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Autore: DarkSide_of_Gemini    10/11/2015    5 recensioni
Ethan Danvers era sempre stato considerato un ragazzo “strano”. Sin da bambino aveva sempre parlato di fate e folletti, e amava le storie fantastiche in cui creature leggendarie vivevano al fianco di uomini comuni. Non era la sua immaginazione da bambino a far sì che sognasse quelle creature ad occhi aperti: Ethan aveva un dono, possedeva la fede nell’immenso potere dell’immaginazione, e proprio per quello era in grado di vedere cose che sfuggivano agli altri ragazzi.
Quello che lui ha sempre considerato un privilegio, tuttavia, potrebbe trasformarsi nel peggiore degli incubi.
Dal testo: “-Oh, Ethan!- esclamava Ellen, e non riusciva a trattenere una risata –L’Uomo Nero è attirato dalla paura e dalla cattiveria dei bambini. Tu sei forse un bambino cattivo?-
Lui scuoteva la testa, e non mancava di aggiungere –Però… potrebbe sempre venire se sa che ho paura di lui-
-Proprio per questo non devi temerlo, tesoro. L’Uomo Nero si compiace del terrore degli altri. Tu devi essere più forte di lui, devi dimostrargli che la tua paura di lui può essere annullata dalla speranza e dalla bontà del tuo cuore. Fin quando avrai fiducia nel bene l’Uomo Nero non potrà mai farti del male"
Genere: Fantasy, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nightmares Are Back

2

“La fantasia non è altro che un aspetto della memoria svincolato dall'ordine del tempo e dello spazio”

(S. T. Coleridge)

 

Ethan passeggiava nel parco, lo sguardo basso e le mani in tasca. Era strano, a pensarci bene, di come il rapporto con la scuola cambiava a seconda delle circostanze: quando era costretto ad andarci malediceva l’istituto, invece adesso che era autorizzato a non metterci piede sentiva che avrebbe volentieri assistito alle lezioni pur di vincere la noia di quei giorni. Non per vantarsi, ma lui era sempre stato tra i primi della classe. Non che ci volesse molto, in realtà, data la poca dedizione dei compagni allo studio, ma comunque era un traguardo personale che lo faceva sentire fiero del suo lavoro. Ethan non lo avrebbe mai ammesso in maniera diretta, ma gli piaceva studiare: gli piaceva conoscere nuove cose, ciò che era successo nel corso della storia, i cambiamenti che avevano fatto diventare il mondo quello che era, e i grandi del passato che avevano contribuito con le gesta o le parole a inneggiare o denunciare le mille sfaccettature della società passata.

Per la noia, aveva persino iniziato a leggere i brani nel libro di letteratura. Quasi ogni giorno apriva una pagina a caso e leggeva l’estratto corrispondente, qualunque esso fosse. Alcuni testi erano facili, altri di una pesantezza devastante. Non c’erano molti brani di fantasia, aveva notato: sempre tematiche sociali o vite turbolente di personaggi diventati celebri, ma nessuna favola, nessun testo che parlasse di sirene o centauri, e quello un po’ gli era dispiaciuto.

Aveva pensato di chiedere all’insegante perché venisse data così poca importanza all’immaginazione, ma probabilmente lei avrebbe risposto che le favole non erano più adatte ad un ragazzo della sua età, che avrebbe dovuto iniziare a fari strada nella vita e certo non poteva permettersi di credere in robe sciocche come le fate.

Ma Ethan credeva davvero nelle fate? Ebbene, potrà sembrare bizzarro che un moderno ragazzo quattordicenne credesse in luminosi esserini protagonisti delle fiabe della buonanotte, ma in realtà era proprio così: Ethan credeva nelle fate e, cosa ancora più straordinaria, ogni tanto riusciva persino a vederle.  E com’era possibile questo? Ormai i ragazzi hanno smesso di credere nella loro esistenza, e crescendo hanno perso man mano la capacità di mantenere un contatto con le creature fatate. Ma c’è ancora qualche eccezione, e Ethan era una di queste: la fantasia era il suo dono, qualcosa che sembra scontato ma che in realtà oggi poche persone possiedono davvero.

La sua immaginazione sfrenata, le fantasie e le favole con le quali sua madre aveva sempre accompagnato i suoi sogni avevano fatto sì che, con il passare del tempo, Ethan non perdesse la capacità di sognare e credere in creature misteriose e ormai dimenticate.

Inoltre, c’era Babbo Natale. Prima di tutto, però, è necessario specificare che nessuno sapeva di quel dono di Ethan. L’unica volta che aveva provato a dirlo alla sua mamma era stato quando aveva cinque anni, e aveva indicato il giardino fuori casa dicendo che le fate dell’autunno stavano raccogliendo le foglie cadute dagli alberi. Quella era la verità, ma Ellen naturalmente non l’aveva presa sul serio: si era limitata a sorridere della fervida immaginazione del figlioletto.

Dunque, quando aveva visto Babbo Natale solo un anno dopo, non ne aveva fatto parola con nessuno. C’è da dire, a suo favore, che aveva davvero visto Babbo Natale, e quella sua convinzione non era quindi quella che molti bambini – tra i quali probabilmente anche voi – affermano almeno una volta nella vita. Chi, anche solo per scherzo, non ha mai detto di aver visto Santa Claus portare i doni fin sotto il proprio albero di Natale?

L’unica differenza è che, mentre noi l’abbiamo inventato, a Ethan era successo per davvero.

Aveva sei anni all’epoca, e la sera della Vigilia aveva atteso che tutti andassero a letto per poi sgusciare fuori dalla sua cameretta e appostarsi nel salotto, seduto sul pavimento vicino l’albero addobbato. In realtà, Ethan non aveva neanche pensato di poter vedere Babbo Natale, né tantomeno aveva pensato di tendergli un agguato per accertarsi della sua esistenza o meno. Solo gli piaceva stare lì, seduto ad ammirare i colori vivaci delle decorazioni natalizie, e gustare la piccola soddisfazione di essere ancora alzato quando invece la mamma dormiva.

Stava quindi seduto sul morbido tappeto di moquette a sgranocchiare un biscotto alla cannella quando, tutto d’un tratto, aveva sentito un fruscio nella stanza. Era stato un rumore minimo, al quale la maggior parte della gente non avrebbe neanche fatto caso. Ethan, però, era un bambino, e per di più era tutto solo in una stanza rischiarata solo dalle lucine intermittenti dell’albero. Sulle prime, si pentì persino di non essere andato a letto quando la mamma lo aveva accompagnato a dormire.

Migliaia di immagini erano affiorate nella mente del bambino, ed erano tutte immagini a dir poco spiacevoli: mostri dalle bocche irte di zanne, creature striscianti con lunghi tentacoli e molto altro. Poi il bambino aveva scosso la testa: quella era la sera di Natale, nulla di malvagio poteva arrivare a fargli del male.

Dunque aveva preso coraggio: si era alzato e, in silenzio, aveva appena sporto la testa oltre i rami dell’albero: potete immaginare la sua sorpresa nel vedere nel proprio salotto un uomo alto e impostato avvolto in un caldo mantello rosso, con una folta massa di capelli candidi che gli ricadeva sulle spalle, sistemare con cura alcuni pacchi sotto l’albero.

L’uomo aveva alzato gli occhi e, in quel momento, non si sarebbe potuto decidere chi, tra lui e Ethan, fosse più sorpreso dalla presenza dell’altro.

Il bambino aveva cercato di dire qualcosa, ma il tutto si era tramutato in una serie di saltelli ed esclamazioni euforiche.

-Lo sapevo lo sapevo lo sapevo!- aveva allungato una mano e sfiorato la giacca di Santa Claus –Lo sapevo che esistevi davvero!-

L’uomo aveva sorriso e strizzato l’occhio; aveva incredibili occhi azzurri, antichi e benevoli, che avevano visto molti e molti bambini, e i figli di quei bambini, e continuava a seguirne le generazioni sempre con lo stesso stupore fanciullesco tipico degli anni più belli dell’infanzia.

Aveva tirato fuori un pacchetto avvolto in una vivace carta rossa e verde e l’aveva consegnato al bambino –Sei Ethan, giusto? Credo che questo sia per te-

La sua voce aveva un forte accento di lingua straniera che, solo un paio di anni dopo, Ethan aveva identificato come russo.

Il piccolo aveva accolto il dono al massimo della felicità –Grazie!-

Nord era rimasto a guardarlo a lungo e con sollievo: la vivacità, la fede che leggeva in quello sguardo erano per lui come la garanzia del buon andamento del suo lavoro. Era chiaro che quel bambino credeva, e credeva davvero in lui, e quello lo consolava. Purtroppo, con il passare dei secoli era cresciuto il numero dei bambini che non si curava più delle favole tramandate nel corso della storia. Nessun bambino cercava più di parlare con gli animali, o sbirciava nei buchi del terreno per cercare di scoprire i sotterranei villaggi delle fate; nessun bambino parlava più con i suoi amici immaginari, e nessun bambino ammirava più gli eroi dei libri per i loro atti di coraggio.

In quel momento, tutte quelle preoccupazioni erano state messe da parte, e lo spirito del vecchio Guardiano era stato in parte rinfrancato dall’ammirazione sincera che traspariva dagli occhi di quel bimbo.

Gli aveva poggiato una mano sul capo come in segno di benedizione, e Ethan ricordava ancora le parole che gli aveva rivolto prima di sparire in una nuvola d’oro.

-Conserva questa tua fede, Ethan Danvers, e nulla per te sarà mai impossibile-

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Saalve!

Ecco, iniziamo a conoscere un po’ meglio il nostro protagonista e le sue “stranezze”. Posso dire che Ethan è il frutto di una considerazione che sento fare sempre più spesso: al giorno d’oggi i bambini non si meravigliano di nulla.

Pensate che, tanto per fare un esempio, una volta ho detto al mio cuginetto –Ma lo sai che io ho visto Babbo Natale?- e mancava poco che lui mi chiedesse –Ma che ca*** ti fumi?- (nota, il bambino ha 6 anni, molto precocemente scettico quindi. Che tesoro, vero?).

Insomma, i bambini tanto “ingenui” e disposti a credere nelle care Leggende e nelle creature fantastiche stanno scomparendo, un po’ come i panda (ho sempre da fare l’esempio cretino, vogliate perdonarmi se ogni tanto sparo qualche cretinata di troppo). Dite che a Pitch questo piacerebbe?

Tutto questo per dire che ho voluto provare a creare un animo puro che si ritrova ad avere a che fare con la modernità e il suo scetticismo, che sembra di per sé anche abbastanza filosofico detto in questi termini.

Il nostro viaggio nella storia è appena iniziato. Scusate per il capitolo un po’ troppo corto, forse, ma dato che è per la maggior parte narrato senza quasi dialoghi non volevo appesantire troppo la narrazione. 

Ringrazio chi ha già letto il primo capitolo e chi è arrivato fin qui ;) e un ringraziamento particolare va a Gamora96 e _Dracarys_ per le recensioni e il parere positivo *-* spero di non deludere le aspettative.

Perfetto, è giunta l’ora di dileguarmi, saludos y besos!

Rory_Chan

 

  
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