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Autore: unannosenzapioggia    11/11/2015    2 recensioni
I am lost for words / The silence burns so much it hurts
[derek hale x female!oc]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Hale, Isaac Lahey, Nuovo personaggio, Stiles Stilinski
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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salve lupetti :-)
finalmente, riesco ad aggiornare dopo quasi un mesetto! meglio tardi che mai, no? comunque, come va? spero tutto bene, io sono stata un po' pigra e poi un po' impegnata con università e amici, ma cerco di ritagliarmi (quando posso) un piccolo spazio per la scrittura! prima di passare alla storia, vorrei ringraziarvi per aver letto e recensito e per averla aggiunta alle preferite/ricordate/seguite. sono davvero fiera di questa storia e di come sto cercando di sviluppare la trama: per me è come una nuova sfida visto che normalmente scrivo cose romantiche e non mi cimento mai in generi diversi, come sta accadendo in questo caso, quindi sono davvero emozionata e spero che leggiate perchè ci tengo veramente!
venendo alla storia: già da questo capitolo, la storia (grazie a dio) comincia ad ingranare, perchè vengono fuori segreti che saranno fondamentali per la trama. sto ancora facendo la scaletta di ciò che inserirò in ogni capitolo e vi giurò che mi sto davvero impegnando per rendere ognuno di loro leggibile, carino e sempre con qualche colpo di scena. 
non aggiungo altro, perchè voglio che leggiate, ad eccezione di due cose: 1) non fatevi convincere dal carattere così taciturno e timido di Emma, molto presto metterà fuori gli artigli anche lei (in senso figurato, mi dispiace ma non diventerà un lupo mannaro ahahah). Emma, se vogliamo, è un po' come la Allison della prima stagione: da fuori, sembra che abbia paura persino della sua ombra, ma poi quando c'è da combattere, combatte: quindi due parole,be ready!; 2) vi piace il nuovo banner? l'ho fatto io, c'ho messo tipo 3 giorni ma ne sono troppo soddisfatta!

spero di aver detto tutto, in caso abbiate domande non esitate a chiedere!
adesso vi lascio e vi auguro buona lettura
un bacio,
Giulia
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CAPITOLO 3: ALL FALLS DOWN
 
Sentiva freddo intorno a sé: aveva le mani gelate, gli occhi che pizzicavano e le gambe intorpidite, eppure era convinto di essere disteso e mezzo addormentato nel suo letto. Non che casa sua fosse una fornace, ma non si moriva così di freddo. Sbuffò, infastidito e aprì gli occhi, rimanendo spaesato per qualche secondo. Ciò che aveva di fronte non era la parete mezza intonacata alla destra della grande finestra – ancora doveva finirla, ma non si era deciso a scegliere il colore della tinta – ma la casa dove aveva vissuto prima della morte dei suoi genitori. Non la vedeva da anni ormai, eppure era sempre la stessa: non si era rovinata quasi per niente, aveva ancora quel colorito crema che piaceva tanto a sua madre, le persiane color legno e il tetto rosso mattone. Era esattamente uguale alla casa che aveva lasciato quando venne a conoscenza della tragica notizia. Gli era sempre piaciuto quel posto: era immerso nel bosco, d’estate era illuminato dai raggi del sole che filtravano attraverso i rami degli alberi e lui era libero di girovagare dove volesse, senza mettersi nei guai. Ma tutto ciò che ricordava era solo nella sua mente, perché di fronte a sé, il buio, il freddo ed il silenzio regnavano e la casa sembrava grigia e triste, come una fantasma che si era arreso alla sua condizione e non riusciva a trovare pace. Non sapeva perché fosse lì: un momento prima era nel suo loft e quello successivo di fronte ai suoi ricordi più nascosti. Probabilmente stava solo sognando, ma allora perché non riusciva a svegliarsi? Non era un tipo timido o codardo Derek, ma stare lì non gli piaceva e voleva tornare a casa. Fece qualche passo verso la casa, finchè i suoi piedi non toccarono il primo scalino, dei tre che conducevano al portico. Si fermò di scatto quando sentì una presenza alla sua destra. Alzò lo sguardo e seduta sulla sedia a dondolo, vide sua madre. Sbattè gli occhi più volte per capire se fosse vero, ma quella figura non se ne andava. Si rese conto che non si fosse accorta di lui e che, invece, si stesse rivolgendo a qualcun’altro. Salì i restanti scalini: sua madre era pallida come un fantasma ed era leggermente accucciata verso il basso, per poter parlare ad un bambino. Derek lo osservò per bene: avrà avuto sei anni circa, era corvino con gli occhi chiari e prima ancora che ne avesse piena consapevolezza, si rese conto di star guardando sé stesso da piccolo. Solo che non ricordava quella scena e non capiva cosa sua madre gli stesse sussurrando.
Fece un altro paio di passi verso di loro e si accucciò all’altezza del bambino, seduto a terra con alcuni giocattoli.
«Derek» lo chiamò la voce dolce, ma autorevole di sua madre «Promettimi che te ne occuperai»
«Promesso, mamma» rispose il bambino, senza nemmeno guardarla, troppo impegnato con il suo trenino a vapore. Derek sorrise, intenerito. Nonostante gli anni passati, i ricordi sbiaditi e il dolore che non lo lasciava mai libero, sorrideva ancora al pensiero dei suoi genitori.
«Derek, guardami» lo richiamò; alzò di scatto la testa e rimase ipnotizzato di fronte agli occhi rossi di sua madre. Talia odiava dover ricorrere a quei metodi per ricevere attenzione dai suoi figli, ma in quel caso, fu costretta, vista la situazione «Promettimelo»
Il bambino annuì, serio «Promesso»
 
Si svegliò di soprassalto, quando sentì il campanello suonare. Si alzò dal divano su cui si era appisolato, mentre stava pensando e ripensando ad un possibile collegamento tra Deucalion e quella ragazza e si avviò alla porta. Si passò una mano sul viso, annotandosi mentalmente che avrebbe dovuto ripensare a quel sogno così strano, visto che non sognava più sua madre, o la sua famiglia, da anni, ed aprì. Davanti a sé, Stiles, Scott, Isaac e Malia stavano aspettando di entrare. Si spostò permettendo loro di passare, quando si accorse che a chiudere la fila ci fosse Emma. Corrugò la fronte, mentre la guardava entrare in casa sua, senza che lei alzasse minimamente lo sguardo verso di lui. Perfetto, adesso non lo sopportava nemmeno.
Ma Emma non doveva essere lì: aveva chiamato i più fidati proprio per parlare di lei, proprio per riuscire a trovare una soluzione a quello che era successo qualche giorno prima.
Chiuse gli occhi per un momento, recuperando la calma e afferrò malamente Stiles per un braccio, trascinandolo dove nessuno – o meglio, Emma – avrebbe potuto sentirli.
«Che ci fa lei qui?» sibilò.
Stiles si liberò dalla sua presa e si aggiustò la maglietta «Non dovevamo parlare di lei?»
«Sì, di lei» rispose «Non con lei»
«Derek, può aiutarci, se solo le dicessimo qualcosa» riprese il ragazzo «Non sappiamo niente di lei, della sua famiglia e dei rapporti che possa aver avuto con Deucalion. Magari sa qualcosa che a noi, ovviamente, sfugge»
Soppesò per un attimo le parole dell’amico: aveva ragione, ma questo avrebbe portato anche a dover condividere con lei il loro più grande segreto «No» decise «Ce la faremo da soli: portala via di qui»
«Cosa? Ma-» tentò Stiles; Derek lo guardò, quasi ringhiando ma lo evitò «Le ho detto che sarebbe stata una serata tra amici»
Si massaggiò il collo spazientito «Va bene, allora andate a prendere delle pizze e tornate qui fra un paio d’ore»
Stiles non replicò, ma si allontanò da lui, dirigendosi verso Emma. Lo guardò scambiare qualche parola con la ragazza e poi uscire insieme, ma non prima che lei gli avesse rivolto un’occhiata interrogativa. Distolse lo sguardo e tornò dagli altri.
«Allora?» chiese Scott.
«Ho pensato a qualunque cosa e ho fatto qualche ricerca, ma niente» cominciò Derek «Mi ha dato una mano lo sceriffo: i suoi genitori non sono originari di Beacon Hills. Si sono trasferiti qui dopo la laurea e poi se ne sono andati quando lui ha ottenuto un trasferimento. Sono tornati più o meno un mese e mezzo fa»
«Che collegamento potrebbero mai avere con Deucalion?»
«Non lo so»
«E se avesse ragione Stiles?» s’intromise Malia «Magari dovremmo chiedere a lei qualche informazione»
«No» rispose Derek.
«Perché?» questa volta fu Isaac a parlare.
«Perché questo comporterebbe dirle che siamo un gruppo di esseri soprannaturali, sopra cui la gente inventa leggende metropolitane»
«Dovremmo farlo invece» affermò Malia. Derek la guardò, con le sopracciglia leggermente alzate, aspettando che continuasse «I gemelli che fanno parte del branco di Deucalion hanno iniziato a frequentare la nostra scuola: dovremmo metterla in guardia»
Scosse di nuovo la testa, seppur meno convinto. Voleva evitare di aggiungere un’ulteriore persona al suo branco, voleva evitare di mettere in pericolo qualcun altro, solo perché sapeva troppo. Era stanco di vedere soffrire le persone a causa sua. Però, cedette «Va bene»
 
«Sei sicuro che a Derek vada bene che rimanga a cena?» domandò Emma con tre cartoni di pizza tra le mani, mentre si avviava alla porta seguendo Stiles. Lo aiutò, afferrando le chiavi della macchina che gli stavano per cadere di mano.
«Grazie» disse, suonando il campanello. Avrebbe potuto tirare tranquillamente la maniglia e aprire il portone, ma aveva le mani occupate «Non lasciarti spaventare da lui, è un po’ musone. E poi non penso proprio che una ragazza taciturna come te possa dargli fastidio: quello è il compito che spetta al sottoscritto»
Emma sorrise, ma non ebbe il tempo di replicare, che si ritrovò Scott sulla soglia della porta. Li lasciò entrare aiutandoli con le pizze e le appoggiarono sul tavolo. In realtà, come Emma potè constatare, non era un tavolo per mangiare, ma uno di quelli bassi e piccoli che la gente metteva nel proprio salone per posarvi sopra altri inutili soprammobili o più semplicemente i piedi.
Si sedettero come potevano: chi sul divano, chi per terra, appoggiando i gomiti al tavolo e allungando le gambe sotto di esso.
Emma si ritrovò incastrata tra Scott ed Isaac, mentre gli altri erano in cerchio intorno a lei. Afferrò un pezzo di pizza e mangiò, cercando di evitare l’imbarazzo dovuto al momentaneo silenzio sceso sulla stanza. Forse avrebbe dovuto dire qualcosa, ma non sapeva cosa. Non era mai stata brava ad attaccare bottone.
«Allora» cominciò Malia, dopo aver bevuto un sorso d’acqua. Guardò Derek che molto poco gentilmente la invitò a continuare e a non fare la persona timida proprio in quel momento «Da quanto ti sei traferita qui?»
«Da agosto» rispose la mora «Da quando mio padre ha ottenuto un nuovo lavoro»
«Che lavoro fanno i tuoi?» s’intromise Scott, cercando di non apparire invadente.
«Mio padre è insegnante di scuola elementare, mentre mia madre è avvocato» rispose «I tu-»
«Quando è stata l’ultima volta che sei stata qui?» questa volta fu Derek a parlare, interrompendola e arrivando al dunque.
Emma aggrottò la fronte, colta di sorpresa. La pizza non le andava più, così appoggiò nel piatto ciò che le era rimasto in mano «Come fai a…?»
«Dimmelo» impose severo. Quella non era una semplice conversazione.
«Derek» lo ammonì Stiles.
Emma gli sorrise riconoscente e sospirò «I miei vivevano qui prima che io nascessi… Suppongo»
«Supponi?»
Lei respirò profondamente prima di continuare. Non sapeva come la conversazione avesse potuto arrivare a quel punto, ma non sembrava più una normale serata tra amici. C’era qualcosa che non sapeva e che loro non volevano dirle. E di questo ne era stata sicura, sin dalla sera in cui avevano lasciato tutti la partita di lacrosse di corsa.
«Sono stata adottata» disse infine, alzando gli occhi su Derek. I suoi occhi verdi brillavano nonostante la poca luce e di fronte alle sue parole, si erano dilatati e la scrutavano come se avessero improvvisamente trovato la soluzione di un enigma. Tutti la guardarono in silenzio, nessuno si azzardò ad aprire bocca. Non sapendo che fare, continuò «I miei veri genitori sono morti in un incidente d’auto quando avevo un anno. Poi sono stata adottata e fino al compimento dei miei tre anni, abbiamo vissuto a Beacon Hills»
«Non dovevi-» il primo a parlare fu Isaac «Voglio dire-»
«Tranquillo» lo interruppe «Non è un problema per me parlarne: insomma, voglio bene ai miei genitori adottivi e li considero la mia famiglia al cento per cento, visto che ho a malapena una fotografia di quelli biologici. Solo che non lo racconto spesso, tutto qui»
Tutti annuirono e cercarono di cambiare argomento, probabilmente convinti di aver ottenuto abbastanza informazioni. Tutti, ad eccezione di Derek. Continuò a pensare tutta la sera a quella rivelazione, arrivando alla conclusione che in effetti avrebbe potuto essere possibile un collegamento tra Deucalion e i genitori di Emma. Quelli morti nell’incidente.
Soltanto quando Emma e Stiles decisero di tornare a casa, ebbe la possibilità di parlare agli altri «Il collegamento c’è»
«Allora non sono l’unico ad averlo pensato!» esclamò Scott.
«Davvero vuole farmi credere che siano morti in un incidente?» chiese retoricamente con tono sarcastico Derek.
«Magari è quello che le hanno raccontato i suoi genitori adottivi, perché non dovrebbe crederci?»
«Malia ha ragione» disse Isaac.
«Non dobbiamo perderla di vista» riprese «Tu» disse indicando Scott «Isaac e Stiles tenetela d’occhio a scuola; Malia, tu e Kira durante il pomeriggio: se è vero che i gemelli frequentano le vostre stesse lezioni, dobbiamo tenerla lontano da loro»
Il branco annuì serio e finalmente, da bravi adolescenti qual erano, decisero di tornare a casa. Si era fatto tardi e per una volta che non c’era un problema da risolvere, era meglio se avessero dormito qualche ora in più prima della scuola.
«Sei sicuro sia del tutto umana?» chiese Scott preoccupato, voltandosi verso l’amico, con un piede sulla soglia della porta.
«Lo spero»
 
Quella notte non aveva dormito per niente bene: l’incubo si era presentato di nuovo, in forma ancora peggiore. Non aveva praticamente mai chiuso occhio e quelle poche volte che lo aveva fatto, aveva finito per preferire rimanere sveglia piuttosto che rivedere quel bosco infernale e sentire quel pianto così sofferente. Si diresse a passo svelto verso il suo armadietto con le Nike ai piedi che nemmeno battevano per terra. Aveva la mente stanca, visto che aveva passato gli ultimi due giorni a pensare a quello che era successo da Derek, ma non aveva concluso nulla. Chissà perché cosi tante domande. Quel ragazzo ancora la spaventava, ma credeva che, nel profondo della sua anima, non fosse cattivo e questo glielo faceva piacere un po’ di più. Forse aveva ragione Stiles: era soltanto asociale. Ma la luce dei suoi occhi verdi e il fisico statuario compensavano la poca capacità di relazionarsi con gli altri.
Giunse all’armadietto e lo aprì, tentando di tenere tutti i libri in una mano. Ne portava sempre troppi con sé e se ne pentiva amaramente nel momento successivo, perché non riusciva mai ad aprire armadietti, ombrelli, ad infilare la giacca o aprire la porta di un’aula. Era davvero senza speranza.
«Serve una mano?»
Si voltò di scatto, seguendo la voce che le aveva parlato. Dietro di lei, era fermo un ragazzo abbastanza alto, con i capelli corti e un sorriso gentile stampato sul volto. Tese una mano verso di lei, affinchè le passasse qualche libro.
«No no, grazie» rispose Emma. Gli dette le spalle e provò di nuovo ad aprire l’armadietto, ma nel farlo i libri caddero tutti rovinosamente a terra.
Il ragazzo si accucciò insieme a lei, aiutandola a mettere in ordine quel casino. Si rialzarono insieme e le porse i libri.
«Grazie mille»
«E’ stato un piacere» rispose lui, allungò la mano verso di lei «Sono Aiden, comunque»
«Piacere, Em-»
«Ehi, Emma!» esclamò troppo felicemente Isaac arrivandole da dietro e circondandole le spalle con il braccio «Ti ho cercato dappertutto, dov’eri?»
Emma lo guardò senza capire «Mh, eravamo insieme a lezione di chimica fino a dieci minuti fa… Va tutto bene, Isaac?»
Il ragazzo nemmeno la sentiva, poiché era concentrato nel tenere a bada il suo istinto di lupo nei confronti di Aiden. Malia aveva ragione: i gemelli erano a scuola e non stavano perdendo occasione per ronzare intorno ad Emma.
«Isaac» sibilò Aiden, salutandolo un po’ infastidito. Il ragazzo sorrise, felice di avergli rovinato qualsiasi cosa avesse in mente di fare.
«Ti dispiacerebbe venire con me?» riprese, rivolgendosi alla ragazza «Ho un dubbio su un argomento di chimica e ho proprio bisogno che tu me lo risolva»
Emma annuì, sorridendo ancora una volta riconoscente al ragazzo appena conosciuto e si allontanò. Non appena svoltarono l’angolo si fermarono. Isaac non poteva più aspettare e sapeva che Aiden avrebbe sentito comunque, ma doveva metterla in guardia.
«Devi stare lontana da lui»
«Come scusa?» chiese Emma. Va bene che erano amici, ma non poteva permettersi di dirle con chi dovesse parlare e con chi non potesse.
«Fidati, lo conosco» rispose Isaac, cercando di essere più gentile «E’ pericoloso e non ha una buona reputazione: promettimi che non gli parlerai più»
Sospirò «Va bene»
Il resto della giornata passo velocemente: non appena tornò a casa, trovò un biglietto lasciato da sua madre sullo sportello del frigo che diceva di non aspettarla per cena e di preparare qualcosa per sé e suo padre. Studiò un po’, nonostante non avesse un briciolo di concentrazione. Continuava a pensare al perché Isaac l’avesse messa in guardia con così tanta foga da Aiden e non riusciva a togliersi dalla testa i suoi genitori biologici. Da quando ne aveva parlato con gli altri, si era resa conto di sapere poco o nulla su di loro. Sua madre e suo padre le avevano a malapena raccontato come fossero morti, ma era alquanto strano non avere una loro foto o un articolo di giornale che riportasse la notizia dell’incidente. Tutto ciò che Emma aveva della sua vera madre era una collana. Il ciondolo era di media grandezza e riportava un simbolo di cui non era a conoscenza, ma le piaceva comunque. La indossava come portafortuna e di solito la teneva nascosta sotto la maglietta, per poi riporla al sicuro ogni sera.
Anche quel giorno, fece la stessa cosa. Si affacciò alla finestra e prima di chiudere le tende, si accorse che ci fosse la luna piena. Ne era sempre stata affascinata ed era felice di avere una vista così mozzafiato proprio dalla sua finestra.
Improvvisamente però, sentì un rumore provenire dalla sua destra, così senza nemmeno controllare, mise la testa dentro e chiuse per bene la finestra, infilandosi a letto. Era solo il vento, si disse.
Derek tirò un sospirò di sollievo, ringraziando Dio per non esser stato beccato da Emma. Era appoggiato al davanzale di una delle finestre di casa sua e cercava di raggiungere il tetto più basso del garage in modo da avere una visuale completa della camera della ragazza. Ci riuscì dopo vari tentativi e si mise comodamente seduto. Avrebbe passato la notte lì: era abbastanza sicuro che fosse solo umana, ma decise di tenerla sott’occhio durante la luna piena.
Piegò la testa guardandola mentre dormiva al caldo nel suo letto: aveva dimenticato di chiudere le tende, così Derek poteva avere una visuale completa.
Non conosceva il motivo, ma sentiva di doverla controllare. Non controllarla come se fosse stata un nemico, ma come se avesse dovuto proteggerla. Era timida, silenziosa e indifesa, ma sotto nascondeva qualcos’altro e a lui, alla fine, faceva tenerezza. Non era il tipo a cui piacessero tanto le persone in generale, ma sentiva di essere in qualche modo legato ad Emma. Infatti, più passava il tempo e più si convinceva di aver già visto quel volto, quegli occhi grandi e azzurri e quelle labbra così piene, eppure non riusciva a ricordare. Si era pentito di averla trattata male e in modo freddo ogni volta che l’avesse vista, perché alla fine non stava facendo del male a nessuno, anzi sembrava che volesse trovare il suo posto in quel mondo così crudele e subdolo. In quel mondo dove anche lui viveva e dove dopo anni ancora si sentiva fuori posto. Giunse alla conclusione, appoggiato alle tegole fredde del tetto con la luce bianca della luna che gli illuminava il viso, che fossero più simili di quanto pensasse e giurò a se stesso che, qualunque fosse stato il motivo o il sentimento, l’avrebbe protetta da tutta quella malvagità.


 
  
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