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Autore: Rubysage    23/02/2009    4 recensioni
(FINALMENTE CONCLUSAAAAA!!) Cosa succede quando un genietto dispettoso scambia tra loro le vite dei nostri amici? Forse impareranno ad apprezzare quello che hanno...o forse no? (Attenzione: parzialmente OOc e un pochino What if...ma proprio un pochino...)
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 20





-...Theeese songs of freedom...'Cause all I ever haaave... - cantò Mark, stonando come una campana. Di Juolian aveva la voce, ma l'intonazione era rimasta la sua.

- ...Redeeemption songs... Di' un po', fenomeno, ti piace Bob Marley? - disse poi allegramente. Theodore non rispose, gli occhi iniettati di sangue apparentemente fissi sulla strada, in realtà persi nel nulla. Mark si sporse avanti, appoggiandosi con i gomiti ai fianchi dei sedili anteriori.

- Certo che sei un bel cafone. Potresti almeno fare sì o no con la testa... – disse - Chissà, magari a quei due chilometri di guard-rail su cui hai rifatto la fiancata non dispiaceva...e magari anche a quelle vecchiette che stavi per investire sulle strisce pedonali, hm? Che dici se torniamo indietro a chiederglielo, ammesso che siano ancora vive? -

Mark era decisamente su di giri; lungo la strada da Fukuoka a Tokio non aveva fatto altro che ringraziare mentalmente Julian Ross e pensare che tutte le sue opinioni su quel ragazzo erano cazzate. Bel coglione era stato, a non dargli possibilità di diventare amici. Certo che anche Julian non gli aveva dato grandi opportunità; non aveva dato grandi opportunità a nessuno, a dire il vero. Pochi tra i ragazzi della nazionale giovanile potevano dire di essere veramente suoi amici. Philip Callaghan, forse. E anche Holly, ma quello era amico di tutti. Incredibile come facesse a tenere la Mambo unita intorno a sé, nonostante i compagni di squadra non lo amassero, ma gli portassero solo il rispetto che si deve ad un buon capitano...

Ad ogni modo quell'esperienza l'aveva decisamente cambiato.

O no.

No, forse Julian non era affatto cambiato.

Si poteva cambiare un'opinione, ma non la propria personalità.

Mark sorrise, quasi orgoglioso del suo nuovo amico. La gente non cambia, è la situazione in cui si trova a far emergere il vero carattere.

E Julian di carattere ne aveva da vendere. Come lui, del resto.

Le due tigri”...sai che figata!

Mark tornò ad appoggiarsi al suo sedile chiudendo gli occhi e incrociando le mani dietro la testa.

- Beh, ad ogni modo l'autoradio è rotta – continuò - Quindi ti devi accontentare del sottoscritto. Redeeemption...AAAGH!! -

Theodore aveva inchiodato all'improvviso ad un pelo dal cancello di casa Ross. Se Mark non avesse indossato la cintura di sicurezza, si sarebbe infilato tra i sedili anteriori e piantato la leva del cambio nello stomaco.

- Siamo arrivati - disse l'autista con un filo di voce. Poi svenne, crollando a faccia in giù sul volante.

- Ho notato - ribattè Mark spostando la testa dell'autista dal clacson che si era messo a strombazzare senza controllo, richiamando l'attenzione di Albert, il giardiniere.

- Cosa diavolo succede...? Oh, signorino, è lei? - disse, aprendo il pesante cancello di ferro battuto.

Mark scese dall'auto spolverandosi i vestiti.

- Per favore, Albert, porti l'auto in garage. Theodore non mi sembra in grado di guidare, per il momento...E poi chiami il carrozziere. Anzi, meglio, chiami lo sfasciacarrozze, ormai quella carretta è da buttare... -

Il giardiniere girò intorno alla Mercedes, sconvolto.

- Per l'amor del cielo, signorino Julian! – disse, notando con grande preoccupazione i segnacci sulla fiancata – Avete avuto un incidente?! State bene?! -

- Uh, sì, grazie, io sto benissimo. Theodore un po' meno, credo, ma niente di grave - rispose Mark con la massima nonchalance - Piuttosto, avrei bisogno di un grosso favore. Anzi, due. -

- Dica pure – disse Albert spostando il corpo ormai inerte di Theodore sul sedile del passeggero.

- Mi servono le chiavi del capanno degli attrezzi. E poi, per favore, leghi i cani; devo andare subito nel parco e non vorrei...ehm...che si ripetesse la situazione di qualche giorno fa... -

Albert annuì, intuendo il problema. - Il capanno è già aperto, signorino, stavo giusto sistemando il tagliaerbe. E i cani sono nel serraglio, dopo quello che le è successo ho deciso di non lasciarli più liberi quando c'è gente in giro. Non prima di aver sentito l'opinione di un veterinario, per lo meno... Anche se, a dire la verità, un po' mi dispiace per loro. -

- No, no, meglio così – disse Mark, anche se si sentiva piuttosto in colpa per quelle povere bestie. In fin dei conti, intuendo che lui non era affatto il loro padrone, avevano solo compiuto il loro dovere.

Sentendosi comunque più sollevato all'idea di non rischiare di trovarsi faccia a faccia con i loro aguzzissimi canini, Mark ringraziò nuovamente Albert e corse via attraverso il cancello.

Giunto al capanno degli attrezzi, si guardò in giro con fare circospetto, sperando che i genitori di Julian fossero ancora fuori dai piedi e che Theodore rimanesse in stato catatonico ancora per un po'.

Entrò, accese la luce e individuò immediatamente il baule in cui Julian doveva aver nascosto il sassofono. Si guardò intorno, cercando qualcosa in cui avvolgere lo strumento, quanto meno per nasconderlo alla vista, ma non trovò nulla che gli potesse servire. A dire la verità, in quel capanno non c'era proprio nulla. Nulla di particolare, almeno.

Un tavolo, una rastrelliera a muro in cui erano incastrati gli attrezzi da giardino, un tavolo, due sedie e il grosso baule, privo di serratura, che doveva contenere l'oggetto del ricatto.

Nient'altro.

Insomma, qualcosa suonava strano a Mark. Il quale, però, decide di fregarsene.

Si inginocchiò e spalancò il baule, certo di trovarsi davanti agli occhi il lucidissimo strumento musicale, o quanto meno la sua custodia; invece quello che vide gli fece spalancare, per l'ennesima volta, gli occhi dallo stupore.

- E questa roba...santa peppa! - disse, sorridendo sbalordito – E'...è incredibile! -

- Cosa è incredibile, signorino? -

Mark sobbalzò e lasciò andare il coperchio del baule, che si chiuse con un tonfo, e quando vide chi gli stava parlando il suo cuore si fermò un secondo.

Theodore lo stava guardando, appoggiato di peso allo stipite della porta, con gli occhi stralunati, ansimando pesantemente. Era ridotto davvero male; capelli arruffati, uniforme stropicciata, camicia metà fuori e metà dentro i calzoni, cappello storto sulla testa.

Porcadiquellavaccaschifosa, pensò Mark.

Adesso sì che era nei guai.

- Che cazzo ci fai qui? Non dovresti essere in coma? -

Theodore ghignò. - Pensavi veramente di avermi messo al tappeto? - disse - Per tua sfortuna ci vuole ben altro per liberarsi di me... -

- Peccato – disse Mark a denti stretti – Vuoi che chiami i cani? Forse loro ce la possono fare... -

- Non credo proprio; a me girano al largo, i tuoi Goering e Goebbels. Li conoscono bene, i miei metodi educativi... -

- Immagino quali, dal bel pezzo di merda che sei... -

- Continua pure a fare lo spiritoso, non cambierà un solo chiodo alla tua cassa. Mi ci vorranno mesi di analisi per cancellare il trauma che quei piccoli criminali mi hanno provocato...o meglio, che tu hai lasciato che mi provocassero...ma almeno adesso avrò la mia dolcissima vendetta. Ti spedisco dritto in manicomio, ti spedisco...e i tuoi genitori mi ringrazieranno pure. E ora vedi di aprire quel dannato baule. La tua cara mammina arriverà tra poco e credo che le farebbe molto piacere sapere cosa contiene... -

Mark impallidì. - Oh, no... - sussurrò.

- Oh, , invece... -

Mark fissò Theodore negli occhi e non si mosse di un millimetro. Non era la minaccia a fargli paura ma la faccia da pazzo di quell'uomo, e glie ne fece ancora di più la chiave inglese che stringeva nella sua mano tremante. Meglio non scherzare troppo, poteva essere decisamente pericoloso per la sua salute.

Però, una piccola rivincita poteva ancora prendersela.

Strinse gli occhi e fece un sorriso molto, molto ironico.

- Prego, allora - disse il ragazzo, aprendo il coperchio del baule e spostandosi in fianco ad esso – Sai cosa cercare, no? Prenditelo da solo. -

Theodore lo guardò con sospetto, ma si avvicinò al baule a sua volta, senza togliere gli occhi di dosso a Mark.

- Non fare un passo – disse, stringendo la chiave inglese ancora più forte – O giuro che ti ammazzo. E forse per te sarebbe anche meglio, visto il posto in cui finirai tra poco. Nessuno si è mai divertito con me e l'ha fatta franca dopo, sappilo. -

Mark incrociò le braccia e lasciò che Theodore si avvicinasse alla cassa.

- Sai cosa direbbe il mio amico Mark Landers, adesso? -

Theodore lo ignorò, chinandosi a guardare verso il fondo del baule. Ma non fece in tempo a vedere proprio nulla.

- Direbbe che c'è sempre una prima volta. -

Con un rapido movimento, il ragazzo diede una spintarella al coperchio del baule che si chiuse di colpo sulla mano libera di Theodore.

L'autista si alzò di scatto urlando di dolore e lasciando cadere la chiave inglese.

- UAAARGH!! Figlio di puttanaaah!! Mi hai sfracellato le dita!! Mi hai sfracellato le ditaaa!! -

Mark non perse il controllo della situazione, e soprattutto della reazione che Theodore avrebbe potuto avere; senza distogliere lo sguardo dall'autista che saltava e urlava per il capanno, portò lentamente una mano alla rastrelliera, cercando la vanga. Insomma, non si poteva mai sapere...

Fortunatamente non ne ebbe bisogno.

- In nome del cielo, cosa state facendo?! -

Ashley Ross apparve sulla soglia, pallida per lo spavento. Accanto a lei Albert reggeva la grossa colubrina che teneva sempre carica e pronta per ogni evenienza.

- Ashley!! - esclamò Theodore mostrando le mani alla donna – Ashley, tuo figlio è un pazzo schizofrenico!! Guarda cosa mi ha fatto!! -

- Per quel che ti servivano... – disse Mark.

Ashley Ross lanciò uno sguardo sconvolto prima al suo amante, poi a Mark.

- Theodore, voglio sapere immediatamente cosa sta succedendo, come hai fatto a ridurti in questo stato pietoso e, soprattutto, cos'ha a che fare mio figlio con tutto questo! -

Theodore fece un ghigno cattivo, convinto di avere la situazione in pugno, ma non sapeva affatto che Mark aveva un'ottima carta ancora da giocare, ben nascosta nella manica.

- Coraggio, signorino. Mostri a sua madre cosa tiene nascosto in quel baule. -

- Nascosto...? Che storia è questa?! - disse Ashley con notevole disappunto.

Albert impallidì e abbassò la colubrina.

- Signorino Julian... - disse.

Mark guardò il giardiniere, che aveva un'aria davvero mortificata, e sorrise.

- Non si preoccupi, Albert – disse Mark – Prima o poi glie l'avrei detto. Solo, speravo che la situazione fosse diversa. -

Si avvicinò al baule e appoggiò una mano sul coperchio.

- A proposito, Theodore, devo ringraziarti per la solerzia con cui ti preoccupi per la mia salute mentale... – aggiunse Mark con la giusta punta di cattiveria nella voce.

- Poche storie – disse l'autista, perdendo definitivamente le staffe – Non credere di cavartela con qualche frase patetica. Ora, Ashley, vedrai con i tuoi occhi come il tuo amato figliolo si attiene alle prescrizioni del suo medico. -

Spinse Mark di lato e aprì il pesante coperchio del cofano – Prego, a te l'onore. - disse, con aria soddisfatta.

Ashley si chinò, tremante, e non appena ebbe scorto il contenuto del baule spalancò gli occhi.

- Oh, mio Dio... - disse la donna, portandosi le mani alla bocca – Mio Dio... -

Theodore lanciò a Mark uno sguardo che significava “ti ho fregato, bastardo”; ma il sorriso con cui gli rispose il ragazzo voleva dire esattamente la stessa cosa. Restava solo da capire chi dei due avesse fregato l'altro.

- Allora, Ashley, cosa ne pensi? - disse Theodore.

La donna si voltò verso Mark, con le lacrime agli occhi.

- Tesoro... - disse, con voce tremante – E'...è meraviglioso... -

In un attimo a Theodore si cancellò il sorriso dalla faccia.

- Meraviglioso?! - esclamò – Ma che diavolo...? -

Spinse Ashley un po' più in là e si chinò a sua volta verso il baule.

No...non è possibile... - disse, spalancando i suoi occhietti porcini sopra qualcosa che mai e poi mai si sarebbe aspettato di trovare.

Nella fattispecie, un mucchietto di disegni, mescolati disordinatamente con matite colorate, pennelli, acquerelli e svariato materiale artistico.

E i disegni erano proprio belli, avevano colori vivaci e un tratto molto personale. Ognuno di essi portava, in un angolino, un piccolo scarabocchio: Julian Ross.

- Che diavolo è questa roba?! - berciò Theodore, gettando una manciata di fogli in aria.

Albert fece un sospiro di sollievo.

Voilà, ecco svelato l'ultimo segreto di Julian. E Mark sperò che fosse veramente l'ultimo...

Un innocuo segreto di cui, a quanto pareva, nemmeno il diabolico autista era al corrente e che era stato sufficiente a sventare i suoi piani. Se solo Julian l'avesse immaginato...

Mark sorrise e si chinò a raccogliere uno dei disegni che aveva attirato la sua attenzione. Lo guardò a lungo, mentre Ashley Ross sbrodolava lacrime e commenti entusiasti di fronte ai capolavori del figlio.

Mark sorrise e guardò sopra la spalla della donna, che scartabellava tra i disegni di Julian sfregandosi di tanto in tanto gli occhi con la mano. Ashley ne teneva in mano uno che rappresentava semplicemente una spiaggia al tramonto, con una piccolissima figurina indistinta che sembrava allargasse le braccia sulla riva del mare. Mark non ci capiva un accidente di arte, ma quella figurina pareva gridare a squarciagola contro il cielo che sfumava dall'azzurro al giallo e infine al viola.

Forse quella figurina era proprio Julian. Era lui a gridare libertà contro le mura che lo stavano rinchiudendo, e da cui ora, per un incredibile mistero, era riuscito ad evadere. Poteva quasi sentirlo, il suo urlo, più forte di quello di Munch.

Perfino più forte di quello del Boss in “Jungleland”, pensò Mark.

Ashley non riuscì a trattenere un singhiozzo.

- Se solo l'avessi saputo... – disse – Perchè non ci hai detto niente? Sono così...così belli...così vivi... -

- Ehi, guarda che non è questo che... - tentò di dire Theodore, ma Ashley lo interruppe prima che finisse la frase.

- Sta' zitto! - gridò rabbiosamente – E tu che mi avevi quasi convinta che mio figlio fosse malato di mente! Guarda qui! Quale malato di mente potrebbe creare qualcosa di così meraviglioso? -

- Beh, ti ricordo che nemmeno Van Gogh ci stava tutto con la...OUCH! -

Il pestone che Mark aveva rifilato al piede dell'autista non sarebbe stato necessario; Ashley Ross, ancora incantata davanti alle creazioni del figlio, non lo stava affatto ascoltando e probabilmente non l'avrebbe mai più ascoltato.

- Dio mio, guarda questo... -

- E' una crosta tremenda – rispose Theodore imbronciato, senza nemmeno degnare il foglio di uno sguardo.

Ashely sorrise e tirò su col naso. - Oh, tu non ci hai mai capito niente di arte – disse – Che colori caldi...e che tratto, semplice e preciso... -

In effetti Mark concordò che quel disegno non era affatto male; rappresentava i due cani di Julian con un tratto così affettuoso che quelle bestie non parevano affatto due Rottweiler assassini, ma due tenerissimi cuccioloni più tonti della media.

-Julian... - disse Ashley con voce tremante, voltandosi di scatto verso il figlio. Mark pose velocemente sul tavolo il disegno che teneva in mano, ma a faccia in giù, in modo che non fosse visibile. Più tardi gli avrebbe dedicato un po' più d'attenzione.

Ti prego, perdonami. Questi disegni sono semplicemente splendidi. Non...non avrei mai creduto che...oh, mio Dio, quanta sensibilità! -

La donna scoppiò a piangere e Mark, quasi spontaneamente, la abbracciò con affetto.

-Non c'è niente da perdonare – disse – Ognuno si sfoga come può. Non ho mai avuto molte vie d'uscita dalla mia condizione, e questo era l'unico modo che avevo per evadere un po' senza rischiare la salute. Se non avessi avuto la pittura sarei impazzito sul serio, credo. Mi dispiace soltanto di non avervi messo al corrente di questa...passione. Sai, mi vergognavo un po', se devo essere sincero... -

Ad essere veramente sinceri, Mark non si era mai vergognato così tanto in tutta la sua vita. Non era molto bravo nelle sceneggiate melense, anche se in quel momento era la cosa più logica da fare per salvare il culo a Julian. Ma solo vedere la faccia rabbiosa di Theodore, definitivamente fregato, lo faceva gongolare. Decise che sarebbe andato avanti ancora un po' con la pantomima, non prima di aver rivolto il dito medio alzato all'autista, che lo guardava imbestialito da dietro la schiena di Ashley.

-Questi ultimi anni sono stati terribili, mamma – continuò – Non ce la facevo più a vivere appeso ad un filo con l'incubo che qualsiasi cosa facessi mi portasse alla tomba; se ultimamente ti sono parso strano hai capito perchè. Voi mi avete dato tutto, ma a me bastava solo un po' di libertà. Preferisco vivere un po' meno, ma felice, piuttosto che restare avvolto nella bambagia fino ad ottant'anni. -

-Julian... -

-No, non dire niente. So che siete preoccupati per me più che per ogni altra cosa, ma credo che preferiate vedermi felice che vedermi sopravvivere in qualche modo, vero? -

Ashley si staccò lentamente dall'abbraccio di quello che credeva suo figlio.

-Non ti ho mai capito, Julian. Forse non ci ho provato nemmeno. Credo di non essere stata una buona madre per te. -

Mark prese con dolcezza la donna per le spalle. - Non dire sciocchezze! Mi avete dato tutto quello che si può desiderare a questo mondo. Ma ci sono cose che un uomo deve imparare a prendersi da solo, e nessuno glie lo può impedire. Ho bisogno di uscire dalla gabbia e vedere il mondo con i miei occhi; datemi solo la mia libertà, la possibilità di inseguire i miei sogni nei limiti del possibile, e saremo tutti più felici. -

-Patetico – disse Theodore a denti stretti – Non ti rendi conto che questo ragazzino ti sta infinocchiando? -

Ashley lasciò andare Mark e fece due passi verso di lui, incenerendolo con lo sguardo.

-Infinocchiando? - sibilò – Come...come osi?! Se c'è qualcuno che sta “infinocchiando” qualcun'altro, quello sei tu. Per anni mi hai fatto credere che mio figlio fosse un pazzo isterico, impedendomi di vedere la verità! Ma ora ho capito i miei errori...e ne ho anche avuto la conferma dal dottor Appleyard. -

-Il dottor Appleyard? - disse Theodore. Mark gongolò ancora di più.

-Sì, proprio lui. L'ho chiamato appena arrivata a casa, per sapere com'era andata la seduta. Mi ha detto qualcosa che nessun altro psicologo aveva mai fatto prima...e cioè che Julian è semplicemente giovane. Giovane e arrabbiato per la malattia che ha sopportato per tutti questi anni. E che l'unico modo per farlo stare meglio sarebbe solo assecondarlo un po' di più. Capisci, Theodore? Capisci cosa gli ho fatto passare per colpa tua?! -

-Mia?!? - esclamò Theodore – Quello è veramente pazzo furioso! Guarda cos'ha fatto alle mie mani... -

-Oh, cosa vuoi che mi importi delle tue mani, guariranno alla svelta! Non ti rendi conto che stavo per mandare mio figlio in manicomio?! -

-Cielo, mamma – disse Mark fingendosi esterrefatto – Di cosa stai parlando? -

-Di nulla, tesoro, non preoccuparti – gli disse Ashley accarezzandogli una guancia – E' tutto finito. Chiaro? - aggiunse poi, rivolgendo uno sguardo glaciale all'autista.

Theodore spalancò gli occhi, sconvolto.

-Non...non starai dicendo sul serio, vero? -

-Mai stata così seria in vita mia. -

-Ma Ashley! - sbottò Theodore – Dopo tutto quello che c'è stato fra noi...?! -

-Non c'è stato un bel niente fra noi – si affrettò a precisare la donna – E' vero, mi hai sostenuto nei momenti difficili (Mark arrossì immaginando i modi in cui l'autista doveva averla sostenuta...) ma i tuoi consigli hanno rischiato di farmi perdere per sempre il mio meraviglioso figlio. E non ho più intenzione di discutere su questo! - disse, anticipando Theodore che stava aprendo bocca.

Poi accarezzò dolcemente la guancia di Mark. - Io torno in casa, tesoro. Se tu vuoi continuare... -

Mark la guardò senza capire cosa cazzo dovesse continuare.

-Eh? Oh, sì, certo! - disse, comprendendo all'improvviso a cosa si riferisse Ashley – Devo giusto...ehm...finire uno schizzo... -

Ashley sorrise e se ne andò, lasciando Mark estremamente soddisfatto e Theodore completamente sbigottito.

-Visto? - disse Mark facendo spallucce – Saperlo, che bastava così poco... -

Theodore non ci vide più. - Dov'è?! - sbraitò, agitando le braccia – Dove diavolo l'hai nascosto, stronzetto?!-

-Non capisco di cosa tu stia parlando – rispose Mark con fintissima ingenuità.

Theodore lo ignorò. - L'ho visto, ti ho anche sentito strimpellare...deve essere da qualche parte! O l'hai dato alla tua amichetta? Eh? -

-Senti, perchè non ti arrendi? - disse Mark – Ormai ho vinto partita e campionato. Se tu avessi un briciolo di cervello sotto quel berretto da idiota capiresti che è giunto il momento di mollare... -

-Stai attento, ragazzino... -

-No, stai attento tu – intervenne Mark puntandogli contro l'indice – Stai molto attento, perchè potrebbe venirmi improvvisamente voglia di fare quattro chiacchiere con mammina... -

-Non lo faresti mai... -

-Ah, no? - disse Mark con uno sguardo da far gelare il sangue – Ho scoperto di poter fare cose che non immagineresti mai, amico. Come vedi, hai finito di farla da padrone, qui, e vedi di darti una regolata, altrimenti ti farò rimpiangere di non esserti licenziato una vita fa... -

Theodore fissò Mark scuotendo la testa, sconcertato. - Tu sei matto per davvero – disse – Non ti riconosco più... -

-Tu non mi hai mai conosciuto, Thaddeus – disse Mark con disprezzo – E forse non mi conoscevo nemmeno io. Ma certe volte le circostanze obbligano la gente a tirare fuori il vero carattere... E dopo l'ennesima carognata Julian, il vero Julian, si è stufato di ingoiare i bocconi amari e si è svegliato, chiaro? E non è più disposto a sopportare come prima. Per cui o mi tratti con il rispetto che mi devi, o farai meglio a trovarti un altro lavoro. O a prenotarti il funerale, perchè... - All'improvviso Mark afferrò Theodore per il bavero della giacca e gli avvicinò il viso al suo, senza smettere di fissarlo con occhi fiammeggianti. - ...a cortesia io rispondo con cortesia chiaro? E se hai orecchie per intendere, spero tu abbia inteso. Ora sparisci, se stasera ti vedo di nuovo in giro ti farò rimpiangere il trattamento dei m... dei fratelli Landers. -

Mark mollò la giacca dell'autista, che barcollò un istante.

-Se...se credi di farmi paura ti sbagli di grosso... - tentennò Theodore, alzando debolmente una mano tremante.

-Ah, davvero? - replicò Mark, imperturbabile.

-Da-davvero... -

-Occhèi. -

Mark restò immobile ancora qualche secondo a braccia incrociate.

-BUAHAHAHAHAHA!!! - esplose poi agitando le braccia. Theodore sobbalzò e fuggì via urlando a squarciagola.

Mark scosse la testa ridendo.

-Coglione – disse.

Si girò e socchiuse la porta del capanno. Emettendo un sospiro di soddisfazione si mise le mani sui fianchi e osservò il grosso poster che stava attaccato dietro alla porta stessa.

Un piccolissimo uomo con ali da uccello volava, tutto solo, in un cielo al tramonto.

In un angolo, Julian ci aveva aggiunto a penna alcune strofe:


Blackbird singing in the dead of night

take these broken wings and learn to fly

all your life

you were only waiting for this moment to arise


-Il momento è arrivato, fratello – disse Mark ribattendo ai Beatles.

Fischiettando le note di quella canzone, che conosceva bene, si girò verso il tavolo e prese il disegno che ci aveva lasciato poco prima e lo osservò molto, molto attentamente.

Era un mezzobusto a matita di una ragazza, i lunghi capelli castani che le incorniciavano il viso, girato di tre quarti rispetto alla linea del collo, lo sguardo tranquillo che puntava altrove, le labbra estese in un sorriso appena accennato.

Mark vi riconobbe immediatamente Amy, che non gli era mai sembrata così bella come in quel ritratto appena abbozzato.

Julian doveva amarla davvero molto per essere riuscito a fare una cosa del genere; quel disegno trasudava amore da ogni tratto, da ogni cancellatura fatta al punto giusto, da ogni minimo dettaglio, la lunghezza delle ciglia, le piccole rughe intorno al sorriso e la fossetta sul mento, e si dispiacque quasi del fatto che probabilmente sarebbe rimasto incompiuto.

Con un sorriso amaro posò il disegno e si chinò nuovamente sul baule aperto. Tastò lungo i bordi fino a quando riuscì a trovare un appiglio, quindi sollevò lentamente il doppio fondo, scoprendo l'oggetto della disputa, coperto da un panno leggero.

-Wow – disse Mark togliendo il panno e sollevando delicatamente lo strumento.

Il lucidissimo sax soprano di Julian era piccolo ma comunque pesante, e la forma non era esattamente quella che Mark si aspettava; abituato ai canonici sassofoni, grossi e curvi, il trovarsene tra le mani uno completamente diritto gli sembrava una cosa strana.

Guardò l'ancia con aria dubbiosa, incerto se soffiarci dentro o no, e soprattutto come; il problema era che Mark non sapeva suonare manco il campanello di casa sua, figuriamoci uno strumento così complicato. Ma la curiosità ebbe il sopravvento.

-Ah, chi se ne frega. Senti questo, Gato Barbieri! - disse ridendo.

Appoggiò le labbra all'ancia del sassofono e ci soffiò dentro con forza, premendo un paio di tasti a caso.

Non ne uscì un suono.

O meglio, quello che ne uscì non era un suono. Non un suono umano, almeno.

Sembrava una via di mezzo tra un peto e una soffiata di naso.

-Ma che cazzo è?! - disse Mark, guardando lo strumento, sconcertato.

-Sbaglio o sei un po' giù di allenamento? -

Mark sobbalzò e si voltò di scatto.

-Mapporc...Amy! - esclamò.

La ragazza era ferma contro lo stipite della porta, che evidentemente aveva aperto senza che Mark se ne accorgesse. E chissà da quanto era lì...che figura...

-Scusa, Julian, non volevo spaventarti – disse, sinceramente dispiaciuta.

-Scusami tu – rispose Mark, posando il sassofono – Mi hai...preso alla sprovvista! Come sapevi che ero qui? -

-Sono solo passata a trovarti. Ho provato a chiamarti sul cellulare tutto il pomeriggio ma non rispondevi...poi ho telefonato e Deborah mi ha detto che eri appena tornato, così ho pensato di passare a salutarti. E...beh, sentire come stavi. - aggiunse, con un pizzico di imbarazzo.

Mark sorrise. - Mai stato meglio, te l'assicuro! -

-Lo vedo. Hai un aspetto molto più rilassato – disse Amy. A Mark sembrò che si rilassasse a sua volta. - Di' un po', cos'è successo a Theodore? L'ho incrociato venendo qui, mi sembrava sconvolto... -

-Oh, niente di particolare. Voleva solo ammazzarmi con una chiave inglese. -

-Cosa?! -

-Non preoccuparti, avevo la pala sottomano. So difendermi, io! -

-Non lo metto in dubbio - disse Amy, confusa – Non oso immaginare come... -

-Ecco, appunto, non immaginarlo. Per caso hai visto mia madre? -

-No, perchè? -

-Meglio. - Mark sollevò di nuovo il sassofono di Julian e lo porse alla ragazza. - Senti, Amy, capiti proprio a fagiolo. Questo coso non può rimanere qui. Theodore ha scoperto tutto, e c'è mancato poco che lo scoprisse anche mamma. Ti prego, devi aiutarmi a liberarmene... -

-Theodore?! - esclamò Amy – E come ha fatto? -

-Secondo te? Quel bastardo ha mille occhi e orecchie. Tieni, aspetta che cerco qualcosa in cui avvolgerlo... -

-Ma Julian, cosa faccio se i tuoi mi vedono uscire da casa tua con un sassofono?! -

Mark strabuzzò gli occhi. In qualche modo ci sarà entrato, no?, avrebbe voluto dirle, anche in tono poco gentile, ma si frenò in tempo.

-Digli che è per tuo cugino. Dovevi fargli una sorpresa e mi hai chiesto se te lo potevo tenere per un po'. Non credo ti faranno storie... -

Amy sorrise con aria quasi soddisfatta. - Però, non te la cavi affatto male come contafrottole! - disse.

-E' un mestiere che si impara in fretta. Ecco, mettiamolo qui. - disse Mark, riprendendo il sax dalle mani di Amy.

La ragazza gli porse lo strumento e si avvicinò al tavolo. Non appena Mark ebbe capito cos'aveva intenzione di fare gli venne un colpo.

-No, aspetta! - esclamò, rischiando di far cadere il sassofono.

Amy non gli fece assolutamente caso e prese il disegno che Mark aveva nascosto alla madre di Julian.

Fantastico, quello mi spella vivo, si disse, temendo il peggio. Quel disegno era l'equivalente di una dichiarazione d'amore! Cos'avrebbe detto a Julian? E come l'avrebbe presa Amy?

-Beh, non l'hai ancora finito? -

Mark restò lì come un ebete.

-Co-cosa? -

-Questo – disse Amy, sventolandogli il disegno sotto il naso, con un mezzo sorriso furbetto – E' così da almeno due mesi. Comincio ad essere stufa di posare per te, sai? -

No, non lo sapeva. Semplicemente, Mark non sapeva più cosa dire. Troppe sorprese, in quei pochi giorni; il mondo stava cominciando a girare un po' troppo velocemente per lui.

-Ecco...beh, con il ritiro e tutto il resto...non ho avuto molto tempo per... -

-Lo so, lo so – disse Amy, senza perdere il sorriso. Pose il disegno, incrociò le braccia e si appoggiò al tavolo in un modo che avrebbe sicuramente fatto impazzire Julian.

-Ma preferirei sapere perchè, con tutte le cose che sai fare, ti ostini a voler giocare a calcio. - continuò.

Mark si guardò in giro, sempre più confuso. Se fosse stata un'altra persona, e non Amy, le avrebbe risposto semplicemente di farsi gli affari propri, dato che quelli di Julian se li stava facendo un po' troppa gente in quegli ultimi tempi, e Mark cominciava ad averne le scatole piene di ripetere la solita tiritera sulla fuga dalla gabbia dorata e tutto il resto. Ma vedendo Amy con quella faccia rimase interdetto; trovare qualcosa di nuovo da dire sarebbe diventato davvero complicato.

-Insomma, sono...siamo tutti piuttosto preoccupati per te, sai. -

Amy arrossì e guardò altrove.

Mark sorrise a quella timida reazione. - Lo so – disse - e mi dispiace davvero. Ma sai come la penso e quello che significa il calcio per me, vero? -

-Sì, lo so – disse Amy – E credimi, preferisco...preferiamo vederti felice. Ma... -

La ragazza si interruppe, rossa fino alle orecchie. Il suo goffo tentativo di rendere pluralizzare le sue premure non aveva bisogno di spiegazioni. Non per Mark, almeno; per Julian, forse. Fatto sta che dietro ad ogni singola parola si nascondeva tutto quello che Amy avrebbe sempre voluto dire a Julian; pensa bene a quello che fai, sei troppo importante per me, perchè ti perda in un modo così stupido.

Il tutto, però, complicava ulteriormente le cose; Amy non avrebbe potuto scegliere un momento peggiore per dichiarare i suoi sentimenti al ragazzo che, sicuramente, amava da anni. Ma le cose non potevano rimanere bloccate ancora a lungo.

-Amy... -

-Scusami. - lo interruppe la ragazza, sempre più imbarazzata – Scusami, non volevo. Sono una stupida. E' che a volte non posso fare a meno di...insomma...lascia perdere. Dimentica quello che ho detto. Dimentica tutto, ok? - Si voltò sorridendo, ma l'imbarazzo e la tensione le si leggevano negli occhi, e nelle mani che le tremavano. - E cerca di finire quel ritratto, una buona volta! -

Mark sospirò, si avvicinò ad Amy e la guardò negli occhi con tutta la dolcezza di cui era capace.

-Ascoltami bene – disse.

Avrebbe voluto prenderle il viso tra le mani, giusto per vedere se erano davvero lacrime quelle che le rendevano così luminoso lo sguardo, ma non lo fece. Julian non l'avrebbe fatto. Forse.

-Sono davvero lusingato che tu ti preoccupi così tanto per me. Sul serio. Fa molto bene al mio ego, per lo meno. - Amy si lasciò sfuggire una risatina. - Ma dall'altra parte mi spezza il cuore. Oddio, so che è un po' azzardata come metafora... -

-Oh, no, tutt'altro! - esclamò Amy. Entrambi si lasciarono andare ad una risata piuttosto liberatoria.

Poi Mark sollevò con l'indice il mento della ragazza, costringendolo a guardarlo dritto in faccia. Sì, erano davvero lacrime. Di vergogna, forse.

-Io e te dovremo fare un discorsetto, prima o poi. - le disse – Quando sarà il momento giusto. -

Un imbarazzante silenzio calò fra i due. Un silenzio pesante come il piombo.

Ci pensò Deborah a spezzarlo, precipitandosi nel capanno con il cordless in mano.

-Signorino Julian, Mark Landers... -

I due si voltarono di scatto a guardarla. Deborah si fece piccola piccola, come se avesse interrotto qualcosa di importante; senza saperlo, invece, aveva salvato entrambi da una situazione piuttosto difficile.

-...Mark Landers la desidera urgentemente al telefono. -

Mark ringraziò Deborah e prese il telefono. La donna si dileguò all'istante.

-Pronto? - disse, uscendo dal capanno e rassicurando Amy, piuttosto perplessa, con un cenno del capo.

-Ciao. Senti... - disse Julian.

-No, prima senti tu, caro il mio Vincent – lo interruppe Mark, parlando sottovoce in modo da non farsi sentire da Amy.

-Eh?! -

-Non fare lo gnorri perchè sto cominciando a diventare matto davvero. C'è qualcos'altro che dovrei sapere su di te? Fai bungee jumping? Hai cambiato sesso? Balli la samba? Sei il più grande intenditore mondiale di estetica kantiana? -

-Ma che cazzate stai dicendo? -

-No, sai, vivere nei tuoi panni è una sorpresa ogni giorno! Solo oggi ho scoperto che suoni il sassofono e disegni meglio di... -

Mark si interruppe vedendo Amy che faceva capolino dalla porta. - Arrivo tra poco – disse, coprendo il microfono.

-Chi c'è lì con te? -

-Amy – rispose Mark – Ma non preoccuparti, è tutto sotto controllo. Tornando al discorso di prima, comincio a stufarmi, sai? Sei troppo complicato per i miei gusti. -

Julian ridacchiò. - Hai scoperto il mio hobby? -

-Quale dei mille?! - sbottò Mark. Lanciò un'occhiata alla porta socchiusa del capanno, sperando che Amy non sentisse. Ma la ragazza era troppo impegnata ad esaminare i capolavori di Julian per interessarsi della conversazione.

-Seriamente, Julian. Fino alla settimana scorsa credevo che l'unica cosa che ti importasse fosse giocare a calcio. Adesso scopro che hai una marea di cose in testa, e io non riesco a stare dietro a tutto, capisci? Non so tenere in mano una matita, né soffiare dentro ad un sassofono. E' una situazione piuttosto pesante, sai? -

-Beh, puoi sempre imparare – disse ironicamente Julian.

-Fottiti – esclamò Mark, ridacchiando – Comunque Amy vuole che le finisca il ritratto, e temo che anche tua madre, prima o poi, mi chieda di fargliene uno... -

-Mia madre?! -

-Sì, tua madre. Rilassati, non ho potuto fare altrimenti. Magari, se l'avessi saputo anch'io...Ti dirò, ne è stata piacevolmente sorpresa, e questo mi ha dato una grossa mano a liberarti definitivamente dalla minaccia di Theodore. -

-Theodore? L'ha licenziato? - disse Julian gongolando.

-No, ma da oggi avrà molto meno ascendente su di lei, fidati. E, cosa ancora più importante, niente internamento in clinica. Sei salvo, fratello. -

Julian urlò di gioia. - Mark, ti bacerei! Sei grandioso! Dopo mi spiegherai tutto. Senti, ora devo dirti una cosa piuttosto importante. Sapevi nulla dell'amichevole contro la Thailandia che dovremmo giocare questo sabato? -

-Amichevole?! - esclamò Mark - No, non ne sapevo un accidente! -

-Beh, nemmeno io. Pare sia una cosa da nulla, ma la nostra situazione complica parecchio la faccenda. Per cui avrei qualche raccomandazione da farti... -

-Ehi, ehi, frena – lo interruppe Mark – Chi ha avuto questa bella idea? -

-Colby, ovviamente. A quanto pare avremmo dovuto giocare tra un mese, invece i thailandesi hanno avuto problemi con i passaporti, o qualcosa del genere...risultato, o sabato o niente. -

-Avrei preferito niente, cazzo. Che facciamo? -

-Che facciamo? Che fai tu! A me toccherà giocare per l'intera partita, a te, forse, per i soliti dieci minuti, ma potrebbero essere dieci minuti pericolosi, se giocati male...capisci quello che intendo? -

-No – rispose Mark, ancora frastornato – Cioè, sì. Vuoi dire che quel poco che giocherò lo dovrò giocare come fai tu? Cazzo, ci proverò, ma non credere che sia così facile! -

-Appunto – disse Julian – E a questo proposito, apri bene le orecchie. -

-Spara. -

-Non strafare. Scordati di arrivare addosso agli avversari come un bulldozer, o, peggio, di fare il tiro da tigre o qualche altra cazzata. -

-Julian, non sono così imbecille da farmi beccare sul più bello – disse Mark – Tu, piuttosto, come pensi di fare? Il tuo stile è parecchio diverso dal mio, non ti sembra? -

-Mi arrangerò. Simulerò un infortunio, passerò agli altri, dirò che mi voglio risparmiare per gli avversari più pericolosi... -

-Grazie per avermi dato del gradasso... -

-Perchè lo sei – intervenne Julian, ridacchiando tra sé e sé.

-Beh, grazie di nuovo per la stima! Hai altre velate critiche nei miei confronti? -

-Finiscila, stupido! - disse Julian – Quello che voglio dire è che io avrò vita più facile di te. Tra noi due, sei tu quello che si dovrà risparmiare, chiaro? -

Mark tacque, afferrando al volo dove Julian voleva arrivare. - Chiaro – rispose.

-Dieci minuti di finezza, ok? Passa spesso la palla, niente corse a perdifiato, niente azioni personali troppo prolungate. D'accordo che da un po' di tempo va tutto bene, ma non vorrei rischiare. Soprattutto ora che ci sei tu nei miei panni, e non sapresti come affrontare la cosa. -

-Benissimo – disse Mark, toccandosi i gioielli di famiglia per scaramanzia.

-Senti, continui a prendere i farmaci che ti ho detto, vero? -

Cazzo, si disse Mark, deglutendo nervosamente. Da quando era piombato nella vita di Julian aveva toccato sì e no un paio di compresse. - Sì...certo, figurati! - balbettò.

Julian inspirò profondamente e alzò gli occhi al cielo. - Sì, come no... Mark, dannazione, ne va della mia...della nostra pelle, lo capisci o no?! -

-Sì, sì, non arrabbiarti, è tutto sotto controllo. -

-Lo spero. Comunque ricordati la furosemide, cacciati in borsa l'intero flacone...e un paio di siringhe, per sicurezza. Ah, e già che ci sei...-

Mark sbuffò. - Senti, Julian, non sono così idiota da rischiare la vita per una partita, io, chiaro? -

Julian incassò il colpo. - D'accordo, hai ragione, sono un idiota. Però tu non hai idea di cosa significhi... -

-Sì che ce l'ho, maledizione! - sbottò Mark, allontanandosi dal capanno e cercando di tenere la voce più bassa possibile – Ce l'ho dal primo momento in cui sono stato te! Sei tu che non hai idea di quello che significhi veramente! Ma ti conosci, Julian Ross? Hai idea di quello che vali? Se gli altri sapessero di te la metà delle cose che so io se lo chiederebbero tutti! Sei...cazzo, sei la persona più in gamba che io abbia mai conosciuto, chiaro? E mi costa parecchio dirlo. Potresti avere il mondo nelle tue mani, se lo volessi! - Lanciò uno sguardo verso il capanno degli attrezzi – Guarda cos'hai fatto per me. Cosa credi che penserebbero di te Amy, i ragazzi, perfino i tuoi genitori? In tutti questi anni hai solo mostrato agli altri quello che volevi mostrare, ma non era il Julian intraprendente, grintoso, generoso e, cazzo, cocciuto come un mulo che io ho conosciuto! Sei uno di quei tipi che può ottenere tutto quello che vuole, se lo vuole davvero. Credi che l'unico modo per dimostrarlo sia giocare dieci minuti a partita rischiando pure di morire? Hai un mondo incredibile che ti gira intorno, perchè non apri le porte e lo dici anche agli altri? -

-Mark... -

-No, fammi finire. Ne ho le palle piene del tuo desiderio di evasione. Evadi davvero, una buona volta, nessuno te lo impedisce, ma esistono modi diversi dal lasciarci la pelle tirando due calci ad un pallone! Amy sta morendo dalla paura di perderti. Quella ragazza ti ama davvero, lo sai? -

Julian tacque.

-Julian, quello che sto cercando di dirti è che ti stai sprecando, tutto qui. Me l'hai detto anche tu, il calcio non è tutta la tua vita. Hai tutte le carte in regola per essere felice, e te lo meriti. Cerca di capirlo, una buona volta. -

Julian sospirò di nuovo e sorrise. - Mark, ti ringrazio per la ramanzina, ma non ce n'era bisogno. Il vecchio Julian se ne sta andando, sai? -

-Non ne sono del tutto sicuro – rispose Mark – Lo sarò solo quando le cose torneranno alla normalità. Sono confuso anch'io, sai? -

-Si vede. Non hai mai detto tante stronzate tutte in una volta! -

I due risero di sollievo.

-Allora ci vediamo sabato. Cercherò di ricordarmi la futro...fruttos...insomma, quella roba lì. -

-Sarà meglio. Hai portato le carte a mio padre? -

-Dopo, dopo, sono appena arrivato e mi è già successo di tutto, non mettermi ansia! -

-Va bene, scusa. Da' un bacio ad Amy da parte mia...anzi, no, salutamela e basta – farfugliò Julian, imbarazzato.

-Sì, mi sa che è meglio. Ricordati quello che ti ho detto, comunque. -

-Va bene, papà! -

-Vaffanculo! – disse Mark ridendo – Ci si vede sabato. -

-Ah...grazie. -

-No, grazie a te. -

-Senti, non ricominciamo con la tiritera... -

Mark riagganciò ridendo e tornò verso il capanno. Amy lo stava aspettando, fingendo un'aria annoiata, tradita dalla luce che aveva negli occhi.

-Chi era? - disse.

-Mark – rispose Julian – Mi ha dato una notizia inaspettata... -

-Sembra che siate diventati grandi amici voi due, ultimamente! - commentò Amy, piacevolmente sorpresa.

Mark fece lo gnorri. - Abbiamo un'amichevole a sorpresa con la Thailandia. Cosa da nulla, a quanto pare, se non che avrei preferito saperlo prima... Che dici, vieni a fare il tifo per noi? -

Amy impallidì di colpo. - Oh...beh, certo! Quando...quando sarebbe la partita? – disse, fingendo la massima indifferenza. Mark, ovviamente, mangiò la foglia.

-Sabato – rispose.

-Sabato. Sì, certo che vengo! Magari ti preparo la borsa, smemorato come sei...vuoi che passi in farmacia a prendere... -

-Senti, Amy – la interruppe Mark - Non devi aver paura, sul serio. Ultimamente va tutto bene e non sono un incosciente. Fidati di me, eh? -

Amy abbozzò un sorriso che lasciava intravedere ancora più ansia.

-Non ho paura. E' che...insomma, una partita importante, così all'improvviso... -

Senza lasciarti il tempo di prepararti psicologicamente, pensò Mark. Mio Dio, cosa deve passare questa ragazza...

Mark allargò le braccia, cercando di stamparsi in faccia il sorriso più rassicurante di cui fosse capace. - La mia preparazione atletica è perfetta, direi! Sto anche mettendo su una discreta pancetta da panchinaro. Che ne dici, sarà il caso che mi metta a dieta? -

Amy, colta alla sprovvista, spalancò gli occhi. - Cosa...ma..oh, stupido! - E si lasciò andare ad una risata liberatrice. Mark rise a sua volta.

-Cerca di non preoccuparti troppo, ok? Io sto bene e sono tranquillo, e lo sarò anche di più se lo sei anche tu. -

-Scusami, hai ragione. E' che...sei così strano, ultimamente...non so più cosa pensare. -

-Non devi pensare a niente, solo che questo bel fusto che ti trovi davanti è il vero Julian. Se n'è rimasto nascosto per un po', e ora è saltato fuori. Che ne dici, ti piace di più questo o quello vecchio? -

- Mi hai già fatto questa domanda – disse – E credo di averti già risposto. -

Mark sorrise. Non aveva idea di quanto ciò che aveva appena detto ad Amy fosse vicino alla verità. Quello che Mark stava interpretando era molto più vicino a Julian di quanto fosse il vero Julian, nascosto dal mondo.

Sorrise.

-Vai, ora, prima che qualcuno ti becchi con quel coso - disse, alludendo al sassofono – Comunque ricorda: io e te dovremo parlare, prima o poi. -

-Me l'hai già detto. Sto aspettando. -

-Non ora – aggiunse Mark – Quando sarà il momento. -

I due rimasero qualche istante a guardarsi negli occhi, Amy facendo finta di non capire, ma in realtà afferrando benissimo la situazione, e Mark cercando il modo per cavarsela.

Quello non era più compito suo; toccava al vero Julian fare la sua parte.

Ma quando?






Mi scuso innanzi tutto per avervi fatto aspettare così tanto con l'aggiornamento, ma, come avrete notato, questo capitolo mi è uscito particolarmente lungo. Lungo, brutto e ripetitivo, devo dire; non era mia intenzione che fosse così, ma purtroppo mi è sfuggito di mano (ometterò tutti i casini che mi sono successi in questi mesi, incluso un nuovo lavoro che mi sta prosciugando come un limone ma fortunatamente mi lascia qualche momento di vuoto per fare queste cose: questo capitolo lo sto scrivendo in auto, tra un appuntamento e l'altro ^__^).

Molte cose mi sono sfuggite di mano, ultimamente; questa ff sta andando avanti da sei anni (o sette? Mamma mia!) ed è inevitabile che molte cose che si trovavano nella mia testa quando è iniziata siano inevitabilmente cambiate, portandomi sui binari diversi da quelli che avevo previsto all'inizio. Questo capitolo, in cui mi sono trovata impantanata per mesi, fa parte di quei binari, e non vi dico la fatica che ho fatto per uscirne!

Mi scuso con tutti quelli che si stanno chiedendo dove voglio arrivare con questa storia, ma vi garantisco che sta arrivando a destinazione; ancora pochi capitoli e metterò la parola fine ad un'avventura che dura ormai da troppo tempo (anche se lo farò con molta nostalgia perchè alle mie boiate mi affeziono...).

Mi scuso anche con chi mi ha fatto notare di essere un po' troppo OOC; lo scriverò nelle avvertenze. In effetti all'inizio non era previsto che lo fosse in quanto storia comico-demenziale, ma ora si sta un po' allontanando anche da quel genere. Vedrò di sistemare anche questo aspetto.

Tra parentesi, avrete notato da un po' che la vicenda si sta incentrando molto di più su Julian e Mark che sugli altri; fa sempre parte della deviazione... Ad ogni modo non disperate, non ho intenzione di abbandonare gli altri, e questo vale soprattutto per Benji. Ammetto di averlo trattato malissimo, ma avrà anche lui il suo momento. Breve? Lungo? Non ve lo dico. Abbiate solo un po' di pazienza e comprensione, mi picchierete alla fine!

Baciotti

Ruby-Sage

  
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