Nightmares Are Back
2
“La fantasia non è altro
che un aspetto della memoria svincolato dall'ordine del tempo e dello spazio”
(S. T. Coleridge)
Ethan
passeggiava nel parco, lo sguardo basso e le mani in tasca. Era strano, a
pensarci bene, di come il rapporto con la scuola cambiava a seconda delle
circostanze: quando era costretto ad andarci malediceva l’istituto, invece
adesso che era autorizzato a non metterci piede sentiva che avrebbe volentieri
assistito alle lezioni pur di vincere la noia di quei giorni. Non per vantarsi,
ma lui era sempre stato tra i primi della classe. Non che ci volesse molto, in
realtà, data la poca dedizione dei compagni allo studio, ma comunque era un
traguardo personale che lo faceva sentire fiero del suo lavoro. Ethan non lo
avrebbe mai ammesso in maniera diretta, ma gli piaceva studiare: gli piaceva
conoscere nuove cose, ciò che era successo nel corso della storia, i cambiamenti
che avevano fatto diventare il mondo quello che era, e i grandi del passato che
avevano contribuito con le gesta o le parole a inneggiare o denunciare le mille
sfaccettature della società passata.
Per la
noia, aveva persino iniziato a leggere i brani nel libro di letteratura. Quasi
ogni giorno apriva una pagina a caso e leggeva l’estratto corrispondente,
qualunque esso fosse. Alcuni testi erano facili, altri di una pesantezza
devastante. Non c’erano molti brani di fantasia, aveva notato: sempre tematiche
sociali o vite turbolente di personaggi diventati celebri, ma nessuna favola,
nessun testo che parlasse di sirene o centauri, e quello un po’ gli era
dispiaciuto.
Aveva
pensato di chiedere all’insegante perché venisse data così poca importanza all’immaginazione,
ma probabilmente lei avrebbe risposto che le favole non erano più adatte ad un
ragazzo della sua età, che avrebbe dovuto iniziare a fari strada nella vita e
certo non poteva permettersi di credere in robe sciocche come le fate.
Ma
Ethan credeva davvero nelle fate? Ebbene, potrà sembrare bizzarro che un
moderno ragazzo quattordicenne credesse in luminosi esserini protagonisti delle
fiabe della buonanotte, ma in realtà era proprio così: Ethan credeva nelle fate
e, cosa ancora più straordinaria, ogni tanto riusciva persino a vederle. E com’era possibile questo? Ormai i ragazzi
hanno smesso di credere nella loro esistenza, e crescendo hanno perso man mano
la capacità di mantenere un contatto con le creature fatate. Ma c’è ancora
qualche eccezione, e Ethan era una di queste: la fantasia era il suo dono,
qualcosa che sembra scontato ma che in realtà oggi poche persone possiedono
davvero.
La sua
immaginazione sfrenata, le fantasie e le favole con le quali sua madre aveva
sempre accompagnato i suoi sogni avevano fatto sì che, con il passare del
tempo, Ethan non perdesse la capacità di sognare e credere in creature
misteriose e ormai dimenticate.
Inoltre,
c’era Babbo Natale. Prima di tutto, però, è necessario specificare che nessuno
sapeva di quel dono di Ethan. L’unica volta che aveva provato a dirlo alla sua
mamma era stato quando aveva cinque anni, e aveva indicato il giardino fuori
casa dicendo che le fate dell’autunno stavano raccogliendo le foglie cadute
dagli alberi. Quella era la verità, ma Ellen naturalmente non l’aveva presa sul
serio: si era limitata a sorridere della fervida immaginazione del figlioletto.
Dunque,
quando aveva visto Babbo Natale solo un anno dopo, non ne aveva fatto parola
con nessuno. C’è da dire, a suo favore, che aveva davvero visto Babbo Natale, e
quella sua convinzione non era quindi quella che molti bambini – tra i quali
probabilmente anche voi – affermano almeno una volta nella vita. Chi, anche
solo per scherzo, non ha mai detto di aver visto Santa Claus portare i doni fin
sotto il proprio albero di Natale?
L’unica
differenza è che, mentre noi l’abbiamo inventato, a Ethan era successo per
davvero.
Aveva
sei anni all’epoca, e la sera della Vigilia aveva atteso che tutti andassero a
letto per poi sgusciare fuori dalla sua cameretta e appostarsi nel salotto,
seduto sul pavimento vicino l’albero addobbato. In realtà, Ethan non aveva
neanche pensato di poter vedere Babbo Natale, né tantomeno aveva pensato di
tendergli un agguato per accertarsi della sua esistenza o meno. Solo gli
piaceva stare lì, seduto ad ammirare i colori vivaci delle decorazioni
natalizie, e gustare la piccola soddisfazione di essere ancora alzato quando
invece la mamma dormiva.
Stava
quindi seduto sul morbido tappeto di moquette a sgranocchiare un biscotto alla
cannella quando, tutto d’un tratto, aveva sentito un fruscio nella stanza. Era
stato un rumore minimo, al quale la maggior parte della gente non avrebbe
neanche fatto caso. Ethan, però, era un bambino, e per di più era tutto solo in
una stanza rischiarata solo dalle lucine intermittenti dell’albero. Sulle
prime, si pentì persino di non essere andato a letto quando la mamma lo aveva
accompagnato a dormire.
Migliaia
di immagini erano affiorate nella mente del bambino, ed erano tutte immagini a
dir poco spiacevoli: mostri dalle bocche irte di zanne, creature striscianti
con lunghi tentacoli e molto altro. Poi il bambino aveva scosso la testa:
quella era la sera di Natale, nulla di malvagio poteva arrivare a fargli del
male.
Dunque
aveva preso coraggio: si era alzato e, in silenzio, aveva appena sporto la
testa oltre i rami dell’albero: potete immaginare la sua sorpresa nel vedere
nel proprio salotto un uomo alto e impostato avvolto in un caldo mantello
rosso, con una folta massa di capelli candidi che gli ricadeva sulle spalle,
sistemare con cura alcuni pacchi sotto l’albero.
L’uomo
aveva alzato gli occhi e, in quel momento, non si sarebbe potuto decidere chi,
tra lui e Ethan, fosse più sorpreso dalla presenza dell’altro.
Il
bambino aveva cercato di dire qualcosa, ma il tutto si era tramutato in una
serie di saltelli ed esclamazioni euforiche.
-Lo
sapevo lo sapevo lo sapevo!- aveva allungato una mano e sfiorato la giacca di
Santa Claus –Lo sapevo che esistevi davvero!-
L’uomo
aveva sorriso e strizzato l’occhio; aveva incredibili occhi azzurri, antichi e
benevoli, che avevano visto molti e molti bambini, e i figli di quei bambini, e
continuava a seguirne le generazioni sempre con lo stesso stupore fanciullesco
tipico degli anni più belli dell’infanzia.
Aveva
tirato fuori un pacchetto avvolto in una vivace carta rossa e verde e l’aveva
consegnato al bambino –Sei Ethan, giusto? Credo che questo sia per te-
La sua
voce aveva un forte accento di lingua straniera che, solo un paio di anni dopo,
Ethan aveva identificato come russo.
Il
piccolo aveva accolto il dono al massimo della felicità –Grazie!-
Nord
era rimasto a guardarlo a lungo e con sollievo: la vivacità, la fede che leggeva in quello sguardo erano
per lui come la garanzia del buon andamento del suo lavoro. Era chiaro che quel
bambino credeva, e credeva davvero in
lui, e quello lo consolava. Purtroppo, con il passare dei secoli era cresciuto
il numero dei bambini che non si curava più delle favole tramandate nel corso
della storia. Nessun bambino cercava più di parlare con gli animali, o
sbirciava nei buchi del terreno per cercare di scoprire i sotterranei villaggi
delle fate; nessun bambino parlava più con i suoi amici immaginari, e nessun
bambino ammirava più gli eroi dei libri per i loro atti di coraggio.
In quel
momento, tutte quelle preoccupazioni erano state messe da parte, e lo spirito
del vecchio Guardiano era stato in parte rinfrancato dall’ammirazione sincera che
traspariva dagli occhi di quel bimbo.
Gli
aveva poggiato una mano sul capo come in segno di benedizione, e Ethan
ricordava ancora le parole che gli aveva rivolto prima di sparire in una nuvola
d’oro.
-Conserva
questa tua fede, Ethan Danvers, e nulla per te sarà mai impossibile-
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Saalve!
Ecco, iniziamo a conoscere un po’ meglio il nostro protagonista
e le sue “stranezze”. Posso dire che Ethan è il frutto di una considerazione
che sento fare sempre più spesso: al giorno d’oggi i bambini non si
meravigliano di nulla.
Pensate che, tanto per fare un esempio, una volta ho detto al
mio cuginetto –Ma lo sai che io ho visto Babbo Natale?- e mancava poco che lui
mi chiedesse –Ma che ca*** ti fumi?- (nota, il
bambino ha 6 anni, molto precocemente scettico quindi. Che tesoro, vero?).
Insomma, i bambini tanto “ingenui” e disposti a credere nelle
care Leggende e nelle creature fantastiche stanno scomparendo, un po’ come i
panda (ho sempre da fare l’esempio cretino, vogliate perdonarmi se ogni tanto
sparo qualche cretinata di troppo). Dite che a Pitch questo piacerebbe?
Tutto questo per dire che ho voluto provare a creare un animo
puro che si ritrova ad avere a che fare con la modernità e il suo scetticismo,
che sembra di per sé anche abbastanza filosofico detto in questi termini.
Il nostro viaggio nella storia è appena iniziato. Scusate per il
capitolo un po’ troppo corto, forse, ma dato che è per la maggior parte narrato
senza quasi dialoghi non volevo appesantire troppo la narrazione.
Ringrazio chi ha già letto il primo capitolo e chi è arrivato
fin qui ;) e un ringraziamento particolare va a Gamora96 e _Dracarys_ per le recensioni e il parere positivo *-*
spero di non deludere le aspettative.
Perfetto, è giunta l’ora di dileguarmi, saludos
y besos!
Rory_Chan