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Autore: Newtmasinmyveins    02/11/2015    8 recensioni
Il principe non indietreggiò, le bloccò i polsi, lei continuava a divincolarsi, sferrando pugni innocui. Gridava, mentre tutti guardavano, Richard era appena sceso, fissava la scena con sguardo inespressivo.
«La colpa è vostra! Siete un essere insensibile, » le sue grida agonizzanti, il suo pianto irreparabile, la stanchezza di lottare, ma il coraggio di continuare a sferrare pugni, la rendevano più forte di quanto credeva.
Alfred lasciò la presa, la fissò mortificato, spalancò le braccia,
«Colpite, vi aspetto » il viso piangente di Elena lo rendeva così debole, perché quella donna aveva una tale influenza su lui? «lasciate che paghi per questa colpa che ho»
* PRIMI CAPITOLI IN REVISIONE*
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ama chi ti ama, non amare chi ti sfugge,
ama quel cuore che per te si strugge.
Non t'ama chi amor ti dice ma t'ama chi guarda e tace.
William Shakespeare

 


Quindicesimo Capitolo

Entrarono insieme, Elena esitò, mentre Alfred con un sorriso sghembo sorrideva anche a corpi inanimati. Faceva cenni di saluto a tutti, nobili e servi, e per la prima volta dopo tanti anni, Lorry paragonò la felicità del suo padrone a un sole che non splendeva da tempo immemore. Si avvicinò esitante sperando di non interrompere la magia del momento, Elena rivolgeva occhiate imbarazzanti ad Alfred giocherellando nervosamente con le mani.

«Perdonate l’intromissione Principe, ma la carrozza di vostra cugina è già pronta e la duchessa desidera vedere lady Elena. » proferì il maggiordomo impeccabile come sempre. Elena era più delusa che stupita, le sarebbe piaciuto trascorrere altri pochi giorni con la cara amica, né capiva né accettava perché tanta fretta di partire.

«Oh- balbettò – va bene, la raggiungo. » rispose l’interessata e accennando una fugace riverenza si diresse verso le scale. Il trambusto nella sala di ricevimento- o meglio la stanza dove non avrebbe dovuto accedere fino a mezzogiorno- era piuttosto evidente.

 Scalino dopo scalino si rendeva sempre più conto che non avrebbe mai dimenticato la mattinata trascorsa con il freddo e glaciale Alfred Grayson dopotutto le era sembrato così … umano.

“Forse il Principe non è come appare o meglio come lo descrivono, in fondo tutti hanno un’etichetta: io sono la ragazzina viziata e prepotente, mentre il temibile Alfred è un donnaiolo che vive a kilometri di distanza dai suoi sentimenti.” pensò Elena, sorpassando l’ultimo gradino che la divideva da Caroline.

Bussò con temperanza e dopo due tocchi la duchessa d’Irlanda in tutto il suo charm con un «Avanti.-le permise di entrare- Elena, sei tu!» esclamò non appena vide la bruna, si alzò dallo scrittoio con velocità estrema che quasi rischiò di far cadere il vaso di fiori.

 «Perché vuoi abbandonarmi? » domandò  atona.Rimase sulla soglia inerme, Caroline, invece, si arrestò appena vide il distacco glaciale dell’amica.

La bionda si era preparata a un abbraccio strappalacrime e, invece, la freddezza nel tono di Elena l’aveva spiazzata. In un primo momento esitò.

«Tornerò... » sibilò poi tremante e fu l’unica cosa che inizialmente fu in grado di dire.

«Comprendo i malori di tuo padre ma perché? Perché partire con tanta celerità? » fece domanda la contessa non riuscendo a comprendere.

«Non voglio avere rimpianti, amica mia. Non voglio commettere il tuo stesso sbaglio, non voglio vivere ogni giorno con un peso sullo stomaco e un macigno sul cuore. -abbassò lo sguardo stringendo le mani in pugni, una lacrima le scese silenziosa dagli occhi limpidi.-Non voglio perdere le persone che amo, già ho perso James …» fece per replicare Carol ma Elena la zittì in un baleno,

«James non ti ha mai amato, fattene una ragione. Chi ti ama non ti lascia dall’oggi al domani fingendosi impaurito del futuro. Chi ama lotta con te ma soprattutto lotta per te. » sbottò Elena accecata dalla rabbia; si morse il labbro poco dopo constatando di aver sbagliato. Non doveva essere così diretta.

Avrebbe voluto scusarsi ma quelle glaciali parole avevano ucciso Caroline, è inutile chiedere scusa dopo aver ucciso una persona, sarebbe una presa in giro. Rimase in silenzio, perché non faceva mai la cosa giusta?

 La bionda sollevò il capo, fissò dritto negli occhi l’interlocutrice e trattenendo le lacrime fece un piccolo passo, protese le braccia in segno di abbraccio, e senza pensarci due volte, Elena avanzò stringendo la dolce e minuta compagna tra le braccia.

Su loro regnò una profonda quiete, un silenzio d’intesa.

«Io ti aspetto, Carol.» 

 
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Qualcuno venuto da molto lontano sembrava intenzionato a sostare al castello di Scozia.

Una vecchia conoscenza? Un’ombra del passato? O semplicemente un passante bisognoso di qualche ora di riposo?

«E’ questo il palazzo, vostra grazia? » domandò il cocchiere dopo aver starnutito. I russi non amavano l’aria inglese.

«Sembrerebbe di sì. » diede risposta una giovane fanciulla dalle origini regali. Era una giovane dalla pelle candida diversa dalle altre: i suoi occhi cristalli azzurri fissavano indecifrabili il castello poco distante. Un carico di emozioni si fece vivo: ira, curiosità e anche un pizzico di paura.

“Quanti anni trascorsi a cercare risposte mai trovate; il luogo dove tutto ha avuto inizio e … fine.” pensò rattristendosi. Il ricordo, come un colpo di vento freddo, la sommerse ma non poteva permettersi tale debolezza: doveva essere forte; in fondo, il cammino verso la verità aveva inizio.

 
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«Promettimi che mi scriverai una lettera a settimana! » ribatté Elena attaccandosi alle vesti dell’amica. Non avrebbe mai voluto lasciarla, in cuor suo sapeva che quando Caroline fosse ritornata non sarebbe stata più la stessa, ogni viaggio porta cambiamenti.

«Si amica mia, tutto quello che vuoi.» proferì Carol staccandosi e posando lo sguardo su Alfred. L’aria era snervante.

«So che mancherò anche a te, brontolone! » la giovane accennò un sorriso che Alfred non riuscì a liquidare con un’alzata di sopracciglio o ignorandola come suo solito. Era una delle poche volte che Caroline si era rivolta all’antipatico cugino con il tu, ed era una di quelle volte che Alfred inaspettatamente l’aveva abbracciata.

Elena pensò alla sua ribellione appena arrivata in Scozia, al primo incontro con Marco e l’indimenticabile abbraccio con il viscido Principe; se allora quel contatto l’era sembrato disgustoso, in quel momento era assai confusa. Anche lei aveva etichettato il “generoso e bel Principe”?

Sicuramente Alfred Alexander David Grayson era un uomo tutto di un pezzo, vigile ai sentimenti e un non credente dell’amore ma Elena era sicura che egli volesse bene a qualcuno, il suo sguardo azzurro e limpido di un tratto senza preavviso tendeva a incupirsi, quasi come se cercasse un punto invisibile nel vuoto. Grayson non era quello che mostrava, le donne di piacere erano usate per ricoprire una debolezza, un’assenza … ma quale?

Alfred deglutì e delegò la cugina a salutare gli zii.

Il duca d’Irlanda seppure si curasse e assumesse medicinali consigliati da ottimi dottori non apportava migliorie.

«Salutami zio Frank e zia Rose …» proferì freddo, distaccato come se niente potesse ferirlo o dispiacergli.

La duchessa fece cenno di sì con il capo e dopo aver salito il primo scalino del calesse, si voltò a guardare Elena.

«Una promessa è una promessa. » recitò Elena stringendo la mano dell’amica; le scese una lacrima che subito le folate di vento spazzarono via.

«Si mia amica inglese, le promesse vanno mantenute.» proferì flebilmente Caroline e abbozzato un sorriso convincente, chiuse lo sportello.

C’era freddo ovunque: fuori e dentro, d’altronde era l’inizio di febbraio, un mese invernale. E Caroline era una mancanza sin da subito percepibile: non era una persona di poco conto, Elena lo sapeva.
Il cocchiere non esitò a partire e tra batticuore e lacrime anche la duchessa d’Irlanda all’apparenza viziata e vanitosa abbandonò la fortezza scozzese; il cerchio si restringeva.

Elena pensò anche a Marco e alla sua strana assenza, sperò che non gli fosse capitato nulla sebbene l’ultima volta si fossero lasciati con l’amaro in bocca.

«Rientriamo?» invitò cortese il regale ed Elena sospirando non poté far altro che seguirlo.

 
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«Sono onorato che voi e mia cugina abbiate legato in così poco tempo.» enunciò Alfred con un sorriso compiaciuto precedendo Elena nei corridoi.

«La duchessa è di animo nobile …» diede risposta lei, insicura su cosa dire. Camminava a passo spedito, Alfred poteva avere il panciotto di fastidioso ma le scarpe con la punta stretta femminili erano un altro universo, un vero e proprio inferno tanto da aver difficoltà a stare  dietro persino a una lumaca.

Era sicura di non odiare più il nobile scozzese. Questi, ogni volta, era capace di far ricredere l’indifesa contessa sia in positivo sia in negativo.

«Credete nelle promesse, nei cambiamenti, nei miglioramenti?» domandò come un fiume in piena, strabuzzò gli occhi prendendo le mani di Elena stringendole alle sue.

Un altro contatto. Un altro battito del cuore venir meno.

«Certo.» rispose determinata sebbene tremasse come una foglia, non poteva farsi abbindolare da quello sguardo irresistibile. Elena Hemsworth non s’innamorava della bellezza bensì della sostanza, di qualcosa di profondo.

«Allora debbo domandarvi una cosa. - imperò l’uomo. - Se vi promettessi di cambiare, voi ci credereste?» La fissò dritto negli occhi ma era tutto molto imbarazzante sicché Elena continuasse a guardarlo, abbassò il capo.

«Se la vostra fosse una promessa fatta col cuore, ci crederei con tutta me stessa.»

«Mi rendete un uomo felice.» asserì con sorriso e una frase inaspettata. Elena rise di gusto.

«Basta poco per rendervi felice …» esaminò giocherellando con il pollice e le altre dita e si arrestò sui suoi passi, una sentinella ammutolita li guardava.

«Errate, lady. Ho trascorso molto tempo a cercare la felicità, a immaginare quale forma avesse, se fosse un oggetto, un animale, una pianta … una prostituta che soddisfacesse la mia passione mondana-rise scioccamente, fece un sospiro-e poi ho capito che la felicità non è tutto questo -indicò i trofei, le pareti, i quadri lussuosi - la felicità non appartiene a coloro ricchi anzi, credo che molti poveri siano stati più grati di me. La felicità non deriva dalla ricchezza. »

Elena lo osservava interessata. Incantata dalle sue parole, aveva assunto la stessa aria appassionata di quando frequentava lezioni di piano. Amava la musica e la natura quanto i libri.
Alfred sembrava ubriaco, la giovane non riusciva a rendersi conto di come quell’uomo freddo e immune ai sentimenti potesse proferire tali ragionamenti.

«La felicità di essere povero e avervi incontrato non avrebbe mai eguagliato all’essere stato ricco e non avervi mai visto. »

Il mondo sembrava essersi fermato. La piccola Hemsworth non percepiva più nessun rumore quasi come se fosse in un limbo, le guance le stavano per esplodere e il cuore le pulsava a ritmo mai sentito. Tale reazione era dovuta al corsetto attillato, alle scarpe strette, o semplicemente ad Alfred Grayson? Cercò di rimanere cosciente, sbatté le palpebre ma ciò che la fece rinvenire più di tutto fu una voce squillante, una persona inaspettata.

Un bambino, di poco più cinque anni, correva in direzione del padrone di casa gridando allegramente.

«Principe Alfred! Principe Alfred, sono guarito! » il ragazzino si lanciò speranzoso che l’uomo lo prendesse a volo e così fu.

Elena spalancò la bocca dallo stupore, Alfred Grayson con un bambino in braccio, ma soprattutto: chi era questi?

«Lo vedo, Jack. » sorrise di gusto, solleticando il moccioso.

«Sai che è scortese non presentarsi?La bellissima dama dinanzi a te è la contessa di Herthford. » come suggerito, Jack si ricompose e sistematosi il papillon, fece una degna riverenza.

«Mi scusi contessa, è un piacere conoscervi.» Elena sorrise e con aria divertita lo imitò,

«Piacere tutto mio, ser ? »

«No … nessun titolo, sono figlio di contadini.»

La fanciulla smorzò un sorriso, tutto continuava a cambiare velocemente. Alfred voleva confonderla?Voleva dimostrarsi un uomo dall’animo buono per possederla?
Mentre cercava di dare risposta alla miriade di domande che frullavano nella sua testa, nel mondo reale il padrone di casa aveva liquidato Jack che, saltellando di qua e di là, aveva mandato in frantumi le regole basilari del protocollo.

«Elena suvvia sorridete! Sembra che abbiate visto un morto. » esclamò ironico distogliendo la giovane dai pensieri. Ripresero il passo.

«Perdonatemi, ma … le vostre parole, il bambino … non comprendo. » la ragazza si toccò la chioma confusa, aveva un bel mal di testa.

«Non c’è nulla di difficile, nulla da capire … -sorrise sornione- quando eravate a Herthford e qui avevo noiose e stressanti pratiche da sbrigare, decisi di fare una galoppata e, tra una collina e l’altra, trovai un piccolo moribondo, non sapevo cosa fare e così … pensai a voi, mi chiesi cosa avreste fatto se aveste avuto dinanzi un bambino sofferente. » Grayson raccontò il fatto con una tale naturalezza che mise in discussione per l’ennesima volta il giudizio che Elena aveva di lui. In una situazione del genere, il principe dalle mille donne aveva rivolto il suo pensiero a lei?

«Non mi credevate possibile di un atto benevolo, puro? » domandò con tono di sfida e una luce gialla gli illuminò lo sguardo. La soggezione era incontenibile.

«No … ho come l’impressione di non avervi mai conosciuto fino ad oggi. » riuscì a enunciare solo queste poche parole, era bloccata ma allo stesso tempo provava un gran senso di ammirazione per l’uomo che aveva davanti a se; considerò quell’istante il loro vero incontro. Lo scozzese non era quello di sempre oppure aveva sempre ricoperto strati e strati di debolezze da una corazza forte quanta finta?

Abbozzò un sorriso smagliante, seppure impossibile il malvagio Alfred stava cambiando, era ciò che non avrebbe mai creduto potesse diventare.

«Vogliate seguirmi, gradirei che pranzaste con me. » propose galante e la ragazza con un nodo in gola, accettò. Quell’uomo era pieno di sorprese.
 
 
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Poiché in passato qualche ladruncolo aveva osato rubare galline e persino cavalli, lo stalliere si era affidato a Elton per un maggiore controllo, senz’altro era noioso ma il soldato preferiva poltrire sul fieno che allenarsi duramente; mentre pensava a quale donna la  stessa sera avrebbe mirato nella casa del piacere, udì qualcosa di sospettoso.

«Pss» faceva una voce e non era identificabile se fosse un uomo o una donna.

«Chi c’è? » sbraitò nervoso e alzatosi brandì la spada.

La siepe si mosse e qualcuno lentamente ne usciva: era un uomo incappucciato, magro e abbastanza coraggioso. Elton gli puntò subito la spada alla gola, avrebbe anche potuto ucciderlo senza vederne il volto ma il soldato buon a nulla voleva qualcosa di “spietato”.

Provava piacere nel vedere la sofferenza sul volto delle sue vittime e godeva nel vedere quanto illuse cercassero una via di fuga.

 Uno, due, e tre, e il cappuccio fu tirato.

«M- Marco … -strabuzzò gli occhi vedendo l’amico, mollò la presa scocciato.-Ma sei impazzito? – canzonò- mi auguro che tu abbia un buon pretesto, non è il momento adatto per giocare a guardie e ladri.»

«Ho sempre una giustificazione valida a tutto, caro Elton … ho solo bisogno di sapere se Alfred ha notato la mia assenza? » accennò un pizzico di fiatone intento a eliminare le erbacce dai calzoni.

«Alfred?- domandò incredulo l’altro facendo spallucce-Sei sparito per giorni, ti nascondi nelle siepi facendomi venire un colpo e ora chiami il Principe come se fosse tuo fratello?»

«Per Grayson non avrò mai rispetto. Allora, ha notato la mia assenza?»

«Non credo, non ci ha convocato chiedendoci tue notizie.» diede risposta il milite facendo riferimento all’intero corpo militare.

«Perfetto.» confutò Aleksej; Il suo sguardo più macabro di sempre terrorizzò Elton al punto da evitare di fare domande.

 
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La tavola bandita di prelibate pietanze avrebbe suscitato appetito anche a chi era pienamente sazio. Alfred accompagnò Elena a sedersi e dopo averla fatta accomodare, si sedette; i due erano divisi da una tavola esorbitante, nessun angolo era scoperto: prosciutti, maiali, uova, pesce, caviale, coprivano l’intero lungo tavolo e per finire in bellezza, come ciliegina sulla torta, un ottimo vino rosso.

«E’ un vino italiano, sapete? » informò alzando il calice.

«Se non erro mia madre ne aveva uno simile, prima di partire per l’Inghilterra portò con sé prodotti italiani … presumo per non dimenticare le sue origini. »

Rimasero in silenzio, sebbene prima gli occhi di Elena fossero accesi, adesso si erano incupiti.

«Quando eravate a Herthford, ho visitato la vostra camera … ho preferito comunicarvelo, so di aver sbagliato.»  si mostrò mortificato ma ciò fece imbestialire la contessa.

Elena deglutì; sembrava strano che, il Principe lussurioso non avesse doppi fini. Come si era permesso? Helene cominciò a innervosirsi, posò la forchetta e con l’angolo del tovagliolo pulì delicatamente le labbra. Si alzò intenta ad andarsene ,

«Non pensate male, sentivo la vostra mancanza e cercavo di colmarla con qualcosa di vostro, ho avuto anche modo di capire che donna siete.»

Elena era in piedi, incredula … chi era realmente Alfred Grayson?

Un uomo malato o bisognoso d’aiuto?

«Fa nulla, davvero … è casa vostra ed è normale che entriate in qualsiasi stanza a vostro piacimento. Ho bisogno di riposare, con permesso. » accennò la riverenza, abbandonando la stanza. Alfred rimase da solo e, con la testa tra le mani, cercava di capire cosa avesse sbagliato.

Nella sveltezza uscendo Elena andò a scontrarsi con qualcuno.

«Scusatemi …» domandò mortificata e lentamente alzò il capo.

Diamine, si era scusata proprio con lei.

«Contessa, è stata colpa mia. - rispose serafica la baronessa Karine.-Permettetemi di offrirvi una tisana, mi sento così in colpa e sicuramente due chiacchiere vi faranno bene soprattutto ora che la duchessa Caroline è partita. Concedetemi l’onore di bere del tè con la futura regina.» la rossa ammiccò un sorriso apparentemente buono, con parole dolci quante finte, riuscì a trarre in inganno l’ingenua Elena.

La perfida baronessa aveva progettato tutta la sua vendetta da sola.

Quel giorno la mano di Karine ospitava un nuovo anello.

 Un anello da non sottovalutare.



 
Spazio autrice:
Non posso crederci, davvero!
Non avrei mai immaginato di pubblicare il quindicesimo capitolo , c'è stato un periodo in cui ho abbandonato la scrittura e ho cercato di vivere di altro ma è stato tutto inutile: la scrittura fa parte di me e anche i nostri Elena, Alfred e Marco.
Come sempre questo capitolo è uscito un po' schifettoso - per la millesima volta ho immaginato un'altra Elena (è quella del banner, è una delle poche che vedo piccola d'età)- ma spero davvero che alcune frasi vi abbiano colpito.
Immagino la vostra reazione per le perle di Alfred...perché non è reale? Solo il Cielo sa quanto io lo ami!
Cosa pensate della vendetta di Karine? Perché non dobbiamo sottovalutare l'anello, qualche idea? E Marco cosa avrà in mente?
Spero proprio che possiate perdonarmi e cercate di farvi sentire!
Un bacio a tutti :)



 
   
 
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