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Autore: _Son Hikaru    04/11/2015    3 recensioni
Allora premetto che forse è la più grande stupidata della mia vita, ma è un'idea che mi è venuta così perciò spero che possa incuriosirvi^^
Dal testo:"Aveva solo 10 anni, e per lo stesso tempo era stata rinchiusa in quella stanza, che pur dotata di ogni conforto era diventata alquanto noiosa.
Ancora la bambina non aveva capito perché dovesse rimanere rinchiusa lì, non aveva fatto mai nulla di male per meritarsi una simile ingiustizia eppure quello che lei continuava a chiamare padre l’aveva rinchiusa lì.
Era sola, in balia del suo potere che nemmeno lei sapeva dominare."
Bene se la storia vi piace leggetela e fatemi sapere con un commentino!
Ciao!
Genere: Avventura, Fantasy, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Elrond, Legolas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 10
 
La sorella la guardava con curiosità, come se stesse aspettando che le raccontasse qualcosa di particolare.
La guardava da ben cinque minuti e ancora non aveva distolto lo sguardo una sola volta, tanto che Arya aveva iniziato a sentirsi in imbarazzo e non sapeva se chiederle il perché di quegli sguardi oppure rimanere zitta e fare come se nulla fosse.
“Arya” il richiamo della sorella l’aveva sorpresa, non pensava  di sentirla parlare quella mattina- già perché oltre ai saluti di cortesia non si erano dette nulla.
“Dimmi” sistemò meglio il cuscino del letto, Arwen le impediva ancora di alzarsi perché era passata solo una settimana da quando aveva iniziato a riprendersi dall’effetto del veleno.
“Quando abbiamo parlato, uno dei primi giorni, mi hai raccontato di essere stata portata qui da Estel, e che anche lui conosce il tuo segreto” disse lei avvicinando con un movimento fluido la sedia al letto “E ciò che mi sono sempre chiesta è come tu l’abbia conosciuto” si fermò un istante “Come ti ha scoperta?” chiese guardandola negli occhi.
Arya la guardò scoppiando a ridere, di una risata di cuore e cristallina.
“Mi guardavi in quel modo per questo?” chiese riuscendo a stento a smettere di ridere “Temevo di avere fatto o detto qualcosa che ti avesse offeso nei giorni passati” continuò con ilarità. Arwen voltò il volto candido dal lato opposto fingendosi offesa, tanto che la risata dolce di Arya non si fermò proseguì finché a lei non si unì anche la sorella. La piccola stanza fu così pervasa da una delle più dolci melodie-mi viene addirittura difficile spiegarla a parole tanto era bella.
Non appena le loro risate cessarono Arya si schiarì la voce e sorridendo disse “Se ci tieni tanto a sapere come ha fatto a scoprirmi ti accontenterò e soddisferò la tua curiosità” si fermò tossicchiando “Ma prima per favore passami un bicchiere d’acqua”
Quando ebbe bevuto si schiarì nuovamente la voce, e dopo essere rimasta in silenzio, probabilmente per meditare sul punto da cui partire a narrare, finalmente iniziò:
“Tutto è cominciato otto anni fa, quando io non avevo ancora incontrato nostro fratello Elladan. In quei giorni fuori da Imladris, vicino ai confini, si stava svolgendo una guerra, o forse è più appropriato chiamarla faida. Nostro padre era stato costretto a parteciparvi e aveva lasciato Gran Burrone alle cure di Elrohir, che approfittando della sua assenza era venuto da me.
Sorrise ripensando a tutto il tempo che aveva trascorso con lui poi riprese “ Passarono così tre settimane e lui non mancò mai di venire a trovarmi, ma un giorno fu costretto a partire e raggiungere nostro padre ed Elladan sul campo. Non rimase lì a lungo, difatti Estel lo riportò presto a Gran Burrone. Era ferito gravemente e aveva urgente bisogno di cure, ma temendo la morte mandò Estel a cercarmi e fu allora che lo vidi per la prima volta.”
Sorrise vedendo lo stupore nello sguardo della sorella “Credo che se Elrohir non fosse stato ferito probabilmente io non avrei mai incontrato Estel. Così soddisfo la prima parte della tua domanda, ma ora preparati perché il racconto sarà lungo” e si lasciò sfuggire una piccola risata guardando la sorella che si sistemava meglio sulla sedia, portandola più vicina al bordo del letto.
“Ricordo che era la mattina del giorno prima del mio compleanno. L’alba stava sorgendo e come potrai ben immaginare io ero nella mia stanza – si lasciò sfuggire un sospiro – in quel periodo ero solita svegliarmi molto presto, nelle ore che precedevano l’alba potevo affacciarmi senza problemi alla finestra della mia stanza, tra l’altro l’unica finestra. Mi piaceva molto osservare il cielo tingersi di arancione e fu proprio mentre osservavo il cielo, godendomi il vento fresco del mattino, che il mio sguardo fu incuriosito dai movimenti, strani e che non seguivano la direzione del vento, dei rami dell’albero che si trova davanti alla mia stanza – sorrise come divertita – e sai io ero sicura che quell’albero mi nascondesse dalla vista di tutti e invece in due riuscirono a vedermi”
 
Guardò i rami muoversi nella direzione opposta a quella del vento, non era normale, nei libri che le aveva dato suo padre c’era scritto che quando il vento soffiava, che sia un soffio gentile o violento, tutto ciò che incontrava si muoveva nella direzione che aveva scelto lui.
Si sporse leggermente dalla finestra per vedere cosa facesse muovere in quel modo i rami e  cosa li facesse scricchiolare in quel modo così sinistro, sperando con tutto il cuore che si trattasse solo di un uccello che aveva intenzione di creare sui rami del suo albero il suo nido. Non fu così, quando si sporse per controllare si ritrovò faccia a faccia con un giovane dai corti capelli castani e gli occhi grigi. Non le ci volle molto per riconoscerlo, lui era lo stesso ragazzo che aveva portato in salvo suo fratello e che l’aveva portata da lui per dargli l’ultimo saluto.
Arya sussultò spaventata. Non sapeva come comportarsi, non aveva mai avuto visite al di fuori del padre, Lindir e dei suoi fratelli, unici che sapevano della sua esistenza. Si chiese agitata come avrebbe dovuto comportarsi, forse quell’uomo era arrivato da lei per sbaglio
“Cosa ci fate qui?” chiese lei allontanandosi frettolosamente dalla finestra e portandosi istintivamente le mani davanti al viso. Se quell’uomo era venuto per farle del male o per usare il suo potere per scopi malvagi, lei non avrebbe certo esitato a dargliene un assaggio, e fargli così passare la voglia di usarla come fosse stata un’arma da guerra.
Lo vide scavalcare il davanzale entrando così nella sua stanza, senza badare alla sua minaccia. Non sapere come si sarebbe comportato e quali erano le sue reali intenzioni le mettevano addosso una gran paura, che tuttavia lei cercò di non far vedere.
“Non voglio farvi del male” rispose l’uomo alzando lentamente le mani per far vedere che non era armato
“E allora cosa volete?” la voce sicura era tradita dal leggero tremolio delle sue mani
“Sono venuto solo per avere delle risposte, che Elrohir non ha intenzione di darmi, nonostante io continui a chiedergliele” rispose lui
Arya abbassò di poco le mani, incuriosita dalle sue parole. Come mai voleva delle risposte proprio da lei? Lei non era mai uscita dalla sua stanza, se non per quell’unica volta, che cosa poteva sapere lei del mondo?  D’un tratto, però, nella sua mente si insinuò il sospetto che quell’uomo cercasse risposte su ciò che aveva visto quel giorno entrando nella sua stanza, forse si chiedeva come fosse possibile che nevicasse dentro una stanza. Era una domanda alla quale lei non avrebbe mai potuto rispondere, perché nessuno oltre ai suoi familiari doveva sapere della sua esistenza e del suo potere. Purtroppo però per cause di forza maggiore quell’uomo era venuto a conoscenza della sua esistenza e questo la preoccupava, e non poco. Perché se solo avesse parlato di lei con suo padre, ignaro delle visite di Elrohir e della sua piccola avventura fuori dalla sua stanza, lui non avrebbe certo esitato a rimproverare lei e i suoi fratelli, e la punizione, di questo Arya era certa, non sarebbe certo stata leggera come quando aveva accidentalmente colpito Bilbo con della neve.  
“Non posso rispondere alle vostre domande” rispose lei in tono grave
L’uomo la guardò sorpreso, come poteva dargli una sentenza così frettolosa su domande che ancora non aveva udito? “Non sapete neppure quali sono le mie domande, come potete sapere di non potermi rispondere?” il tono leggermente infastidito
“Posso ben immaginare quali siano le vostre domande e so che non è affar vostro” rispose sicura Arya
L’uomo la osservò chiedendosi per quale motivo fosse così tanto restia a parlare, infondo lui non stava facendo nulla di male era semplicemente curioso di sapere che legame c’era fra lei ed Elrohir e per quale assurdo motivo quel giorno aveva visto nevicare all’interno di una stanza.
“Perché in punto di morte Elrohir ha chiesto di voi e non di suo padre o di suo fratello?”
“Perché vi interessa?” chiese di rimando Arya guardandolo grave
“Non si risponde ad una domanda con un’altra” rispose l’uomo sorridendo furbescamente, come se con quelle parole l’avesse praticamente costretta a dargli una risposta
“Andate via” rispose lei portandosi nuovamente le mani davanti al viso. Il suo movimento  suscitò la curiosità dell’uomo che non poté fare a meno di chiedersi per quale motivo si fosse portata le mani davanti. Era disarmata e certo da quella distanza non avrebbe potuto ferirlo o fargli del male con le nude mani.
“Perché non uscite voi?” chiese poi
“Perché questa è la mia stanza  voi siete l’intruso!” ribatté Arya irritata dalle sue parole e dal suo atteggiamento. Aprì la bocca per intimarlo nuovamente ad andarsene, ma le parole le morirono in gola quando alle sue orecchie giunse il richiamo del padre, che annunciava la sua visita.  Si girò istintivamente verso la porta congelando, con un movimento fluido della mano destra, la serratura della porta
“Andate via, ora!” bisbigliò in preda all’ansia all’uomo. Non si aspettava una visita da parte del padre, era solito andare a trovarla verso il tardo pomeriggio, quando i suoi doveri di signore gli davano un attimo di tregua. “Andate via” ripeté ancora Arya superando la sua paura e spingendo velocemente l’uomo verso il davanzale della finestra costringendolo ad uscire dalla stanza e rimettere piede sui rami dell’albero.
“Avete congelato la serratura, come avete fatto?” balbettò lui, e dal suo sguardo Arya poté capire quanto fosse grande la confusione che lo attanagliava in quel momento, ma sperava con tutto il cuore che una volta sceso non dicesse nulla a nessuno.
“Non è importante, ora andatevene e dimenticate di aver parlato con me e di aver visto ciò che ho fatto” lo supplicò lei
“Ma io ho” balbettò ancora lui confuso
“Dimenticatelo” rispose lei bruscamente spingendolo ad andarsene.
Quando fu sicura che non fosse più lì scongelò rapidamente, e senza pensare al modo, la serratura della porta permettendo così al padre di entrare.
“Arya, come mai ho fatto così tanta fatica ad entrare?” chiese Elrond chiudendosi velocemente la porta alle spalle
“Atar!” disse con allegria Arya correndogli incontro per abbracciarlo “Non so come mai, magari avevate inserito male la chiave nella serratura e non ve ne siete accorto” proseguì poi sperando di risultare il più convincente possibile
“Forse hai ragione” sorrise lui cullandola con dolcezza.
 
“Contrariamente a ciò che speravo io nostro padre si accorse del mio respiro leggermente affannato e del tremolio delle mie mani. La mia agitazione per ciò che era appena successo con Estel non se ne sarebbe certo andata così rapidamente come invece speravo io e…”
La voce di Arya si bloccò quando nella sua mente risuonò chiara come il suono del mare una voce, la chiamava invitandola a seguire un lungo sentiero che l’avrebbe condotta da lei.
“Arya stai bene?” chiese con apprensione Arwen che non capiva perché sua sorella avesse interrotto il suo racconto
“Certo, certo solo mi chiedevo da che punto ripartire, perché l’incontro con nostro padre esce dalla tua domanda” rispose sorridendo. Pensò che forse era stata solo la sua immaginazione e che nessuno l’aveva chiamate, anche perché nessuno a parte Arwen a Lothlorien conosceva il suo nome. Decise quindi di riprendere il suo racconto, non badando alla voce che aveva sentito.
“Sono riuscita tutta via a nascondere l’incontro a nostro padre. Ma il giorno seguente, sempre al sorgere del sole quell’uomo tornò a farmi visita. Come potrai immaginare la paura tornò ad impossessarsi di me” sorrise come divertita, ricordare quel giorno le metteva addosso una grande allegria
 
“Lle au’ (ancora tu)” disse con irritazione portandosi nuovamente le mani davanti al viso. Il fatto che quell’uomo fosse tornato, incurante delle sue parole la irritava.
“Esatto ancora io”
“Ti ho già detto che non ho intenzione di rispondere alle tue domande”
“Sei figlia di Elrond, come mai non ti ho mai vista?” chiese non appena riuscì a mettere piede sul pavimento. Si strinse il mantello sulle spalle, in quella stanza faceva un freddo innaturale.
Arya sgranò gli occhi sorpresa, come aveva fatto a scoprirlo? Che fosse andato a parlare con suo padre rivelandogli del loro incontro? No di sicuro Elrohir non glielo avrebbe mai permesso, lui sapeva quale rischio aveva corso nel farla uscire.
“Come l’hai saputo?”  chiese allora sperando con tutto il cuore di non dover affrontare l’ira del padre
“Ieri, quando mi avete costretto ad andarmene ho riconosciuto la voce di lord Elrond e voi lo avete chiamato “Atar” che in elfico significa padre” rispose abbozzando un piccolo sorriso, certamente orgoglioso della sua intuizione, e considerando lo sguardo attonito di Arya aveva indovinato
“Esatto, sono sua figlia” rispose Arya, ormai negare era impossibile e pensò di poter raccontare almeno quello. Si era lasciata sfuggire un sospiro di sollievo le aveva detto che lo aveva scoperto da solo. Per lo meno, pensò Arya, ora poteva rasserenarsi perché suo padre non era al corrente di tutta quella storia.
“Io vivo qui da quando sono piccolo, perché non vi ho mai vista?” chiese ancora lui
“Non mi è permesso uscire da questa stanza” rispose lei abbassando lo sguardo “Ma il motivo non vi riguarda” aggiunse subito dopo
“Siete sua figlia, per quale motivo vi ha rinchiusa? Non è naturale!” replicò lui, e dal tono ad Arya sembrò quasi alterato con Elrond per la costrizione che le aveva imposto
“Perché siete così curioso?” chiese allora Arya impazientita dalla troppa curiosità di quell’uomo .
“Perché non è normale che nevichi in una stanza o che un padre rinchiuda una figlia” rispose lui sedendosi sul bordo della finestra
 “Lo è se la figlia è un mostro” rispose lei abbassando nuovamente lo sguardo a guardarsi le mani candide.
“Un mostro? Voi non sembrate un mostro” replicò lui
“Ma lo sono” rispose lei irritata “Non è normale saper controllare il ghiaccio, non è normale riuscire a dormire su un letto di neve senza rabbrividire. Come chiameresti tu, figlio degli uomini, una creatura che è in grado di fare tutto ciò?” chiese con un finto sorriso Arya. Come poteva uno sconosciuto giudicare il comportamento di suo padre. Lui la proteggeva, lui voleva solo farle del bene.
“Io non… non credevo che voi poteste”
“Ora che lo sapete” lo interruppe Arya “Potete andarvene perché la vostra curiosità è stata soddisfatta a pieno”
L’uomo la osservò a lungo, vergognandosi per la sua curiosità che era stata inopportuna e priva di tatto per quella giovane elfa, che costretta nella sua stanza non aveva di certo mai avuto la possibilità di vedere il mondo e di entrare in contatto con gli abitanti di Imladris. Iniziò a provare una grande pena per lei, e si ripromise di aiutarla, nel suo piccolo, a conoscere il mondo che la circondava.
“Mi dispiace, sono stato inopportuno” disse chinando il capo in segno di vergogna
Arya sorrise impercettibilmente, sorpresa dal cambio di personalità dell’uomo. Il giorno prima le era parso così sfacciato e inopportuno e ora invece sembrava solo un agnellino.
Di nuovo, come il giorno prima, Arya fece per parlare, ma fu bloccata dalla voce allegra del padre, arrivato prima del solito per farle una sorpresa.
“Andate via, oggi mio padre è venuto presto per il mio compleanno, non ho intenzione di trattenerlo così a lungo come ieri” disse spingendolo nuovamente ad andarsene
“Perdonatemi ancora per la mia scortesia”
“Vi perdono, ma non fatevi più vedere”
“Vi auguro buon compleanno”
“Vi ringrazio” sorrise Arya
 
“La sera, quando nostro padre se ne fu andato, lasciandomi sola a contemplare il regalo che mia aveva portato, sentii come un ticchettio provenire dalla finestra. Quando mi avvicinai trovai appoggiato sul davanzale una pietra. Era grande quanto una noce, dalla superficie piatta e lucida. Era rosa con sfumature bianche e sulla sua superficie vi era inciso il mio nome in runico” di nuovo non riuscì a trattenere un sorriso “accanto alla pietra c’era una lettera che diceva semplicemente
“Tanti auguri Arya, ultima figlia di Elrond.
Sulla pietra è inciso il tuo nome in rune.  
                                                                                                                 
                                                                Estel.”
Da quel giorno Estel è venuto più volte a trovarmi, è stato lui ad insegnarmi la lingua degli uomini, ma questa è un’altra storia.” Arya guardò la sorella maggiore sorridendo “Ho soddisfatto la tua curiosità?” chiese poi
“Sì, e perdonami se troverò strano che ti sei aperta così con lui” rispose Arwen
“In fondo non avevo altra scelta. Lui mi aveva vista usare il mio potere e aveva sentito nostro padre entrare nella mia stanza”
Arwen sospirò come pensierosa “Forse è stato un bene che tu abbia risposto alle sue domande, senza di lui ora forse tu non saresti qui”
“Già, gli sono debitrice, come ai nostri fratelli”
Arwen si alzò, il racconto della sorella le aveva fatto piacere, ed era stata felice di sapere quanto fosse stato cortese Estel con lei. L’aveva capita e accettata per quello che era dimostrando una grande sensibilità.
“Sei circondata da ottime persone, Gandalf, Bilbo ed Estel senza saperlo sono riusciti a portare la speranza nel tuo cuore, non potevo chiedere di meglio per mia sorella” sorrise Arwen baciandole la fronte.
“Ora riposa, ne hai ancora bisogno”
Con queste parole Arwen la lasciò sola, ma non riposò perché troppo occupata a riflettere su quella strana voce che aveva udito durante la prima parte del suo racconto. Non era normale che solo lei l’avesse sentita, come aveva fatto Arwen a non udirla? Erano sole e non vi era altro rumore se non l’allegro cinguettio degli uccelli.
 
 
 
Angolino autrice<3
Ok ok lo ammetto ho fatto penare parecchio per questa storia e per un certo momento (un momento davvero davvero luuungoXD) ho pensato di dovermi interrompere con la scrittura, ma oggi sono ben lieta di annunciarvi che ho intenzione di finirla, e che ogni singolissimo capitolo è in revisione e quindi presto li riposterò, ma prima vorrei finirla, ci tengo.
Spero che questo capitolo vi piaccia e che non abbiate nulla da ridire sul carattere che ho dato ad Estel. Premetto subito che ha solo 20 anni quindi è giovane ed essendo giovane è normale che sia così curioso e a volte inopportuno. Credo che un giovane Aragorn si sarebbe potuto comportare così davanti al mistero che è una giovane elfa che controlla il ghiaccio e che è figlia di Elrond e tenuta rinchiusa da tutta la vita nella sua stanza.
Arya da canto suo non sembra così tanto spaventata dalla presenza di Estel perché è incuriosita da lui e ha anche molta voglia di conoscere nuove persone specie se non della sua razza, infatti vedrete nei prossimi capitoli che Estel racconterà molto ad Arya del mondo, parlandole dei suoi viaggi ecc.
Dopo tutto però non potevo certo fare la solita cosa smielata e stupida che i due si incontrano e subito vanno d’amore e d’accordo abbracciandosi già al loro primo incontro, no grazie io non  sono così scontata U.U volevo qualcosa di diverso per il loro rapporto di fratellanza e sottolineo fratellanza perché ricordo a tutti che Arya è sorella di Arwen e non le ruberebbe mai il fidanzato XD Il loro rapporto, stavo dicendo, non è affatto semplice, come credo che sia fra fratelli (non è stato sempre semplice neppure quella fra me e mia sorella e io mi baso su quelloXD)
Bene quindi detto questo vi lascio dicendovi che non posterò regolarmente perché ho da studiare e riesco davvero a scrivere solo alla sera, ma comunque state pur certi che questa volta non aspetterò otto mesi per pubblicare.
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Un bacione
Hika<3
  
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