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Autore: theuncommonreader    02/11/2015    2 recensioni
|Nuova introduzione | Zeus/Persefone; Ade/Persefone|
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Prima della regina degli Inferi, prima di Persefone, c'è Kore, la giovane incarnazione della primavera. Per un Immortale le stagioni scorrono in un ciclo senza fine, ma l'esistenza della figlia di Demetra ha preso a girare impazzita: la vita ritirata che ha condotto in Trinacria non l'ha preparata ad affrontare se stessa e la sua stirpe, e ora un segreto più grande di lei le grava sulla coscienza: un segreto che, privata della sua confidente, deve tenere per sé; che sua madre è disposta a tutto per scoprire; che suo padre non desidera altro che celare.
A tutti è richiesto un sacrificio - ad alcuni più di altri. Ma la bilancia del Fato non tiene conto di Odio e Amore, solo di Necessità, e quando servirà uno sposo, poco importa che si tratti di chi le ha portato via la sua Leuce e che il suo sia un regno remoto e inaccessibile: il Caso non esiste e Kore è fiduciosa di avere una meta. Scoprirà, però, che quando ci si crede arrivati, spesso bisogna ancora partire.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Demetra, Persefone, Zeus
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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sei

VI.

La vecchiaia 

insegna 

ogni 

cosa







« La pioggia è cessata. »

Si incontrano a metà strada, la giovane e la vecchia, sul sentiero sconnesso dei campi. La terra umida, un mare nero sotto la pelle nuda, le appesantisce l’orlo della veste lacera, e brividi piacevoli partono dalla pianta del piede scalzo e risalgono lungo le gambe stanche.

Piacevoli, ma ben poco ristoro per quel corpo mortale da nonna che le è toccato indossare, ulteriore precauzione al mantello di Nyx. L'altra si è avvolta in un simile simulacro, nascondendo il peso degli anni dietro l'aspetto di fanciulla di verde età.

In lontananza, Eleusi tace.

Le membra di Demetra accolgono grate la fede dei suoi abitanti, che ridona energie alla dea sfiancata; poca pace trova però la sua mente, mentre gli occhi cercano quelli antichi dell’altra, il cui volto – troppo liscio per non essere maschera di carne – è poco più di un profilo nella luce fioca della luna calante.

« Ringrazio per questo. Chi, non saprei. » Sospira provata, posando una mano sulla fronte increspata di rughe. « I Mortali non contano le loro fortune, ché non mai manca un dio a cui votarsi. »

Dita sottili si stringono attorno alle sue, di un fresco diverso dell’aria notturna, e il loro tocco è quello che ricorda. Ricambia la stretta, abbassando l’altra mano e posandola su quella che si stringe sulla propria.

« Allora, affidati a me, chedeia, [1] ascolta chi ha quattro orecchie [2], tutte al tuo servizio. » Mai si è fatta scrupoli, la sua nutrice, a ricordarle che la vecchiaia insegna ogni cosa, e il passare del tempo l'ha lasciata immutata nello spirito. Pure nel buio, Demetra sa che le sta sorridendo in quel suo modo agrodolce che colora le sue memoria di giovane dea. La presa cambia, gentilmente la tira verso il suolo umido, e Demetra si concede di essere docile, di riposare contro la culla addormentata che è la madre di sua madre.

Si siede accanto a lei, Calligeneia, le dita ancora intrecciate alle sue; il passare del tempo non ha mutato neanche le sue carezze. Demetra, nascosta dal mantello dell’oscurità, batte le palpebre sugli occhi bagnati.

« I flutti sussurrano di accadimenti segreti, stranezze per gli stolti, parole alate [3] per chi sa ascoltarle. Il figlio di tua figlia vive: ninfe di fiume lo allevano a Mesatis [4], e il fanciullo prospera trai monti di Acaia. »

« L’acqua è la cosa più grande », replica Demetra in un sussurro, poiché le cose dette possono essere udite [5], e il sollievo è ambrosia che le scalda l’icòre. « Ma perché tanta segretezza? Zeus non ha mai badato troppo all’onta dei figli bastardi, suoi o dei suoi figli; non c’è sposo che possa offendersi all’indiscrezione di Kore, se non quello malvagio che le ha tolto l’onore. » La bocca le si piega in una smorfia di odio, le dita strizzano quelle di Calligeneia con troppa forza. « Gli ho fatto visita », rivela, la stizza nella voce, il disgusto al ricordo di quel bacio che le ha strappato. « E quanta cura le riserba, alla figlia che così a lungo tanto bene ha ignorato. Troppa cura, troppo tardi. »

Frasi amare, nella notte. Ma lo conosce troppo, Zeus, da fratello e da amante, per farsi incantare da certi suoi bei discorsi. Sul momento non ha fatto caso a come, tenendola per mano, l’abbia sviata dalla questione importante. Un altro padre in ogni maniera tenterebbe di salvare le apparenze quando la figlia che si professa vergine mette al mondo un fanciullo fuori dai voti del matrimonio; un altro padre.

Il segreto è nella segretezza, ne è certa; così, lambiccandosi la mente, a malapena prende nota dell’esitare della balia, di solito tanto sciolta di lingua. Con un gesto del capo la esorta a parlare, e quando la tensione nelle sue dita non si scioglie, anche Demetra si allarma, si piega un poco in avanti col busto.

« C’è risposta anche a questa domanda, signora, ma dovrai ascoltare con orecchie di dea, non col cuore di madre. Più e più volte mi hai detto che credi tua figlia assalita da un qualche balordo; uno non comune, magari, di questi Mortali in cui al sangue si mischia l'icòre - o non sarebbe sfuggito alla mia guardia con tanta facilità », mormora Calligeneia, abbassando il capo in segno di vergogna. « Ma presta attenzione alle parole di chi conosce le creature femminili, perché ti giuro sullo Styx che dico solo cose vere. Il bambino non è frutto di seme mortale, Demetra, né è un mezzosangue. »

Demetra trattiene il respiro, scostandosi appena, ma le dita di Calligeneia restano attorno alle proprie con insospettabile fermezza, per una ninfa della sua età.

« Come puoi sapere per certo, senza mai tu stessa averlo veduto? E l’icòre di Kore deve avergli dato di per sé certi poteri…»

« Perché, mia signora, quel che tanto fa parlare le Naiadi è la sua somiglianza col figlio di Maia. »

« Spiegati meglio », la sprona Demetra, a disagio sulla terra scura quasi da essa spuntassero spini. « Spiegami perché metti in dubbio la purezza della mia unigenita, vecchia folle, prima che io ti batta!  »

« Calma, ragazza! » esclama l’altra, con l’autorevolezza della balia sulla fanciulla. « Calmati e ascolta! Il fanciullo, come un serpente, muta di continuo! Cambia d’aspetto, tramutandosi in questo o quell’animale, e, da tanto poco al mondo, già in quella forma è capace di cacciare! Le fattezze sono quelle di un comune bambino, ma sulla fronte corna gli spuntano, corna di drago! »

Un gemito sfugge trai denti serrati di Demetra, ma la balia, per farle gentilezza, le dimostra poca pietà. « Uno sposo divino facilmente avrebbe potuto eludere la sorveglianza mia e dei tuoi draghi, intrufolarsi nella grotta di Kore e consumare l'unione; e quante volte! Più che abbastanza per concepire un figlio, cosa che accade, sì, ma è ben rara con un solo accoppiamento affrettato. »

« E dunque, Kore mi avrebbe mentito. »

« Non le hai forse celato la mia presenza tu stessa? Non dire è mentire, Demetra, e ricordo che tu per prima, fanciulla dei suoi anni, sapevi bene come aggirare i divieti della tua signora madre. »

« Non vuol dir nulla », si affretta Demetra a interromperla, che non osa sperare, « che lo sposo sia divino o mortale. Forse che gli dei hanno per le dee più riguardo degli stalloni per le giumente in primavera? »

« Ah, ma per tua stessa ammissione, mai Kore ha parlato di accoppiamenti rapaci. Solo, ha celato il nome del padre – e verso di lui pronuncia discorsi di odio, o di paura? Le leggi negli occhi il terrore che scorre sotto la pelle della femmina violata? »

 Demetra ascolta quelle parole e vola, vola con la mente alla gravidanza di Kore, rievoca l’immagine malinconica della figlia dal ventre gonfio e lo sguardo lontano; al ratto, al bambino, al destino infausto di Leuce ha imputato quella malinconia, ma mai Kore ha mostrato raccapriccio ad esser toccata, o disgusto; mai  ha guardato un maschio, divino o mortale, col timore nello sguardo.

Oh, sapere che non ha sofferto quell'onta! Come se un peso si sollevasse dal cuore, la fa librare leggera nell'aria notturna; ma, se non è stata costretta, era allora consenziente...

Innamorata. Il peggior malanno della mente. [6] E ora, tragedia annunciata, il suo cuore è spezzato. Dev'esser così. Non è il suo corpo ad esser stato rapito, è il suo animo; e Demetra torna a schiantarsi a terra, poiché ha assaggiato il dolore di un simile lutto, ne conosce il corrosivo lambire; per tutta la vita ha tentato di proteggerla, quella figlia destinata a seguirla anche in questo. 

Ristoratrice, la mano di Calligeneia si posa sulla sua schiena, la massaggia, e non è quella liscia del suo travestimento, ma la nodosa della sua infanzia.

« Via, chedeia, via. Avrà avuto le sue ragioni, come te quando è stato il tuo tempo. E, come te, di fronte al bivio, ha scelto sua madre e i suoi voti. »

Demetra si tende. Calligeneia getta sale su una ferita aperta.

« … Non parlarmi di bivi e crocicchi. »

« Ahh… di nuovo hai bisticciato con Ecate. Per questo non l’hai portata con te. » La sua voce è quella paziente della nutrice che la corregge per l’ennesima marachella, quasi fosse un poco tarda. « Ecate è legata dalle sue promesse: dice quanto le è concesso di dire. »

La stessa cantilena, per tutti quegli anni. Demetra comprende il legaccio dei voti, ma cert'altri legami, in casi straordinari, dovrebbero superarli per importanza. Anche Ecate è madre; dovrebbe capire che nulla può competere con un essere che da uno si divide in due. Conosce l'amore infinito che Demetra porta per Kore, i sacrifici che in nome di quell'amore ha compiuto.

La sua più cara compagna, la chiama, eppure le elargisce solo silenzi. 

Demetra stringe i denti a quell'ennesima fitta di dolore.

« Mai abbastanza! »

« E noi, questo, lo sfrutteremo a nostro vantaggio. »

La fronte aggrottata, ora, Demetra solleva il capo, cercando il volto della vecchia nutrice, ora illuminato dalla falce della luna. Sorride, sdentata, una vecchia volpe fiduciosa. Unica tra quanti Demetra conosce, le riesce di sorridere ed esser grave nel medesimo istante. « Se la pelle di leone non basta, figlia mia, mettiti quella di volpe [7]: fatti furba. Molti della tua razza favoriscono draghi e serpenti. Il figlio di Leto, per esempio, o il signore della Guerra... che, se la vecchiaia non mi toglie il lume della ragione, entrambi hanno corteggiato Kore, quando il Divino Padre vi ha chiamate all’Olimpo. E, casualità, dalle acque di Pafo mi giunge notizia che Zeus si intrattiene con Cipride, la quale di nuovo è invitata ai banchetti di Era. »

Demetra si raddrizza, le orecchie tese all’ascolto.

« Certo », continua la vecchia, persa nel suo ragionare, « all’apparenza poco c’entra col piccolo Cacciatore che Kore ha dato alla luce. Ma ben strana coincidenza, che la dea dal bel sorriso torni in auge di questi tempi, quando la ferita del figlio di Era [8] è ancora tanto fresca e il riso, alle sue spalle di marito cornuto, o in faccia, è ancora inestinguibile. [9]. »

Dov’è che vuoi arrivare, nutrice, vorrebbe domandarle, forse che davvero vecchiaia e solitudine ti han fatto perdere il senno? Non si azzarda, tuttavia. Il giudizio di Calligeneia è sacro per lei quanto quello di Zeus per tutti gli altri.

« Se anche fosse Ares lo sposo », e Demetra altamente ne dubita, nel proprio cuore: il bellicoso figlio di suo fratello tutto pare tranne che il dio a cui Kore concederebbe una seconda occhiata, « pensi davvero che Zeus si scoprirebbe tanto generoso da riammettere Afrodite per ammansirla nei confronti di Kore? Per… proteggerla dagli effetti dell'Amore, quando lui stesso neppure tenta, per sé? Fosse anche, resta il dilemma… perché tanta improvvisa, paterna premura? »

« O, magari, così vuol far credere a un occhio che lo sta a guardare. Vale la pena di porvi la mente, non credi? », domanda la vecchia, e Demetra le scopre un poco troppo entusiasmo di pettegola nella voce arrochita. « L’identità dello Sposo è la chiave. Kore ancora non sa che ero lì io a farle la guardia, è così? »

Scuote il capo, Demetra, per l’ennesima volta domandandosi dove la balia voglia arrivare.

« Allora, non troverà nulla di cui preoccuparsi per una piccola riunione della famiglia, in occasione delle Procaristerie.»

« … Pensi si confesserebbe con te? »

« Mia cara, con tutto il rispetto e tutto l’amore che ti porto, le orecchie che da così tanto tempo se ne stanno attaccate al mio capo sono molto più grosse delle tue, e più comprensive. »

« Davvero la credi tanto sciocca dal rivelare a te, la più vecchia alleata di sua madre, quel nome, che maledetto esso sia? »

« Non sciocca… solo, bisognosa di sfogarsi. E del resto, ricorda poco di me, forse nulla. Abbastanza da credere che l’età m’abbia intontito. O azzittito. »

« Calligeneia… »

« Certo, Ecate vedrebbe oltre questa piccola messa in scena… ma del resto, lei già conosce quanto ci preme sapere; come è obbligata a non rivelare a te certe cose, così con Kore avrà la bocca cucita, se è destino che questo nome tu lo venga a sapere...»

Demetra vuol bene ad Ecate, davvero; ma l’idea di vederla sulle spine come ella ha messo lei, al momento, è piuttosto allettante.

«... Se così è, dai retta, glielo caverò dalle labbra, alla tua Kore. E nulla lega me al silenzio. »

La sua bocca rugosa si posa sul capo ingrigito di Demetra con l’amore di un madre. « Rasserenati, chedeia: prima scopriamo quel nome… poi penseremo a cosa potrai fartene. Magari, Zeus si scoprirà generoso una seconda volta – tanto generoso da restituirlo, questo fanciullo cornuto che tanto gli preme di far sparire. »

Ne dubita, Demetra, in cuor suo; sua figlia, però, è un tesoro che va protetto da quanto di brutto infesta il mondo, e non potrà farlo, se il pericolo resta invisibile, ragiona. Il suo compito è mostrarle la vita, tenerle la mano affinché la volpe non due volte venga presa al laccio. [10]

(Sotto la pelle della madre-leonessa, l’idea sola, finalmente, di poter battere il fratello in qualcosa –  di averlo in pugno in qualunque modo – per la prima volta dopo un tempo tanto lungo da parere infinito, inconsapevolmente le strappa un sorriso.)



NOTE:

[1]: Letteralmente, "mia diletta".  

[2]:  Letteralmente, "ascolta chi ha visto e ascoltato molte cose".

[3]: Espressione omerica che si riferisce a parole "efficaci", che subito colpiscono nel segno l'ascoltatore.

[4]: Antica città dell'Acaia.

[5]: Antico proverbio greco.

[6]: Una citazione da Platone.

[7]: Antico proverbio greco: letteralmente, appunto, "farsi furbi".

[8]: Efesto.

[9]: Espressione omerica: il riso inestinguibile degli dei alla vista di Afrodite e Ares colti in flagrante e catturati dalla rete di Efesto.

[10]: Proverbio greco: "non fare lo stesso errore due volte".

   
 
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