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Autore: fioredaparete    07/11/2015    1 recensioni
Metà angeli e metà fate, i Guardiani delle Frontiere hanno da secoli il compito di sorvegliare i confini di città caratterizzate da un’attività sovrannaturale particolarmente alta, la loro missione consiste nel tenere le creature fatate al di fuori delle linee di frontiera.
Il confine di Edmonton, in Canada, non vede ormai da tempo segni della presenza di creature fatate, ragion per cui Ris, a cui era stata assegnata quella zona, passa il suo tempo a lamentarsi e tirare calci ai tronchi degli alberi, desiderando disperatamente di veder apparire qualcosa, qualunque cosa che possa farlo tornare all’opera.
Un giorno, il suo desiderio viene esaudito, ma come dovrà agire, non sapendo con cosa ha a che fare?
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Sicura di non essere troppo sbronza per guidare?

- Tranquilla, Nix. – Maddie tentò di tranquillizzare la sua amica. – Andrò piano, e poi non è che tu sia molto più sobria di me.

Era vero, Maddie non aveva mai retto l’alcol, dopo mezza bottiglia di birra iniziava già a ridere a crepapelle, ma Nikki non era da meno, le sue guance erano già rosee e gli occhi le luccicavano.

Avevano passato la serata, e parte della notte, nel bosco, sdraiati su dei plaid a bere guardando le stelle. Nikki aveva detto che sarebbe stato “romantico e poetico”, ma non aveva previsto che, dopo una buona dose d’alcol, le stelle non sarebbero più apparse chiare come all’inizio, e quando il suo iPod aveva cominciato a dare i numeri, era stato un chiaro segno che la serata era destinata a finire prima del previsto.

- Bene, ci vediamo. Muoviti, Nikki. – tagliò corto Jason. Lui e Maddie non si erano mai piaciuti, ma lei, per rispetto a Nikki, continuava a reprimere qualunque battuta sgradevole facesse capolino dalle proprie labbra e ad incassare quelle del ragazzo. Purtroppo, Jason non era mai a corto di frecciate, mentre Maddie era decisamente a corto di pazienza.

- Gay-day! Il tuo amico è un po’ acidello stasera. – fece Maddie.

- Deve trovarsi un ragazzo, e in fretta anche.

- Attenta con le parole, o ti faccio tornare a casa a piedi, o peggio, con … lei. – rispose l’altro indicando Maddie con un cenno carico di disprezzo, lei rispose con una linguaccia.

- Scusami, oggi è intrattabile. – si scusò Nikki.

- Oggi? – fece Maddie, poi abbracciò l’amica e si incamminò verso il suo fedelissimo Maggiolino giallo.

Che si trovasse nel vialetto di casa, nel parcheggio del liceo o in un bosco buio e desolato, Bart (così aveva chiamato l’auto) la faceva sentire al sicuro, era come una casa in movimento per Maddie, era un po’ un casino, proprio come lei: il tettuccio era cosparso da aloni giallastri tracciati dal fumo delle sigarette, così come i numerosi buchi sui sedili; allo specchietto retrovisore erano appesi sì e no sei acchiappasogni, ognuno con le piume di un colore diverso; l’interno odorava di cannella e arance, il profumo alla cannella era quello che solitamente usava Maddie, l’altro era probabilmente dovuto alla buccia d’arancia stantia che giaceva sotto il sedile del passeggero e che Maddie aveva scordato di buttare più o meno due mesi prima; i sedili posteriori erano coperti da una tovaglia a quadri dai colori autunnali e, tanto per non farli sembrare spogli, la ragazza ci aveva gettato sopra dei cuscini sbrilluccicanti.

Non voleva tornare a casa. Erano le tre passate, i suoi genitori dovevano star dormendo per forza e lei, a dispetto del litro di vino che aveva in corpo, non aveva il minimo sonno.
Mise in moto e si diresse verso il confine della città, al di là del quale passava il fiume, non era mai uscita da Edmonton e pensò che sarebbe stato interessante parcheggiare sulla riva e accamparsi in auto. Non per nulla, Nikki soleva dire che, più che radical chic, Maddie era radical e basta.
Accese la radio portatile (Bart risaliva agli anni ’70 e il suo impianto stereo  non era certo un capolavoro d’ingegneria) e alzò il volume al massimo, stavano trasmettendo una canzone di Phil Collins e, ogni volta, Maddie non poteva fare a meno di cantare a squarcia gola.

Aveva quasi raggiunto il confine ed era talmente presa dalla canzone che per poco non si accorse della figura in piedi di fronte a lei.
Fu presa dal panico, schiacciò il freno più in fretta che potè, ma l’auto ormai era lanciata, non fece in tempo a fermarsi e andò violentemente a sbattere contro chi le stava davanti, per poi ruotare su sé stessa per quelle che a Maddie sembrarono un milione di volte. La ragazza continuava a tenere il piede sul freno, la macchina cominciò a rallentare e, alla fine, si fermò bruscamente sul ciglio della strada.

Maddie era abbracciata al volante come fosse la sua unica ancora di salvezza, ansimava e tremava.
Passarono circa un paio di minuti, minuti che parvero un’infinità, dopo di che si slacciò con cautela la cintura e aprì lo sportello, diede di stomaco non appena poggiò i piedi sull’asfalto.

Oh mio Dio.” Pensò. “L’ho ucciso.”

Restò inginocchiata per un po’, alla ricerca della forza per rialzarsi e guardare il cadavere del ragazzo. Perché… era un ragazzo, vero?

Si voltò lentamente, del tutto inconsapevole di quello che avrebbe trovato.

Infatti, non trovò nulla.

Ma cosa…?”

La strada era deserta, della sagoma di prima nessuna traccia, lì dove avrebbe dovuto esserci un corpo senza vita c’erano solo i segni delle ruote prodotti dalla brusca frenata, il resto era solo nebbia e foglie secche.

La mente di Maddie era percorsa da pensieri di ogni tipo, un rumore assordante le impediva di pensare in modo chiaro. Fece l’unica cosa che, sul momento, le parve logica.

- Sei già arrivata? Sana e salva spero.

La voce familiare di Nikki riuscì a calmarla leggermente, ma Maddie non si accorse di star piangendo finchè non aprì la bocca per parlare.

- N-nix? Ho b… ho b-bisogno d’aiuto.

- Maddie? Tutto bene? Stai… stai piangendo? – ora la sua amica era palesemente allarmata.

- Ti prego, Nikki, credo di aver investito qualcuno.

- COSA?! Sei sicura?

- Beh, qualcosa ho investito! –  strillò in preda all’angoscia.

- D’accordo, ora calmati, dove sei?

Maddie si guardò attorno.

- Al confine, verso il fiume.

- Arriviamo. Jason, sterza!

 
Si riusciva a sentire la voce di Jason che si lamentava, ma Maddie non aveva né la testa né la voglia di capire.
 
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- Solo tu riesci a farti investire su una strada deserta in piena notte.

L’uomo che sedeva accanto a Ris sul ramo più alto di quel pino secolare era un misto di disappunto e puro divertimento. Dal modo in cui guardava il ragazzo, di sottecchi, con un leggero ghigno stampato sulle labbra, si sarebbe potuto dedurre che fosse suo padre, anche se non era esattamente così.

- Sta zitto, Parker, è facile quando sono io quello con un braccio rotto, eh?

- Guarirai entro domani, lo sai meglio di me, dovrai solo convivere con i segni.

Ris assunse un’aria affranta e sbuffò in modo drammatico, cosa che indusse l’altro a levare gli occhi al cielo.

- Bel salto comunque. – aggiunse Parker. - Pensavo che saresti stato in grado solo di nasconderti nell’ombra, ti avevo sottovalutato.

- Come al solito.

Intanto, ai piedi dell’albero, la ragazza dell’auto continuava a guardarsi attorno disperatamente.

- C’è qualcuno? – gridava ogni tanto. – Ho investito qualcuno? – gridava quindi ancora più forte.

- Poverina, l’hai spaventata a morte. – disse Parker.

- Non è questo il problema.

- Che vuoi dire?

- Lei mi ha visto.

Parker sembrava continuare a non seguirlo.

- Beh, mi pare ovvio, non l’ha fermata dal travolgerti però.

- No, tu non capisci. – disse Ris scuotendo il capo, evidentemente a corto di pazienza.

- Cosa c’è da capire?! – sbottò Parker con un tono di voce di un’ottava più alto.

Allora Ris gli posò entrambe le mani sulle spalle e serrò la presa, ignorando il dolore lancinante che si irradiava dal braccio, piantando i suoi ochi in quelli viola di Parker.

- Lei mi ha visto, Parker, mi ha visto.

Aveva parlato con tono solenne, il tono che un generale dell’esercito avrebbe usato per segnalare la presenza di una bomba atomica nelle vicinanze. Ora Ris comprendeva, comprendeva ciò che all’inizio gli era solo passato velocemente di fronte agli occhi, ciò che gli era parso così scontato, così insignificante, e che in realtà era quasi peggio di una bomba atomica.

- Ero sul confine, nessuno avrebbe dovuto vedermi, lei non è umana.

Parker era paralizzato.

Ris abbassò lo sguardo, si voltò a guardare quella strana ragazza con le piume tra i capelli, che indossava stivali alla Pocahontas e che andava in giro ubriaca con una macchina preistorica nel cuore della notte, sembrava in preda ad un attacco isterico. Non l’avrebbe mai ammesso, ma si sentiva leggermente in colpa.

- Allora… che cos’è? – chiese  Parker. – Una ninfa?

L’altro scosse leggermente il capo.

- Nah, non è abbastanza bella.

- Un folletto?

- Del folletto ha solo la statura, quei cosi sono furbi, non si sarebbe mai avvicinata a me, sapendo cosa sono.

 Parker era sovrappensiero, si posò un dito sul labbro inferiore con fare automatico. – No, hai ragione, è qualcosa di più.

- Probabilmente non lo sa.

- Come?

- Non lo sa. – ripetè Ris. – Per forza, non si sarebbe avvicinata così tanto al confine se avesse saputo a cosa andava incontro. Mi ha visto, il che dimostra che non è solo un’umana, ma qualsiasi creatura fatata sa della nostra presenza sulle linee di confine.

- Ne è all’oscuro.

- Crede di essere solo una ragazza.

- Sshhh. – Parker mise una mano sulla bocca di Ris, in modo da farlo tacere. – Arriva qualcuno.

Videro avvicinarsi un’auto moderna, dalla quale scesero un ragazzo ed una ragazza bionda. La ragazza si precipitò immediatamente verso l’altra, ancora inginocchiata in mezzo alla strada, le mani nei capelli.

- Maddie! – gridò la bionda, l’altra non disse nulla. –Stai bene?

Ris non riuscì a sentire la risposta dell’altra ragazza, decise di scendere di qualche metro e avvicinarsi il più possibile al gruppo, anche se, con il braccio destro fuori uso, non fu un’impresa facile.

- Ho visto un’ombra, era la sagoma di un uomo, o di un ragazzo, non saprei dire. – spiegò la ragazza, ansimava.

- Non puoi essertelo immaginato? – le chiese l’altra.

- So quello che ho visto, Nikki!

- Va bene, ti credo. Ma se avessi davvero investito una persona, il corpo dovrebbe trovarsi proprio qui, non pensi?

Nessuna risposta.

- Probabilmente era uno scoiattolo. – disse a un tratto il ragazzo, a Ris ricordò sé stesso, una versione gay di sé.

- Jason! – strillò la bionda.

- Magari l’ha colpito, non è morto ed è scappato tra gli alberi.

Mi sta dando dello scoiattolo?” pensò Ris.

- Jason, basta!

- Che c’è? E’ ubriaca fradicia, non mi sorprenderebbe se fosse stata solo un’allucinazione dovuta all’alcol.

- La credono pazza, il che è positivo. – disse Ris a Parker, che nel frattempo l’aveva raggiunto su un ramo più basso.

 - C’è un altro problema, purtroppo.

- Non mi dire…

- Guarda la macchina.

Ris gettò lo sguardo sul catorcio giallo.

- La vedo, e allora?

- Guarda meglio.

All’improvviso, qualcosa nella mentre di Ris si accese, e non voleva dire nulla di buono.

L’auto se ne stava sul ciglio della strada, poco più in là dell’insegna di pietra.

Si sentì mancare.

- Ha oltrepassato il confine.

- Sì.

Ris odiava quando Parker era di poche parole, era snervante.

- Parker, lo sai cosa succede quando un essere fatato urta la barriera! Siamo scoperti!

- Calmati, figliolo, lo so perfettamente. – il tono dell’uomo era calmo e riflessivo, ma Ris non riusciva a darsi pace.

- Sono più di trecento anni che me ne sto fermo qui, ho respinto più creature fatate di chiunque alla mia età, ho portato la pace in questa città e ora è andato tutto in fumo perché una ragazzina sbronza non ha fatto in tempo a frenare prima della barriera?! Ho chiesto solo un po’ di movimento, non una catastrofe!

Ris ribolliva per la rabbia, si sentiva calpestato, sconfitto, stremato. Aveva fatto personalmente quella scelta, così tanti anni prima, e non se n’era mai pentito.

Erano più o meno duecento anni scarsi che non cacciava come si deve, era arrugginito, l’angoscia che gli scorreva nelle vene aveva sostituito il sangue.

- Attento a quello che desideri, figliolo. – fece Parker. – La Caccia riapre i battenti.
 
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- Voi credete che io sia pazza. – sussurrò afflitta Maddie.

La spiegazione di Nikki era sensata, ma allora cos’era quell’ombra? Si rifiutava di pensare che fosse stata solo un’allucinazione.

- Sì. – rispose secco Jason. Nikki lo fulminò con lo sguardo.

- No, tesoro. – disse l’amica.

- Ma non mi credete.

- No. – disse di nuovo Jason.

- Io sì. – fece Nikki. – Vuoi che venga a dormire da te? Guido io.

Maddie avrebbe voluto dirle che non le serviva la sua compassione, che era certa di quello che aveva visto e che, se non le avessero creduto, avrebbe fatto il possibile per fornirgli delle prove, ma non disse nulla di tutto questo, si limitò a serrare forte gli occhi e ad annuire.

- Va bene allora. Jason, tornatene a casa, ci sentiamo domani.

L’altro sbuffò guardando il cielo, poi salì in auto e sgommò, scomparendo nel buio.

Nikki raggiunse Bart in fretta e si sedette al posto del conducente.

 
Maddie la seguì a rilento, quando fu abbastanza vicina alla macchina, sentì come una scossa percorrerla per intero, dalle dita dei piedi a quelle delle mani. Era una sensazione strana, ma la associò allo stato di shock in cui si trovava al momento. Non potè non notare, però, un’ammaccatura evidente sul cofano della sua auto, proprio il punto su cui aveva sbattuto qualunque cosa avesse colpito quella notte, non disse nulla e salì in auto, annegando nell’incertezza.
 
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- Seguila. – disse Parker.

Ris si voltò di colpo verso il compagno.

- Scherzi, vero?

- Non sappiamo di che creatura si tratta e non siamo certi di che portata sia il rischio che potrebbe rappresentare.

- Ma io devo restare qui!

- Resterò io, avvertirò il Consiglio e loro decideranno come procedere. Sei il migliore nel tuo campo, Ris, per quanto mi dia fastidio ammetterlo, nessuno meglio di te può affrontare questa situazione.

 Ris era certo che Parker lo stesse solo adulando per raggiungere un fine pratico, ma le lusinghe avevano sempre avuto un certo effetto su di lui.
Sospirò sconfitto.

- Cosa dovrei fare?

- Tienila d’occhio, lavoro, scuola, ovunque, stalle vicino e tenta di scoprire qualunque cosa potrebbe esserci utile.

- Aspetta… dovrei iscrivermi ad un… liceo?!

- Ovunque significa ovunque, Ris.

- Non se ne parla!

- Come se non l’avessi mai fatto.

- Quella ragazza – puntò il dito nel vuoto. – non era nemmeno un embrione l’ultima volta che ho fatto una cosa del genere!

- E’ un sì o un no?

Non rispose, si voltò e balzò giù dall’albero.

- Ah e… Ris? – gridò Parker.

Il ragazzo si voltò.

- Evita di innamorarti di lei, detesto i clichè!







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Eccomi qui!
Ciao a tutti, se state leggendo questa nota significa che avete letto il prologo, quindi grazie mille per questo sacrificio.
Avete conosciuto Maddie e i suoi "amici" (non so come definirli quando c'è Jason di mezzo) e due misteriosi e loschi figuri che pianpiano imparerete a conoscere ancora meglio.
Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e aspetto di conoscere le vostre impressioni.
Un bacio, Carli :*

 
  
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