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Autore: ChiaraGaliffa    09/11/2015    0 recensioni
Quando Amy era sola, tutti i suoi pensieri più oscuri, quelli che abitano nelle parti più buie della mente, si esponevano, tornando alla luce.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tic, tac, tic, tac… Il tempo sembrava essersi fermato. Sembrava aver dimenticato come scorrere regolarmente. Sembrava aver scordato all’improvviso come procedere con quel ritmo monotono, che da sempre lo aveva distinto. Sembrava aver arrestato la sua solita corsa sfrenata, per fare una sosta proprio lì, in quella stanza. Quella stanza di cui molte creature ignoravano l’esistenza, ma di cui molte altre avevano timore. Quella stanza così tetra, buia, quasi surreale. “Strana”, avrebbe pensato un qualsiasi essere umano lì dentro. Avrebbe osservato con curiosità i ritratti delle creature più celebri della dimensione magica, appesi in modo casuale alle pareti. Avrebbe forse fatto scorrere la mano sulla massiccia panca in legno al centro della stanza, come per riuscire a parlare con il mobile. Talvolta sono così stupidi gli Umani. Un Umano sarebbe anche riuscito a scrutare i ghirigori e gli affreschi che decoravano il soffitto, proprio come Amy. Amy era lì. In quella stanza. Osservava distrattamente ciò che la circondava, mentre si perdeva nel groviglio di pensieri presente nella sua giovane testa. Le braccia strette attorno alle gambe, le dita a tamburellare sui polpacci, la schiena curva, lo sguardo spento e l’ingenuità tipica di Amy e dei suoi otto anni appena compiuti. E forse per fronteggiare il tempo, la bambina si mise a pensare a tutto. Tutta la sua storia. Tutto ciò che sapeva sulla sua personalità. “Sono Umana? Non lo sono?”… Le solite domande che affollavano la sua testolina. “Perché sono qui? Chi mi ha portato qui dentro?”, continuava la sottile vocina dentro di lei. “Perché sono sola?”, pensava la bambina. Se c’era una cosa che Amy odiava, quella era la solitudine. Era del parere che la solitudine potesse essere paragonata alla paura stessa. Quando Amy era sola, tutti i suoi pensieri più oscuri, quelli che abitano nelle parti più buie della mente, si esponevano, tornando alla luce. Amy era terrorizzata da ciò. Non riusciva mai a controllare la sua testolina, e questo la spaventava. Il flusso di pensieri della bambina venne bruscamente interrotto dall’improvvisa apparizione di un omino, non più alto di mezzo metro. Indossava un sacchetto dell’immondizia come vestito, un grosso cappello a punta e due sandali decisamente troppo grandi per suoi piedini grassottelli. “Che abbinamento bizzarro”, pensò in un primo momento Amy, ma si corresse subito dopo. Lì, nella dimensione magica, nulla era bizzarro. “Bizzarro” era un termine adatto agli Umani. Tutto era confuso quando si trattava di Umani. Tutti uguali, ma allo stesso tempo così diversi tra loro. Così strani, ingiusti. Incomprensibili. E Amy si ritrovò nuovamente quella domanda a fluttuare in testa: “Sono Umana?”. I ragionamenti della bambina furono nuovamente interrotti dall’omino, che questa volta decise di prendere parola. “Tu! Avanti! Alzati e vieni qui.” disse con un tono alquanto rude. Amy si sentì sprofondare. Non le erano mai piaciute le affermazioni piene di rabbia nei suoi confronti. Con le gambe tremanti, si alzò. Raggiunse l’omino. Nonostante Amy fosse molto più alta dell’altro, si sentì piccola. Insignificante. “Avanti, poggia la mano qui. No. No! Non lì! Sei davvero così stupida? Qui.”. Amy sentì gli occhi riempirsi di lacrime. Prese un respiro profondo e si appuntò mentalmente che avrebbe potuto piangere una volta tornata nella sua casetta. Poggiò la manina sul punto indicato dall’omino, e si ritrovò catapultata in una nuova stanza. Non era sola, questa volta. Un gruppo di strane creaturine con grandi baffi e lunghe barbe si trovava di fronte a lei. I Barbuffi. Aveva studiato qualcosa su di loro a scuola. Uno era seduto su un grande trono: Il Capo dei Barbuffi. Quest’ultimo prese parola, improvvisamente. “Quindi tu, piccolina, devi essere Amy. La famosa Amy. Mh, sì sì. Accomodati, accomodati.”. Comparve una piccola sedia, sulla quale la bambina, con movimenti goffi e impacciati, si sedette. “Dunque” ricominciò il Capo dei Barbuffi con un sospiro “Sai perché sei qui? No, non lo sai. Nessuno ha avuto il coraggio di raccontarti la tua storia, non è così? Mh, bene. Vediamo. Come posso far sembrare la questione semplice? Ah, sì. Siamo qui per decidere se sei colpevole o innocente. No, no! Non fare quella faccia. Non hai commesso nessun reato. O meglio, non volontariamente.”. Amy impallidì. Il Capo dei Barbuffi riprese a parlare con la sua vocina stridula. “Come avrai sicuramente notato, hai le sembianze da Umana. Braccia, gambe, quella strana forma del corpo… decisamente da Umana. Ma, se te lo stai chiedendo, non sei Umana. Sei qui, nella dimensione magica, non puoi essere Umana.”. Amy si sentì quasi svenire a causa dei sentimenti contrastanti che stava provando in quel momento. La risposta che da anni stava cercando, le era appena stata data così, con la massima naturalezza. Una strana nausea si impossessò della bambina. “Ma andiamo avanti. Sicuramente saprai già che le uniche creature magiche con sembianze umane, sono le Fate. Semplice, no? No. Non è semplice. Non sei nemmeno una Fata. Non hai le ali. Tutte le Fate, già alle’età di due anni, possiedono delle ali grandi e colorate. Non sei una Fata. Non sei Umana. Cosa sei, Amy?” Amy riuscì a raccogliere quel po’ di forza necessaria per rispondere. “Non… Non lo so, signore. Ho sempre cercato una risposta, ma.. Non lo so.”. “Mh, sì. Comprendo. Tuttavia, oltre alla tua natura sconosciuta, c’è una faccenda più grave. Molto più grave.”. Amy deglutì. Il Capo dei Barbuffi continuò. “Si tratta del tuo reato, Amy. Tu-“ indicò la bambina con un movimento della mano “-provieni dalla dimensione degli Umani. Ne siamo certi, poiché tua madre ti ha dato alla luce nella sua dimensione. Tutto chiaro, no? Bene. Quando ancora riposavi nel lettino d’osp.. Come dicono gli Umani? Ospedale?” Un componente del gruppo dei Barbuffi, alzatosi in piedi, si rivolse al Capo con “Ospedale, Signore” “Sì, ecco. Quando ancora riposavi nel lettino d’ospedale, qualcosa andò storto. Il male si insediò tra i tuoi capelli, l’oscurità sporcò la tua candida anima, il mistero avvolse il tuo gracile corpicino con un velo infinito e tu, ancora con gli occhi chiusi, ti ritrovasti qui. Sei cresciuta bene, vedo.” Il Capo dei Barbuffi fece una breve pausa. Forse per riprendere fiato, o forse per invocare le parole giuste. “Ma, è proprio qui che sta il reato. Secondo la legge n. 934 del Libro delle Leggi Magiche, nessuno, mai, può viaggiare da una dimensione all’altra.” Calò un silenzio carico di parole non dette. Ma non serviva aggiungere altro. Amy deglutì nuovamente, poiché aveva già capito. Avrebbe passato il resto dei suoi giorni in prigione. Ad Orbonik, precisamente, la prigione più temuta della dimensione magica. Tutto sembrava stesse andando per il verso storto, quando comparve una donna. Improvvisamente. Era evanescente, un’ombra. Fluttuava nella stanza. Tutti rimasero stupiti. La sua presenza non era prevista, a quanto pare. Il Capo fece per parlare, ma venne preceduto dalla donna. “Provengo da una dimensione sconosciuta. Ho solo pochi secondi per portarvi il messaggio.” Fece una brevissima pausa “State sbagliando tutto. Amy è innocente. Solo…è la Prescelta. Amy è la Prescelta. Amy è la-“ La sua voce metallica si affievolì, il suo corpo argenteo sbiadì, i suoi occhi si chiusero, e in pochi secondi, la donna era scomparsa. Per sempre. I Barbuffi, uno ad uno, si alzarono dai propri posti e si inchinarono ad Amy. Alla Prescelta. A colei che avrebbe sempre governato su tutti loro. Colei a cui era sempre appartenuta la dimesione magica. Il tempo riprese a scorrere. Veloce come mai. Lo sguardo di Amy si riaccese. La vita sembrò tornare. Tutto era così confuso, sbagliato…ma anche chiaro e giusto. In fin dei conti, anche le Creature Magiche erano bizzarre.
   
 
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