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Autore: 7vite    02/11/2015    1 recensioni
Dato che il manga si è bruscamente interrotto, lasciando tanti quesiti irrisolti e sollevando parecchi dubbi ho deciso di continuare la storia a modo mio.
Nella mia FF le storie di tutti i personaggi s'intrecciano in un vortice di emozioni e paure, restando quanto più possibile IC.
Hachi sarà impegnata con la ricerca di Nana, fuggita subito la morte di Ren.
I Blast si scioglieranno ed i membri del gruppo intraprenderanno strade diverse, ma non per questo metteranno un punto alla loro amicizia.
Dall'altro lato i Trapnest subiranno lo stesso destino: Reira sarà tormentata da un segreto inconfessabile che le cambierà la vita e Takumi per proteggerla farà diverse rinunce, esternando finalmente il suo lato migliore.
La storia si susseguirà alternando presente e futuro (4 anni dopo) e ogni capitolo verrà raccontato attraverso il punto di vista di qualcuno.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nana
Non ho mai smesso di avere paura.
Sono fuggita, ma ovunque io vada, la paura viene con me.
Forse serve a ricordarmi chi io sia.

 
 
 
***
Nana

Il giorno del concerto era finalmente arrivato.
Avevo dormito pochissimo quella notte. Per buona parte del tempo sono rimasta accanto ad Hachi, poi è arrivato Takumi e ho preferito togliere le tende. Ad ogni modo non è sola, insieme a lei ci sono Jun, Miu, Takumi, sua madre e sua sorella maggiore. Sono felice che ci sia tutta questa gente a preoccuparsi di lei. Avrei dovuto preoccuparmi per me, piuttost; avrei avuto un concerto da lì a poche ore e non avevo chiuso occhio fino all’alba. Avevo passato la notte a fumare e a scrivere su fogli di carta che poi bruciavo con l’accendino.
Quando ho finalmente ceduto al sonno il sole era quasi già alto nel cielo, e solo poche ore dopo venni svegliata da Ginpei che mi dette della dormigliona ritardataria e menefreghista.
-Stanno aspettando tutti te!-
-Beh, le star si fanno attendere, no?-
 
 

 
Il palco era stato arredato in maniera piuttosto decente, considerate le sole due settimane di preavviso. Avremmo suonato all’aperto, in centro città, come la prima volta, come a voler ricordare al pubblico chi fossimo. C’era parecchia gente, molta più del previsto, e mi chiesi se anche questa volta avessero racimolato degli adescatori o se invece tutta quella gente fosse lì per noi. Quando salimmo sul palco fummo salutati da un ruggito di voci e applausi, e non riuscii a non essere felice.
-Buonasera Tokyo! E’ fantastico vedervi tutti qui. Beh, immagino possiamo cominciare, che ne dite? Ci siamo fatti attendere fin troppo.-
Un altro ululato. La folla era in delirio, le urla erano acutissime, mi sentii fiera. Yasu attaccò con la batteria, poi Nobu e Shin lo seguirono. Infine cantai, come se non lo facessi da un secolo. La mia voce uscì grintosa e vitale, e il pubblico strillò ancora più forte.
La chitarra di Nobu era partita prima ancora che me ne rendessi conto, suonava grintosa e presto si aggiunsero anche il basso di Shin e la batteria di Yasu. La musica spaccava i timpani, mi sentii finalmente nel mio ambiente, e alla fine cantai, come se non lo facessi da secoli.
- When I was darkness at that time /fureteru kuchibiru  / heya no katasumi de I cry-
Le luci puntavano dritte su di noi accecandoci, eppure lo vidi: un enorme manifesto raffigurante i Trapnest proprio di fronte a me, nella parete opposta. Potevano almeno prendersi le briga di toglierlo. O era una trovata pubblicitaria? Serviva a far crescere la compassione della gente in me?
-Mogakeba mogaku hodo / tsukisasaru kono kizu / Yaburareta yakusoku hurt me-
Non riuscivo a smettere di fissarlo, Ren mi stava guardando e il suo sguardo attraversava quel milione di persone e mi penetrava dentro l’anima.
-Nobody can save me / Kamisama hitotsu dake / Tomete saku yiu na my love-
Non era uscito dai miei sogni, anzi, approfittava di ogni minuto di rem per venire a torturarmi, a ricordarmi che avrei dovuto raggiungerlo. Ma io non voglio morire, Ren, io voglio vivere, cantare, realizzare il mio sogno. Non puoi costringermi a seguirti, lo capisci questo? Ho lottato tanto per arrivare dove sono adesso, e  non voglio essere strappata a questo mondo. Non vedi? La musica, le luci, il palco, questa folle scalmanata sono la mia ragione di vita. E’ per questo che ancora lotto, Ren, è per questo che non posso e non voglio raggiungerti. E tu questo lo sai bene, allora perché continui a insistere?
-I need your love / I’m a broken rose / Maichiru kanashimi your song / Ibasho nai kodoku na my life-
Io non ti ho pregato di restare, quando quel giorno, su quel treno mi dicesti addio e mi abbandonasti per seguire i tuoi sogni.
- I need your love / I'm broken rose  / Oh baby, help me from frozen pain  / with your smile, your eyes / And sing me, just for me-
Sbagliai qualche parola, dannazione, che stavo facendo? Dovevo smettere di guardare Ren, concentrarmi su qualcos’altro. Il pubblico sì, mi sarei concentrata sul pubblico.
Distogliere lo sguardo fu duro, sentivo le guance già più umide, ma stavolta non avrei fallito. Quella era l’ultima possibilità che ci fosse stata concessa ed io non avrei mandato tutto a monte per crogiolarmi nel ricordo di Ren e del nostro amore, non adesso dannazione!
Guardai la prima fila, l’unica che riuscì a vedere, e una ragazza in particolare catturò la mia attenzione.
Mi somigliava moltissimo, ora che ci facevo caso. Avevamo la forma degli occhi molto simile e praticamente le stesse labbra. Il suo naso era più fine del mio, ed era chiaro che avesse un paio d’anni di meno. L’avrebbero tutti scambiata per una groupie estrema che avesse fatto di tutto per somigliarmi, nessuno avrebbe mai anche solo ipotizzato che quella lì fosse mia sorella. Non l’avevo sospettato neanche io in fin dei conti. Misato Uehara. Lei sapeva? Se era così perché non me l’aveva detto quando ci incontrammo la prima volta? Mi aveva invitata nel suo ristorante solo per costringermi ad incontrare nostra madre? Era forse anche lei una schifosa stratega? Il suo sguardo incrociò il mio e mi sorrise da sotto l’impalcatura.
Le sorrisi anch’io, col mio solito fare ammicante, ma dentro ero profondamente turbata.
Tu sei la figlia che ha voluto tenere Misato, ed io sono quella che ha abbandonato a soli quattro anni. Mi ha affidato ad una vecchia e rigida donna e si sbarazzò di me, così, senza pensarci troppo. Ma a te no, Misato. Tu sei stata allevata da Misuzu in persona, sei stata desiderata ed amata. Dimmi un po’, che donna è Misuzu? Perché io non ne ho la più pallida idea. E’ severa? O affettuosa? Che suono ha la sua voce? Le piace il sushi? Fuma? Che genere di musica le piace, il mio? Mi ascolta mai? O non gliene frega proprio niente?
Dillo a Misuzu, che io mi sono tirata su da sola, che tutto ciò che ho adesso è frutto del mio sacrificio. Dille che non le devo niente e che neanche a me importa un fico secco di lei, che sto bene comunque. Ma tu non lo capisci, vero Misato, il danno che mi ha arrecato? No, perché tu sei sempre stata amata.
Presi a ballare sul palco, incurante degli occhi di Ren, o di Misato. Danzai da una parte all’altra del palco, divertendomi, sorridendo, perché la vita va avanti. Qualsiasi cosa succeda, la vita continua. Non importava che mia madre mi avesse abbandonata, e neppure che quella madre di cui non ricordavo neanche più il volto volesse incontrarmi, e non importava che il mio promesso sposo fosse morto prematuramente solo un paio di settimane prima, non importava nemmeno che presto la mia migliore amica si sarebbe allontanata da me perché impegnata a crescere il figlio di un uomo schifoso. Già, Hachi, ti avrei rivista, dopo il concerto, e poi? Quando ci saremmo incontrate di nuovo? I primi mesi di una nascita, si dice siano terribili. Bambini che piangono per motivi sconosciuti, che non ti lasciano chiudere occhio la notte, come sta facendo Ren con me adesso. Bambini che richiedono attenzioni costanti, che non ti lasciano neanche il tempo di respirare…
A proposito di respirare, perché diavolo sento i miei polmoni stringersi? Che cosa mi sta succedendo? Non voglio una crisi adesso, proprio no. Devo solo smettere di ballare, mi sono affaticata inutilmente.
Sento mancarmi la voce, ho appena ansimato al microfono?
La mia voce vibra, non riesco più a cantare. No, ho paura, voglio cantare, non ci riesco. Perché le luci si stanno sfocando? E perché la musica è finita? Il pubblico urla ancora, ma che cosa? Nana, Nana… Ma non mi stanno incitando, no. Mi stanno chiamando.
Ren, sto arrivando…
 


Quando riaprii gli occhi mi ritrovai in una stanza troppo luminosa, dalle pareti chiare, che puzzava di medicine. Un ospedale. Che diavolo ci facevo in un ospedale? Non stavo ad un concerto poco fa?
Poco fa? Ma il sole è appena sorto. Quanto diamine avevo dormito?
-Oh, ben tornata signorina Osaki. Come si sente?-
Un uomo basso, in camice, con una stupidissima montatura di occhiali mi stava sorridendo.
-Chi è lei? Dove sono? E che ci faccio qui?-
-Io sono il dottor Kimicho, lei è in ospedale in seguito a uno svenimento causato da frequenti attacchi di panico.-
-Quelle crisi…-
-Le crisi respiratorie, signorina, sono una conseguenza al suo stato d’animo. Qualcosa la turba profondamente, e lei  sta accumulando tutto dentro. Ora vede? Quando mettiamo troppa aria dentro un palloncino, questo, semplicemente, scoppia. Succede anche a noi esseri umani, quando troppe emozioni o preoccupazioni affollano la nostra testa, scaturisce uno di questi attacchi.-
-…E come faccio a farli passare?-
-Oh, per quello avrebbe bisogno di rivolgersi a uno psicologo. Sa? Molte persone spesso ignorano le cause che generano questi attacchi di panico, delle sedute regolari presso uno psicologo l’aiuterebbero a prendere maggiore coscienza di sé stessa. Anche nel caso in cui conoscesse queste ragioni, potrebbe parlare con un professionista e capire come fare per gestire le sue paure, prima che queste degenerino.-
-Dovrei andare da uno psicologo?-
-Signorina Osaki, purtroppo adesso devo allontanarmi, la lascio col suo tutore, il signor Takagi. Ha aspettato tutta la notte qui in attesa che lei si riprendesse. Ci sono anche gli altri suoi amici, se le interessa. Dev’essere bello sapere che ci sono tante persone che si preoccupano per la sua salute, non trova?-
No, non trovavo.
Avevo mandato in fumo l’ultima nostra occasione, non ero pronta ad affrontare gli altri componenti della band. Dovevano odiarmi, ed avrebbero avuto ragione, anche io mi sarei odiata. Avevo mandato tutto all’aria, che stupida!
Yasu era entrato e mi stava guardando.
-Ben tornata nel mondo dei vivi-
-Yasu, ascolta, mi dispiace tantissimo, so che non te ne frega niente delle mie scuse ma vedi io…-
-Nana! Rilassati. Non devi preoccuparti.-
-….Ma il concerto…-
-E’ stato un disastro, inutile mentirti. Abbiamo suonato solo tre canzoni, poi ti sei accasciata per terra e non davi segni di vita. I fan si sono spaventati, sai?-
Rimasi in silenzio. Avevo rovinato tutto.
-E la Gaia…?-
Yasu non rispose subito. Avevo capito, non c’era bisogno che dicesse nient’atro.
-Te lo dirò e basta, siamo fuori Nana.-
Mi abbracciai le ginocchia, posandoci il mio mento sopra. Era tutto finito. Dopo quanto era costato, era tutto finito.
-Nessuno te ne fa una colpa.-
-Beh, dovreste invece! Ho mandato tutto a monte, ho compromesso il futuro della band per sempre.-
Lui rimase in silenzio ed io mi sentii ancora più inutile. Sentivo gli occhi umidi, ma non volevo piangere davanti a Yasu.
-Che cosa farai adesso?-
-Io e i ragazzi ne abbiamo parlato. Dato che non ci sarà più una band, io inizierò la carriera di avvocato, Nobu prenderà in gestione la pensione Terashima e Shin… Shin dice che qualcosa troverà anche lui. Non devi preoccuparti per noi.-
Lo fissai sbalordita. Sapevano tutti cosa avrebbero fatto, ne avevano già parlato.
Ma io? Io cosa avrei fatto?
***

Hachi

Urlavo sguaiatamente, e il dottore urlava più forte per sovrastare la mia voce.
-Spinga ancora signora Ichinose. E un’altra bella spinta. Un’altra ancora! Me lo sento, ci siamo quasi. Lei non si fermi, spinga e respiri in contemporanea. Inspiri, su su, faccia un bel respiro profondo. E adesso spinga, spinga quel bambino. Ci siamo, ci siamo! Vedo la testa. Oh, guarda qua che bella testolina che abbiamo, piena zeppa di capelli! Su, un’altra spinta, deve ancora uscire il resto de corpo, sa?
Tragga un respiro profondo e…. Spinga! Che meraviglia, anche le spalle son venute fuori, signora Ichinose, è tutto finito.-
Otto ore e mezza di travaglio, un primo parto da incubo. Mi sentivo esausta, non avevo più la forza di fare nulla.
Un pianto sordo riempì la stanza. Il bambino era vivo e in salute.
-Le infermiere hanno portato la bambina nella stanza accanto. Le riporteranno sua figlia pulita.-
-Mia… figlia?-
Riuscii a malapena a sussurrare, stremata per lo sforzo.
-Proprio così Nana, nostra figlia è una femminuccia.-
Sorrisi debolmente a Takumi. Alla fine era arrivato in tempo per assistermi, ed ero così felice che lo avesse fatto lui. Nostra figlia, Satsuki, era finalmente nata.
Takumi mi baciò delicatamente le labbra sudate. Un atto di pura dolcezza.
-Oh, signor Ichinose, vuole prenderla in braccio e farla vedere direttamente lei a sua moglie?-
Takumi annuì. Prese in braccio Satsuke e me la mostrò. Aveva tantissimi capelli, come aveva detto il dottore, ed erano tutti neri, proprio come quelli di Takumi. Sapevo che era figlia sua, l’avevo sempre saputo. Le diede un bacio sulla testa, poi, leggermente, la posò sulla mia pancia.
I miei occhi incrociarono i suoi per la prima volta e capì di essere follemente, perdutamente, innamorata di quella piccola creatura che avevo messo al mondo.
Allora, e solo allora, capì che l’amore vero esiste.


 
  
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