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Autore: _warry_    10/11/2015    0 recensioni
Questa é la mia prima storia pubblicata qui e racconta di una storia d'amore ma anche di una tragedia; di dolore ma anche di speranza..
Spero sia di gradimento a tutti lettori e le recensioni mi aiuteranno sicuramente a crescere
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO

No! Non a me! Non questo!”

Un colpo all'altezza dello sterno che gli impedì di respirare. Qualcosa si ruppe dentro di lui, qualcosa che faceva male, qualcosa che gli riempì gli occhi di lacrime che scesero calde sulle guance e poi il buio..

 

Il risveglio fu dolce e tranquillo, come se avesse dormito per tanto tempo e si fosse svegliato da solo, grazie al suo orologio biologico. Si guardò intorno con gli occhi ancora socchiusi per capire dove si trovasse e chi fosse li con lui. La stanza era deserta e illuminata da una debole luce di una lampada posizionata su un tavolino d'ebano accanto al divano, dietro alla sua testa. Ecco dove si trovava, il salotto di casa sua. All'inizio non l'aveva riconosciuto, il tenue bagliore di luce proiettava ombre di oggetti alterati e che deformavano lo spazio circostante. "Ma perché mi trovo qui?", questa era la domanda che necessitava di risposta per Marco. Ricordi confusi cominciarono ad affiorare: un prato con molti alberi ed una strada sterrata, un ragazzo alto che a lui sembrava familiare, il suo volto contratto dal dolore. Dolore. Non appena lo ebbe pensato, la sensazione stessa lo trapassò da parte a parte, facendolo rigirare a pancia in giù. Dopo qualche secondo il dolore cessò ma Marco era molto preoccupato adesso. Si tastò istintivamente il petto come se una vecchia ferita si fosse riaperta. Al tatto Marco non percepì niente. Nessuno di quei dolori che di solito rimanevano impressi nella pelle sotto forma di macchie bluastre e giallognole. Si scostò la camicia a quadri di flanella rossa-blu che aveva indosso e guardò in direzione dei pettorali definiti, frutto del suo allenamento in palestra, ma niente. La pelle risultava liscia ed olivastra come sempre, senza nessun cenno di cambiamento. "Cosa mi è successo?" pensò allarmato. Si guardò intorno cercando di restare lucido e di sforzarsi a far affiorare i momenti che lo avevano condotto disteso su quel divano. Dritto davanti a lui la finestra a quattro ante era aperta per far entrare un po' di frescura in quelle giornate pre-estive ma la tapparella era giù per evitare, molto probabilmente, che i raggi del sole disturbassero il suo sonno. Davanti alla finestra si trovava il tavolo di legno riccamente intarsiato che sua madre aveva comprato poco prima che si separasse da suo padre con conseguente decisione da parte di Marco di rimanere con sua madre. Quando era piccolo, amava seguire le piccole sculture eseguite sulla superficie e si stupiva di quante storie poteva raccontare grazie a quegli intagli: poteva essere definito uno dei suoi giochi preferiti nonostante fosse solo un tavolo. Quest'ultimo era molto in disordine: fogli sparsi ovunque, cartellette per la loro raccolta e buste trasparenti occupavano i vari angoli del tavolo. L'unica cosa che metteva un po' di armonia in quello scenario caotico era il mazzo di tulipani posto al centro, rossi e gialli. Sua madre quando cominciava l'estate li posizionava sempre lì perché avevano i colori dell'energia e, secondo la sua opinione, essa in questo modo veniva estesa a tutta la casa. Spostando lo sguardo sulla parete opposta a dove si trovava sdraiato, si trovava una piccola cassettiera più lunga che larga di noce che sosteneva lo schermo LCD da 32 pollici. Sua madre gli aveva detto che 40 sarebbero stati troppi per vedere la televisione in due ma lui non le aveva dato retta, d'altro canto aveva diciassette anni e nel pieno dell'adolescenza e quindi se ne uscì dal negozio di apparecchi elettronici tenendo il broncio. Successivamente, tornato a casa, aveva constatato che in effetti un televisore più grande avrebbe stonato in una sala così semplice e priva di ogni altro sfoggio di ricchezza, ma questo non l'avrebbe mai ammesso davanti a sua madre. Tra lui e l'apparecchio si stendeva, adagiato sul pavimento, un enorme tappeto persiano dalle forme geometriche non ben definite acquistato in vacanza nel mercato di Istanbul l'anno precedente. Girando la testa alla sua sinistra vide la lampada che diffondeva la luce in quell'ambiente altrimenti buio e la porta-finestra che portava sul terrazzo che si trovava sul retro della casa. A Marco piaceva molto stendersi nelle sere d'estate su quel terrazzo e ammirare le stelle nel cielo sgombro. Quel terrazzo era stato anche testimone della prima volta che lui aveva fatto l'amore con Chiara, come se le stelle fossero li a sigillare il patto che si stava siglando: loro si sarebbero amati per sempre. "Chiara! Mannaggia, dovrà essersi preoccupata.." pensò Marco, spostando la mano dal petto alla tasca destra dei suoi Levi's. Ma il cellulare non c'era. Non era li con lui. Lui era un ragazzo come quasi tutti gli altri e sua madre, immancabilmente, gli ricordava che se avesse passato ancora del tempo con quell'apparecchio in mano, sarebbe diventato parte integrante del suo essere, ma lui non le aveva dato retta: era un modo per tenersi in contatto col mondo. Un rumore di passi piccoli e leggeri, che Marco non avrebbe mai sentito se non fosse stato per il silenzio tombale che regnava in quella stanza, catturò la sua attenzione. Una testa sbucò dalla porta scorrevole, un boccolo biondo ribelle che dondolava davanti alla fronte e degli occhi di ghiaccio che non avrebbero lasciato trapelare il calore che si nascondeva nel cuore fecero capire a Marco che si trattava di sua madre.

-Ti sei svegliato alla fine!- esclamò sua madre con la bocca sorridente anche se le linee degli occhi curvavano tristi.

Entrò nella stanza. Marco vide che indossava ancora l'uniforme da cameriera, segno che si era precipitata dal lavoro non appena aveva saputo quello che gli era successo. “Ma cos'è successo?” si chiese Marco. Vedendo l'espressione confusa sul suo volto, sua mamma intervenne -Hai dormito soltanto tre ore, non credere che ti avrei lasciato poltrire su quel divano ancora per tanto!-

Lui rise e vide che lei lo guardava in un misto di espressioni a metà tra la sorpresa e la tristezza, come si guarderebbe un bambino orfano che prega per i suoi genitori.

-Mi sembrava di aver dormito molto di più! Ma cosa è successo, mamma?- chiese ad alta voce Marco, senza riuscire a trattenersi e andando subito al punto. Ora sua madre era sconvolta, lo si vedeva dagli occhi sbarrati e la bocca stretta per trattenere quello che avrebbe dovuto dire.

-Beh, sai.. -si sedette ai piedi di Marco- Andrea dopo avermi chiamato e avermi detto che eri svenuto ti ha portato subito qua a casa ed io ho fatto il prima possibile.-

Andrea? Cosa c'entra Andrea adesso? Sono svenuto? pensò Marco ma dopo averci riflettuto un attimo si ricordò dove si trovasse qualche ora prima. Il suo migliore amico Andrea gli aveva mandato un messaggio che si notava che fosse stato scritto in fretta e furia. Diceva che doveva parlargli e che si dovevano incontrare al parco. Ricordò di essersi vestito di corsa, di aver preso le chiavi e di essere uscito. Ricordava di essere arrivato al parco e di aver visto Andrea arrivare correndo e col fiatone dirgli quello che doveva. A quel punto arrivò il dolore, un dolore allo sterno che non si sarebbe mai aspettato e che lo fece barcollare a terra in preda alle lacrime. Mi ha tirato un pugno? Perché avrebbe dovuto farmi del male? si chiese perplesso Marco. Quella era l'unica spiegazione plausibile a quell'improvviso mancamento.

-L'ho trovato in ginocchio per terra davanti a casa con te in braccio. Singhiozzava e farfugliava cose che non riuscivo a capire..- continuò sua madre. E' diventato pazzo? pensò preoccupato Marco.

-Una volta entrati in casa e dopo averti adagiato sul divano l'ho invitato a bere una tazza di te per calmarsi e.. e mi ha raccontato quello che è successo.-

-Cosa mamma? Cos'è successo?- cominciò a chiedere ansiosamente Marco quando comunque in cuor suo la risposta stava arrivando.

Silenzio.

-Si tratta di Chiara, Marco.. Ha avuto un incidente in macchina con suo padre stamattina.-

Un'altra volta il dolore, un'altra volta le lacrime. Ma stavolta si rese conto di ciò che stava succedendo e di ciò che era già successo.

Fuori gli uccelli cantavano l'inno di una nuova estate senza colori, i ragazzini passavano in bicicletta schiamazzando noncuranti delle questioni di cuore. Sua madre lo abbracciò e lui, con la vista sfocata dalle lacrime, guardava soltanto una cosa. Una foto, di lui e Chiara, scattata quasi due anni prima all'inizio della loro storia.

 

 

   
 
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