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Autore: Lucinda Five    06/11/2015    1 recensioni
Un libro dimenticato su uno scaffale di una biblioteca. Nessuna informazione al riguardo se non il nome del proprietario, o meglio della proprietaria.
E' infatti un diario quello che capita tra le mani di Caren Eastweek, una normalissima liceale che passa i suoi pomeriggi divorando libri e cantando in una band. Un volume che la porterà ad incontrare gli occhi celesti di Daniel Blake, il nuovo proprietario della libreria. Un volume che porta alla luce segreti a cui Caren è legata indissolubilmente e di cui non conosceva minimamente l'esistenza. Segreti che la porteranno a rivalutare tutto e tutti, perché, ormai se n'è resa conto: la realtà non è come appare.
Genere: Comico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico, Universitario
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"Chi c'è là?" Urlò il ragazzo dal magazzino mentre io me la davo a gambe cercando di fare le scale alla velocità di Flash. Arrivai al piano superiore ansimando. 

Ecco perché ho sempre detestato atletica!

 
Svoltai tra gli scaffali della libreria sperando di seminare il ragazzo e di trovare un posticino sicuro dove poter chiamare la polizia, ma al terzo scaffale venni afferrata per un polso.

"Chi sei?" Mi chiese stritolandomi il polso. "Cosa ci facevi in magazzino?" Non sapevo cosa rispondergli e poi non volevo girarmi.

E se fosse stato un ladro? Se mi avesse uccisa?

Avevo il cuore a mille per la corsa e per la paura e non mi sentivo più la mano destra perché mi stava stringendo troppo il polso e il sangue non fluiva più. "Mollami." Non volevo smettere di suonare la chitarra perché un cretino mi aveva distrutto il polso.
"Aha, certo. Così scappi." Ridacchiando mi strattonò il polso e mi face arretrare di qualche passo. 

Oddio, mi staccherà la mano se continua a stritolare così il polso. 

"Mi stai facendo male, sai?" Allentò leggermente la presa, ma non abbastanza da permettermi di divincolarmi o scappare.
La rabbia stava prendendo il posto della paura. Avevo voglia di tirargli uno schiaffo, ma avrei sicuramente peggiorato la situazione. 

Sta calma, sangue freddo.

 
"Te lo richiedo. Chi sei e cosa ci facevi in magazzino?" Cosa ci facevo io in magazzino?! Sul serio?
"Cosa ci facevi tu in magazzino, piuttosto? E dov'è la signora Smithson?" stavo davvero iniziando ad arrabbiarmi e senza accorgermene mi girai. Erroreeeeee. Aiuto! "Brutto ladro del cavolo! Cosa ne hai fatto della Signora Smithson, eh?" Il ragazzo mi fissò sbalordito per qualche secondo prima di scuotere la testa un paio di volte.
"Io sarei un ladro?! Quando lo saprà mia nonna di sicuro si farà qualche risata..."

Sua nonna? Oh no, non può essere! Nono, non posso essermi di nuovo cacciata nei guai. 

Iniziai a tremare, non potevo trascorrere un giorno senza combinare un casino?

"T... tua nonna?" No, non poteva essere il figlio di Susan, giusto? Aveva solo un anno più di me, quindi diciannove, mentre il biondino qui doveva averne almeno ventuno... "Si, mia nonna. La proprietaria del negozio." Mi sorrise, come per dirmi "aha, sei nei guai ragazzina." Stava cercando di ingannarmi. Bene, avrei giocato al suo stesso gioco.
"Sta male? È per questo che ci sei tu?" Come risposta inarcò leggermente un sopracciglio. Va bene, forse assomigliava un po' a Susan, lo ammetto; stessi capelli biondi, occhi azzurri e stesso naso, ma non voleva dire niente. Tutti abbiamo almeno sette sosia nel mondo, no?
"Senti, ragazzina sono stufo. Dimmi perché eri in magazzino e la finiamo qua. Stavi cercando di rubare?"

 Ragazzina?! Non ho mica dodici anni! E poi rubare? Hahaha, certo. Vai convinto! 

"Non stavo rubando e mi chiamo Caren, non ragazzina!" O merda! Gli avevo rivelato il mio nome. Va beh, anche se adesso lo sapeva, non cambiava niente. Infondo non gli avevo detto il nome per intero e di Caren ce n'erano tante. 
"Bene Caren" disse il mio nome mimando le virgolette e aumentando così la mia voglia di tirargli uno schiaffo. Non sono mai stata una tipa violenta, ma questo ragazzo aveva qualcosa che mi faceva dimenticare tutti i buoni propositi. "Se non volevi rubare, allora cosa ci facevi in magazzino?!" Ehilà! Modera i toni, Facciadaschiaffi! 
Lo guardai negli occhi e gli posai la mano libera sul braccio, come ci aveva spiegato la prof. di filosofia in una delle sue memorabili lezioni. A quanto pareva, la tecnica doveva servire per convincere facilmente l'interlocutore della propria opinione. Non l'avevo mai messa in pratica e non sapevo se avrebbe funzionato, ma tentare non nuoce, giusto?
"Sai, se il negozio è aperto, dovrebbe esserci qualcuno alla cassa, altrimenti i clienti non sapranno a chi rivolgersi e viaggeranno liberamente in tutto il negozio." Avevo scandito bene le parole e usato una voce zuccherosa che dava anche a me il voltastomaco. Insomma, gli avevo parlato come se avesse avuto cinque anni e la cosa non pareva divertirlo molto, visto che mi aveva fulminata con gli occhi. Se avesse potuto mi avrebbe incenerita.
"Non scherzare con me. È vero, non ero in cassa, ma il campanello l'ho messo sul bancone per qualche ragione." Di che campanello stava parlando? "Che campanello?" Mi prendeva in giro? "Io non ho visto nessun campanello, se l'avessi visto l'avrei usato." 

Duh.

 
Okay, forse mi stavo comportando come una bambina, però mi stavo divertendo a farlo arrabbiare. Sembrava che gli stesse per uscire il fumo dagli orecchi. Ha ha ha, tiè! Adesso come mi rispondi, eh? Sbuffò esasperato, ecco la sua risposta; davvero esaustiva. Lo fissai in attesa di una risposta più... articolata. Mi trascinò come un cavernicolo fino al bancone.

"Lo vedi?" mi girò in direzione del computer, dove in effetti c'era un piccolo campanello. Era simile a quelli che ci sono nelle reception degli hotel, ma molto più piccolo. 

E io mi sarei dovuta accorgere di un affarino di tre centimetri? 
Scrollai le spalle. Quando provai a muovere il braccio, mi ricordai che il ragazzo stava ancora arpionando il mio povero polso. Ero stufa. "Senti, ti dispiacerebbe mollare la presa? Mi sembra di aver chiarito." Cos'era una manetta umana? Probabilmente non se ne ricordava nemmeno, perché mi guardò stupito, come se avessi detto un'assurdità mostruosa. Alla fine mi lasciò andare; sgranchii un po' l'arto e cercai con lo sguardo il libro.

"Ero venuta a cercare qualcuno per sapere qualcosa su questo libro, visto che non ha né titolo né prezzo." Gli occhi celesti del presunto nipote della signora Smithson scorsero fino al libro e appena capì di cosa si trattasse si volto di scatto verso di me. Perché sembrava che avesse appena visto un fantasma? Che cosa c'era di strano in quel libro?

 

  
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