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Autore: Amarida    09/11/2015    1 recensioni
E se il mastino di Baskerville si rivelasse essere davvero una creatura sovrannaturale, chi si troverebbe ad intrecciare turbinosamente la strada dell'unico consulente investigativo al mondo? Gli unici cacciatori di mostri con un angelo in trenchcoat al seguito, ovviamente...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Nonostante l’addestramento militare e il notevole autocontrollo, indispensabile per non strozzare il suo coinquilino a ogni uscita balzana, quando John vide sparire nel nulla i tre uomini fece un salto indietro e non gridò soltanto perché si ritrovò sulla bocca una manona di Sam.
“Scusami” mormorò il ragazzone un po’ imbarazzato, lasciandolo non appena fu certo che non avrebbe urlato.
“No, scusa tu” rispose John pratico: un grido nel mezzo di un bosco silenzioso non era l’ideale per mantenere la segretezza della missione. “Ma è… è… impossibile! Dove sono finiti? Come hanno fatto? Dove sta il trucco?”
“Mi dispiace John, ma non c’è alcun trucco: Castiel è davvero un angelo e teletrasportare la gente fa parte, beh, delle sue doti soprannaturali.”
Il dottore scosse il capo: “Sherlock dice che, eliminato l’impossibile, quel che resta, per quanto assurdo, dev’essere per forza la verità. Quindi, suppongo che debba crederci” disse, sollevando lo sguardo per fissare Sam negli occhi, poi, inaspettatamente sorrise: “E, sai una cosa? Temo sarà costretto a crederci anche Sherlock e darei non so cosa per poter vedere adesso la sua faccia: mister scetticismo in persona alle prese con angeli e demoni!”
Anche il cacciatore, allora, sorrise: “Cas e Dean faranno di tutto per proteggere il tuo amico, John: te lo assicuro”.
Il dottore annuì: “Bene. Allora vediamo di fare anche noi la nostra parte!”

Nella poca luce dello sgabuzzino gli occhi di Dean e Sherlock – che si fissavano in cagnesco da una manciata di secondi per stabilire chi dei due avrebbe avuto l’onore, si fa per dire, di aprire la porta – sembravano quasi neri. Per questo, quando videro la luce azzurra che illuminava dall’interno le iridi di Castiel, che li osservava torvo, emanando una forza che anche lo scettico detective poteva percepire, decisero di sospendere le ostilità.
Dean socchiuse lentissimamente la porta e sbirciò all’esterno, lasciando poi a Sherlock lo spazio per fare altrettanto. Il laboratorio sembrava deserto.
“Telecamere” grugnì il detective nell’orecchio di Dean, occhieggiando alle lucine rosse intermittenti che s’intravedevano ai quattro angoli della stanza.
“Merda!” rispose il cacciatore, voltandosi poi verso Cas con aria interrogativa.
L’angelo capì quasi subito: “Forse posso fare qualcosa: se mi starete abbastanza vicini posso deviare un po’ della mia grazia attorno a noi per proteggerci”.
“Come prego?” domandò Sherlock trattenendo una delle sue imprecazioni creative.
“Hai un’idea alternativa, genio?” chiese Dean con un ghigno. Sherlock chiuse gli occhi e, dopo una rapida visita al suo palazzo mentale, settore “allarmi, antifurti e sistemi di sicurezza” fu costretto a scuotere il capo.
“Bene, allora fidati e stacci incollato alle chiappe” disse Dean soddisfatto aprendo del tutto la porta.

I tre uomini avanzarono cautamente al centro della stanza, spalla a spalla, poi presero a guardarsi attorno. Per il momento sembrava tutto tranquillo.
Castiel piegò la testa di lato, serissimo e concentrato, socchiuse gli occhi, poi, dopo qualche secondo, li spalancò puntando il dito verso lo scaffale di destra.
Il ripiano più alto era colmo di barattoli di vetro di varie dimensioni chiusi da coperchi ermetici e colmi di un liquido oleoso nel quale galleggiavano sinistramente rane, serpi attorcigliate, topi e altre creature – e brandelli di creature – non bene identificabili, tutti rigorosamente morti e immobili.
Tutti tranne uno.

All’estremità del ripiano, infatti, i tre uomini videro chiaramente che c’era un contenitore più grande degli altri, fatto d’un vetro più spesso. Il coperchio era fissato al contenitore con una fitta gabbia di fili metallici. All’interno sembrava non ci fosse altro che un liquido nero, ma, osservando meglio, era chiaro che quel liquido si muoveva: increspature, bolle, piccoli vortici da cui emanava un bagliore rossastro si formavano di tanto in tanto all’interno per poi scomparire e quietarsi.
“Il mastino?” domandò il cacciatore all’angelo, che si limitò ad annuire.
Dean trattenne un’imprecazione e si limitò a chiedere: “Come diavolo hanno fatto a ficcarlo lì dentro?!” Castiel allargò le braccia con espressione decisamente sconsolata.
“Qualunque cosa voi dite che sia chiusa lì dentro, non credo che ci resterà a lungo…” intervenne allora il detective indicando i piccoli sobbalzi che ad ogni movimento interno stavano portando il vaso sempre più vicino al bordo dello scaffale; mentre sulla superficie, a un’osservazione più attenta, si vedevano piccole incrinature allungarsi e allargarsi sul vetro.
“Cavolo! Dobbiamo prenderlo prima che cada e si spezzi, o saremo in guai davvero grossi”. Esclamò Dean accostandosi in due passi ai piedi dello scaffale. “È alto!” brontolò poi allungando una mano che si fermò solo a metà del ripiano sottostante.

“Cas, puoi farlo scendere in qualche modo?” chiese.
“No, Dean, mi dispiace: se distogliessi anche solo per un momento la mia attenzione e la mia energia dalle telecamere, credo che nel giro di pochi secondi verremmo visti e catturati”.
“Va bene, vorrà dire che ci arrangeremo noi due” disse pratico il cacciatore allungando le mani per afferrare i fianchi di Sherlock, che si scansò oltraggiato e allibito: “Cosa diavolo?!”
“Ehi, ehi, calma! Volevo solo sollevarti: a occhio direi che sei tu il più leggero”.
“Non ci pensare neanche!” esclamò l’inglese. Detestava essere toccato. Tollerava giusto le mani di John sulle sue ferite quando gliele medicava di ritorno da un caso. E anche quella, a pensarci, era una ben curiosa eccezione.
“Per favore…” li interruppe la voce roca e preoccupata dell’angelo, senza voltarsi a guardarli.
“Va bene, va bene!” disse allora Sherlock, sbottonandosi il cappotto per esser più libero nei movimenti e dando le spalle all’americano con l’espressione di chi stia andando al patibolo.
Dean sbuffò, poi lo prese saldamente per i fianchi e riuscì a sollevarlo quanto bastava perché l’altro arrivasse con le sue lunghe dita ad afferrare il barattolo in cima allo scaffale.
“E’ caldo!” esclamò il detective appena riguadagnato il suolo, stringendo il vetro tra le mani con gli occhi illuminati dalla torbida luce rossastra che vorticava all’interno. Anche Dean allungò una mano, ma stava per posarla sulla superficie quando questa scricchiolò sinistramente.

“No!” gridò allora Cas precipitandosi ad afferrargli il polso.
“Che succede?” chiese il detective rinsaldando la presa.
“Ecco la prova che qui dentro c’è davvero un mastino infernale” spiegò l’angelo: “anzi, probabilmente proprio ‘quel’ mastino infernale. Credo ti abbia riconosciuto: dobbiamo sbrigarci a portarlo fuori da qui.” Concluse sospirando e fissando il cacciatore con una delle sue lunghe, indecifrabili occhiate.
Dean lo assecondò per un attimo, poi fu colto da un dubbio: “Cas, scusa, se tu stai guardando me chi si sta occupando delle telecamere?”
“Oh…”
In quel momento un allarme suonò, tutti gli animali si misero a gridare all’unisono e il laboratorio deserto prese a riempirsi dell’eco di molti passi pesanti in rapido avvicinamento.
“Ca**o!” gridò Dean. E Sherlock pensò che, in quel particolare caso, l’americano avesse perfettamente ragione.

  
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