmente non ci sarà mai più nessun Ryota, per me.

La pioggia che mi inzuppa da capo a piedi si mischia alle lacrime, non so dire se sento più freddo sulla pelle o nel cuore. Quella ragazza...indossava i vestiti del senpai. Era di notte a casa sua...francamente, non trovo altre spiegazioni se non al fatto che stessero passandola insieme, magari a spassarsela sotto le lenzuola, mentre io speravo come un idiota che lui potesse aiutarmi in questa fottutissima situazione che mi è capitata.

-VAFFANCULO!- Di questo passo mi troveranno morto per ipotermia e in fin dei conti sarebbe pure meglio così. Che batosta, cazzo! Incredibilmente, quando stavo per smettere di sperare, sento la finestra cedere sotto i colpi; finalmente potrò cambiarmi e asciugarmi, prima che mi venga un malanno. Almeno la palestra della scuola ha uno spogliatoio molto fornito in cui ormai provvedo alla mia igiene personale da quando...be', da quando non ho più altro posto in cui stare.

L'acqua della doccia è sempre fredda, ma in confronto alla temperatura della pioggia sembra quasi di avvertire un piacevole tepore mentre mi scorre addosso. Mi lavo silenziosamente, trattenendo i singhiozzi; basta piangere, Kotaru. Sii uomo.

 

-Tsubaki?- Chiedo, stiracchiandomi appena mentre i miei occhi si abituano piano al buio della stanza -Ma sbaglio o c'era qualcuno alla porta?-

La ragazza davanti a me mi risponde con uno sbadiglio. Tremola appena per il freddo notturno e striscia sotto la coperta accanto a me, accucciandosi in posizione da gomitolo.

-No...lo sai che mi viene mal di schiena quando dormi qui pure tu.-

-Mhhh.- Mugola, per poi tornare a russare. Evidentemente quello scampanellio devo solo averlo sognato.

 

Questa non è la fine.

Questo è un inizio, una rinascita.

Sii uomo.

Sii uomo.

Sii uomo!

Sciacquo ripetutamente la faccia con l'acqua gelida del lavabo a mi guardo allo specchio: il riflesso che vedo è il nuovo Kotaru. Non più Kotaru Oda...non porto più un cognome. D'ora in avanti sarò un ragazzo che conterà solo su se stesso, che non avrà bisogno di nessuno; sono proprio contento che sia andata così, l'esperienza mi ha insegnato tanto e mi ha dato la scossa di cui avevo bisogno. Dopo una serataccia del genere avrei proprio voglia di sfogarmi davanti a un bel video piccante, come non ho più fatto da quando tutto me stesso era impegnato a desiderare soltanto l'amore illusorio di un ragazzo buono solo a mentire. Chissà se i pc della scuola hanno bloccato quei siti o no, sarà meglio andare a controllare.

 

Quando mi risveglio, con un grandissimo mal di schiena, Tsubaki è rannicchiata accanto a me in posizione fetale. Durante la notte deve aver avuto un gran freddo e ha cercato di riscaldarsi sotto le mie coperte.

-Ehi, piccina.- Dico, scompigliandole i capelli per svegliarla -Lo so che non hai lezione per due giorni, ma io sì. Resti anche oggi o torni a casa?-

Sbadiglia e si risveglia a fatica. No, non credo che sia in grado di rispondere alle mie domande, è praticamente più addormentata che altro.

-Pigrona!- Sbuffo, lasciando il letto per andare a fare una veloce doccia prima di precipitarmi a scuola, non mi va di far tardi.

-Altri...cinque minuti...- La sento mormorare, intanto che chiudo la porta del bagno.

Mentre divoro rapidamente la mia colazione e mi infilo gli avanzi di ieri sera nel bento, la vedo materializzarsi in cucina, ancora assonnata e in stato di zombie.

-Ho fame.- Biascica, rovistando nei cassetti in cerca di cibo.

-Io vado, ok? Tu per quanto ancora ti fermi?-

-Vado a casa anche io.- Dice, con uno sbadiglio -Non ho portato i quaderni e ho dei compiti da fare.- Si stropiccia gli occhi e beve distrattamente un succo -Hai ancora bisogno di me?-

-Tranquilla, se hai da fare...mi ha fatto bene parlare con te.-

-Allora ci salutiamo adesso?-

-Alla prossima, pulce.- Dico scherzosamente, alzandomi per stringerla in un forte abbraccio e schioccandole un bacio sulla fronte -E grazie ancora per il mal di schiena.-

Gonfia le guance e aggrotta la fronte, raccogliendo lo scherzo -Colpa tua che mi accogli sempre in quella stanza ghiacciata. Per forza che vengo a dormire da te.-

Ridiamo.

-Ci vediamo, stupidina. Vorrei dirti “chiamami quando arrivi” ma, come sai, sono tagliato fuori dal mondo delle telecomunicazioni.-

-Oh, a proposito!- Esclama, come se avesse appena avuto un lampo di genio -Oggi mamma mi regalerà un nuovo cellulare. Puoi prendere il mio vecchio.- Continua, rovistando nella borsa e porgendomi il suo smartphone rosa confetto tempestato di glitter.

-Non è il massimo della virilità, ma non posso fare altro che accettare. Grazie!-

-Dai, magari riesci almeno a raschiare via i glitter che ci ho messo.- Mostra la lingua e fa una piccola e dolce risatina. Averla in casa è sempre una grande gioia.

-Ti adoro.- Dico, pizzicandole una guanciotta e scappando per non far tardi a scuola.

-Ti chiamo quando arrivo!- Sussurra alle mie spalle, nell'istante in cui infilo la porta.

Finalmente potrei tornare a scrivere sms...se solo avessi i risparmi per ricaricare la sim. Che palle.

 

Che palle.

Sono andato a dormire rabbuiato, ovviamente i siti erano stati bloccati. Dovrò cercare di mettere da parte degli spiccioli in qualche modo, per attivare una promozione internet sul cellulare. Così almeno dovrei riuscire a scaricarle un po' di scan.

La mia sveglia suona sempre molto presto; devo darmi una sistemata e riordinare la zona dove ho dormito prima che arrivino insegnanti e personale, uscire dalla solita finestra e ricomparire davanti scuola come se lì dentro non ci fossi mai stato, se non durante le lezioni. Vivere così è frustrante, ma ormai è diventata la mia routine. Ah, e anche oggi non ho niente da mangiare.

Ho un aspetto così brutto, debole e malaticcio che incredibilmente nessuno ha il coraggio di infierire. Forse non c'è gusto a prendersela con un morto vivente, o forse sono ancora impauriti per le minacce di...niente. Non voglio ripensarci.

Seguo le lezioni per modo di dire, stavolta sono così stanco che mi addormento e, ovviamente, vengo rimproverato dall'insegnante. Ma tutto questo non è abbastanza, mi tocca anche sorbirmi interi minuti di prediche sull'importanza del rendimento scolastico e altre cazzate.

-Sei sempre stato uno studente modello.- Dice il prof, con un tono più paterno che da docente -Eppure nelle ultime settimane...Oda, è successo qualcosa di grave? Un lutto, una separazione? Non voglio essere costretto a chiamare i tuoi genitori.-

-Professore, lei sa del mio problema di salute.- Taglio corto -Sta un po' peggiorando.-

-Perché non torni a casa per oggi?- Propone, guardandomi con compassione. Come posso dirgli che non ho nessuna casa in cui tornare?!

-Non cambierebbe niente, tanto vale non fare inutili assenze.-

-Almeno vai a prendere un pochino d'aria. Stai mangiando abbastanza? Ti vedo pallido e smagrito.-

-No, in effetti sto mangiando poco. Non mi sento bene e sono inappetente.- Mento, in parte.

-Non va bene.- Dice, scuotendo la testa -Perché non vai a mangiare qualcosa?-

CAZZO, SE POTESSI FARLO LO AVREI GIA' FATTO.

-Professore, posso andare in biblioteca? Mi piacerebbe recuperare i brutti voti e potrei iniziare adesso, visto che comunque non riuscirei a seguire prima di essermi messo in pari.-

-Non mi sembri nelle condizioni adatte a studiare, ma hai il mio permesso.-

Ci congediamo. Nei suoi occhi ho letto che è sinceramente turbato dal mio repentino cambiamento, ma come potrei confessare ad un perfetto estraneo la situazione in cui sono finito? Inoltre, se chiamasse i miei genitori e scoprisse l'accaduto, potrebbe decidere di chiamare assistenti sociali o di intraprendere azioni legali che i miei, col potere del denaro, vincerebbero ad occhi chiusi. Non c'è speranza, meglio accettare le cose come stanno...e poi non mi va di mettere nei guai la mia famiglia. Io, al contrario di loro, li ho sempre amati e nulla potrà cambiare le cose.

La biblioteca è un posto che mi è sempre piaciuto, confortevole e silenziosa. Persino il mio stomaco brontolone sembra aver seguito le regole del posto ed ha deciso di tacere.

-Buongiorno.- Una voce alle mie spalle rompe il silenzio -Scusami, sono nuovo...non è che ti andrebbe di darmi un po' una mano sulle varie sezioni?-

Mi volto; colui che mi ha parlato è un ragazzo affascinante, oserei dire bellissimo. Porta i capelli castano dorato corti ed ordinati, i suoi occhi sono scuri e penetranti. Dovrebbe avere un paio d'anni più di me.

-Va bene.- Dico, felice di aver trovato un pretesto per rimandare lo studio. Alla fine nemmeno me la sentivo di rimettermi sui libri.

-Scusa, non mi sono nemmeno presentato. Masashi, piacere.- Dice, porgendomi la mano. La stringo e lui stringe ancora più vigorosamente.

-Kotaru.- Rispondo, ritraendo la mano dolorante. Cazzo, che energia.

-Cosa ci fai qui durante le lezioni?- Sussurra, mentre lo accompagno ai vari scaffali.

-Sono stato male e non ho potuto studiare. Sto recuperando poco alla volta.-

-Io invece sono un novellino. Sto ancora cercando tutti i libri che mi servono.-

-Nessun problema, ti aiuto io.- Dico, cercando di mostrarmi gentile nonostante i nervi a fior di pelle a causa della fame, della stanchezza e di...vabbè, lo sapete già.

-Sei quasi un miracolo.- Dice, sorridendo e apparendo ancora più gnocco -Non avrei saputo a chi altri chiedere, nessuno parla ai novellini.-

-Nessuno parla nemmeno a me, quindi non farti problemi.-

Inarca un sopracciglio -E perché? Sei una persona gentile.-

-Sì, ma sono anche frocio.- La butto lì, strappando subito il cerotto. Se si leva dalle palle tanto meglio. Non ho tutta questa voglia di chiacchierare.

Non dice niente e continua a guardarmi, inespressivo. Poi gli si illuminano gli occhi.

-Sei serio o lo dici tanto per?-

-Sono serio.- Sospiro, pescando uno dei volumi che gli serve e porgendolo a Masashi.

-Sei anche molto carino.- Commenta, poggiandomi una mano dietro la schiena. Non posso trattenermi dall'arrossire violentemente.

-Ehi, ma che...-

-Scusami.- Dice, interrompendo il contatto -Solo che anche a me piacciono da impazzire i ragazzi. Mi sembra incredibile di aver conosciuto qualcuno con i miei stessi gusti il primo giorno di scuola.-

-Non vuol dire niente.- Mi sbrigo ad aggiungere, pescando un nuovo volume -Sono gay, ma non vuol dire che starei col primo venuto solo perchè...dai, hai capito.-

-Ti piace già qualcuno, vero?-

-Ha importanza?- Dico, spazientito.

-Non per me.- Sorride, è bellissimo e gentile ma sta cominciando ad essere inquietante -Per il momento mi piaci moltissimo esteticamente. Spero che riusciremo a conoscerci meglio, magari...be', potremmo anche scoprire di essere anime gemelle.-

Nessuno mi ha mai parlato in questo modo. Ma ho promesso a me stesso di non fidarmi, di non mettermi più a nudo. Inoltre, per quanto possa negarlo, sono pazzamente innamorato di...sapete già di chi.

“Sei proprio un fesso, Kotaru.” Dice il mio inconscio “Questo tizio potrebbe essere buono per una botta e via. Dopotutto non è quello di cui hai bisogno adesso? Basta sperare nell'amore, coglione! Hai visto come ti guarda Masashi, no? Ti prenderebbe e ti farebbe suo anche qui, se non fosse un luogo pubblico.” Scaccio violentemente questi pensieri. Non intendo avere una relazione occasionale. Per quanto sia disperato, frustrato e deluso...non cadrò in una tentazione del genere.

-Questo era l'ultimo libro.- Sospiro, sperando di aver definitivamente chiuso il discorso.

-Ti va di uscire insieme?- Chiede improvvisamente Masashi, mettendo le mani sulle mie mentre prende il libro -A me piacciono i posti tranquilli. Potremmo andare in un book cafè, se ce n'è uno qui.-

-Non...non posso permettermi spese pazze.- Ed è vero, ma comunque non ho proprio intenzione di accettare un appuntamento così su due piedi.

-Ovviamente offrirei io, visto che ti sto invitando.-

Ripenso al mio stomaco...ho fame. Potrei anche approfittare, alla fine avrei solo da guadagnarci.

-Ok, ma preferirei una cena.- Dico, spudorato come non credevo di poter essere.

Strabuzza gli occhi, poi sorride di nuovo. Sorride sempre, lui. Proprio il contrario di...

-Volentieri. Possiamo andare a mangiare insieme anche stasera, se sei libero. Mi sono appena trasferito e non conosco la zona, forse tu puoi indicarmi un posto.-

Oh, sì che lo conosco. Il ristorante dove lavora...lui.

-Sì, un posto c'è.-

-Meraviglioso.-

-Preferirei che lo vedessi come un appuntamento amichevole.- Dico, scegliendo con cura le parole -Non sono tipo da...cioè, mi sono spiegato?-

-Tranquillo, Kotaru.- Dice -Mi attrai moltissimo, ma non sono un animale e so controllare i miei istinti.-

Ci avviamo verso l'uscita della biblioteca, lui tornerà in classe e io credo che farò altrettanto.

-Sono felice di averti conosciuto.- Dice, chinandosi per baciarmi una guancia. Mi sciolgo come burro al sole -Dovremmo scambiarci i numeri. Per l'appuntamento, no?-

-Sì.- Li scambiamo e mi ritrovo a pensare che è stato davvero facilissimo approcciarmi con Masashi...praticamente ha fatto tutto lui, contrariamente a come sono andate le cose con...l'altro. Evidentemente quando c'è interesse lo si vede subito, mi ritrovo a considerare con amarezza.

-Ti chiamerò nel pomeriggio per la conferma.- Sorride ancora e mi saluta, sfiorandomi una guancia. Le sue mani sono così calde e morbide.

-Ciao.- Dico soltanto, restando alcuni istanti ad osservarlo che si allontana. Non ci sono state farfalle nello stomaco, niente tachicardia...in compenso quello è proprio gnocco e la parte più irrazionale di me mi spingerebbe a mettere da parte il sentimento e accogliere con somma gioia qualsiasi sua proposta.

-Ehi, Kota!- Esclama la voce tanto amata e adesso tanto fastidiosa, interrompendo quel momento di pacifica estraniazione -Come stai?- Chiede il senpai Ryota, parandomisi davanti.

-Come sempre.- Bofonchio, deciso ad evitarlo ora più che mai.

-Stavi chiacchierando con quello nuovo?-

-Sì.-

-Che tipo è?-

-...audace.- Dico soltanto, sperando di suscitare la sua gelosia. Come sono ridotto...non ho accettato l'invito solo per la fame, ma anche sperando di infastidire Ryo. Speranza vana, visto che probabilmente si interessa a me solo come al suo amichetto.

-A me è sembrato parecchio sulle sue.-

-Non con me. A quanto pare gli piacciono i ragazzi.- Le parole mi escono da sole. Che vuoi che gli importi? Non lo so, ma è come se sentissi il bisogno di fargli sapere che potrei avere uno spasimante anche io.

-Ah, sì?-

-Ha detto che gli piaccio.- Non lo guardo negli occhi ma, se lo facessi, ci leggerebbe dentro un infantile ed effimero piacere nel dire questa frase.

-Mh.- Bofonchia -Stai attento con i tipi così.-

-E perché mai? Tu devi forse stare attento con le ragazze che hai intorno?-

-Loro non sono alte il doppio di me e io non sono un piccoletto cagionevole.-

-E cosa potrebbe mai farmi? Nemmeno lo conosci e già lo etichetti come un porco?-

-No, no, non ho detto questo. Nemmeno tu lo conosci, però. Quindi...-

-Vabbè, non è affar tuo quello che faccio.- Mi rendo conto di essere stato antipatico, ma ce l'ho a morte con lui. Evito sempre di guardarlo perchè altrimenti ripenserei a stanotte, a quella ragazza con addosso i suoi vestiti... e soffrirei come un cane.

-Torno in classe. Ciao.- Sbuffo, girando i tacchi e allontanandomi...ma la sua mano mi trattiene bruscamente e mi costringe a guardarlo.

-Kota, ma che cazzo ti sta succedendo? Non solo stai visibilmente male fisicamente, mi eviti senza un perchè, adesso inizi anche a fare lo sconsiderato?-

-Lasciami.- Dico con un filo di voce. Mi sta facendo male e, in tutto questo trambusto, non ho ancora preso le medicine.

-No, adesso devi guardarmi. Che ti ho fatto? Perché non ti confidi con me?-

I miei occhi si riempiono di lacrime a ripensare alla nottata insonne, alle paure, al mio cuore infranto, al casino con i miei. Tutto questo è successo soltanto perchè sono gay. Se non fossi stato gay i miei non mi avrebbero cacciato, non mi sarei innamorato di Ryota, non sarei stato solo, senza nessuno, vittima di bullismo e pronto a cascare come una pera alle lusinghe di un Masashi qualunque. Cosa darei per non essere nato così. I miei avevano ragione, sono davvero malato! Essere gay è il mio handicap. Essere gay mi ha tolto ogni possibilità di vivere una vita felice.

Il peso di tutte queste considerazioni mi schiaccia come un macigno; ho sopportato, silenziosamente, troppo a lungo. Il mio corpo fragile non può andare avanti ancora per molto; mentre inizia una crisi respiratoria, senza medicine che possano calmarla, vedo Ryota offuscarsi ed i miei occhi chiudersi lentamente, i suoni della scuola si fanno sempre sempre più ovattati. Sto perdendo i sensi.

 

-Tutto bene, ha avuto un mancamento. Non è mai successo prima, a scuola. Di solito prende regolarmente le sue medicine ma, a quanto pare oggi non è stato così.-

-Mi sono preoccupato. Quindi non è niente di grave?-

-No, ma è molto debole. Ha l'aria di non mangiare da tempo.-

-Lo sospettavo. Adesso cosa posso fare per aiutare?-

-Accompagnalo a casa. Deve prendere le sue medicine e restare qualche tempo a riposo.-

-Che tipo di medicine sono?-

-Ti scrivo una ricetta.-

I suoni si sono amplificati man mano e mi sembra di essere appena uscito da un'apnea. Dove sono? Che sta succedendo? L'ultimo ricordo che ho è la crisi respiratoria, con Ryota che scompariva.

-Sì è svegliato!- La voce del senpai rimbomba contro le pareti e lo vedo avvicinarsi alla brandina su cui sono steso. Mi sento un po' meglio dopo questa dormita, il lettino dell'infermeria della scuola è più comodo dei materassini della palestra.

Quello che accade subito dopo è una sequenza confusa. Non riesco a reggermi bene in piedi e Ryota mi tiene in braccio, camminando spedito nonostante il mio peso. Stiamo uscendo da scuola e, a quanto pare, ci dirigiamo verso una farmacia.

Sta comprando le medicine per me, di tasca sua. Mi sta aiutando a prenderla. Tutto ciò che sta succedendo mi sembra molto confuso ed irreale, come in un sogno, ma il farmaco che entra in circolo e mi regolarizza la respirazione mi fa capire che sta accadendo tutto per davvero.

-Ora ti riporto a casa, ok?-

Bastano queste parole a ripristinare un barlume di lucidità. NO! Non possiamo assolutamente andarci, non saprei nemmeno da che parte cominciare per dare spiegazioni.

-N...o.-

-Kota, non parlare. Sei stanco.- Mi carezza la testa e continua a trasportarmi fino a quella che una volta era casa mia.

-Per...favore.- I miei occhi si riempiono di lacrime. Prima che possa continuare nella mia implorazione, sento le palpebre diventarmi pesanti e l'oscurità avvolgermi completamente.

 

-Ehi, Tsu. Non sono mai stato così felice di vederti.-

-Ehi, figurati. Lo sai che quando posso dare una mano ne sono contenta.- Tsubaki sorride e prende a rivolgere le sue attenzioni a Kotaru, che giace nel mio letto in preda ad un sonno agitato -Caspiterina, sta davvero male.-

-Ha perso i sensi due volte.-

-Secondo me è il caso di portarlo in ospedale.-

-N....o...- La voce flebile del ragazzo risuona alle nostre spalle -Non...serve.- Tossicchia un po' e si tira a sedere. Allunga la mano sul comodino, probabilmente in cerca dei farmaci che deve prendere; gli porgo il sacchetto della farmacia, sperando che sappia come regolarsi.

-Tsubaki, sai fare un brodino?-

-Se hai un dado istantaneo, sì.-

-Dovrebbe essercene.- Sospiro, la guardo sparire in cucina e mi siedo accanto a Kotaru. Dobbiamo parlare...e anche di una faccenda seria. Non mi va di strapazzarlo adesso che è in questo stato, ma non appena starà meglio mi dovrà dare parecchie spiegazioni. Quando è svenuto ho provato a portarlo in casa sua, ma la serratura non andava bene per le chiavi che aveva in tasca. Inoltre, sulla porta spiccava un cartello con su scritto “fittasi”. Si era trasferito da qualche parte e non ne sapevo niente? O che altro? Questo affare della casa è forse collegato alla sua salute improvvisamente più precaria del solito e al suo aspetto sciupato? Non vedo l'ora di poter far luce sulla vicenda.

-Senpai.- Sussurra, nonostante la dormita ha gli occhi pesti ed è di un pallore innaturale -Cos'è successo?-

-Hai perso i sensi mentre uscivi dalla biblioteca. In infermeria hanno detto che probabilmente sono giorni che non mangi a sufficienza.-

Annuisce debolmente e abbassa lo sguardo.

-Mia sorella ti sta facendo un brodo caldo. Ti prego, cerca di mangiare.-

-Tua...sorella?-

-La ragazza che era con me quando ti sei svegliato. Tsubaki!- Esclamo -Come va di là?-

-Sta venendo bene! Credo. Se ci fossero dei pezzettini di pollo sarebbe meglio.-

-Forse ho qualcosa di surgelato che puoi mettere in microonde.-

-Niente porcherie! Se non mangia da tanto avrà lo stomaco sensibile.-

-Ah. Vero.- Torno a rivolgermi a Kota -Come ti senti?-

-Meglio.- Dice, non l'ho mai visto così. Sembra spaventato, ma di cosa ha paura esattamente?

-Senpai...-

-Ryo.- Lo correggo.

-Ryo...- Si massaggia le tempie con una mano -Ti devo...delle spiegazioni.-

-Me le darai quando saremo soli.-

Mi alzo e aiuto Tsubaki a portare il vassoio con la ciotola di brodo. Aiutiamo Kotaru a berlo e ci assicuriamo che sia sufficientemente coperto.

-Mi piacerebbe restare per rendermi utile.- Interviene Tsu -Ma ho un appuntamento tra poco.-

Vorrei chiederle che tipo di appuntamento ma, ora come ora, sono troppo preso da Kota per pensare alla mia sorellastra. Ci salutiamo rapidamente.

-Ryo.- Mi chiama Kotaru, con la voce incrinata -Non ho più una casa.-

-Che significa?- Sbotto, senza sapere che pensare.

-I miei genitori mi hanno cacciato di casa perché hanno scoperto che sono gay. Mi hanno messo un detective alle calcagna che ha fatto indagini a scuola. Poi sono passati a controllare a casa e hanno trovato la mia collezione di riviste e dvd che...non lasciavano più dubbi.- Sembra sul punto di scoppiare in lacrime, ma si trattiene, si fa forza. Non mi è mai sembrato più maturo e adulto di adesso.

-Tutto questo è ridicolo!- Sbraito, trattenendomi dal colpire il muro con il pugno.

-Fino ad ora ho vissuto nella palestra della scuola, cambiandomi nello spogliatoio. Mi stavano finendo le medicine. Non ho mangiato più nulla da quando ho finito i soldi. Ieri ero così affamato che sono corso di notte fino a qui, sperando che tu potessi accogliermi!- Sta urlando e mi rendo conto che non è realmente consapevole di quello che sta dicendo. Il dolore lo sta portando al delirio e probabilmente non aveva davvero intenzione di confidarmi tutto questo -Ma mi ha aperto tua sorella. Io non sapevo che fosse tua sorella! Vi ho visti insieme anche al festival di fine anno, ho pensato che aveste una relazione. Sono impazzito di gelosia e ho buttato via il regalo che ti avevo preso, non volevo più parlarti. Quando in piena notte l'ho trovata a casa tua, con addosso i tuoi vestiti, io...- Adesso piange apertamente, è scosso da piccoli tremori e scansa il mio contatto -Ma cosa speravo di ottenere da te?! Potevo mai sperare di piacerti?- Si getta a pancia in giù e inizia a soffocare il pianto nel cuscino. Non so che dire. Non so che fare. Ho paura che qualunque cosa possa solo peggiorare il suo stato.

-Kotaru.- Dico infine, una volta che i singhiozzi si sono calmati -Sono importante per te?-

Non mi risponde e riprende nel suo fiume di confessioni -Quel tizio in biblioteca mi ha fatto delle avances. Ho accettato un invito a cena per stasera nel ristorante dove lavori. L'ho fatto perché avevo fame, ma anche perché speravo che tu fossi geloso.- Per un istante mi domando quante di queste cose ricorderà di avermi detto. Mi domando come si comporterà quando si renderà conto di essersi messo completamente a nudo davanti al suo senpai -Ma a te non sarebbe importato nulla. Cosa darei per un po' di attenzioni. Cosa darei per essere anche solo una piccola parte del tuo mondo! Guardami, Ryota. Guardami e dimmi che quello che vedi non è insignificante...- Stringe debolmente le lenzuola nei pugno, senza cessare il tremore convulso che lo scuote da capo a piedi.

Che cos'è che ti rende così bisognoso di avermi accanto? Sei innamorato di me, Kotaru? Esiste davvero al mondo qualcuno che può avere la necessità di tenermi al suo fianco, qualcuno che soffra senza la mia presenza?

-Sono importante per te?- Ripeto, a voce un po' più alta.

Lo osservo mentre solleva la testa. Si volta e mi appoggia le mani sul viso, facendomi sussultare. Il contatto improvviso mi innervosisce e mi arrabbierei, se non sapessi che è fuori di sé.

Non dice niente.

Mi guarda con gli occhi lucidi e gonfi di pianto e, prima che possa rendermene conto, mentre le calde lacrime che inondano il suo viso bagnano un po' anche le mie guance, riesco percepire il suo respiro sulla pelle...e le sue labbra sono premute contro le mie, in un disperato bacio rubato che segna la muta risposta alla domanda che gli ho rivolto.

 

 

 

 

   
 
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