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Autore: Selhen    09/11/2015    1 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se c'era una cosa che in quel momento detestavo dell'essere Generale, era che la mia faccia fosse nota ai più.
Rovistai nel cespuglio davanti al quale Gaar aveva posizionato il kisk. Come concordato c'era una borsa dentro la quale trovai tutto l'occorrente che mi sarebbe servito per spostarmi il più discretamente possibile. La afferrai e me la misi al collo.
Trovai l'arco, là vicino, aggrovigliato ai rami del generoso cespuglio e ben nascosto. Imbracciai anche quello, insieme alla faretra. Non era la mia ma per accomodare poteva anche andare.
Quando pensai di essere apposto srotolai una delle tante pergamene meditando sul da farsi.
Fortunatamente per me, pensai,ero resuscitato per l'ultima volta al kisk che Gaar aveva trafugato dalle prigioni un'ora prima.
Ringraziai mentalmente il mio migliore amico nel momento in cui ritrovai nella borsa un sacchetto ricolmo di polpette dolci di kokonas. Ne presi una soppesandone la consistenza con le dita, poi la infilai tutta in bocca gustandola deliziato.
Erano squisite, rese ancora più buone dal mio digiuno forzato di prigionia.
Ne trangugiai un altro paio, poi raccolsi la pergamena per Eltnen che avevo poggiato accanto a me, srotolata, ed evocai il teletrasporto per ritrovarmi davanti al punto di ritrovo dell'alta fortezza di Eltnen.
Divenni invisibile all'istante e mi lanciai in caduta libera oltre le recinzioni di quell'ampia piattaforma.
Io e Gaar ci eravamo dati appuntamento sul retro della fortezza, in un angolo più nascosto del lago circostante.
Spalancai le ali e le battei con vigore dirigendomi verso il luogo prestabilito.
Quando vi giunsi mi accorsi che Gaar non era ancora arrivato.
Mi chinai sulla riva del lago e mi sciacquai il viso con abbondante acqua fresca e cristallina.
"Velkam", mi giunse all'orecchio la voce familiare del mio migliore amico.
Sollevai lo sguardo con un mezzo sorriso. "Ciao capo!", lo apostrofai scherzosamente.
Gaar era ancora sospeso in volo. Le sue ali sbatterono nervosamente a quella lusinga ma sorrise amaro. "Essere capo a questo prezzo non è una bella cosa", disse infine richiudendo le ali all'improvviso e lasciandosi cadere coi piedi al suolo.
Gli sorrisi. Gaar evitò il mio sguardo, fingendosi concentrato a sistemare i propri polsini in pelle.
Era di gran lungo ben messo, in confronto alla mia tenuta malandata. Il suo fisico asciutto spiccava sotto il pesante giubbino nero in cuoio e le sue spade, assicurate alla schiena, rilucevano scintillanti alla luce del sole pomeridiano di Elisea.
"Non sai quanto io sia felice di rivederti vivo!", disse.
Scossi il capo con aria sarcastica. "Vivo è una parola grossa".
"L'importante è che respiri", disse il mio amico assassino mentre si inoltrava tra i cespugli più alti per cercare di essere il più invisibile possibile.
Lo seguii. "Notizie di Selhen?", domandai.
Gaar scosse il capo. "Non so dirti se per fortuna, o per sfortuna... ma è praticamente sparita nel momento in cui le guardie asmodiane l'hanno catturata".
Corrugai la fronte. "Sparita?".
"Letteralmente", annuì Gaar.
Mi morsi il labbro pensieroso. "Quindi non l'hanno rinchiusa".
Il mio amico scosse il capo.
Selhen era sparita e non avevo idea di dove fosse. Cominciavamo bene!
Gaar si lasciò andare ad un'imprecazione decisamente poco a modo. "Quell'insolente asmodiana, le avevo raccomandato di starsene nascosta".
Abbozzai un sorriso alle parole del mio migliore amico. Era tipico di Selhen trovare sempre un modo fantasioso per mettersi nei guai.
"Dove l'avevi nascosta?", domandai.
Gaar aveva dato un calcio ad uno slink di lago freddandolo con un colpo secco e letale di una delle sue spade.
Guardai la sfortunata creatura sulla riva del lago e sollevai un sopracciglio. "E lui che colpa ne aveva?".
Gaar mugugnò innervosito. "Non tentare di venirmi a fare la morale per uno slink di lago, adesso".
Sospirai. "Perchè non cominciamo a cercarla dal luogo in cui l'avevi nascosta?". Avevo incrociato le braccia ponderando le varie possibilità quando un battito di ali che non era di Gaar sovrastò lo scroscio dell'acqua del lago.
"Come mai tutta questa fretta?", una gelida voce femminile, alta e chiara, catturò la nostra attenzione costringendoci a sollevare gli occhi.
Era un'asmodiana, comparsa dal nulla dopo aver seguito Gaar, supposi, da invisibile.
I fluenti capelli rossi dell'assassina dondolavano per la gravità, mentre un sorriso mellifluo rivelava due bianchissimi canini appena più sporgenti del normale. Le sue ali nere sbattevano rumorose a sorreggere il corpicino minuto.
Percepii il vento causato dallo spostamento dell'aria. Era così vicina che potei scorgerne chiaramente gli occhi ostili e invasi di furia.
"Guarda, guarda... aggiungiamo un nuovo traditore alla lista, vero Gaar?".
L'assassina aveva sorriso serpentina spostando lo sguardo da Gaar a me.
"Bentornato nel regno dei vivi, generale", disse sarcastica rivolgendosi a me, mentre accarezzava dolcemente la spada che stringeva tra i ditali metallici e affilati.
"Flamet...", digrignai i denti assumendo un'espressione minacciosa. Sparii con l'abilità in cui ero decisamente più talentuoso per tentare di sfuggirle.
"Dove credi di andare?", tuonò la voce dell'assassina mentre si fiondava nel luogo in cui la mia sagoma era appena sparita, ma menando un fendente alla sola aria.
Cercai in fretta un punto sopraelevato, giusto il tempo in cui ero coperto dalla mia invisibilità. Gaar intanto, per temporeggiare, le si era lanciato alle spalle fulmineo.
"Sei un'asmodiana fin troppo avventata, tesoro", l'aveva apostrofata mentre la immobilizzava rapido con una stretta alla gola.
L'assassina svelta e minuta com'era riuscì a sfuggire dalla sua presa. Il mio amico gettò uno sguardo intorno a sè, cercandomi, poi si lanciò in un combattimento corpo a corpo contro l'asmodiana.
Trassi una freccia dalla faretra e la incoccai, nella speranza che Gaar potesse tener fisso lo scontro in un punto preciso, in modo da permettermi di mantenere meglio la mira su Flamet, ma la giovane assassina fu più scaltra. Spalancò le ali librandosi nell'aria e con una tonante formula magica evocò l'occhio magico ottenendo all'istante la vista.
Imprecai. Adesso che ero mortale sarebbe bastato un solo colpo di spada a farmi morire per sempre.
Flamet ghignò deliziata prima di lanciarsi fulminea verso di me. Scartai di lato, rapidamente, prendendo ancora una volta distanza da lei e con la punta di una freccia avvelenata la colpii di striscio ad un braccio.
Un urlo di dolore irruppe dalle labbra sottili dell'asmodiana che, furiosa, si scagliò nuovamente nella mia direzione.
Scattai, ancora. Le mie gambe si immersero nell'acqua del lago mentre una nuova freccia scoccava nell'esatto momento in cui Gaar la coglieva alle spalle immobilizzandola momentaneamente con uno dei suoi attacchi più micidiali.
"Non farai fuori tanto facilmente un ufficiale a cinque stelle come la sottoscritta, Gaar...", disse l'asmodiana ammonitrice, "e in ogni caso non riuscirai a proteggere il tuo amichetto mortale tanto a lungo...".
Fu talmente lesta che i miei occhi stentarono a percepirne il movimento. Con una rapidità inaudita capovolse il pugnale conficcandolo violentemente nel fianco del mio migliore amico.
Gli occhi castani di Gaar si spalancarono e un rantolo gli uscì dalle labbra schiuse.
Prima che l'attenzione dell'assassina fosse nuovamente rivolta su di me scoccai un nuovo dardo che la prese alla coscia e spiccai un altro balzo all'indietro.
"Maledetto!", aveva urlato Flamet con frustrazione strappandosi la freccia conficcata nella coscia.
Un fiotto di sangue asmodiano macchiò l'erba soffice della riva, poi l'assassina, come se nulla l'avesse scalfita, spintonò l'ormai debole Gaar per lanciarsi contro di me in un balzo ferino.
Schivai facilmente quell'assalto impreciso, e la lama del suo pugnale mi passo praticamente davanti agli occhi, ma non fui tanto fortunato col secondo, il quale mi si conficcò dritto nella coscia.
"Occhio per occhiò", cantilenò allegra l'asmodiana mentre si passava la  punta della lingua sulle labbra con sguardo invasato. Spiccò un perfetto balzo all'indietro per fermarsi a contemplare soddisfatta il pugnale imbrattato dal mio sangue. Lo leccò lentamente, compiaciuta.
"Il sapore della vendetta e del sangue elisiano e così... dannatamente dolce!", disse carezzevole.
Gaar era ancora abbandonato sul terreno erboso. I suoi occhi si aprivano e chiudevano pericolosamente, in una lenta agonia. 
Flamet si era lasciata andare ad una risata tanto trasportata mentre scrutava il profondo taglio sul suo fianco.
"Non sperare in un suo aiuto, cacciatore... il mio veleno non gli permetterà di fare un passo".
Deglutii, incoccando una nuova freccia, ma mancai il bersaglio e questa si conficcò al tronco di un arbusto.
"Sono brava a schivare, cacciatore?", ghignò l'asmodiana scartando di lato prima di gettarmisi nuovamente addosso.
L'arco mi traballò tra le mani, ma riuscii a svincolarmi dalla presa dolorosa dell'asmodiana che aveva affondato le sue dita artigliate nel mio avambraccio. Andai a coprire Gaar tendendo nuovamente il mio arco, ma non ero riuscito a prevenire un mossa repentina di Flamet. Questa, infatti, con un tiro preciso e calibrato aveva lanciato uno dei suoi pugnali che, roteando nell'aria, sarebbe venuto a conficcarmisi dritto al cuore.
Come se fosse tutto rallentato vidi la lama luccicante dirigersi verso di me. Era troppo tardi per evitarla. Stava per affondare nel mio petto quando Gaar con le ultime forze che gli rimanevano si sollevò parandomisi davanti e facendomi scudo col suo corpo.
Il pugnale si conficcò al centro del suo petto con una letale precisione. Perforò la giubba in cuoio affondando fino all'elsa.
"Gaar!", urlai.
"Dannato elisiano!", stava imprecando Flamet contrariata. Per colpa di Gaar aveva mancato me che ero il suo principale bersaglio.
Adesso eravamo solo io contro di lei. 
Con un rapido movimento incoccai due frecce contemporaneamente, tesi l'arco lasciando poi andare i due dardi che sibilanti affondarono alla sua spalla e alla sua pancia.
L'assassina ululò di dolore mentre il sangue scarlatto gli macchiava i denti bianchissimi in un rigurgito sofferente. 
Sputò il sangue e con sguardo carico d'odio tentò di lanciare l'ultimo pugnale che stringeva in mano.
Scartai con facilità evitandolo e incoccai l'ultima freccia avvelenata e paralizzante indirizzandola al cuore.
Fui rapidissimo. Il dardo sibilò fendendo l'aria e giunse a destinazione sfondando il nero cuoio.
Flamet rantolò per l'ultima volta.
Senza alcuna pietà scoccai una nuova serie di frecce che le ferirono nuovamente il petto e la pancia.
Le labbra sottili dell'assassina dalla fulva chioma rossa, sporche di sangue fresco e vivido, si aprirono, e i suoi occhi si spensero quando le palpebre calarono pesanti su di essi. Il lugubre suono di due ali che si spalancavano accompagnò la sua morte.
Accorsi da Gaar. Appariva in fin di vita, ma la sua tempra assurda lo aveva tenuto ancora tra la vita e la morte.
"Gaar" lo chiamai allarmato inginocchiandomi al suo fianco per guardarlo negli occhi.
Gaar abbozzò un sorriso ma fu più che altro una smorfia di dolore. "La fortuna delle resurrezioni...", disse.. "Va' fratello... prima che torni con i rinforzi. Non preoccuparti per me".
Annuii, Gaar aveva ragione. Se Flamet avesse parlato di me sarebbero accorsi in gran numero per eliminarmi definitivamente.
"Il rifugio...", disse l'assassino in un sussurro.
Abbassai il capo intendendo alla perfezione la sua indicazione. Mi preoccupai quando un pensiero mi sfiorò la mente. Se lo avessero trovato ancora lì moribondo ogni parola di Flamet sarebbe stata creduta e Gaar sarebbe stato accusato di tradimento.
"Devi morire e trovarti un alibi prima che arrivino", gli dissi.
Gaar ridacchiò sommessamente e di nuovo una smorfia di dolore lo colse. "E' vero. Penso che sia ora di cominciare a ricambiare il favore, non credi?", disse pacato.
Compresi quello che mi stava chiedendo. Voleva essere ucciso.
"Usa il veleno più letale", terminò con voce spezzata.
Annuii rovistando nella borsa alla ricerca di uno dei miei veleni migliori, e fortunatamente lo trovai.
Aprii il coperchio e vi imbevvi la punta della freccia, poi quando ritenni di avercela tenuta abbastanza arretrai mirando dritto al suo cuore, per esaudirlo.
L'arco si tese, mentre entrambe le mie dita stringevano la corda piumata della freccia. Una morsa allo stomaco reprimeva una parte di me che si ribellava a quel gesto.
"Senza remore...", disse il mio amico con uno sguardo rassicurante, "pensa a trovarla".
"E tu trovati un buon alibi", gli dissi di rimando. Non volevo che lo incontrassero là.
Scoccai chiudendo i miei occhi. Non vidi la freccia sfondare le protezioni del mio amico ma ne udii il suono sordo e raccapricciante. Quando riaprii gli occhi quelli di Gaar erano già chiusi. Aveva smesso di respirare e le familiari ali lo avevano avvolto in un abbraccio candido e delicato. Passarono pochi interminabili secondi, poi il suo cadavere si dissolse nell'aria per tornare all'obelisco di resurrezione.

Avevo appena visto svanire il corpo esanime di Gaar quando, sollevando lo sguardo, scorsi con incredulità quel viso così familiare che fino a quel momento avevo desiderato ardentemente vedere.
"Selhen?". Aveva visto tutto? 
Lei era là. Ma da quanto? 
Aveva una mano dalle lunghe dita diafane sulle labbra. I suoi occhi erano spalancati in un'espressione sorpresa e incredula anch'essa. Non parlò, non disse nulla, solo... abbassò il braccio lentamente. Come se avesse paura che un movimento di troppo avrebbe potuto farmi svanire.
"Selhen...", la chiamai di nuovo rimanendo immobile.
Lei aveva fissato il posto dove poco prima stavano richiuse le ali bianche di Gaar, poi le sue labbra scarlatte si erano aperte in un radioso sorriso. "Dimmi che non sei un sogno... dimmi che non sto sognando", farfugliò.
Accelerai il passo zoppicante verso di lei e senza lasciar spazio a nessun altro indugio la strinsi in un energico abbraccio e la baciai. La baciai a lungo. Come avevo desiderato fare fino a quel momento.
Lei mi pizzicò una guancia, come per accertarsi della mia consistenza.
"Tu... sei qui... sei qui con me... sei vero", sussurrò percorrendomi avida con lo sguardo.
"Sì asmodiana, sono qui con te".
Solo in quel momento parve realizzare cosa le fosse successo. Scosse il capo e si abbandonò ad una risata di esultanza prima di catapultarsi letteralmente tra le mie braccia. "Sei vivo! Sei vivo!", urlò. "Ma... sei ferito", aveva abbassato lo sguardo a fissare preoccupata la mia coscia.
"Shhh", le intimai. Non era il caso che urlasse. Nè che si preoccupasse. Non in quel momento. Le accarezzai dolcemente il labbro inferiore con un dito poi la presi nuovamente per mano per allontanarmi da quel posto dove ormai non eravamo più al sicuro.
Ci inoltrammo nella foresta di Eltnen. Selhen avanzava mano nella mano con me, guardandomi raggiante.Il sole morente filtrava tra gli alberi alti lasciando spazio alle prime oscurità della sera mentre noi, finalmente uniti, ci inoltravamo in quel bosco, sempre più scuro, lasciandoci tutto alle spalle.
"Come sei riuscito a salvarti?", mi domandò lei quando fummo giunti al rifugio che Gaar mi aveva indicato. Mi accorsi dalle tracce evidenti che Selhen si era rifugiata là fino a quel momento.
"Di questo potremmo parlarne un'alta volta?", domandai con trasporto tirandola delicatamente a me per un fianco.
"Non posso credere che tu sia vivo", mormorò lei con gli occhi lucidi mordendosi il labbro per l'evidente commozione.
"Sono qui adesso...  e non andrò più via, te lo prometto".
"Ma... la tua anima".
La zittii con un bacio. "Di quella non mi importa... troverò un modo per vivere con te il più a lungo possibile". Le sussurrai dolcemente sulle labbra. 
Le sue dita affilate strinsero delicate il mio giubbotto in pelle e scorsi il suo petto gonfiarsi mentre inalava il mio profumo. "Vuoi dire che... se morissi....".
Scossi il capo vagamente incupito. "Perchè hai questo talento innato per rovinare i momenti migliori?", le chiesi cercando di apparire dolcemente ironico.
Lei abbozzò un sorriso. 
"Ti fidi di me?", le chiesi all'improvviso.
Lei annuì un po' insicura. 
"Per ora questo può bastare", le dissi tornando a baciarla con maggiore trasporto.
Non seppi mai quanto rimanemmo in quella grotta. Se mezz'ora, un giorno o un'eternità.
La guerra tra elisiani e asmodiani là fuori impazzava, e lì, in quel piccolo angolo di Eltnen, là dove tutto un tempo era iniziato, un generale elisiano un po' matto ed un'asmodiana un po' ingenua, si stavano amando.
Avremmo dovuto fuggire, nasconderci, ma a questo avremmo pensato a tempo debito.
Ci eravamo cercati troppo a lungo perchè potessimo reprimere quel bisogno che in quel momento avevamo l'uno dell'altra.
"Zl ipr...", sussurrai nella mia lingua accarezzando dolcemente le curve dei suoi zigomi.
"Ti amo...", rispose lei dolcemente "Ti amo tanto, elisiano..."
E bastò quella semplice frase a ricordarmi ogni momento. Il nostro primo e timido bacio, le nostre ricognizioni a Tiamaranta, i nostri fugaci incontri a Sarpan. Tornò alla mia mente l'immagine di lei, in quella radura, che mi posava un bacio insicuro sulla guancia, di me che la coglievo di sorpresa con un bacio meno innocente nel deserto di Kamar. Gli occhi azzurri e afflitti di Echo e ancora i suoi, scarlatti come il sangue che scorreva uguale nelle nostre vene, i nostri cuori pulsanti mentre facevamo l'amore tra i ruderi del lago della solitudine.
"Voglio che resti con me per sempre...", mormorò. Le sue parole mi giunsero come un'eco lontana ma non tardai a darvi una conferma.
"Per sempre...", risposi, suggellando quella promessa con un bacio.

[E finalmente ecco a voi l'ultimo agognato capitolo narrato dall'eccezionale punto di vista di Velkam. La vicenda può dirsi chiusa ma...  così, giusto per chiudere in bellezza, ho pensato di concludere il tutto con un epilogo. Tengo a precisare che mi farebbe piacere leggere le vostre ultime recensioni. L'epilogo lo devo ben pensar quindi... lo caricherò appena avrò modo e ispirazione per tirarlo fuori. Spero tanto che abbiate gradito questa dolce e tormentata vicenda, e ovviamente vi aspetto su Selhen's dreams e su WattPad (sono Selene Brahms) per regalarvi la lettura di qualche altra novità. Un abbraccio forte forte a chi fino ad ora mi ha seguita fedelmente e un GRAZIE. L'appuntamento, ovviamente, è all'epilogo. Ciao cuori <3 ]
  
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