Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: OblivionRoseSide    11/11/2015    0 recensioni
13 Aprile... prima e ultima pagina di un diario mai esistito.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
13 Aprile... prima e ultima pagina di un diario mai esistito.

Ho provato in mille e più modi... nessuno di questi è andato a buon fine.Non mi resta che tentare quest'ultima cosa molto insolita...fermarmi e scrivere tutto. Affidare ogni pensiero ad un misero foglio di carta, nessuno dovrà però trovarlo...
Mi è davvero difficile pensare di dover ridurmi a scrivere accanto a questa candela con il calamaio che sembra fissarmi impaziente, ma ho iniziato la cosa e la porterò a compimento.
Da quando sono tornato tra le mura sicure e secolari della mia casa ho ripetuti incubi... Molti sono riguardanti la guerra ma sono piuttosto lievi e non sono intensi tanto da svegliarmi. Ce n'è uno in particolare che mi fa rinvenire di soppiatto la notte, tutto sudato tra le lenzuola fredde del mio giaciglio. Mi è difficile pure ora ripensarci ma proverò a raccontarlo.
Cado in un sonno profondo.
Apro gli occhi e sono nel letto della mia torre, c'è uno strano odore tra le lenzuola, un odore fin troppo femminile. La sento accanto a me, la mia vecchia compagna, l'unica. Le sfioro la mano ancora bollente, giro il viso per guardarla e la vedo sorridere. Una tenaglia, al cuore. Un dolore lancinante. Rimango senza parole. Quel sorriso, il suo ultimo sorriso. Quello stesso sorriso che me la aveva portata via. I suoi occhi fissi nei miei si prendono tutta la mia vita, la vedo scorrere da me a lei, mi toglie tutto...
Anche ora scrivendo mi viene la pelle d'oca, ricordo molto bene quel sogno come se lo stessi vivendo tutt'ora. Avevo sempre visto il sorriso come una bellissima cosa, da soldato quale ero davo un grande valore ad ogni cosa che mi veniva regalata o data dato che avevo veramente poco di veramente mio. Prendevo tutto come oro colato... da un giorno all'altro era cambiato tutto. Durante una lunga guerra, la mia seconda crociata contro un nemico molto assetato di sangue , lo ricordo come fosse ieri. I loro visi ed i loro sguardi che ci sputavano addosso tutto l'odio che avevano in corpo, ogni loro azione era votata alla morte come anche loro stessi, macchine da guerra che non erano però invincibili e che l'esercito imperiale aveva spazzato via con però molti lutti e feriti. Io li avevo vissuti quei momenti e su quei campi da guerra ci avevo lasciato la mia anima...
Era il novantasettesimo giorno del secondo turno, un grande sole ci baciava, faceva brillare temibili le nostre spade e le nostre lance , eravamo spartani e la paura non ci apparteneva. I combattimenti erano iniziati in modo molto cruento e in quello stesso modo erano continuati, nessuna pietà da nessuna delle parti. Solo colpi ben assestati e già dei mucchi di cadaveri in qua ed in là. Ero stato messo in difficoltà una o due volte ma avevo risposto con prontezza di riflessi risparmiandomi di andare a fare compagnia ai tanti corpi senza vita che già coprivano la terra. Ero stato addestrato per anni, un duro allenamento per fortificare l'anima e lo spirito, per potenziare il corpo e massificare i muscoli... nessuno mi aveva però mai addestrato a quel terrore muto che ti prendeva il cuore quando correvi contro quei bestioni corazzati che volevano una sola cosa: ucciderti. Quel brivido di adrenalina che ti aiutava a ricordarti che stavi combattendo per una nobile causa. Mi guardavo attorno e non perdevo mai di vista la mia compagna, nel caso avesse avuto bisogno, le avrei potuto dare aiuto. Un nemico in più un nemico in meno... La battaglia sembrava essersi un po' calmata ed il nostro esercito sembrava avere la meglio ma non avrei finito di combattere fino a che il corno non fosse suonato. Bramavo quel suono più di ogni altra cosa, era un suono che avevo imparato a preferire al sussurro eccitato di una donna, alle buone novelle che venivano portate in paese, al pianto liberatorio e vitale di un bambino. Era un suono di cui ero innamorato. La mia compagna aveva visto la stessa mia situazione, nemici sbaragliati, nessun nuovo battaglione nemico oltre la collina. Poi... era accaduto l'irreparabile. Avrei urlato per un'intera notte di non fare quel fatidico errore ma non sarebbe servito a niente. Lei si era girata. Verso di me. Sorridendomi. In un attimo di distrazione. Fu proprio in quel dannatissimo attimo di distrazione che il nemico giocò la sua carta, una lancia dalla mira infallibile. Uscii poco sangue,era molto affilata. La vidi cadere a terra sempre con quel sorriso, quel fottutissimo sorriso... in quel momento mi ricordo che volevo prendere le mie sembianze di drago ed andarmene a morire in una stella lontana dimenticata da tutti, ma c'era il Dovere, non potevo abbandonare proprio adesso, dovevo rendere onore al re che mi aveva dato il grande onore di essere parte del suo immerso esercito, uno dei tanti uomini che lo avrebbe portato alla vittoria. Avevo continuato a combattere fino alla fine, fino a quel suono che mi aveva salvato molte volte. Non quella volta. Mi ero girato molte volte indietro durante la marcia di ritorno verso il carretto in sui erano stati accatastati i corpi dei caduti per cercarne uno in particolare. Alla fine decisi che era inutile, ci sarei stato molto più male e non avrei potuto risolvere niente. Camminai sentendo il dolore delle gambe, delle braccia ormai stanche... Però tornavamo tutti vincitori... tutti tranne uno. Io .
Avevo lasciato il mio cuore a quella donna che ora mi aveva abbandonato. Non era stata forte per tutti e due, si era lasciata andare ad uno stupido sentimentalismo che l'aveva portata alla morte ed avevo finito per pensare che se lo meritasse. La odiavo, si era presa una parte di me e l'aveva portata con sé a morire su una stella lontana e solitaria, mi sentivo vuoto, incompleto ed infelice. Avevo iniziato da lì ad odiare le donne, a reputale inferiori, frivole e e stupide. Creature che facevano tutto a cuor leggero, la odiavo perché l'avevo amata più di ogni altra cosa e mi aveva distrutto, sapeva bene di essere il mio unico punto debole e aveva colpito con precisione chirurgica quell'unico punto. Non l'avrei perdonata come non avrei perdonato ogni singola femmina sulla faccia della terra, porto ancora adesso il rancore verso le donne, forse più amplificato, non posso vederle né voglio vederle. I miei istinti mi porterebbero ad ucciderle... e non scherzo...
I funerali si erano celebrati subito il nostro arrivo alla città natia, nella nostra patria.
Non avevo partecipato, non ne avevo avuto la forza, mi ero rinchiuso nella mia piccola casa a pensare a tutto e a niente. Questo misero pezzo di carta ora ha una parte di me, una parte molto intima di me che nessuno sa... Ho quasi paura a lasciarlo intatto... credo che lo brucerò... darò il mio segreto alla mia essenza... per sempre.

Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris.
Nescio. Sed fieri sentio ed excrucior

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: OblivionRoseSide