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Autore: ehitsfrannie    08/11/2015    1 recensioni
Esistono Tre Pietre: la pietra dell'equilibrio, quella della saggezza e dell'amore. Tre Pietre essenziali per far tornare la magia a Storybrooke. Il compito di trovarle viene affidato ad Alice, una ragazza tormentata dal suo passato turbolento che sarà costretta a lottare contro i Cattivi più malvagi delle fiabe. Per fortuna (o sfortuna) ci sarà il Cappellaio Matto ad affiancarla in questo viaggio insieme ad un'altra ragazza temeraria tanto quanto il fratello.
Tre Pietre. Tre personaggi. Una sfida per ognuno di loro.
Riuscirà Alice a portare a termine la sua missione? Qual è il vero obbiettivo di Jefferson? Cosa centra Tremotino in tutto ciò? E se Capitano Uncino avesse una sorella?
[le parti di Rumbelle mi sono state gentilmente concesse dall'autrice padme83 alla quale vanno i crediti per le one shot della sua raccolta "In the morning you always come back" di sua totale creazione e stesura.]
Genere: Avventura, Fantasy, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cora, Jefferson/Cappellaio, Matto, Killian, Jones/Capitan, Uncino, Signor, Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XII

 

Tutto iniziò a girare velocemente, facendo perdere l'equilibrio ad Alice. Il cielo divenne improvvisamente nero e gli alberi, un momento prima maestosi ed innocui, iniziarono a sussurrarle frasi che aveva già sentito, posti che aveva già visto.


«Avanti, Alice! Vuoi davvero passare la tua vita a scrivere? Ti credevamo più ambiziosa...»
La ragazzina in questione se ne stava appoggiata allo schienale in pelle della vettura che, sotto la pioggia di Londra che cadeva scrosciante, zigzagava tra le macchine incolonnate dal traffico. Gli occhi erano ridotti a due fessure e la sua pazienza stava presto giungendo al termine: discutere con i suoi genitori adottivi del suo futuro la faceva solo andare fuori di testa. Perché non poteva seguire i suoi sogni come ogni normale adolescente? Lei voleva solo scrivere, scrivere e scrivere. Che importanza aveva essere ricchi e facoltosi senza essere però felici?
«...io ti già vedevo in un tribunale come giudice o magari a capo di un reparto come medico! Qualcuno di importante, insomma...» cercò di convincerla pacatamente Miranda, sua madre.
«Ve l'ho già detto ciò che voglio fare, sono nata per questo.» mormorò la figlia a denti stretti, mantenendo gli occhi incollati al finestrino. «Sono sicura che i miei veri genitori avrebbero capito!»
«Alice, dannazione!» esclamò allora il padre Geoffrey, facendo sobbalzare la moglie. «I tuoi genitori non ci sono più, l'unica famiglia che hai siamo noi quindi ti conviene portare rispetto!»
Nell'auto calò il silenzio, lasciando posto solo allo strombettio del motore. Tutti rimasero zitti ma dentro di sé Alice desiderò di non averli proprio quegli ingombranti genitori, e lo volle così ardentemente da pentirsene per tutta la vita.
Il semaforo diventò verde ma, mentre avanzavano, un'altra macchina venne contro di loro.
Tra lo stridio dei freni e il fragore dell'impatto si sentì la solo la voce di Miranda che, con il volto paonazzo, gridava il nome del marito.”
Dopo ciò, il vuoto.”


E' colpa tua, Alice. Li hai uccisi tu, li hai uccisi tu!
Le voci dentro la sua testa canticchiavano malignamente mentre Alice, in preda a un dolore che aveva seppellito da molto tempo, giaceva sul letto di foglie singhiozzando.
Anche Jefferson era stato destabilizzato da quello stato di smarrimento e auto consapevolezza di aver fatto del male a qualcuno che amava. Sbattendo le palpebre ripetutamente e cercando di allontanare le voci dentro la sua testa si avvicinò ad Alice, stringendole il polso.
«Alice, ascoltami.» balbettò, aiutandola a rimettersi in piedi. «Dobbiamo andarcene, subito!»
La ragazza puntò gli occhi azzurri colmi di lacrime su quelli color ghiaccio di Jefferson e non si stupì di vederli venati di rosso e gonfi. Portò un braccio attorno alle sue spalle e arrancando si allontanarono insieme da quella rete di mormorii che li aveva tenuti imprigionati dentro le loro stesse menti.
Dopo gli ultimi passi fatti sull'erba verde e sottile entrambi si sciolsero e caddero distesi, ansimando. Quando si ripresero, Alice guardò Jefferson con gli occhi strabuzzanti e con l'indice indicò il bosco maledetto che avevano appena superato. «Che cos'è quella cosa?!»
Il giovane si mise seduto, massaggiandosi la fronte. «La Regina deve aver lanciato un incantesimo prima di abbandonare la Foresta Incantata in caso qualcuno avesse voluto addentrarsi nel suo castello.»
«Oh be', grazie.» disse Alice, pulendosi distrattamente i pantaloni dalla polvere. «Inizialmente credevo che mi avresti lasciato lì e saresti proseguito da solo.»
«Ma no, sei troppo importante!» esclamò lui di getto, rendendosi conto solo in seguito della reazione di Alice la quale, con le gote rosse, abbassava lo sguardo. «Per la missione, ovviamente. Hai il portale e credo tu abbia ereditato i poteri magici di tuo padre...» tentò di rimediare grattandosi il capo.
«Mio padre era uno stregone?» esclamò Alice con gli occhi sbarrati. «Buono o cattivo?»
«Sì, lo era, ma...la bontà dipende dai punti di vista.» rispose accennando una risata nervosa. «Abitava in un regno vicino alla Foresta Incantata e no, non avremo il tempo per andare a vedere il suo castello.» concluse notando la faccia entusiasta della ragazza che presto si trasformò in un broncio scontento.
«Ti ho sentita gridare il nome di due persone prima, un certo Josh...o forse Joseph? E quest'altra Melania...»
«Geoffrey e Miranda.» lo corresse Alice con un sorriso malinconico. «Erano i miei genitori adottivi, sono morti in un incidente stradale quando io avevo appena sedici anni. Facevano del loro meglio con me, erano bravi, forse un po' troppo pretenziosi...comunque sono stata fortunata a trovare loro.»
Entrambi sprofondarono nel silenzio, immersi nelle loro memorie. Poi Jefferson si decise a condividere qualcosa di suo, come a ripagare lo sforzo che Alice aveva impiegato nel raccontargli dei suoi genitori. «Grace era mia figlia. Be', lo è ancora, ma in seguito ad un accordo mi è stata portata via.»
«Un...accordo?»
«Sì. Dovevo un favore ad una persona e non ho saputo rispettarlo.» il giovane si morse le labbra, indeciso su come proseguire. «Sono tornato a Wonderland e sono stato imprigionato per tutto questo tempo e...»
Gli occhi azzurro opaco si inumidirono di lacrime che, seppur rimanessero al loro posto, Alice non poté far a meno di notare. Con un dolce sorriso lo incitò a continuare.
«Sua madre, Adele, era la figlia di Cora. Lei era diversa dalle sue sorelle, lei era buona, ma la regina non voleva che stessimo insieme e dopo aver partorito Grace è stata uccisa. L'ho cresciuta io nella Foresta Incantata ma l'ho abbandonata e dopo il sortilegio trovare le Tre Pietre è l'unica speranza che mi rimane per tornare da lei.»
«Jefferson, non l'hai abbandonata. E' stato un malinteso e sono sicura che se vi riconciliaste, ti perdonerebbe.» commentò Alice afferrandogli una mano. «Non esiste un regolamento che spiega passo per passo come crescere un figlio, bisogna arrangiarsi e farlo come si crede opportuno.»
Jefferson sorrise di rimando e si alzò. «Devo ammettere che non sei così male come compagna di viaggio.»
Facendosi scappare una risata anche Alice si mise in piedi e con lo sguardo rivolto verso il castello sospirò. Senza dire altro si incamminarono verso la reggia che paziente li attendeva.

 

**


«Jefferson, ho bisogno di una mano!» esclamò Alice, rimproverandolo con lo sguardo quando lo scoprì concentrato ad ammirare un cilindro molto simile a quello con cui era arrivata a Wonderland. In tutta risposta il giovane alzò le spalle e se lo posò sul capo, avvicinandosi alla ragazza. «D'accordo, d'accordo. Allora, in che fiaba siamo?»
«Ehm...Biancaneve e i sette nani?» azzardò lei, guardandosi intorno.
«Bene. Che caratteristiche ha la Regina Cattiva?»
«Be'...è molto bella, ma non quanto Biancaneve. Obbligò il Cacciatore a strappare il cuore della fanciulla e di portarglielo, ma egli ebbe compassione e portò a palazzo il cuore di un cervo.» riassunse Alice percorrendo la camera da letto a piccoli passi. «Poi per trovare il nascondiglio di Biancaneve chiese appello allo Specchio Magico... lo Specchio!»
La ragazza quasi urlò, attraversando la stanza correndo verso la superficie che rifletteva la sua immagine.
Jefferson si sistemò il cappello e la osservò dubbioso. «Sei sicura che sia questo?»
«Lo spero.» sospirò e, avvicinandosi, ripercorse con i polpastrelli le rifiniture in oro che lo circondavano alla ricerca di una serratura.
Il giovane alzò gli occhi al cielo e la bloccò. «Ragiona un attimo: siamo nella Foresta Incantata, dentro il castello della Regina Cattiva e stiamo cercando una pietra magica. Non credi che sia più difficile ottenerla di così?»
Alice non capì subito ma, spostando gli occhi dal ragazzo al suo riflesso, spalancò la bocca e fece qualche passo indietro. «Non ho alcuna intenzione di credere che il mio braccio possa attraversare uno specchio!»
«Non può accadere se non ci credi.»
Alice esitò, facendo un respiro profondo. D'altronde, se credeva che fosse tutto un sogno, doveva essere capace di fare ciò che voleva. Chiuse gli occhi e trattenendo il respiro si concentrò, rilassando tutti i muscoli del corpo. Allungò il braccio e tastò il vuoto per un paio di secondi quando, contro ogni aspettativa, i suoi polpastrelli toccarono una superficie liscia e fredda.
Riaprì di scatto gli occhi e, dopo aver afferrato l'oggetto, ritirò la mano più velocemente che poté. Tra lo spaventato e l'esaltato, Alice guardò Jefferson con un sorriso incredulo. «Come ci sono riuscita?»
Il giovane rise, appoggiandosi al muro con le braccia incrociate. «Queste pietre di solito vengono cercate da chi non possiede poteri magici. Tu però la magia ce l'hai dentro, è più forte di te.»
«Ma non l'ho mai utilizzata, voglio dire... non ho preso nessuna lezione o via dicendo. Com'è possibile?»
Jefferson aggrottò le sopracciglia, assumendo la sua migliore espressione concentrata. «Forse non sei esattamente come tuo padre...forse sei ancora più potente.» sussurrò con un filo di voce, avvicinandosi alla ragazza.
Questa abbassò lo sguardo dubbioso sull'ametista. Era piccola ma estremamente luminosa, di un viola purissimo. La mise al sicuro dentro una delle tasche della giacca, chiudendola con la cerniera; poi alzò lo sguardo verso il giovane che, con un mezzo sorriso di soddisfazione, prese l'orologio appeso al collo di Alice e lo strinse forte. «Siamo un passo più vicini a casa.»
Ma dov'è casa?









Here I Am!

Siamo già al dodicesimo capitolo...wow! Eppure mi fa strano pensare che il viaggio di Jefferson ed Alice sarà ancora molto lungo. Credo andremo avanti fino a dopo Natale...hahaha! :')
Dunque, finalmente i due se ne sono andati da Wonderland e vengono catapultati nella Foresta Incantata. Prima di poter accedere al castello, però, vengono messi alla prova da una maledizione: vengono riportati indietro dai ricordi, che rammentano loro qualcosa di grave fatto nel passato. Nel caso di Jefferson, l'abbandono di sua figlia e la morte di Adele, mentre per quanto riguarda Alice si scopre una parte del suo passato sconosciuta. In futuro ci saranno altri sprazzi del suo passato e di momenti nei quali ha utilizzato la magia senza esserne consapevole c:
E poi riescono a prendere la prima pietra! *fuochi d'artificio* 
D'ora in poi pubblicherò sempre di domenica, in modo tale da essere più organizzata e puntuale. Auguro a tutti una buona settimana, tenete duro! <3
A presto, 
Frannie.

   
 
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