Una notifica, un messaggio, una mail, un aggiornamento. Tutto mi porta a fissare lo schermo. E mentre digito velocemente qualche tasto noto un filo quasi invisibile tra me e il telefono. Alzo la testa di scatto e questo si dissolve.
Riprendo, senza pensarci. Scrivo, scorro la bacheca, mi soffermo a guardare video e immagini, mi ipnotizzo e il tempo scorre imperterrito. Sento i rumori in lontananza della città che mi circonda, ma non sono importanti. Tutto perde il suo fascino e la sua bellezza quando ho tra le mani quel piccolo oggetto. Uno, due, tre, i fili aumentano senza fretta. Lentamente cuciono il mio volto al cellulare ed io, con gli occhi stanchi, cerco di cogliere più informazioni possibili. Il tessuto si fa più fitto sino a trasformarsi in una melma indistinta che costringe il mio capo a stare chino sul telefono. Mi agito, cerco di alzare la testa ma la trama é troppo fitta. Il viso si contorce, si deforma in un grido disperato e gli occhi si spalancano cercando la luce. Le mani sono un tutt'uno con il telefono ed io, anche. Intorno è calata l'oscurità e col capo chino, senza più ribellarmi, fisso lo schermo, ormai unica fonte di luce.