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Autore: voiceOFsoul    04/11/2015    1 recensioni
Ram aveva ormai raggiunto un equilibrio ma adesso si ritrova senza lavoro, convive con Diego in una situazione imbarazzante e non vede Alex e Vale da troppo tempo. Da qui deve ricominciare da capo. Il suo percorso la porterà a incrociare nuove vite, tra cui quella di Tommaso che ha appena imparato a sue spese che la perfezione a cui tanto Ram aspirava non esiste.
Si può essere felici anche se si è imperfetti?
[Seguito di "Volevo fossi tu" e "Ancora Tu", viene integrata e proseguita l'opera incompleta "Open your wings and fly"].
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I ragazzi della band hanno finito di suonare e hanno liberato quasi del tutto il palchetto. Non sono una gran fan del rock, ma sono stati bravi e devo ammettere di essermi divertita. La testa mi gira e mi sento intontita quel tanto che basta per stare semi sdraiata sul tavolo con il viso appoggiato ai pugni chiusi in una posa che di femminile ha ben poco, a fissare il vuoto all’altro capo della stanza. In realtà so bene chi sto fissando: il chitarrista. Fa un po’ troppo il macho della situazione e questo mi irrita, ma qualcosa dentro lo stomaco brucia ad ogni suo movimento. Lo fisso parlare con il cantante e quella che credo essere la sua ragazza. Niente male neanche lui.
Oddio, Ram! Cosa ti fanno due birre di troppo? Sono quasi astemia e mi hanno sempre preso in giro per questo. A cena solitamente non mando giù più di una bionda piccola. Stasera, invece, Sara mi ha fatto strafare mettendomi di fronte un bicchiere dopo l’altro sotto lo sguardo severo di Diego che, però, non si è opposto: sa che quando c’è lei non può fare il papà protettivo con me senza essere preso per culo senza sosta.
Sara e Marco sono fuori a fumare, Diego è in bagno. Il chitarrista saluta i compagni della band e viene verso il nostro tavolo. Mi sollevo a sedere più composta e cerco di sistemarmi alla meno peggio anche se le mie mani non rispondono bene agli impulsi dei pochi neuroni che non sono in coma.
«Ciao, bella festeggiata.» si appoggia al tavolo esattamente di fronte a te. «Piaciuto lo spettacolo?»
Annuisco in modo sconnesso e con un sorriso ebete, sento il viso arrossire.
«Mi chiamo Giacomo. Tu sei Ra…»
«...mona» concludo per lui.
«Giusto, Ramona.» Gira attorno al tavolo e mi viene vicino. Mi prende la mano ed inizia ad accarezzarla. «Bene, Ramona…» Cavolo, che bella voce che ha quando pronuncia il mio nome! «Che ne diresti di continuare a festeggiare stasera? Conosco un posto davvero speciale dove potremmo concludere la festa… solo tu ed io.»
«Credo che il pronto soccorso non sia un posto così speciale come dici.»
Diego è fermo accanto al tavolo con lo sguardo duro. Giacomo si volta a guardarlo e sorride ironico. Diego cerca di gonfiare il petto per sembrare più alto ma Giacomo lo supera comunque di una buona manciata di centimetri.
«Stai con lui?» mi chiede.
«Siamo coinquilini.»
Lo guarda e ride di nuovo. «Non vorrei mai farlo arrabbiare.»
Mi accarezza il viso con l’indice. Ho un fremito lungo la colonna vertebrale. Avvicina pericolosamente il viso al mio. Istintivamente retrocedo, ma così piano da essere quasi un invito più che un rifiuto. Mi bacia una guancia pungendomi con la barba incolta e fa scivolare abilmente un foglio di carta nella mia scollatura. Si volta e va via.
Sospiro buttando fuori la tensione, dentro sento una fiammella che brucia ancora. Il fuoco c’è anche negli occhi di Diego che mi guardano pieni di rimprovero, più di gelosia che di paterna protezione come vorrebbe far credere. Indico i bicchieri vuoti che sono sul tavolo alzando le spalle, mantenendo lo sguardo più ingenuo e innocente che riesco a fare, incolpando loro della situazione. Diego non resiste e, infine, gli strappo un sorriso.
 
«Sessanta, ottanta, cento. Ecco a te.» Sorride posandomi i cinque biglietti da venti nelle mani. «Complimenti, migliorate a vista d'occhio!»
«Grazie Bree. Tu sei sempre troppo gentile.»
«Dico solo la verità! Da quando Steve ha deciso di mettersi in proprio, siete il primo gruppo che riesce a portare qui tanta gente. State iniziando a diventare famosi! Non è che qualche volta rischio di vederti in TV, vero?»
«Non mi sembrano poi così tanti questi fan!»
La risata cristallina di Bree riesce a strapparmi un sorriso, ma come sempre dopo un concerto sono già rientrato nel mio mondo fatto di 'non mi schioderò mai da qui'.
«Ehi, cos'è quel muso lungo?»
«Niente, sono un po' stanco. Ho bisogno di dormire.» Mento.
«Saltelli per due ore sul palco, mi stupirei del contrario. Davvero, siete fenomenali. Mi dispiace solo che non riusciamo a darvi di più, ma vedi...»
«Ferma, ferma Bree! Non devi giustificarti affatto. Steve è un amico e i soldi li prendo solo perché non mi parlerebbe più. Sono anche troppi rispetto a quello che prendiamo dalle altre parti. Alcuni ci pagano solo la benzina, altri ci danno un 'grazie' e un drink se proprio sono di buon umore. In un posto ci hanno addirittura chiesto dei soldi dopo la serata!»
«Assurdi!»
«Immagina come ci siamo rimasti.»
«Di merda, ovvio.»
Bree deve essersi accorta che dietro il mio sguardo spento non c'è solo stanchezza.
«Tommaso, la gavetta è dura per tutti ma finisce prima o poi.»
«Resta da decidere come.» mi stringo nelle spalla, insoddisfatto. Decido di andare via velocemente. «Scappo dalla mia piccola adesso.»
«Salutamela.» Bree mi osserva perplessa.
«Certo.» rispondo senza voltarmi, alzando il braccio destro per un attimo.

Accompagno Diego mentre si avvicina alla cassa, cercando di convincerlo che non è necessario offrire ancora una volta.
«Avrai modo di offrire dopo il tuo primo stipendio. Allora sì che te ne farò spendere di soldi! Certo, magari vorresti che ad offrirtela fosse quel chitarrista nel suo “posto speciale”» scimmiotta sottolineando il tutto con ampi movimenti delle dita.
Gli faccio la linguaccia. Si appoggia al bancone e chiede il conto del nostro tavolo al ragazzo dietro la cassa. Anche lui è senza dubbio un bel bocconcino! Mi fermo un attimo e scuoto la testa. Fermati Ram, fermati! Alcool, esci da questo corpo!
«Ehi, la festeggiata!» mi sorride il cassiere.
Annuisco, stavolta piano, imbarazzatissima e allo stesso tempo paralizzata dai suoi occhi verdi.
«Dobbiamo fare un regalo anche noi, allora.»
Modifica a mano lo scontrino e lo porge a Diego. Infila in cassa il denaro che gli porge Diego e si allontana salutandoci. Lo seguo con lo sguardo, pochi passi più in là. Si avvicina alla barista.
«Ehi, piccola, tutto bene?» le dice.
La ragazza continua a fissare la porta da cui è appena uscito l’ultimo membro della band con cui parlava fino a poco fa.
«Non ho il muso. Sono solo un po' preoccupata. Ho la sensazione che ci sia qualcosa che non vada per il verso giusto.»
«Cosa?» Il ragazzo visibilmente allarmato inizia a tastarle piano il ventre. «Qualcosa non va? Vuoi che chiami mia madre?»
«Oh ti prego, Steve! Non c'è bisogno di chiamare tua madre per ogni cazzata. Sono incinta, non una malata in fase terminale!» Lo urla un po' troppo forte, attirando l'attenzione di tutti quelli nel locale.
Io non riesco a trattenermi dal ridere. Non mi ero accorta che fosse incinta. La ragazza si volta a guardarmi e mi sorride, forse un po’ imbarazzata. Lei è davvero bellissima e insieme sono dolcissimi. Hanno l’aria di due che si sono trovati in mezzo a una tempesta e sono riusciti ad arrivare su un isolotto al salvo da tutto.

«Diego mi sembra un po’ arrabbiato. Il conto è stato così salato? O hai combinato qualcosa tu?» mi chiede Sara mentre andiamo verso l’auto.
«Il conto non c’entra suppongo.» Mi guardo le scarpe, riesco a camminare in linea retta ma con non poche difficoltà.
«Che è successo, allora? Non avrà di nuovo fatto riferimento a quel fatto, spero!» si tocca l’anulare evitando di completare la frase.
Oltre Alex, lei è l’unica che sa dell’episodio archiviato sotto il nome di “quel fatto” con sopra l’etichetta “dimenticare, mai successo”. Anche se, per quanto si eviti di parlarne, il ricordo non potrà essere cancellato. Perché se il tuo migliore amico, nonché attuale coinquilino, dopo una cena di lavoro ti accompagna a casa posteggiando a due isolati di distanza per fare due passi e poi si inginocchia di fronte casa tua ed esce fuori una scatolina di velluto con un brillocco da mezzo stipendio dentro dicendoti che ti ama e tu inizi a gridare “no, no-no, no-no-no-no” ancora prima che finisca la frase… puoi davvero cancellarlo dalla memoria e fare come se non fosse mai accaduto? Ci abbiamo lavorato molto su e adesso riusciamo perfino a farci qualche battuta sopra, ma è successo e questo è quanto.
«Non ne ha parlato. Ma credo sia un po’ geloso.»
«Del cantante che ti ha dedicato la canzone prima?»
«No. Il chitarrista prima si è avvicinato e ci ha provato spudoratamente. Credo che volesse portarmi a letto stasera.» Arrossisco ma provo l’irrefrenabile necessità di dire la verità e una volta partito il fiume di parole non si può arrestare. «Credo di averlo voluto anche io, almeno per quella parte dei miei neuroni annegata nella birra. O almeno penso che fosse per la birra. Diego l’ha visto ed ha fatto il geloso. Così lui, il chitarrista dico, se ne è andato, ma prima mi ha accarezzato, mi ha dato un bacio sulla guancia e mi ha dato questo.» Esco il bigliettino dalla scollatura e lei me lo strappa dalle mani continuando ad ascoltarmi con enormi occhi stupiti. «E poi ho sbavato un po’ dietro il cassiere. E credo che l’abbia notato e ci sia rimasto male. Ma lo sai che la tizia al bancone sta con lui ed è incinta? Sono dolcissimi insieme!»
«Ram, Frena.» mi chiude la bocca con la mano. «Mi hai appena detto che volevi farti uno che voleva farsi te, che il suo biglietto non so come è nel tuo reggiseno...»
«Ce l’ha infilato lui.» la interrompo.
«Cosa?» dicendolo chiude le palpebre molto forte e le riapre, ripetendolo un paio di volte. «Cosa hai detto?»
«Ce l’ha infilato lui. Quando mi ha dato il bacio me l’ha fatto scivolare nella scollatura.»
«Oh, puta madre! Spiegami. Spiegami perché sei qua a parlare con me e non sei a letto con quel tizio?»
Sara ha sempre vissuto la sua sessualità in modo libero, è del pensiero che quello che desideri devi fare anche se te ne pentirai il giorno dopo. Io non la penso in quel modo, anzi oserei dire che sulla sessualità non la penso in nessun modo.
«Te l’ho detto, è arrivato Diego e ci ha interrotto.»
«Ram, te lo dico per l’ultima volta. Se Diego non inizia a farsi i fatti suoi, gli cavo gli occhi, ok?»

Guido verso casa, la strada libera scorre veloce sotto le ruote della piccola utilitaria stracolma. Simona dormicchia sul sedile al mio fianco, mentre sul sedile dietro Davide è in preda all'adrenalina e si sente come ancora dietro la sua batteria. Fa un casino assurdo, ma intorno a me c'è una grande bolla insonorizzata. Mi sento come la strada che sto percorrendo proprio adesso: statico, immobile, senza illuminazione, dritto nel buio del nulla. Tutto nella mia vita è esattamente come solitamente si sogna: un lavoro che sfama la famiglia, amici al fianco, la musica sempre presente, una compagna, una bambina stupenda e vivace. Ma qualcosa non va, qualcosa ha perso tono, qualcosa che doveva volare è fermo a terra.
   
 
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