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Autore: kleines licht    04/11/2015    1 recensioni
Dal testo: " [...]sinceramente non avevo idea di come cambiare le cose.
E avevo sicuramente paura di quel che eravamo, avevo paura di tutto quanto, sapevo che le cose continuando così sarebbero andate solamente i male in peggio ma non riuscivo a offrirle ancora quel che volevo. Mi sconvolgeva l’idea di volerle offrire davvero qualcosa ma forse dovevo imparare a conviverci."
DeanxJo
Written by: kleines licht & lastbreath
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Impala, Jo, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Titolo: I may I look I'm crazy, I should know right from wrong.
Fandom: Supernatural
Rating: Giallo
Avvertenze: Probabili modifiche alla cronologia della trama
Beta: lastbreath.
Trama: Dal testo: " [...]sinceramente non avevo idea di come cambiare le cose.
E avevo sicuramente paura di quel che eravamo, avevo paura di tutto quanto, sapevo che le cose continuando così sarebbero andate solamente i male in peggio ma non riuscivo a offrirle ancora quel che volevo. Mi sconvolgeva l’idea di volerle offrire davvero qualcosa ma forse dovevo imparare a conviverci."
DeanxJo
Note: 
Saremmo molto felici di conoscere la vostra opinione sulla ff fino a qui :) Vi sta piacendo? Cosa pensate di questo capitolo?
Lasciateci il vostro parere e i vostri consigli ;)
Un bacio
J.&S.
@Image credits: tumblr
; I personaggi rappresentati non ci appartengono. Questa fanfiction non ha alcun scopro di lucro.

Pov Jo


Ero rimasta ferita dal comportamento di Dean. Non mi aspettavo che potesse essere così assurdamente..arrivista. Perché non mi aveva raccontato subito di suo padre? Ero convinta che sapesse perfettamente che cosa fosse successo. O comunque, sapeva che erano stati compagni di caccia. A conti fatti, Dean avrebbe dovuto avere quattordici anni, all'epoca: era abbastanza grande da capire che cosa era successo. Per quale motivo suo padre non era venuto più alla Roadhouse e via dicendo.
Ma la cosa che più mi aveva demolita era che.. non me l'avesse detto. Probabilmente aveva pensato che, con quella verità, io non cercassi più contatti con lui. Che non ci andassi a letto. Ed era vero maledizione, era verissimo. Ma al bel cacciatore bastava solamente il sesso, per stare meglio. Anche per me, prima di lui, era così. Adesso mi ero venduta per ottenere solamente bugie, da parte sua e anche da mia madre, che sicuramente sapeva chi fosse Dean e che l'aveva accolto qui in ogni caso.
Mi feci quella doccia con le lacrime agli occhi, e con ancora i capelli umidi scesi di sotto a dare una mano, in perfetto silenzio.
Non avevo intenzione di parlare con nessuno, né con Dean, né con mia madre, neanche con i clienti. Solo lo stretto necessario. Era come se fosse scesa, sulle mie spalle, tutta la tristezza che avevo provato a nascondere per tanti anni. Quella foto aveva riaperto una ferita che avevo cercato di curare, e che nessuno, neanche mia madre, aveva cercato di far rimarginare. E lui con quella foto l'aveva riaperta, insieme alle bugie e alle cose che mi aveva nascosto.
Probabilmente, anzi sicuramente, se avessi saputo subito che quell'uomo era il padre di Dean.. non avrei fatto niente. In fondo non era colpa sua, anche se suo padre era per me un assassino. Invece il fatto che me lo nascondesse, raggiungendo i suoi scopi già da tempo, mi aveva fatta sentire insulsa. Come se mi stesse sbattendo in faccia l'idea che la sciocchina di turno aveva ceduto, ancora una volta, alle sue avances, andando oltre alla verità che c'era sotto. E faceva male. Col mio comportamento mi sentivo di ferire anche la memoria di mio padre, oltraggiata da una figlia che non era capace neanche di vendicarsi, ma semplicemente di scacciar via il suo aguzzino.
Il problema era che, fondamentalmente, nonostante mi avesse fatto male..più che tacere se interpellata da parte sua, non sarei riuscita a fare altro. Ed era deprimente, perché prima di lui ero intoccabile. Invece ero diventata la ragazzina di vent'anni che si accoccolava contro il suo petto e rimaneva lì, placidamente, come di solito si fa in altri..contesti. Mi ero rammollita a causa sua.
E così avevo continuato per tutto il tempo, a rimuginare su quanto accaduto, mentre andavo su e giù tra i tavoli. Fino a quando non vedi ricomparire Mark dalla porta d'ingresso: un tuffo al cuore.
Quello era il ragazzo con cui avevo perso la verginità per gioco, e con il quale, da sempre, avevo instaurato un'amicizia “speciale”. Non ero innamorata di lui, semplicemente.. eravamo molto intimi. E avevamo continuato a conservare quell'intimità anche con gli anni trascorsi.
Lui sapeva come prendermi, aveva capito che quella che avevo era solamente una maschera per proteggermi, e che avrebbe dovuto farlo anche da persone come Dean. Il problema era che lui c'era riuscito ad ingannarmi, ed io non sapevo come riprendermi. Eppure la visita di Mark mi accese una lampadina nella testa: con lui avrei potuto dimenticare, accantonare un po' il pensiero estenuante di Dean nel mio cervello. Sembrava non esserci altro modo, anche perché, maledizione a me e alla mia sfrontatezza, riuscivo ancora a sentire le mani di Dean sul mio corpo, i suoi baci, il cozzare dei nostri corpi. E avevo bisogno di Mark, in quel momento.
Grazie alla chiacchierata che mi offrì fin da quando era arrivato, la sera giunse presto, e gli proposi di fermarsi a dormire da me: linguaggio in codice ormai ben studiato.
Non ci volle molto, da quel momento, a posare il vassoio delle ordinazioni e salire in camera, consapevole che di lì a poco anche Mark mi avrebbe seguita.
Non appena fummo in camera, mi rivolse uno di quei baci che, mio malgrado, mi fece pensare a Dean: a quelli che non avrebbe mai saputo rivolgermi. Un bacio dolce, delicato e pieno di attenzioni verso di me. Non era un mistero che Mark si fosse adattato alle mie esigenze e fosse innamorato di me: sapeva che non volevo legami, e quindi si accontentava delle briciole. Ma non perdeva occasione per rimbeccare sulla questione.
Esordì con un -Mi sei mancata- sulle mie labbra, ed io, rispondendo semplicemente con un sorriso, mi tuffai sulle sue. Da quel momento, tutti i vestiti raggiunsero il pavimento e, facendoci travolgere dalla passione, finimmo sul mio letto.
Fu una danza che per me si trasformò in routine, qualcosa di poco travolgente e anzi, quasi una prassi. Volevo dimostrare a me stessa che il ricordo delle mani di Dean era solo perché era stato il migliore, in quegli ambiti.. ma in realtà c'era molto altro. Ansimai durante l'amplesso, probabilmente molto di più rispetto a quanto feci con Dean, forse perché non mi vergognavo di trasmettere le mie emozioni e non volevo frenarmi quella volta. Con Dean invece sapevo di dovermi in qualche modo trattenere, per non cadere nella sua trappola.
Per quanto, però, stessi cercando di dimenticare, di accantonare per lo meno, gli occhi verdi del cacciatore.. in realtà, quando venni tra le braccia di Mark, pensai a lui. E pensai alla sensualità con cui Dean raggiunse l'orgasmo. E al bacio delicato che posò sulle mie labbra poco dopo. Non riuscivo a non pensare a lui, e per la prima volta, il sesso periodico con Mark non servì a niente. Servì solo a farmi sentire sporca, come se avessi tradito la persona che, invece, era probabilmente presente nella stanza di fianco.













 
Pov Dean

Un ansimo.
Un gemito.
Immaginai quasi una carezza.
Se fossero stati i ricordi della sera prima avrei quasi potuto scambiarli come piacevoli, avrei anche potuto pensare che fosse un buon ricordo, infondo il corpo di Jo non mi aveva deluso. Lei mentalmente mi aveva spiazzata, mi faceva profondamente senso l’idea che infondo mi avesse sfidato in quel modo… ma il suo corpo non mi aveva affatto dato una brutta impressione. Anzi.
Ero sicuramente uno di quelli che il sesso lo vedeva come una routine ed ero abituato a pensare alle donne come oggetto di piacere. Ne avevo avute così tante, di storie da una notte, che sinceramente non pensavo che qualcuno potesse ancora sorprendermi, in positivo, o che potesse comunque colpirmi in qualche modo.
Già solo il fatto che il corpo di Jo fosse così tanto diverso da quello delle donne che di solito frequentavo le dava qualche punto in più: per quanto fosse una ragazzina fastidiosa, non potevo dire che il suo corpo non mi piacesse, anzi. Ero particolarmente sicuro che fosse strano ma anche unico: nessun alta avrebbe potuto piacermi con un corpo del genere. Probabilmente i suoi punti in più erano dati anche dal suo carisma e dalla sua capacità di sfidarmi, cosa che rendeva il tutto ancora più accattivante.
Non aveva molte forme di cui vantarsi, aveva un visino carino ma che non truccava per nulla e che per questo risultava semplice, acqua e sapone. Il suo gusto nei vestiti era pressoché assente, dubitavo di poterla ammirare avvolta in chissà quale intimo di lusso, o anche solo eccitante. L’unica cosa che giocava a suo favore era il suo essere una ragazzina tutto pepe e il saper giocare bene le sue carte, insieme al suo essere così piccola che mi mandava decisamente in estasi. Era bello avere tra le braccia un corpicino così minuto e fragile, anche se forse solo all’apparenza.
La mia mente stava provando con tutte le sue forze a ricordarsi che non mi stavo perdendo nulla, ma evidentemente ogni sforzo era sempre più vano.
Sì perché evidentemente la ragazzina aveva trovato qualcun altro con cui divertirsi, e aveva anche deciso di rendere lo spettacolo pubblico se non a tutto il piano, sicuramente a me. Avevo lo sguardo fisso sull’orologio alla parete, tenendo il conto di quanti diavolo di minuti fossero passati da quando avevo cominciato a sentire le molle del letto della stanza accanto scricchiolare, e i gemiti cominciare a riempire le pareti.
10 minuti e 12 secondi.
Avrei dovuto andarmene probabilmente, alzarmi e andarmi a fare una passeggiata magari oppure andare a dormire direttamente nella mia baby, ma il mio lato masochista aveva deciso che era meglio rimanere lì, trastullarsi nell’amarezza di essere stati sostituiti da uno qualunque.
Uno qualunque che evidentemente sapeva farla urlare molto meglio di me.
Sì, era decisamente una sfida a chi faceva la pipì più lontano, ma dannazione ero sempre stato p erfetto in quel genere di cose, e sicuramente non a detta mia. Non c’era una sola singola donna che avesse mai osato lamentarsi, o che avesse evitato di complimentarsi, con sospiri soddisfatti, occhiate maliziosi, milioni di chiamate e messaggi in segreteria. E nessuna ti richiama così tanto se non sei stato davvero meritevole.
Non potevano aver sbagliato tutte quelle prima di Jo e aver scoperto solo lei la verità! E che diavolo stava facendo quel bimboccio per farla urlare in quel modo così osceno? Mi ricordavo bene i suoi gemiti, i suoi ansimi contro le orecchie ed erano molto diversi da quelli che ora ero costretto a sentire.
Odiavo le sconfitte.
Ma quel che odiavo di più era l’idea che dopo di me avesse cercato qualcun altro. Come se sentisse la necessità di ripulirsi, di cercare altro, di trovare di meglio. Come se esistesse! Oppure lo aveva fatto per ripicca … ma perché? Le avevo dato un orgasmo, sembrava aver apprezzato fin troppo bene e dubitavo che la questione di suo padre e di quel che le avevo nascosto potesse essere sistemata da una scopata casuale.
Inoltre perché farmelo sentire?! Avrei dovuto comunque a masturbarmi sentendoli così vicini?! Insomma che diavolo pretendevano di fare? Non avevano pensato che qualcuno avrebbe semplicemente potuto voler dormire in santa pace, magari?
Avrebbe almeno potuto avvisarmi, dirmi chiaramente che intendeva trovarsi qualcun altro con cui passare la notte: avrei almeno potuto procurarmi una prostituta formosa e attraente con cui ingannare l’attesa e fargli notare quanto entrambi fossero patetici. Pensavano di scandalizzarmi? Di colpirmi?
Mi buttai nuovamente sul cuscino, rumorosamente, sperando di riuscire a coprirmi a sufficienza le orecchie ma senza riuscire troppo bene nel mio intento. Cambiai almeno duecento posizioni nel letto, rotolandomi ovunque, provando a proteggermi ovunque e provando a zittirli in qualche maniera. Mi buttai il cuscino sul viso, mi coprii le orecchie, mi rannicchiai sotto il lenzuolo ma fui costretto a raggomitolarlo sul pavimento per il troppo caldo.
Detestavo tutto quello, odiavo semplicemente provare cose di quel tipo e non sopportavo in nessun modo ciò che stava accadendo: non ero il tipo che provava cose così, che si infastidiva per le azioni altrui e non sapevo nemmeno come fossi arrivato a quel punto.
Mi ritrovai a sperare che raggiungessero in fretta quel dannato orgasmo e la smettessero di urlare come delle scimmie in calore. Cosa che effettivamente non accadde troppo tempo dopo. Sprecai altri minuti a pensare a quanto quella tortura fosse durata relativamente poco. Un punto in più per me.
Sorrisi vittorioso e, soddisfatto, mi alzai istintivamente abbandonando la stanza. Avrei potuto farlo prima, era vero, ma molto semplicemente agii senza nemmeno pensare.
La mattina seguente mi alzai presto per scendere nel parcheggio e aggiustare la mia piccola. Intendevo ripararla in fretta e non avevo intenzione di aspettare chissà che cosa per cominciare i lavori. Rientrai solamente quando il caldo si fece asfissiante e quando il lavoro che avevo in mente mi sembrò a buon punto.
Passai dal retro del bar, a petto nudo e piuttosto sporco di olio, decisamente sudato. Mi passai una mano tra i capelli, stancamente, respirando a pieni polmoni l’aria fresca del corridoio, la canottiera ormai non  più bianca abbandonata mollemente su una spalla.
Stavo semplicemente pregustando nella mia mente una doccia fredda, che non avrebbe tardato ad arrivare, quando la biondina mi si palesò di fronte. Un sorriso di scherno e derisione mi tagliò immediatamente il viso e arrivai a guardarla con saccenza e superiorità.
-Non avevo molti dubbi che riuscissi a camminare. Il tuo amichetto non dura molto. E nemmeno tu a quanto pare-  constatai freddo e distaccato, ma con quell’aria da presa in giro: se lei faceva la bambina tanto valeva che lo facessi anche io no? Infondo si trattava di cose puramente infantili perché fare l’adulto quando non serviva a niente? Voleva farsi sentire? Bene. La conoscevo abbastanza bene da sapere che dietro alle  mie spalle era diventata paonazza e che probabilmente l’avrebbe presa sul personale. Tanto meglio. Avrebbe potuto occupare il tempo a pensare alla sua vendetta … che avrebbe trovato solamente dopo la mia partenza
   
 
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