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Autore: lolasmiley    05/11/2015    1 recensioni
«Ma tu, chi cazzo merda sei?»
«Non ha importanza.»
Questa affermazione mi fa arrabbiare non poco.
«Senti, mi hanno sempre dato fastidio i figoni che se ne escono con queste frasi alla James Bond, anzi, ti dirò di più, mi sta abbastanza sulle palle pure lui» mi calmo per fare una breve osservazione a bassa voce «tranne in Casinò Royale, quel film mi piace.» poi riprendo il mio tono incazzato «Ha importanza eccome. Ho assistito ad un omicidio, mi hanno quasi rapita, sei arrivato tu, mi hai salvata e adesso mi porti non so dove e mi dici che non posso andare alla polizia. Ora, non si tratta di avvenimenti irrilevanti per cui chi sei potrebbe non avere importanza. Non sei sbucato dal nulla per comprarmi un gelato, cazzo. Quindi adesso pretendo delle spiegazioni perchè non ho capito assolutamente nulla di quello che è successo.»
Genere: Avventura, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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(9)

 

 

 

 

«Nostro?» 

Prima ancora che finisca di fare la mia proposta, Ashton si è girato nella mia direzione.

«Nostro» ripeto lentamente, annuendo.

Lui inarca le sopracciglia e mi squadra da testa a piedi. Sta per ribattere qualcosa quando un rumore attira la sua attenzione. Istantaneamente ci voltiamo entrambi verso la porta: qualcuno sta cercando di aprirla dall’esterno. Mi alzo di scatto ma prima che io possa anche solo pensare a che cosa fare Ashton è in piedi davanti a me, rivolto verso la porta, e con un braccio mi fa cenno di stare dietro di lui. Osservo stupita la pistola che stringe nella mano. E quella quando l’ha presa? E dove? Cosa mi sono persa?

Finalmente la porta si apre. Trattengo il respiro.

«E allora io gli dico: ehi amico quello non è uno spazzolino elettrico!» esclama la voce di un ragazzo, prima di entrare. 

Dopo essere entrati tranquillamente e aver chiuso a chiave, le risate che avevano seguito la battuta si interrompono improvvisamente appena il ragazzo asiatico e il perfetto 007 si accorgono della pistola che Ashton gli sta puntando contro e istintivamente indietreggiano di colpo, sbattendo contro la porta, con le mani alzate.

«Ehi amico, che ti prende?» 

Ashton abbassa l’arma, sorpreso, e poi la appoggia sul tavolino. I ragazzi abbassano le mani e i muscoli di tutti si rilassano.

«Scusa, Cal» 

«Ah, tranquillo, un’accoglienza emozionante è sempre piacevole» 

Realizzo di essere ancora dietro ad Ashton quando non riesco a capire chi ha parlato, così mi sposto di lato per vedere meglio. La mia testa fa capolino dietro la sua spalla e noto le facce sorprese dei due ragazzi, che appena mi notano mi osservano sconvolti.

«Ma cos...» inizia Bond, ma l’altro lo interrompe.

«Ehi Ash ma che combini? Credevo che a casa si portasse solo il lavoro, non anche belle ragazze» commenta ironico, avvicinandosi. Segue un momento di imbarazzo in cui ci scrutiamo tutti in silenzio.

«Lei è...» Ashton rompe il silenzio, ma si blocca subito.

«Vuoi dirmi che non sai nemmeno come si chiama?» ride il moro, scuotendo la testa.

«Calum» dice poi, porgendomi la mano. La afferro, abbozzando un sorriso imbarazzato.

«Alice» 

«Bella stretta» commenta, ammiccando. Sfilo la mano dalla sua e le nascondo entrambe nelle tasche posteriori dei pantaloni.

«Grazie»

 «Lui è Louis» aggiunge Calum, indicando alle sue spalle. 

Louis si avvicina per stringermi a sua volta la mano con un gesto veloce, che non si dilunga più del necessario, e poi si rivolge ad Ashton.

«Perchè lei è qui?» 

«Si è trovata in questa merda per caso e l’hanno quasi uccisa per farle delle domande su di me. Il minimo che possiamo fare è proteggerla» il tono di Ashton è a metà tra l’indignato e il rimprovero, tuttavia non dà l’impressione di essere aggressivo.

Aggrotto le sopracciglia, perplessa. Proteggermi?

«Non credevo di essere qui perchè tu potessi badare a me» mi intrometto, ma nessuno mi ascolta.

«Questo è compito della protezione testimoni» replica Louis. Secco, diretto. Mi ricorda qualcuno, ma non riesco a capire chi.

Vorrei dire che non ho bisogno di essere protetta, vorrei fare la figura della donna forte e indipendente ma, per quanto io sappia cavarmela da sola, non ho mai partecipato a corsi di autodifesa -anche se avrei voluto-, e, mio malgrado, gli avvenimenti degli ultimi giorni dimostrano chiaramente che ho decisamente bisogno di protezione.

«Perchè parlate di me come se non ci fossi?» mi limito a chiedere, incapace dal ribattere altro. Tutti mi ignorano e Louis riprende a parlare, lasciando nuovamente me e Calum fuori dalla discussione. 

«Non è comunque compito dell’MI6 proteggerla, Ashton»

Un campanello risuona nella mia testa quando un cassettino della memoria si apre, rovinando a terra insieme a un mucchio di informazioni che avevo accantonato da tempo. Cho! Cho, il personaggio di The Mentalist. Come ho fatto a non accorgermene? Lui e Louis hanno lo stesso tono di voce piatto, schietto, diretto, capaci di dirti che loro fratello è stato ucciso nello stesso modo in cui racconterebbero di aver appena preso un caffè.

«Al momento non faccio più parte dell’MI6, Louis» 

«Quindi ti dai al babysitting

Prima che Ashton possa ribattere e io richiuda la bocca, che ho spalancato in un riflesso involontario, tiro uno schiaffo a quello che dovrebbe essere Louis. 

«Scusami?» sbotto.

Ci scrutiamo in silenzio, entrambi offesi, io dalle sue parole e lui dal mio gesto. Calum camuffa una risata con qualche colpo di tosse, mentre Ashton cerca di restare serio. Con la coda dell’occhio noto che si sta mordendo le labbra, forse per non sorridere.

«L’educazione ve la insegnano, all’mi stupid?» alzo il mento in segno di sfida verso Louis e incrocio le braccia al petto, mentre gli altri due sembrano continuare a divertirsi.

«Senti Tomlinson» inizia Ashton, attirando l’attenzione di Louis «lo sai che nessuno dà importanza alla faccenda del virus, ergo nessuno crede che lei abbia bisogno di protezione»

A queste parole sulle facce di Calum e Louis si dipinge un’espressione così sconvolta che credo stiano per sentirsi male. Louis sbianca.

«Come?» chiede. Calum gli fa eco con un debole: “hai detto virus?

Passano un paio di secondi di silenzio, in cui i tre ragazzi si fissano negli occhi a vicenda, poi la pressione accumulata esplode.

«Ashton, cazzo! Le hai raccontato tutto?» urla Calum.

«Sono delle fottutissime informazioni riservate!» ringhia Louis, colpendo con un pugno lo schienale del divano.

«Ma l’intelligence britannica rastrella tutti quelli che hanno problemi con la gestione della rabbia?» chiedo accigliata, ricordandomi della scena simile a cui avevo assistito pochi minuti prima. 

Posso sentire la tensione dei ragazzi schiacciarmi fino a togliermi il respiro in questo silenzio agghiacciante. Non mi stupirei se da un momento all’altro iniziassero a prendersi a pugni. 

«Sentite, sediamoci e facciamo le persone civili» dico, mettendomi tra Ashton e gli altri due, sperando di calmare un po’ la situazione. Nessuno si siede. Louis e Calum mi fissano, abbastanza alterati.

«D’accordo, stiamo in piedi allora» scrollo le spalle, poi prendo un respiro profondo «Sentite, ammetto che se non avessi insistito tanto, Ashton non mi avrebbe detto nulla. Ma voi che siete abituati a sapere sempre tutto non potete capire come ci si senta a trovarsi nel bel mezzo di una situazione come questa e non capirci niente» spiego, il più tranquillamente possibile. Cerco una reazione sui volti di Calum e Louis, ma mi sembrano abbastanza impassibili, così decido di aggiungere la stessa “scusa” che avevo rifilato poco prima ad Ashton e che lo aveva convinto a parlarmi «...e, considerando quello che mi è successo, potrei sapere qualcosa di utile a cui posso non aver fatto caso ma di cui forse mi renderei conto conoscendo i fatti»

«Tipo cosa?» sembro aver riscosso l’interesse di Calum, che pare il più tranquillo tra i due.

«Non lo so, siete entrati prima che io avessi il tempo di pensarci. So solo la storia a grandi linee» scuoto le spalle «datemi un po’ di tempo»

Louis sembra rifletterci un attimo.

«D’accordo, la ragazza non ha tutti i torti» ammette infine.

«Alice» lo correggo. Mi osserva, sempre impassibile.

«Alice» ripete.

La situazione sembra più tranquilla. Niente più mascelle serrate, respiri trattenuti e muscoli contratti, la postura e l’espressione di tutti si sono sciolte lentamente.

Batto le mani e le sfrego tra loro con aria teatrale, soddisfatta.

«Bene, esiste un tavolo in questo posto? Ma è qui che lavorate? O ci vivete e basta?» chiedo, impaziente di scoprire qualcosa di più. Non aspetto una risposta e continuo a snocciolare una domanda dietro l’altra.

«Voglio vedere il materiale che avete raccolto fino adesso. Non avete delle foto? Qualche ricerca, mappa, cartine appese alle pareti con dei fili rossi attaccati con delle puntine per collegare luoghi, persone e cose?»

«Ehi, rallenta» mi interrompe Ashton. 

«La pianti di dirmi che devo rallentare? Non è colpa mia se non riesci a starmi dietro» borbotto seccata.

«Niente cartine coi fili rossi. Ti pare che possiamo appendere materiale di sicurezza nazionale così a caso sulle pareti di una stanza d’albergo?» risponde Calum. Faccio spallucce. 

Mi volto verso Ashton, che mi ha sfiorato il gomito per attirare la mia attenzione. Mi fa cenno di seguirlo verso una porta a cui non avevo dato troppo peso, pensando che fosse quella del bagno. La apre, e la prima cosa che mi balza all’occhio è un’ampia finestra che dà sul profilo ormai notturno della città. Resto per qualche frazione di secondo incantata ad ammirare lo sfolgorio delle luci colorate dei palazzi i cui contorni si perdono nell’oscurità del cielo, adesso illuminato da poche deboli stelle. 

L’incanto svanisce quando Ashton preme l’interruttore e il neon del lampadario al centro della stanza si accende con uno sfarfallio. È una cucina modesta, al centro vi è un tavolo piuttosto alto, con un lato addossato alla parete della finestra, attorniato da cinque sgabelli.

Ashton si ferma vicino al frigo per prendere da bere, così io approfitto per accaparrarmi uno dei due posti accanto alla finestra. Mi siedo sullo sgabello e tamburello con le dita sul tavolo in legno chiaro seguendo il ritmo di una melodia inventata, in attesa. Mentre Ashton ancora traffica con i bicchieri di vetro Louis entra nella stanza e prende posto di fronte a me.

Composto, braccia conserte, mi scruta con uno sguardo attento che non tradisce nessuna emozione. Ricambio l’occhiata che presto si fa troppo insistente, così torno a voltarmi verso il panorama notturno, finchè non sento il rumore di qualcosa che viene appoggiato vicino a me sul tavolo e allora mi giro, aspettandomi di trovarmi Ashton accanto. 

Ma al suo posto c’è Calum. Ha appoggiato un portatile sul tavolo e si sta sedendo sullo sgabello accanto a me. Lancio un’occhiata veloce al mio agente segreto che non sembra ancora avere l’intenzione di prendere parte alla piccola riunione improvvisata, e mentirei a me stessa se dicessi che non sono nemmeno un po’ delusa dal fatto che non ci sia lui seduto accanto a me. 

Mi passo una mano tra i capelli, scompigliandoli, come a volermi togliere questo pensiero dalla mente, e tiro una ciocca viola davanti al viso, concentrandomi ad osservarne il colore. Con questa luce è quasi nera, ma si vede comunque che i riflessi sono viola.

«Ci sei?»

Alzo gli occhi di colpo, lasciando la presa sul ciuffo di capelli che mi ricade accanto al viso. Sposto lo sguardo da Louis a Calum, cercando di capire chi dei due è stato a parlare.

«Come?» chiedo.

Calum sorride e deduco che fosse lui ad aver detto quel qualcosa che non avevo sentito.

«Cercavo di richiamare la tua attenzione» ridacchia. Con la coda dell’occhio vedo che Ashton sta appoggiando tre bicchieri sul tavolo, due già riempiti, ma non saprei dire con cosa, e una bottiglia di birra. Mi concentro sul portatile che è già acceso. Le dita del moro scorrono veloci sui tasti. Cerco di guardare che cosa sta facendo, ma il riflesso del neon sullo schermo me lo impedisce. Finalmente il ragazzo sposta il computer in modo che anche io possa vedere, e noto un desktop affollato da file di ogni tipo: in primo piano ci sono diverse foto, volti, principalmente maschili, accompagnati da delle descrizioni scritte, alcune più lunghe di altre; sotto questi dossier mi sembra di distinguere i tratti di una cartina di Dublino, e diverse finestre di Safari di cui non riesco a leggere gli indirizzi. E chissà cos’altro che non riesco a vedere.

Sobbalzo leggermente al rumore inaspettato delle tapparelle che vengono tirate giù, coprendo la vista sulla città. Mi volto leggermente, scorgendo Ashton in piedi alle mie spalle. Appoggia una mano sullo sgabello e con l’altra mi porge un bicchiere, sorridendo.

«Agitato non mescolato» 

Annuisco, ricambiando il sorriso, e prendo il bicchiere tra le mani. Con mia grande soddisfazione, Ashton resta dov’è, e si china leggermente in avanti, tra me e Calum.

Assaggio un sorso del drink. Forte, aspro, un po’ secco. Bevo un altro po’ e poi appoggio il bicchiere sul tavolo, decisa a dedicare la mia completa attenzione a qualsiasi cosa stiano per mostrarmi.

«Ricominciamo da capo» esordisce Ashton, prendendo il controllo del computer. Ingrandisce una foto che era sormontata dalle altre e che non avevo notato. 

«Lui era Marcus» 

«...O’breien?» chiedo. Ashton annuisce in silenzio. Osservo la foto dell’uomo. Capelli biondi pettinati all’indietro e occhi scuri, probabilmente tra i trenta e i quaranta. Vengo scossa da un brivido freddo mentre la mia mente mi riporta in quel vicolo, e mi sembra di rivedere l’uomo conficcare il coltello nell’addome di Marcus. Sento lo stomaco contorcersi e il cuore accelerare e trattengo il respiro. Quell’uomo è davvero morto davanti a me.

La mia reazione dev’essere palese anche agli occhi di Ashton, che mi sfiora leggermente la schiena con il braccio che tiene ancora appoggiato sul mio sgabello. 

Mi mordo le labbra, cercando di scacciare l’immagine di Marcus mentre si accascia a terra e provando a tranquillizzarmi.

Forse Ashton ha solo spostato la mano e mi ha toccata per sbaglio. Non lo so.

«O’breien era il nome che aveva usato per entrare nell’Antek sotto copertura. Lugh O’breien» spiega. 

«Antek?» ripeto.

«La casa farmaceutica» spiega Calum.

Ah, giusto.

«Quindi si era infiltrato perchè sospettavate che stessero producendo un virus?» mi accerto, attenta a non indugiare troppo a lungo con lo sguardo sulla foto di Marcus/Lugh «e come facevate a saperlo?»

«Grandi investimenti ingiustificati. Ordini di attrezzature adatte alla sperimentazione. Conti che non tornavano» Ashton scrolla le spalle e apre un altro documento, una specie di tabella infittita di numeri in cui alcune colonne sono state evidenziate. Annuisco, liquidando quell’elenco di cifre sapendo che dovrei dare per presupposto che Ashton abbia ragione e che il virus esista.

«Marcus avrebbe dovuto scoprire qualcosa. È stato scelto perchè era il più adatto. Prima di entrare nell’intelligence si era anche laureato in medicina. Non è stato difficile assicurargli un posto all’interno...» 

«Il capo del dipartimento di ricerca sperimentale» Ashton ingrandisce un’altra foto «Edgar Jenkins. Ovviamente deve essere lui a gestire lo sviluppo del virus; è a lui che Marcus aveva fatto richiesta per poter prendere parte a questo progetto. In pratica inizialmente aveva cercato di raccogliere voci di corridoio mentre si limitava a svolgere incarichi secondari, ma nessuno pareva sapere nulla o voler rivelare qualcosa in proposito. Così, come ti ho detto, una settimana fa ha chiesto a Jenkins di poter prendere parte al nuovo progetto di questo “vaccino” di cui aveva tanto sentito parlare.»

Osservo Ashton, che se ne sta con gli occhi incollati allo schermo mentre continua a raccontare. Forse nota che lo sto guardando, perchè si volta nella mia direzione e mi scruta con i suoi occhi verdi.

«Io e Marcus ci incontravamo ogni dieci giorni circa. Il luogo cambiava sempre, così come l’orario, per non dare troppi sospetti. Sai già perchè abbiamo deciso di affrettare le cose; cinque giorni fa l’hanno abilitato a collaborare alla creazione di questo virus, grazie alla sua straordinaria competenza medica, e due giorni fa mi ha telefonato. Già la chiamata di per sè è stata un campanello d’allarme: di solito non comunicavamo mai in questo modo. Mi ha dato appuntamento a quel bar, dicendomi una frase in codice. Significava che Marcus aveva scoperto qualcosa di grosso, finalmente.»

Aggrotto le sopracciglia, stupita. 

«Mi prendi in giro? Vorresti dirmi che è tutto qua? Che dopo questa telefonata, Marcus è morto, senza lasciarti nulla?» 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ehilà chicas come state? 

Scusatemi se il capitolo non è particolarmente avvincente ma mi serviva presentare un po’ meglio i personaggi :( inoltre comincio a preoccuparmi perchè adesso inizierà la parte più seria in cui dovrò impegnarmi nelle indagini in pratica ahahah spero di mantenere l’aggiornamento ogni due settimane ma non si sa mai

(((oggi avevo deciso di andare a correre..... ma la pigrizia ha avuto la meglio)))

Comunque, qualcuna di voi andrà ai concerti dei nostri amati cinque secondi? Io sarò a quello di verona (e ho i posti in gradinata non numerata quindi sono terrorizzata e non so a che ora andare là e se qualcuna è nella mia stessa situazione o ha consigli da darmi ditemi pure :c  cioè io mi accamperei anche alla mattina, il problema è che sono con tre mie amiche abbastanza incontinenti e se io ho un’autonomia pipì di dodici ore o più loro a malapena superano le quattro ore quindi HELP) 

Poi volevo un momento di sclero silenzioso per sgfg che è s t u p e n d o. Piango ogni volta che ascolto broken home, li odio per averla scritta. O li amo. O li odio. Devo ancora decidere. Se la faranno il 13 la mia anima si suiciderà probabilmente.

Chiudendo l’angolo roba varia e tornando al capitolo: Alice comincia a mostrare dei segni di apprezzamento su Ashton AHAHAH eh vabbe’ come potrebbe essere altrimenti? Che ne pensate di Louis? E di Cal? E Ash? Chi vi sta più simpatico e chi meno? Avete presente chi è Cho? Se siete fan di the mentalist, palesatevi. Io sono ancora all’inizio della settima stagione e mi rifiuto di andare avanti con le puntate registrate perchè so che non ci sarà l’ottava e non voglio finire la serie :c

Vado a studiare letteratura tedesca! (evviva.) btw grazie per aver letto questo capitolo, vi quiero mucho (oggi ce l’ho con lo spagnolo)

  
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