Joy
«Buongiorno!» Esclamò a gran voce, entrando in quella stanza perennemente cupa e scostando con decisione le tende delle finestre, lasciando che una luce non indifferente illuminasse il piccolo letto con spondine.
Al suo interno, una sorta di fagotto non accennava minimamente a muoversi, anzi, ricambiò quell’entusiasmo con un mugolio.«Andiamo andiamo, oggi sarà una suuuuuper giornata, devi prepararti!» Esclamò senza perdere la speranza o la motivazione, avvicinandosi al letto a grandi salti e sporgendosi al suo interno.
Tristezza, dal canto suo, se ne stava accoccolata alle coperte.
«Gioia, sai che non mi piace il sole … e la luce … e le super giornate …» biascicò con la voce ancora impastata dal sonno.
La leader non si lasciò tuttavia abbattere, tutt’altro: quell’atteggiamento un tantinello pigro sembrava darle un’ulteriore carica d’energia.
Sospirò senza abbandonare il sorriso, andando dall’altra parte delle spondine e sporgendosi all’interno.
«Non dire così, c’è tanto da fare! Vedrai che ti piacerà, ci divertiremo!» Esclamò, convinta delle proprie parole.
Gioia era esuberante e piena di vitalità già di suo, ma quando si trovava in compagnia di quella tappetta blu il suo umore migliorava ulteriormente, come se si sentisse in “dovere” di compensarla, di stimolarla, di farla sentire parte di qualcosa.
Da sotto le pesanti coperte, gli occhioni blu di Tristezza finalmente si palesarono.
«Non possiamo semplicemente lasciarci morire? Sarebbe più facile e meno faticoso … » tentò, ma prima di potersi nuovamente rintanare, Gioia aveva già allungato un braccio per scoprirle almeno la testa, lasciando ampia visuale sulla zazzera di capelli blu dell’altra.
Tristezza non glielo avrebbe mai detto, ma l’unica luce che non la infastidiva per davvero era proprio quella della sua migliore – ed unica – amica.
«Nah, sarebbe uno spreco!» Rispose prontamente, senza insistere oltre, ma nemmeno abbandonando la volontà di trascinarla ancora una volta con sé.
Tristezza la fissò per un lungo attimo, con quello sguardo apparentemente perso in chissà quali tormenti interiori ma che, in realtà, comprendeva ben più di quello che lasciava intendere.
«Disgusto ti ha fatto ancora paura?» Una domanda così, schietta, dannatamente precisa.
Gioia rimase interdetta per un attimo, senza sapere cosa rispondere, per poi balbettare qualcosa.
«Ehm no … assolutamente no!» Esclamò riacquistando sicurezza, sganciando una spondina del letto.
Tristezza riusciva ancora a metterla con le spalle al muro, con quella sua sincerità e quella sua straordinaria capacità di capirla.
La tristezza che capisce la gioia, e viceversa.
«Con lei sto davvero bene! Insomma, è più dolce di quello che sembra, mi fa le coccole, si preoccupa per me e - »
«Però ti fa paura.» Sentenziò, con quella voce pacata, quasi roca, lontana anni luce dalla presunzione di un giudizio insindacabile di Disgusto.
Rimase zittita, di nuovo. Sospirò e si sedette sul letto accanto a Tristezza, rassegnata: prima o poi si sarebbe arresa all’idea che quella tappetta blu la capisse meglio di chiunque altro.
«E’ che … ho paura di non piacerle più.» Ammise sincera, giocherellando con la coperta.
«E se non le piaci più ti abbandona.» Aggiunse l’altra, ancora stanca, sforzandosi di mettersi seduta.
«Esatto …»
«E se ti abbandona poi soffri.»
«Sì …»
«E se soffri poi muori.» Silenzio. Gioia le volse lo sguardo.
«Questa è un po’ esagerata!» Esclamò con un sorriso amaro.
«E poi, ci sei tu con me, no? Se non sono da sola non muoio.» Precisò, senza abbandonare il sorriso. Per quanto debole fosse, non scompariva mai.
Tristezza allungò la propria manina paffuta e strinse appena quella dell’altra.
«Sì, io ci sono.» Le disse. Ed erano sincere, quelle parole, nonostante il tono non fosse entusiasta, non mancava di rassicurare quello spirito libero di Gioia.
Ella sorrise e l’abbracciò di colpo, stringendola forte a sé.
«Grazie.» Asserì, sentendo il cuore scaldarsi e l’animo tranquillizzarsi. «Per fortuna che ci sei tu!» Aggiunse subito dopo, mentre l’abbraccio veniva ricambiato.
Anche Tristezza, nella sua perenne depressione, non poté non lasciarsi sfuggire un accenno di sorriso: anche se, all’apparenza, era l’emozione che più si opponeva alla felicità, lei teneva quanto gli altri a fare qualcosa di buono, a render contento chi la circondava.
E Gioia era l’unica a darle questa possibilità, l’unica che si fidasse di lei per davvero e che, dopo gli avvenimenti del trasloco, non voleva mai lasciarla sola.
Gioia la rendeva felice perché era la sua unica amica, così come Tristezza sapeva riempire il cuore dell’altra di una gioia fin troppo profonda.
«Ora però alzati, pigrona!» La prese in giro benevolmente, approfittando di quella loro vicinanza per farla alzare completamente dal letto.
Tristezza riassunse l’espressione abbattuta in tempi record.
«Ma …»
«Niente “ma”! Tra venti minuti ci ritroviamo in piattaforma, abbiamo taaaaaante cose da fare ed un ospite da accogliere!» E detto questo le lasciò un bacetto sulla guancia – che fece arrossire l’altra – prima di sgattaiolare altrove, diretta a controllare che anche gli altri due colleghi cominciassero al meglio quella nuova giornata.
Il rossore non abbandonò le guance paffute di Tristezza per almeno un paio di minuti.