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Autore: ChelseaH    10/11/2015    1 recensioni
Dove Harry e Louis pensano di non poter essere più incompatibili di così, finché Louis non riesce a trascinare Harry nei proprio guai.
“Non rispondere. Dimenticati dell’erba. Aspetta, ho un’idea... ricominciamo da capo.”
Così dicendo uscì dal negozio, lasciò passare due minuti esatti di orologio e rientrò.
“Buongiorno, sono Louis Tomlinson, sono qui per un colloquio,” disse allungando una mano verso Harry dall’altra parte del bancone.
“Tu sei pazzo,” disse Harry guardandolo come se fosse un alieno. “E comunque da dove vieni con quell’accento così marcato?”
“Donny.”
Harry lo fissò interrogativo.
“Doncaster,” ripeté usando il nome completo della cittadina dalla quale veniva. “Non l’hai letto sul mio curriculum? Sono abbastanza sicuro di averci scritto ‘Doncaster, patria dei gloriosi Rovers’.”

[Harry/Louis]
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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DANCE INSIDE

What makes the one to shake you down?
Each touch belongs to each new sound
Say now you want to shake me too
Move down to me, slip into you 



In cui Harry e Louis esprimono un desiderio sotto alle stelle
Louis fu l’unico a scendere alla stazione di Holmes Chapel. Mentre si aggiustava meglio la sciarpa intorno al collo per proteggersi dalla folata di aria gelida che l’aveva investito, si sentì improvvisamente nervoso all’idea di conoscere la famiglia di Harry. In realtà la sua non era un’ansia improvvisa, era un’ansia nata e maturata nel corso della notte, al punto che per paura di perdere il treno e arrivare in ritardo a destinazione, si era fatto accompagnare da Stan con ben un’ora e mezza di anticipo ed era finito col prendere il treno prima. Così ora si ritrovava in una stazione del tutto deserta, con Harry che non sarebbe arrivato a prenderlo prima di un’ora. Poteva chiamarlo e dirglielo, ma quello sarebbe stato il suo classico atteggiamento invadente per il quale fingevano sempre tutti di non sopportarlo – Hey Harry, mi girava di prendere il treno prima, vieni a prendermi e non mi importa cosa tu stia facendo – e non era certo la prima impressione che voleva dare alla madre di Harry. Stan aveva passato la mattina a ripetergli che non aveva nulla di cui preoccuparsi e che se Harry si era trovato così bene a casa sua nonostante il caos che vi regnava, a maggior ragione lui si sarebbe trovato bene da Harry. L’amico però non aveva colto il punto: Harry era la persona più gentile ed educata sulla faccia della terra e per di più era fornito di un viso angelico irresistibile, come si poteva non accettarlo come uno di casa istantaneamente? Non che lui fosse maleducato ma aveva la tendenza a invadere gli spazi altrui, a parlare troppo, a lasciare una scia di disordine ovunque passasse e spesso e volentieri era troppo diretto e sboccato. Il punto non era che a lui sarebbe potuta non piacere la famiglia di Harry – di cui già conosceva Gemma e la adorava – il punto era che temeva che la famiglia di Harry fosse troppo perfetta per poter accettare uno come lui. Del resto erano abituati a Charles e per quanto lui detestasse Charles, doveva ammettere che all’apparenza sembrava un damerino fatto e finito. Scrollò la testa e si decise ad abbandonare il binario e la stazione, magari poteva cercarsi uno Starbucks e sedersi a bere qualcosa, chiamare Stan o Zayn e implorarli di aiutarlo a calmarsi. Una volta per strada si guardò intorno, non c’era quasi nessuno in giro e lui non aveva idea di dove andare.
“Mi sembri perso giovanotto,” a parlargli era stato un vecchietto con un chiwawa in braccio. “Aspetti qualcuno? O cerchi qualcosa?”
“Mi sa dire da che parte è lo Starbucks più vicino?” chiese.
“Se vuoi abbiamo un Costa, niente Starbucks a Holmes Chapel. Segui la strada in questa direzione, alla prima traversa gira a destra e vai sempre dritto... saranno dieci minuti a piedi.”
Louis lo ringraziò e si mise a trotterellare per strada seguendo le indicazioni dell’anziano signore sorridendo scioccamente, era a Holmes Chapel da dieci minuti e aveva già scoperto da dove derivasse parte della fissazione di Harry per Costa. Era quasi arrivato alla caffetteria quando adocchiò da lontano una panetteria in una traversa, e decise che per calmarsi aveva bisogno di qualcosa di più sostanzioso che un muffin nello stomaco, e quindi cambiò direzione. Sulla porta era attaccato un foglio su cui c’era scritto a mano che sarebbero rimasti aperti solo fino a mezzogiorno, e quando entrò inspirò a pieni polmoni l’odore di pane appena sfornato e dolciumi. Dietro al bancone non c’era nessuno, il che gli diede il tempo di passare in rassegna tutto ciò che il negozio offriva, ritrovandosi a storcere il naso di fronte all’assenza di qualcosa che somigliasse anche solo lontanamente a un trancio di pizza.
“Cosa posso darti, caro?” dalla porticina che dava sul retro era comparsa una signora con gli occhiali, dall’aria bonaria e un sorriso gentile.
“Non è che per caso avete un trancio di pizza o qualcosa del genere?” chiese.
“No caro, oggi abbiamo fatto giusto la sfornata di pane, visto che chiudiamo a mezzogiorno. Abbiamo qualche dolce se vuoi.”
“Non ha idea della fame che ho, dovrei mangiare dieci muffin per saziarmi. È nervosismo sa, di solito non arrivo così affamato alle undici del mattino, ma avrei dovuto immaginarlo... della pizza dico, anch’io ho lavorato in una panetteria, cioè per poco, in realtà mi hanno cacciato, è una lunga storia sa... e-“ si bloccò notando che la signora ora lo stava osservando attentamente. “Dovrei prendere due muffin?” non sapeva nemmeno lui perché lo stesse chiedendo a lei, e lei probabilmente lo stava giudicando uno psicopatico, ma il suo sorriso all’improvviso si allargò.
“Louis! Devi essere Louis, come ho fatto a non capirlo subito? Non abbiamo molti visitatori a Holmes Chapel e poi l’adorabile accento dello Yorkshire e la parlantina infinita, Harry aveva proprio ragione! Tutti i muffin che vuoi, Louis, offre la casa.”
“Prego?” Louis non era sicuro di aver capito bene.
“Harry lavorava qui prima di trasferirsi a Londra, è così un caro ragazzo... Anne mi ha parlato molto di te, e Harry non ha letteralmente parlato d’altro quando è venuto a trovarmi qualche giorno fa, era con quel suo amico irlandese... Niall? Può essere?”
Louis sgranò gli occhi. Anne – ovvero la madre di Harry – gli aveva parlato di lui senza nemmeno conoscerlo?
“Allora, caro, quanti muffin ti do?”
“È... è sicura?” chiese tirando fuori dalla tasca della giacca una banconota stropicciata da 10£.
“Harry è praticamente uno di famiglia, non esiste che il suo adorabile ragazzo debba pagarsi la colazione, non nella mia panetteria.”
Adorabile ragazzo? Che il cielo e tutti i santi che lo abitavano benedicessero questa signora. Forse – ma proprio forse – magari Stan aveva ragione a dire che non doveva preoccuparsi di nulla. Una ventata gelida lo investì sulla schiena quando qualcuno entrò all’interno del negozio.
“Barbara ti prego, dimmi che hai qualche pasticcino, torta, muffin, qualunque cosa! Il forno ha scelto proprio il momento migliore dell’anno per piantarci in asso e... oh, scusa non volevo passarti davanti,” disse la nuova venuta accorgendosi di Louis, e la signora della panetteria – Barbara – si mise a ridere mentre i suoi due clienti si guardavano negli occhi. Louis non ci voleva credere, possibile che Holmes Chapel fosse così piccola? Riconobbe immediatamente la donna che aveva di fronte e la riconobbe perché era la persona che si trovava con Harry e Gemma nella foto che Harry aveva come sfondo del del cellulare, ovvero sua madre.
“Hey, Anne,” disse alzando la mano timidamente e cercando di farsi piccolo piccolo. Hey, Anne? Proprio un bel modo per presentarsi alla madre del suo ragazzo.
“Louis?!” la donna sgranò gli occhi e poi si illuminò, stringendolo in un abbraccio pieno di affetto. “Cosa ci fai qui? Harry ha detto che saresti arrivato col treno di mezzogiorno, mi ha perfino detto di non svegliarlo!”
Barbara stava ridendo di gusto dall’altra parte del bancone, mentre riempiva un vassoio di pasticcini e altre leccornie.
“Ho preso il treno prima,” fece spallucce Louis.
“E perché non hai chiamato Harry?”
“Non volevo disturbare,” arrossì.
“Quel dormiglione di Harry non muore se per una volta lo si tira giù dal letto prima delle due del pomeriggio, non dirmi che avevi intenzione di passare il tuo tempo vagando per il paese? Oh tesoro, meno male che ti ho trovato.”
Barbara allungò ad Anne un sacchetto, lei pagò – anche se dovette insistere – e poi lo trascinò in macchina con sé. Nei cinque minuti che ci vollero per arrivare a casa gli raccontò che la mattina prima il forno aveva iniziato a fare i capricci, mandando all’aria tutti i suoi piani culinari natalizi e, soprattutto, quelli per quel giorno. A quanto pare voleva fargli una torta di benvenuto e lasciare a lui e Harry qualcosa di pronto per pranzo, visto che lei e suo marito erano stati invitati dagli zii di Harry. In realtà pareva che l’invito fosse esteso anche a lui e Harry, ma che il ricciolino avesse declinato sostenendo che non gli sembrava il caso di trascinare Louis a conoscere la sua intera famiglia allargata cinque minuti dopo che era sceso dal treno. Gemma invece era ripartita per Londra quella mattina.
“Mi dispiace così tanto che tu sia rimasto a vagare da solo al freddo, vai pure a metterti comodo,” gli indicò le scale. “Harry dovrebbe essersi svegliato visto che doveva venirti a prendere, se no sei autorizzato a trascinarlo fuori dal letto con le brutte.”
Louis adorava già questa donna – santo cielo, quando sorrideva aveva perfino le fossette identiche a quelle di Harry – e si sentiva già a casa nonostante l’avesse conosciuta cinque minuti prima e non avesse idea di dove fosse la camera di Harry. Salì le scale trascinandosi dietro il borsone con i vestiti, e appena fu sul pianerottolo capì perché Anne non gli avesse dato ulteriori indicazioni: su una delle porte che davano sul corridoio c’era attaccata un’enorme ‘H’ verde e sotto un fogliettino tagliato a forma di fumetto che recitava ‘ingresso vietato alle Gemma’ con una calligrafia infantile. Sulla porta antistante invece campeggiava un ‘G’ e un fumetto che diceva ‘ingresso vietato agli Harry’. Louis sorrise chiedendosi a quanti anni prima e a che litigio risalissero quelle due nuvolette, perché se c’era un campo nel quale era assolutamente un esperto, quello erano i litigi fra fratelli e sorelle. Si decise a entrare nella camera contrassegnata dalla ‘H’ e non appena lo fece sentì la mascella cadergli a terra e il tonfo del suo borsone che faceva lo stesso. Harry era in piedi di fronte all’armadio, si stava grattando la testa pensieroso ed era completamente nudo.
“Non so proprio cosa mettermi, consigli?” chiese girandosi. “Louis?!” esclamò sorpreso quando lo vide.
“Scusa, chi pensavi che fossi? Mi fa piacere che tu ti senta così a tuo agio a stare nudo di fronte a chiunque entri in camera tua,” borbottò Louis cercando di ignorare lo stomaco che gli si attorcigliava.
“Ho sentito la macchina, pensavo fossi la mamma.”
“Be’, io non mi presento di fronte a mia madre tutto nudo.”
“Considerato che mi ha tenuto in pancia per nove mesi e cambiato e lavato per anni, non penso si possa scandalizzare,” Harry gli sorrise e gli si avvicinò. “Non so cosa tu ci faccia già qui, ma benvenuto.”
E improvvisamente Louis si ritrovò schiena contro il materasso, con Harry sopra di lui completamente nudo che esplorava le sue labbra come se fosse in astinenza di lui da mesi, e la cosa gli andava benissimo, più che bene. Il rumore di una macchina che parcheggiava fuori però distrasse Harry, che si staccò da lui e si rialzò.
“Questo dev’essere Robin, scendiamo dai,” disse con una punta di irritazione nella voce che Louis condivideva, perché staccarsi da Harry diventava ogni giorno di più una tortura. Si tirò su sui gomiti e lo osservò mentre si vestiva – ovvero si infilava il primo paio di jeans che gli capitava a tiro senza nulla sotto, un’abitudine che era sicuro di avergli passato lui, e una maglia a mezze maniche. Quando scesero Louis fece la conoscenza del marito di Anne, poi la donna lo invitò in cucina e gli mise sotto al naso una sostanziosa colazione con tanto di tazza di tè, nonostante fosse mattina inoltrata.
“Immagino che averti trovato da Barbara significa che avevi fame,” gli sorrise mentre preparava un posto a tavola anche per Harry.
“Da Barbara?” chiese il ricciolino e Louis gli raccontò di come fosse finito alla panetteria e avesse incontrato Anne. La donna si appoggiò con la schiena al lavandino sorseggiando a sua volta una tazza di tè, osservandoli mentre parlavano, con il sorriso che le si allargava sempre di più in volto man mano che passavano i minuti. Poi Robin la chiamò dicendole che era ora che si preparassero per uscire, e lei sparì dietro di lui.
“Ti adora, lo sai?” gli disse Harry riferendosi ad Anne.
“Com’è possibile, non mi conosce nemmeno...”
“Diciamo che suo figlio non riesce a smettere di parlarle di te e di quanto tu lo renda felice,” gli sorrise Harry. Louis si chiese come poteva anche solo aver lontanamente pensato che quella sua gita ad Holmes Chapel potesse andare male.
 
***
 
Harry non riuscì ad aspettare nemmeno che il rumore della macchina svanisse in lontananza prima di attirare Louis a sé sul divano. Era tremendamente nervoso per quello che sapeva stava per succedere, nervoso perché era la prima volta in vita sua che programmava qualcosa di simile nei minimi dettagli – era stato lui a mettere in bocca a suo zio l’invito per pranzo, come era stato lui quello che poi se n’era tirato fuori con nonchalance accampando la scusa che magari per Louis sarebbe stato un po’ troppo ma mamma voi andate, io e Lou possiamo arrangiarci per pranzo – ed era nervoso perché aveva una paura assurda che Louis potesse tirarsi indietro una volta compreso cosa gli stesse passando per la testa.
“Non posso credere che siamo finalmente soli, completamente soli,” gli disse Louis a fior di labbra mentre gli infilava una mano sotto alla maglia accarezzandogli la schiena.
“Potrei aver fatto di tutto per tirare l’acqua al nostro mulino,” ammise Harry scendendo a baciargli il collo mentre Louis tentava di sfilargli la maglia.
“Bravo ragazzo,” commentò l’altro passandogli una mano fra i riccioli e Harry capì che stavano pensando la stessa cosa e improvvisamente sentì l’urgenza di avere Louis tutto per sé, al cento per cento, di sentirsi una cosa sola con lui, di sentirsi dentro di lui, di sentirlo dentro di lui, non gli importava più di nient’altro.
“Andiamo di sopra,” sussurrò in un gemito tirandolo su insieme a lui.
Non smisero di baciarsi nemmeno per un istante, non mentre salivano le scale, non mentre Louis inciampava e si aggrappava ancora di più a lui per non cadere, non mentre si sfilavano tutti i vestiti di dosso a vicenda, non mentre Louis lo trascinava quasi di peso sul letto buttandosi su di lui. Le loro erezioni si sfiorarono e Harry sentì che sarebbe impazzito se non avesse colmato al più presto quello spazio millimetrico che ancora lo separava dal corpo di Louis. Lo attirò con forza a sé costringendolo a premere su di lui con il proprio peso.
“Lou, sei sicuro?” gli chiese con il respiro affannato interrompendo per la prima volta quel bacio infinito.
“Taci, Styles,” fu la risposta di Louis e Harry non ebbe bisogno di sentire altro. Con una mossa improvvisa invertì le loro posizioni, e quando si ritrovò sopra a Louis iniziò a percorrere ogni centimetro del suo corpo con le labbra, mentre Louis cercava la sua mano con la propria facendo intrecciare le loro dita. Con l’altra mano non mollava la presa sui suoi capelli che adesso stava proprio tirando.
“Non capisco perché debba stare tu sopra, io peso molto meno di te.” A quell’uscita Harry si ritrovò a ridere a mezzo centimetro dall’erezione dell’altro.
“Taci, Tomlinson,” gli ingiunse risalendo piano piano fino a ritrovare le sue labbra.
“Nessuno ti ha dato il permesso di risalire,” si lamentò Louis mordendogli il labbro inferiore.
Harry gli accarezzò i capelli baciandolo con trasporto, si sentiva il cuore pulsare in gola e nelle orecchie, e sentiva forte e chiaro anche il battito accelerato di quello di Louis. Quando fu finalmente dentro di lui, Harry si schiacciò ancora di più contro il suo corpo, non voleva che rimanesse nemmeno una molecola d’aria a separarli e pensò che non sarebbe riuscito mai più, mai, mai, mai più a staccarsi da lui.
Alla fine si abbandonò esausto su di lui, le braccia di Louis che lo stringevano forte.
Harry non si era mai sentito così, mai in tutta la sua vita.
Non aveva mai pensato che il suo corpo avrebbe potuto incastrarsi perfettamente con quello di qualcun altro, come due pezzi di un puzzle nati per stare insieme.
Non aveva mai pensato che avrebbe potuto sentirsi così pieno di amore per qualcuno, non aveva mai nemmeno immaginato che l’amore – quello vero – potesse essere così meraviglioso.
“Ti amo,” sussurrò alzando leggermente la testa per guardarlo negli occhi.
“La prossima volta facciamo alla mia maniera, Styles,” fu la risposta di Louis che aveva ancora il respiro affannato. Harry si ritrovò nuovamente a ridere, Louis era così... Louis.
Ed era suo, tutto suo e di nessun altro.
 
“Cosa avete mangiato per pranzo?”
“Uhm, l’arrosto,” bofonchiò Harry.
“Quale arrosto?” gli chiese la madre ridendo e Harry si ricordò del forno rotto e dell’arrosto che non era mai stato cucinato. La verità è che non avevano pranzato, avevano passato letteralmente tutto il tempo a letto perdendo la cognizione del tempo e dello spazio. Quando avevano sentito la macchina parcheggiare nel vialetto davanti a casa, si erano rivestiti di corsa ridendo mentre raccattavano tutto ciò che avevano sparso per le scale e in soggiorno. “Non avevamo fame, colazione abbondante, sai...” sperò di cavarsela Harry.
“E cosa avete fatto di bello? Siete usciti? Dicevi di volerlo portare al lago...” sua madre ora stava ridendo, fissando deliberatamente il collo di Harry sul quale facevano bella mostra la bellezza di due succhiotti enormi, di cui lui si stava accorgendo solo ora fissando il proprio riflesso nel vetro del forno rotto. “E Louis ha la felpa infilata al contrario,” aggiunse lei divertita.
Harry arrossì imbarazzato, ma si rese conto che sua madre non era mai stata così tranquilla e rilassata quando si trattava di Charles. A quei tempi si innervosiva al solo saperlo chiuso in camera da solo con lui, anche se magari stavano solo giocando alla playstation o guardando un film.
“Charles non ti rendeva così felice ed era uno stronzo. Anzi, a dirla tutta non ti ho mai visto così felice in tutta la tua vita, e Louis sembra davvero un ragazzo adorabile per cui non sarò certo io a mettermi fra voi.”
Harry sgranò gli occhi a quella confessione oltremodo sincera della madre. Non si era mai accorto di quanto lei si preoccupasse per lui quando stava con Charles, anche se Gemma aveva tentato più di una volta di farglielo capire, e le sue parole lo fecero sentire ancora più fortunato per aver trovato Louis sulla strada.
“Cosa vi preparo per stasera? Io e Robin abbiamo mangiato così tanto che non credo proprio toccheremo cibo.”
“Magari andiamo al pub, vedo se Will e Alice sono liberi,” le rispose il ragazzo schioccandole un sonoro bacio sulla guancia.
 
“Sei diventato l’eroe di Holmes Chapel nell’esatto istante in cui si è sparsa la voce che avevi rotto il naso a Charles! O almeno, della parte di Holmes Chapel che è sempre stata Team Harry,” rise Alice.
Lui e Louis erano seduti al pub insieme a Will e Alice, due dei suoi più cari amici d’infanzia, davanti a dei panini giganteschi e a mezzo litro di birra a testa. Louis aveva impiegato meno di cinque minuti a conquistarli entrambi. Socializzare con lui era la cosa più facile dell’universo e Harry scoppiava di gioia a vedere quanto tutti avessero preso in simpatia Louis, anche solo per il fatto che lui ne fosse così innamorato.
“È andato avanti per settimane a lamentarsi, e sono abbastanza sicuro che abbia tenuto quella specie di fasciatura per il doppio del tempo previsto, solo per far pena alla gente... peccato che non ha fatto pena a nessuno,” stava raccontando Will. “Non sapete cosa avrei dato per assistere alla scena di persona!”
“E Niall è stato pure così buono da accompagnarlo al pronto soccorso, io l’avrei lasciato a marcire in un vicolo,” replicò Alice.
“Alice si è presa una cotta per Niall,” sussurrò Harry all’orecchio di Louis.
“Non è vero!” esclamò la ragazza e scoppiarono tutti nuovamente a ridere.
Harry si rilassò sulla sedia, felice come non mai, e la serata passò fra aneddoti – non si era mai reso conto di quante cose loro lui e Louis avessero già da raccontare – risate e brindisi. All’amore, all’amicizia, a qualunque cosa.
Alla fine Will si offrì di riaccompagnarli a casa, ma i due declinarono l’offerta e si ritrovarono a passeggiare sotto le stelle, mano nella mano.
“Avresti mai pensato che sarebbe finita così quando ti sei trasferito a Londra?” gli chiese Louis dopo qualche minuto di silenzio.
“Quando mi sono trasferito a Londra pensavo che la mia vita fosse più o meno finita,” gli ricordò Harry e Louis sorrise compiaciuto.
“Bene, sono contento di essermi praticamente auto assunto in panetteria e di essermi auto installato a casa tua. Casa nostra.” Sì, anche Harry era proprio contento che Louis si fosse imposto in quella maniera nella sua vita. “Ci credi che quando Eleanor mi aveva chiesto di andare a convivere con lei, ci è mancato tanto così che mi buttassi nel Tamigi pur di evitare che succedesse? E ora sono praticamente un uomo sposato, ed è passato meno di un anno dal giorno in cui io e lei avemmo quella litigata epica solo perché io non volevo saperne.”
Harry rise, Zayn gli aveva raccontato più di una volta quella storia, compreso il pezzo nel quale Louis decideva che l’unica soluzione possibile era fingere il suo suicidio nel Tamigi, o magari buttarcisi per davvero.
“Ti amo davvero tanto, Styles.”
E Harry non riusciva a credere che fosse tutto così vero.
 
***
 
“Siamo delle pessime persone,” sospirò Harry mentre sopra di loro il cielo si illuminava delle luci dei fuochi d’artificio. Era da poco scoccata la mezzanotte del nuovo anno e Louis era piacevolmente sorpreso dallo show pirotecnico che avevano tirato in piedi in quel piccolo paesino. Loro due stavano assistendo da lontano, sdraiati su una coperta in mezzo a un prato poco distante da casa di Harry, avvolti nei loro cappotti.
“L’irlandese, il pakistano e Liam sopravvivranno anche senza di noi, Harry. Anzi, saranno talmente ubriachi a questo punto della serata che non si accorgeranno nemmeno della nostra assenza,” lo rassicurò Louis, anche se poco meno di mezzora prima Zayn gli aveva mandato un sms nel quale c’era scritto semplicemente stronzo tira bidoni.
I piani originari prevedevano che loro tornassero a Londra per l’ultimo dell’anno, dove Zayn aveva organizzato una festa a casa sua giurando stavolta di aver invitato solo persone degne di presenziare, e Niall era tornato prima dall’Irlanda apposta per esserci. Liam in realtà non si era mai mosso da Londra, troppo impegnato com’era a tentare di recuperare il suo rapporto con Sophia, che invece era tornata a casa rendendo la sua permanenza lì del tutto inutile. Louis e Harry ci avevano messo tutta la buona volontà di questo mondo, il giorno prima erano anche andati in stazione a fare i biglietti del treno, ma alla fine non li avevano usati. Stare a casa di Harry era meraviglioso, Robin aveva lavorato per tutte le vacanze, Anne era sempre in giro a fare commissioni o a intrattenere rapporti sociali con i vicini – anche se Louis sospettava che la metà di questi impegni se li fosse procacciata apposta per lasciarli soli, cosa per la quale le sarebbe stato grato da qui all’eternità - e lui e Harry... be’, lui e Harry non erano usciti molto dalla camera di Harry.
“Quando torniamo a Londra il tuo amico Niall è meglio che se ne torni a vivere nel suo nuovo appartamento,” disse e Harry scoppiò a ridere.
“Decisamente.”
“Hai espresso un desiderio?” gli chiese accoccolandosi su di lui. “A casa scriviamo sempre i nostri desideri per l’anno nuovo su un pezzo di carta, poi li chiudiamo tutti in un barattolo e lo sotterriamo in giardino... a fine anno lo tiriamo fuori per vedere cosa si è avverato e cosa no.”
“Non dovrebbero essere dei propositi per il nuovo anno più che dei desideri?” chiese Harry accarezzandolo da sopra il giubbino.
“Non essere sempre così puntiglioso, esprimi un desiderio.”
Harry ci pensò per un attimo.
“Tu che desiderio hai espresso?” gli chiese curioso.
“Styles, se lo dici ad alta voce non si avvera più... Perché devo sempre insegnarti tutto?”
Sentì Harry sotto di lui sorridere e sperò che avesse espresso il suo stesso desiderio, così si sarebbe dovuto avverare per forza. Perché lui aveva desiderato che Harry non lo lasciasse mai.
 
NOTE.
Ed eccoci alla fine, manca solo l'epilogo e non riesco a credere nemmeno io che sia già (quasi) finita.
Non so davvero come ringraziarvi per il supporto dimostrato fin qui - chi ha letto, chi ha commentato, chi è ancora qui - non sono molto brava in queste cose, quindi mi limito a darvi per un'ultima volta appuntamento a martedì prossimo <3

 
   
 
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