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Autore: Ambaraba    02/11/2015    3 recensioni
Piccola one-shot incentrata su Gadreel - una missing moment, se vogliamo... Anche se il "moment" in questione è lungo circa due millenni:
"Ecco, tutto ciò che hai. Quattro pareti incise di rabbia. Un'eternità da prigioniero."
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gadreel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Gadreel - Writing's On The Wall Of My Prison

Writing's On The Wall (Of My Prison)

Note:
    Innanzitutto, salve a tutti!
È tantissimo che non scrivo in questa sezione – salvo una rapida incursione, qualche tempo fa, per un personaggio che ho amato subito, Benny :)
    Il personaggio che mi ha spinto a mettere insieme questa piccola ff, questa volta, non
è altrettanto positivo – ma, spero, nemmeno del tutto negativo. Gadreel mi ha incuriosito fin dalla prima apparizione – quando ancora si nascondeva dietro il nome di Ezechiele e speravo che diventasse un ulteriore alleato, per i fratelli Winchester. 
L'ambiguità del suo comportamento mi riempiva di dubbi e allo stesso tempo mi attraeva, perciò ho continuato a seguire gli episodi cercando di "comprenderlo" un po' di più... Spero di esserci riuscita, e che apprezzerete questa ff nonostante Gadreel non sia proprio amatissimo - per ovvi motivi. Ciò che ha fatto a Kevin è imperdonabile, lo so, ma... In qualche modo, è un personaggio che sento vicino, per certi aspetti.
    Sono
tre le grandi possibili motivazioni che ho visto dietro le azioni di questo angelo, e che mi inducono a sperare che riesca a mettersi sulla buona strada, prima o poi.
    La prima è il bisogno lacerante di essere perdonato per i suoi errori - in modo da essere accettato di nuovo dai suoi fratelli. La seconda, è una profonda incapacità nel distinguere gli amici dai nemici e il Bene dal Male – non solo per aver lasciato entrare Lucifero nel giardino, ma anche per aver scelto di allearsi con Metatron invece di aiutare Sam e Dean. E l'ultima, la più viscerale, quella che – secondo me – lo rende più umano, è la paura. Una tremenda, radicata paura di essere imprigionato di nuovo – lo abbiamo visto nella discussione tra lui e Dean, prima dello scambio per riavere indietro Castiel. Queste tre ragioni non lo giustificano affatto, però... Non so, non mi sento di giudicarlo. E voi?
    Detto questo, vi lascio alla storia – segnalandovi soltanto la canzone che l'ha ispirata, la bellissima
Writing's On The Wall di Sam Smith ( questa qui ).
    Buona lettura!
    A. :) 

‘‘ As the stars begin to gather

And the light begins to fade
When all hope begins to shatter
Know that I won't be afraid ‚‚

Cella celeste. Settecentoottantanovesimo anno di prigionia.
    Milioni di giorni, milioni di preghiere. Sono milioni o forse miliardi, le stelle che hai visto cadere dalla feritoia della tua cella.
Siedi, compostamente, in silenzio. Sempre nello stesso angolo, sempre nella stessa posizione – con le ginocchia raccolte al petto, le braccia a circondarle e la testa nascosta tra di esse – come se volessi scomparire dentro te stesso, come se non ti stancassi mai di chiedere perdono.
Tutto intorno a te, nello spazio ristretto che ti è stato riservato, ci sono soltanto sbarre, silenzio e pavimenti freddi.
    Lacrime calde scorrono sulle tue guance e non sai dire se sei ancora vivo oppure no. Sei solo da così tanti anni - cinquecento, forse più. Hai smesso di contare il tempo: è inutile, quando sai che la tua condanna non avrà mai fine. Daresti qualunque cosa per ottenere il perdono, per riavere la tua libertà... Ma, finora, nessuno ha ascoltato le tue preghiere e i tuoi pianti.

Giorno Zero.
    Vogliono che confessi.
Il giardino dell'Eden è stato violato. Le creature umane che ospitava... Sono state corrotte. Il Serpente è passato...
… E tutto questo per colpa tua.
Non hai fatto in tempo nemmeno a dire qualcosa per tentare di discolparti. Gli arcangeli ti hanno preso e sbattuto in cella, in attesa di un processo.
Tu ti vergogni. Ti sei pentito di ciò che hai fatto. Non era tua intenzione... Sei stato vittima di uno degli inganni di Lucifero. Hai lasciato passare l'arcangelo perché ti sembrava buono... Ti ha ammaliato e raggirato e abbindolato, e tu l'hai lasciato fare. Non avevi abbastanza scaltrezza per capire... Eri preparato per fare la guardia ad un giardino, ma non a difenderti dalle chiacchiere, dai dubbi e dalle insinuazioni del Portatore di Luce. Sei stato uno sprovveduto. Avevi delle debolezze, come tutti, e non ne eri consapevole. Sei stato così spericolatamente ingenuo da lasciare che l'arcangelo le vedesse, le usasse per indurti a fare ciò che voleva... Ti sei fidato. Soltanto dopo hai capito...
    Hai tradito Dio.
All'inizio non hai parlato. Eri così mortificato, così spaventato e sopraffatto da ciò che stava accadendo, che ti sei chiuso in un ostinato mutismo, in preda allo shock. Per i primi tempi, gli angeli si sono limitati a interrogarti e basta. Poi, hanno cominciato a mandarti Taddeus, e lui ti ha fatto del male... Molto male.
    Passavi tutto il tempo della tua detenzione in assoluta solitudine, finché la porta non si apriva e l'angelo non faceva il suo ingresso. Il modo in cui ti ha ridotto... Non eri più nulla. Ti ha ferito, torturato e umiliato in ogni modo possibile e immaginabile. Ma tu ancora non parlavi. Così, Taddeus ha scelto di percorrere altre vie.
    Quasi tutti sapevano di te e Abner. Anche se nessuno si azzardava a dichiararlo apertamente, era ovvio che il legame fra voi due fosse splendido e indissolubile... Abner era la tua gioia. La sua Grazia si allacciava stretta con la tua, giocavate assieme, caldi e fusi in un'unica Essenza. Non sei mai stato così felice in vita tua se non quando eri con lui...
E Taddeus ha usato questa tua debolezza contro di te.

    Ha catturato Abner, lo ha torturato nella cella accanto alla tua per farti sentire le sue urla. Ha torturato un innocente per torturare te. Te lo ha restituito, scaricandolo sul pavimento della tua cella - quasi come se fosse un rifiuto, - completamente a pezzi. Dentro e fuori. Per punirti ulteriormente, per farti sentire colpevole, per indurti a cedere... E tu non hai potuto fare altro che abbracciare il tuo angelo piangendo, chiedendogli perdono per aver dovuto scontare le tue colpe. Hai usato tutta la tua Grazia, tutta la tua energia per rimetterlo insieme, ogni volta. Ti sei sentito morire, guardandolo soffrire. Avresti voluto che Taddeus si sfogasse solo con te, che facesse soltanto a te quelle cose... La sofferenza di Abner era intollerabile – e tu eri sempre più debole, guarirlo diventava sempre più difficile.
    Hai cominciato a stare sempre peggio. Soffrivi il dolore di Abner oltre che il tuo. È quello, il senso della tortura di Taddeus: spezzarti spezzando ciò che hai di più caro.
Funziona.
    Confessi. Ammetti di aver lasciato entrare Lucifero nel giardino. Sai di non avere scuse, sai che la punizione sarà severissima... Stai morendo di paura, ma almeno non tortureranno più Abner. Gli angeli si riuniscono. 
  
    Avevi un solo compito, e hai fallito. I tuoi fratelli non hanno pietà di te.
Il processo è rapido, la sentenza è definitiva.
Oblio.

    Vieni gettato di nuovo nella cella, stavolta sapendo che non ne uscirai più. Da quel momento in poi, nessuno ti rivolge più la parola, nessuno ti fa più visita – nessuno ti guarda, nemmeno di sfuggita. Nessuno può nominarti. Sei stato condannato alla damnatio memoriae... La punizione peggiore. Sarai ignorato, cancellato dalla mente e dai cuori dei tuoi fratelli... Finché persino il ricordo di te si perderà nel nulla.
    Urli, piangi, ti disperi, strattoni e prendi a pugni la porta chiusa. In preda alla rabbia, insulti persino tuo Padre-- come può, per il solo errore di un istante, dannarti per l'eternità? Hai sbagliato, ma è stato un errore dettato dalla buona fede, dall'ingenuità. Sei stato debole... Solo per un attimo. Non sapevi. Hai lasciato che Lucifero ti manipolasse perché ti sei fidato di lui... Come potevi sapere? Se potessi tornare indietro, non lo rifaresti. Amavi quelle due strane, fragili, imperfette creature – l'uomo e la donna, - a modo tuo. Le amavi... 
Ma hai sempre sbagliato, per amore.

***

    La prigionia ti consuma, un po' alla volta. Le tue ali divengono il calendario su cui il tempo segna il suo trascorrere. Ogni volta che le guardi, o che provi a muoverle, ti rendi conto che non hanno più forza, non hanno più-- Sono solo membrane nude, come quelle di un pipistrello; due appendici atrofizzate, ormai inadatte al volo. Le sfiori con il cuore contratto dal dispiacere, dal rimpianto e dalla pietà per te stesso. Il nodo che hai in gola, guardandole, non è nulla in confronto alla morte che hai nel petto. Le tue ali sono la prova tangibile del tuo rapido decadimento, ti suscitano quasi ribrezzo, ormai. Sono due cose morte, due pesi inutili... Piuttosto che vederle così, spoglie e debilitate, preferiresti tagliartele via. Il simbolo del tuo essere angelo, ridotto in quel modo...
Non sei più nulla, in quelle condizioni.
    L'amarezza gradualmente ti logora, ti esaurisce, ti lacera. Hai ancora un po' di speranza – vana, lo sai, ma continui a credere... A sperare... Che Lui non possa essersi dimenticato davvero di te. Non può. Sei suo figlio. Non può abbandonarti... No?
    Non c'è giorno, non c'è trascorrere delle stagioni, là nella tua cella. Dalla minuscola finestrella sbarrata, vedi solo e soltanto le stelle. Sono l'unica compagnia che ti è rimasta.... La solitudine è la condanna peggiore. Non avere nessuno con cui parlare è terribile. Non avere nessuno che ti conforti, quando senti che il peso del tuo errore è troppo grande da portare e ti sta schiantando... È anche peggio.
Nessuno.
    Non riesci a crederci, ancora – anche dopo uno, due, dieci, venti secoli, - che tutti ti abbiano voltato le spalle per davvero.

***

    Finisci col memorizzare ogni centimetro di quelle pareti.
Conosci ogni insenatura, ogni imperfezione, ogni segno – graffi, incrinature, solchi – impresso dalla disperazione di chi vi è stato prigioniero prima di te. Hai cercato, in modo istintivo e del tutto irrazionale, una fessura, un foro, una crepa – qualunque cosa che potesse condurti all'esterno, – ma senza trovarla. Hai cercato, cercato, cercato; hai graffiato e preso a calci e pugni senza ottenere niente... E urlato, sapendo che nessuno ti avrebbe sentito – che nessuno, comunque, sarebbe accorso da te. E pianto, perché non ti restava nient'altro
    Una manciata di lacrime, una manciata di piume annerite dalla tossina incurabile della solitudine, della sfiducia e della disillusione, - quando hai capito finalmente che la sentenza era definitiva e irrevocabile, che non esistevi più, che i tuoi fratelli ti avevano rinnegato. Ecco, tutto ciò che hai. Quattro pareti incise di rabbia.
    Un'eternità da prigioniero.

***

    Il silenzio è un veleno che soffoca la luce della tua Grazia un po' alla volta, come una coperta pesante sopra la fiamma di una candela, finché non ne resta poco meno di un lumicino – un chiarore fioco, debole, fragile... Malato.
Perché speri ancora... Anche se ormai sono passati due millenni, speri che qualcuno prima o poi venga a liberarti. Dio, o magari Abner...
    Ti chiedi dove sia, il tuo amato Abner, se si ricordi ancora di te o se abbia scelto di dimenticarti come hanno fatto tutti gli altri. Il tuo cuore
è convinto che non possa averlo fatto – non dopo tutto l'amore, dopo tutte le cure e la gioia che avete condiviso. Speri di rivederlo, prima o poi. A volte, sogni ad occhi aperti di vederlo comparire di fronte alla tua cella, dicendoti che è ora di fuggire; e le tue fantasticherie sono così vivide che sorridi da solo come se fosse vero, come se stesse accadendo realmente, come se Abner fosse lì con te, pronto a portarti via. Solo quando volti lo sguardo verso la porta irrimediabilmente chiusa, però, ti rendi conto che non è così...
E ti senti soffocare.

***

    Guardi le stelle, e pensi che daresti qualunque cosa per essere una di loro. Brillare, cadere e spegnerti, lasciarti dietro il fantasma pallido e tenace della luce che avevi un tempo... Fuoco fulgido e vivo.
    Odi le tue ali quanto odi te stesso, ormai. Sono così rattrappite e inservibili – le odi, perché ti ricordano ogni giorno le conseguenze della tua colpa e la facilità con cui hai lasciato che il dolore e il risentimento per l'abbandono intaccassero la purezza del tuo cuore – con la semplicità distruttiva di una goccia d'inchiostro in un calice di cristallo. Ti odi, e ormai sei rassegnato. Non sarai mai come le stelle... Non sarai mai più libero.
    D'un tratto, però, il pavimento della tua cella trema, vibra, si scuote: tutto il Paradiso intero sussulta, gorgoglia, borbotta e infine si apre. E il tuo cuore si gonfia di paura, mentre la superficie cede sotto i tuoi piedi – cosa sta succedendo? Tu non lo sai, non sai nulla, non hai mai saputo nulla di quello che stava accadendo fuori.
Hai sempre visto soltanto le stelle.

***

    Scivoli, cerchi qualcosa a cui aggrapparti, ma il Paradiso è solo polvere...
E comincia la tua caduta.

    È libera, è inarrestabile... Spaventosa. Con il cuore in gola e il panico che ti risveglia improvvisamente dal distacco a cui ti sei costretto, per sopportare l'isolamento, cadi ininterrottamente come se qualcosa ti risucchiasse verso il basso; e giri, ti capovolgi, ti avviti su te stesso senza controllo, cercando di spiegare quelle ali deperite e sottilissime che ormai non funzionano più. Cerchi di aprirle, di riportarle alla loro funzione originaria; spingi e fatichi e urli ma la tua voce si perde nel vuoto, riesci a scostarle appena appena dal corpo ma fa male, malissimo, e non resistono alla forza dell'aria, al bruciante, doloroso, caustico impatto con l'atmosfera. Pensi che morirai, immagini di polverizzarti e scomparire prima di riuscire persino ad attraversarla, l'atmosfera terrestre, perché sei troppo debole, troppo fragile: sei come un'esile creatura appena nata. E così chiudi gli occhi, ti raggomitoli su te stesso e ti lasci cadere a peso morto, chiedendo perdono ancora una volta – come hai fatto ogni singolo giorno, tra le quattro pareti di quella tua terribile, piccola cella ormai ridotta in cenere.

    Il cielo della Terra è blu scuro, profondissimo, quasi nero: t'inghiotte e ti assale e ti attira; senti i tuoi fratelli cadere accanto a te, in folle accelerazione, come uno sciame di lapilli incandescenti. Sai che non ti vorrebbero con loro nemmeno in un momento come questo, se sapessero, se ricordassero chi sei; ma stai cadendo e sei convinto che non sopravviverai, e non ti importa. Dopo duemila anni di solitudine, sei contento di morire così, fuori dalla tua cella e riscaldato dal chiarore di quelli che, un tempo, ricordavano il tuo nome.
Mentre lo pensi, finalmente realizzi la cosa più importante.
    Sei fuori, finalmente. Anche se fosse solo per morire, non importa.
Sei libero, e non c'è dono che possa renderti più felice di questo.
    Scivolano lacrime dalle tue palpebre serrate, mentre piangi e ridi e cadi, senza sapere cosa ne sarà di te: ma sei libero, sei libero, ora, e piangi e ridi di gioia come un bambino. Sei quasi corporeo, spirito colpevole e carne e ossa rotte in volo, e volteggi nell'aria chiara della Terra che si oppone alla tua caduta e ti sostiene - senza protezioni, senza difese.
Se anche fosse l'ultima volta, non importa. Se anche stessi per morire, sei felice lo stesso.
    Adesso sei libero.

***

    Sopravvivi. Inspiegabilmente, miracolosamente, quel mucchietto di Grazia sgualcita che hai ti protegge abbastanza da permetterti di resistere all'impatto, anche se non benissimo. Le tue ali sono ferite e strappate, tu non sei messo molto meglio. Ma sei libero, vivo...
La prigionia è finita.
    Impieghi parecchi giorni per riuscire a muoverti, e ancora di più per trovare un tramite disposto ad accoglierti. Incontri quest'uomo, nei pressi di un bar... Lui dice sì. Crede negli angeli, anche se probabilmente se li aspetta diversi da come sono in realtà.
    Stai un po' meglio. Le tue ali testimoniano ancora il dolore che ti è stato inflitto... Ma tu sei più prudente, ora - anche se è difficile, dal momento che non sai nulla di ciò che sta accadendo né del motivo per cui ora sei libero. Senza contare che, per come ti esprimi, sembri proprio uno che non mette il naso fuori da due millenni... Hai decisamente bisogno di aggiornarti un po', se vuoi passare inosservato.
    Alla fine, decidi che è il caso di nasconderti. Magari, spacciarti per qualcun altro. Sempre meglio che presentarsi come quel rinnegato di Gadreel... Nessuno vorrebbe avere a che fare con te.
Scegli Ezechiele perché hai sentito parlare più che bene di lui, quando ancora eri libero. Probabilmente, quell'angelo che non conosci nemmeno è ancora così, buono e rispettato e benvoluto da tutti.
Vorresti davvero poter essere lui, a volte... La sua identità è rassicurante. Vorresti poter cancellare tutto e ricominciare daccapo. Essere accolto e amato, di nuovo, come se nulla fosse successo... Come se non fosse tutta colpa tua. 
Ma forse non te lo meriti, pensi.

***

    Sulla Terra, tutto è strano e veloce, caotico... Tu e i tuoi fratelli vi aggirate senza controllo, senza una direzione, senza una guida. Tu sei ancora restio a riunirti a loro... Lo vorresti, più di ogni altra cosa – ti sono mancati così tanto, quando eri solo e rinchiuso nella tua cella, - ma una parte di te non riesce a dimenticare la facilità con cui ti hanno condannato. Il timore ti rende schivo. Ti chiedi dove sia Abner, se sia sopravvissuto... Non hai saputo più nulla di lui. Lui è l'unico che saresti davvero felice di rivedere... 
    I giorni passano. Capti qualcosa, ogni tanto... Stralci di notizie. Vieni a sapere che ci sono state ribellioni, guerre civili in Paradiso e che, addirittura, si è sfiorata l'Apocalisse. Ogni tanto, qualcuno nomina una coppia di fratelli che non conosci. 
Sono accadute molte, moltissime cose durante la tua detenzione, e molte ti sembrano così assurde che non le capisci. Sai solo che, ora, gli angeli si uccidono a vicenda.
Quando ne incontri uno, ti allontani.

***

    Il tuo tramite è claustrofobico. È uno dei motivi per cui hai scelto proprio lui e non qualcun altro. Speri che la sua fobia, così simile alla tua, possa aiutarti a restare lontano da tutte quelle situazioni e quei luoghi che potrebbero ricondurti, consapevolmente o meno, dentro una stanza chiusa da cui non puoi uscire. È la tua paura più grande.
    Ora che sei libero, ti rendi conto che ormai la prigione è nella tua testa. Avrai sempre paura di ritornarci... Anche se, oggi, di quelle pareti non resta più un solo granello di polvere. Ma ai tuoi incubi non importa. Loro sono fatti di corde, catene e serrature... Di eterni giorni in cattività. Di solitudine... Di abbandono. Di oblio.
    Spaventato e perso come un cane randagio in un mondo di cui non sai nulla, fai una promessa a te stesso. Qualunque cosa accada... Farai di tutto per non finire di nuovo a marcire dentro una cella. Piuttosto, morirai. Ti farai uccidere, o ti toglierai la vita con le tue mani: lo giuri. 
A qualunque costo, con ogni mezzo, - non importa se sarà doloroso, non importa quanto ti dovrai sporcare le mani, non importa quanto in basso dovrai cadere... Non importa nemmeno se le tue ali non brilleranno più come un tempo.
Sarai libero. 
Devi 
restare libero. E magari... Magari anche tutto il resto cambierà. Nessuno ti chiamerà più reietto, né traditore.

La libertà ha un prezzo. 
Ora lo sai. 

  
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