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Autore: AnEnglishKitten    11/11/2015    2 recensioni
"Hai ragione." gli fece un timido sorriso, per poi aggiungere: "Io mi chiamo Harry Edward Styles."
"Louis William Tomlinson, molto piacere".
Louis aveva la netta e vivida sensazione che quel piccolo, timido e particolare bambino di nome Harry, sarebbe diventato il suo più grande amico. Così, a pelle.
Di solito Louis, anche se aveva solo otto anni, su queste cose, non si sbagliava quasi mai.
Quasi.
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"Louis..promettimi che ci rivedremo."
"Harry..io ti giuro che ci rivedremo."
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Quando il piccolo Louis decide di andare a farsi un bagno, ignora che da lì a poco verrà quasi ucciso da un pallone rosa che, apparentemente, non sembra essere stato lanciato da nessuno.
Kids!AU ambientata sotto gli ombrelloni!
Genere: Erotico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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 Grazie ad un pallone rosa ed ad un giuramento   






                                                                                                                                 Ad  Elisabetta





Louis sbuffò, passandosi una manina sulla fronte sudata, con un gesto annoiato.
Faceva un caldo insopportabile.
Aveva steso il suo asciugamano sotto l'ombra di uno dei tre ombrelloni che sua mamma aveva piantato la mattina, sperando di potersi riparare in qualche modo da quella calura assurda.
Presto si era reso conto che la sua era solo un' illusione, da quel caldo nessuno scappava.
Non a caso, a sentire le notizie giornaliere alla radio, sembrava che quello fosse il giorno più caldo degli ultimi dieci anni: a Bournemouth non si superavano mai i ventidue gradi...oggi c'enerano trentadue.
E si sentivano tutti.
Aveva un urgente bisogno di rinfrescarsi e, un bel bagno assieme alla sua sorellina, aveva tutta l'aria di essere una soluzione geniale. Si alzò e, balzando da un asciugamano all'altro, da un' ombra all'altra,si diresse dalla madre (la sabbia era davvero ustionante e lui non aveva nessuna intenzione di bruciarsi le piante dei piedi, nossignore).
La donna se ne stava a crogiolarsi sotto i caldi raggi solari, distesa su un lettino azzurro alquanto sgangherato, che era evidente avesse visto tempi migliori.
"Mamma! Fa un caldo insopportabile, possiamo andare a fare un bagno?"
La donna girò la testa verso di lui, mentre con una mano spostava gli occhiali da sole sulla testa, per guardarlo negli occhi.
"Mmh...che ora è? Lo sai Lou, bisogna che siano pas.." "passate almeno due ore da quando abbiamo mangiato" finì la frase il bimbo sbuffando.
Sul serio si ostinava a dirglielo ancora? Davvero, mica era così stupido da dimenticarsene, dopo tutte le millioni di volte che l'aveva sentita ripeterla.
"Si mamma, lo so, me lo ripeti almeno cinque volte al giorno, dal primo giorno che mi hai portato in spiaggia. Che è stato minimo sette anni fa".
Roteò gli occhi annoiato.
"Preferisco dirtelo anche cento al giorno, piuttosto di doverti portare d'urgenza all'ospedale per un blocco di digestione".
"Va bene, va bene...comunque sono le quattro, ho guardato l'orologio poco fa"
La donna si alzò sospirando dal lettino. "Le quattro dici? Allora va bene...Lottie! Andiamo a fare il bagno tesoro, ti va?"
Come se fosse possibile che non ne avesse voglia, pensò Louis. Quella bambina era nata per sguazzare in acqua...era capace di rimanerci anche per ore.
La bimba infatti lasciò immediatamente le formine colorate con cui stava tentando di modellare la sabbia, ottenendo però pochi concreti risultati. (Louis si appuntò mentalmente di spiegarle nuovamente che se voleva riuscire nella costruzione di un castello di sabbia, doveva utilizzare la sabbia bagnata e quindi di cominciare a scavare un po').
"Possiamo portare la palla mamma? Ti prego, ti prego, ti preeeegooo?" migolò eccitata la bimba.
La madre la guardò sorridendo e annuì. Gonfiò un salvagente e due braccioli e le li infilò: "la sicurezza prima di tutto" era ciò che ripeteva sempre ai suoi figli. Si voltò verso il primogentio, tenendo in mano un salvagente blu ancora sgonfio.
"Lo metti anche tu Boo, che dici?"
Il bambino guardò la madre inorridito, come se gli stesse offrendo qualcosa di marcio e puzzolente.
"Cosa? Scherzi? Io non metto quel coso! Non ne ho bisogno, ho otto anni, sono grande mamma!" Strillò pestando i piedini sulla sabbia, con cipiglio profondamnete offeso.
Jay scoppiò a ridere e, afferrando la palla gialla a pallini rossi con cui erano soliti giocare in acqua, commentò : "Va bene ometto, allora il letto domani te lo rifai tu no? Sai...tutti i ragazzi grandi lo fanno".
Lo guardò di sottecchi, con un sorrisino compiaciuto.
"Mammaaaaa! Non sei simpatica".
La donna ridacchiò di nuovo, ma decise di lasciar perdere per una volta.
Suo figlio...tutto un programma: prima faceva il bimbo bisognoso di coccole (quella stessa mattina avevano passato almeno un' ora abbracciati coccolandosi sullo sdraio, dopo che lui si era tagliato la pianta del piedino con una conchiglia scheggiata e beh, si sa, in occasioni come questa il bacio magico della mamma era l'unica vera medicina) e poi si trasformava nell' ometto orgoglioso e indipendente che credeva di essere. Johanna sapeva che in realtà Louis era solo un cucciolone, a volte abbastanza agitato, ma comunque gentile e con un cuore enorme.
Sorrise, scuotendo la testa.
I due bambini cominciarono a correre verso la riva, non volendo aspettare un minuto di più.
"Fermi! Non correte! Aspettate!" gli urlò dietro, ma i figli non l' ascoltavano. "Mai una volta che sia una" pensò rassegnata.
Li trovò già dentro l'acqua, intenti a lanciarsi la pallina, tra mille schizzi e risate.
"Mamma sei lenta!" le urlò Louis, tirandolegliela adosso. La prese al volo, cominciando a ridere, contagiata dall'allegria dei due.
"Ah, ma davvero? Vediamo se riesci a prenderla!" Gli tirò nuovamente la palla, un pochino più lontano, giusto per metterlo un pochino in difficoltà. "Tirala a me Lou daaaiii! Voglio giocare anche a io a questo gioco!" strillò eccitata Lottie, agitatndo le braccine sopra la testa e saltellando sul posto. Andarono avanti così per un po', quando un lancio particolarmente lungo della minore, costrinse Louis ad allontanarsi un po' dal gruppo per riprendere il pallone.
Quando lo raggiunse, dopo un paio di bracciate abbastanza incerte (cosa si poteva pretendere, aveva fatto solo un anno di nuoto, non era poi così bravo...si limitava a saper stare a galla), si preparò per rilanciarlo indietro con un tiro di quelli belli e presecisi, ma una scenetta abbastanza strana lo bloccò.
Poco distante da lui c'era un bambino, decisamente più piccolo di lui, che giocava con una palla rosa.
E fin qui tutto normale.
Ciò che rendeva molto...anomalo il tutto era il piccolo particolare che quel piccolino, stava giocando da solo.
Lanciava la palla davanti a lui e poi si tuffava di corsa a riprenderla, per poi rilanciarla indietro e precipitarsi a prenderla di nuovo. Neanche fosse un cane da riporto, pensò Louis.
Era una scena decisamente buffa...o deprimente e triste, dipendeva dai punti di vista.
Sarebbe rimasta a fissarlo incantato ancora, se non fosse stato per un urlo arrabbiato alle sue spalle.
"Louuuuuu! Che cosa fai? Quanto ci metti, uffa! Vogliamo giocare, muoviti!"
Il bambino si riscosse, si girò urlando "Arrivo Lots, scusami!" per tranquillizarla, decidendo di ignorare quel bambino strano, lasciandoselo alle spalle.


------***------

Il giorno dopo Louis andò a fare da solo il bagno.
Sua sorella si era svegliata tardi quella mattina, quindi aveva mangiato colazione da troppo poco tempo, le famose due ore non erano ancora passate. Avrebbe potuto aspettarla, è vero, ma lui aveva caldo e voleva rinfrescarsi. Nessuno, nemmeno sua madre (che lo aveva lasciato andare alla sola condizione di rimanere dove l'acqua non superava l'altezza del suo ombelico e di poterlo tenere d'occhio dalla riva, dove era rimasta a costruire casttelli di carta con una Lottie molto imbronciata), lo avrebbe fermato.
Si era quindi quindi messo a mollo con l'intenzione di rilassarsi un pochino.
Gambe e braccia aperte, pancia rivolta verso l'alto e occhi chiusi, si lasciava trascinare pigramente dalle onde. Stava dannatamente bene, sarebbe potuto rimanere in quella posizione per ore. I raggi del sole gli acarezzavano il viso in modo così piacevole...decisamente erano più sopportabili lì che stotto l'ombrellone.
Adorava galleggiare in quel modo. Gli dava un senso di leggerezza incredibile. Pregò che nessuno venisse a disturbarlo, era piuttosto sicuro di essere capace di mordere chiunque avesse rovinato quel momento di pace che si era creato.
Era riuscito ad estraniarsi da tutto ciò che lo circondava e non aveva intenzione di ridestarsi per almeno la mezzora succesiva. Non sentiva più gli strilli degli altri bambini sulla spiaggia, il vociare degli adulti, il fastidioso fischietto del bagnino che cercava inutilmente di impedire ad un gruppo di ragazzini idioti, di spingersi troppo a largo. Sentiva solo il tranquillo sciabordio delle onde e il lieve rumore del vento.
Che pace.
Louis era un bambino allegro (forse anche troppo), sempre in movimento, intraprendente, agitato: gli piaceva far sentire la propria voce (non solo in senso metaforico)(spesso urlava per la casa solo per ricordare al mondo, ed ai vicini, che lui esisteva). Questo però non significava che non sapeva apprezzare il silenzio e la tranquillità, anzi.
Se ne stava li, pacioso e beato, programmando il prossimo scherzo da fare a sua sorella, quando improvvisamente venne accecato da un fortissimo dolore al volto, provocato da un ogetto da lui non ben indentificato, che lo aveva colpito in pieno viso.
Inspirò forte, spalancando la bocca per la sorpresa, ingoiando così che quella che sul momento, gli sembrò tutta l'acqua che copriva la distanza dalla riva, all' isola di Wight, qualche chilometro più a largo.
Cominciò a tossire forte e sputacchiare da tutte le parti, schizzando acqua in ogni dove, strofinandosi convulsamente gli occhi irritati con le manine. "Ma che cavolo...!"
Sbattè più volte gli occhi, cercando di eliminare il bruciore.
Quando riuscì a mettere a fuoco l'acqua intorno a lui, vide davanti a se l'oggetto incriminato, il maledetto che lo aveva praticamente ucciso.
Un pallone rosa.
Da dove diavolo era arrivato? Si guardò intorno, in cerca del criminale che aveva appena attentato alla sua vita.
Davanti a lui c'era una coppietta che gli sembrava stesse facendo a gara a chi metteva più lingua nella bocca dell'altro. Storse il naso disgustato, no decisamente non erano loro i colpevoli. A destra nuotava placidamente una vecchietta e beh, avrà avuto ottant'anni e, anche solo a guardarla da li, dava l'idea di essere una signora buona come il pane (Louis era sicuro del suo giudizio, aveva un buon occhio per giudicare le persone al primo colpo), ergo, lei non poteva proprio essere. A sinistra una donna bruna prendeva il sole dormicchiando su un materissino verde. Da escludere.
Stava cominciando a pensare che la colpa fosse da attribuire a qualche alieno che, annoiato, aveva deciso che tentare di ammazzare un povero bambino di otto anni fosse divertente (Louis credeva nelle forme di vita aliene, si), quando vide spuntare da dietro al materassino della signora con i capelli neri, una testolina bagnata, che però sparì velocemente quando si accorse che Louis la stava guardando.
Fu tutto così veloce che il bambino quasi dubitò di averla vista davvero. Ma poi, dopo qualche attimo la vide rispuntare, impaurita e titubante.
Louis non potè fare a meno che gli si formasse un sorriso sul viso, divertito dalla scena.
Aveva trovato il colpevole.
Il terribile e pericolossissimo criminale che aveva attentato alla sua vita, era un bambino, che terrorizzato dalla sua possibile reazione, si nascondeva dietro ad un materassino, come uno di quei cuccioli che, dopo aver distrutto il cuscino del divano del padrone (riempiendo così il salotto di piume, che nemmeno se si spennasse un intero allevamento di polli), si nascondono in un angolino dietro le tende, con le orecchie basse e lo sguardo da "socheciòchehofattoèterribiletipregononuccidermi".
Nonostante la consapevolezza di essere stato disturbato durante il suo piccolo attimo di paradiso personale, Louis non potè fare a meno di sorridere, divertito dalla buffa scena che il piccolo rappresentava.
Prese il pallone rosa tra le mani e, piano piano (temeva di spaventare a morte l'altro, che già sembrava sul punto di svenire) gli si avvicinò.
"Ehi, è tua questa palla?" gli domandò semplicemente.
Cercò di essere il più tranquillo e gentile possibile, senza mostrarsi irritato o arrabbiato. Sia mai che il bambino criminale potesse scappare. L'interessato non aprì bocca, non si mosse, anzi se possibile, si immobilizzò ancora di più, allargando gli occhi a dismisura.
Erano verdissimi, notò Louis.
La sua mamma gli diceva sempre che lui aveva gli occhi più belli di chiunque altro, di un azzurro brillante favoloso. Ma Louis in quel momento pensò che la mamma si stesse sbagliando di grosso, perchè era evidente che occhi come quelli del bambino che gli sta difronte non ne ha mai visti. Proprio belli.
"Emh..guarda che mica ti faccio male io..non devi avere paura di me, puoi anche parlarmi". Cercò di incalzarlo, facendogli un timido sorriso d'incoraggiamento.
"Che poi dovrei essere io quello che ha paura di te, infondo hai appena rischiato di farmi annegare con questa palla" ironizzò il bambino, cercando di mettere entrambi a proprio agio (perchè si, insomma, anche lui si sentiva un po' in imbarazzo...quel tipo lo metteva in soggiezione, con quei fari verdi con cui lo fissava).
"Io...si scusami, è mia..si..mia".
Se Louis non si fosse avvicinato ulteriormente a lui quando aveva capito che stava par parlare, non lo avrebbe mai sentito, tanto piano aveva balbettato quelle parole il piccolo.
"Tranquillo..ecco a te, prendi pure".Allungò il braccio con cui reggeva il pallone, invitandolo ad avvicinarsi.
Finalmente l'altro si mosse, andandogli incontro; si strinse velocemente il pallone al torace, quasi avesse paura che da un momento all'altro volasse via, andando a colpire qualche altro sfortunato ed ignaro turista, intento a crogiolarsi ai raggi solari.
Ci fu un attimo di silenzio molto imbarazzante, in cui Louis, per evitare di fissare troppo insistentemente l'altro, spostò lo sguardo sulla donna che prendeva il sole stesa sul materassino dietro il quale, fino a pochi istanti prima, il suo "aggressore" si stava nascondendo (forse la madre, a questo punto?).Durante tutto lo scambio di battute dei due che, anche se non era stato così particolarmente lungo o acceso, comunque era avvenuto a pochi passi da lei, non aveva mosso un muscolo, nemmeno cambiato espressione. Probabilmente dormiva, pensò.
Stava per andarsene, liquidando quello strano tipo in qualche modo, quando improvvisamente egli, presa una boccata d'aria enorme (per un momento Louis pensò stesse per immergersi in acqua), esplose in un fiume di parole sconnesse, di cui riuscì a capire solo "Scusa...non volevo colpirti, mi dispiace...ti prego scusami...ho tirato la palla troppo in la...scusascusascusa"
"Wo, wo, woooo..calmati! Okay, ho capito, ho capito. Ti scuso tranquillo, infondo non mi hai fatto così male"
L'altro si bloccò stupito. Evidentemente lo aveva spiazzato con una reazione che non si apettava.
A dir la verità anche Louis si stupì di sè. Da quando era così gentile verso chi lo infastidiva? Quel bambino gli aveva fatto bere tantissima acqua, per non parlare del fatto che lo aveva disturbato durante il suo momento di pace. Meritava che gli urlasse in faccia, un qualche tipo di punizione, non di certo di essere perdonato così.
Eppure non si sentiva capace di fare nulla di simile...quel bimbo era così tenero ed innocente...
"Davvero? Quando ti sei girato per vedere chi ti aveva colpito sembravi arrabbiatissimo. Pensavo mi volessi uccidere..."
Louis rettifficò i pensieri di poco prima: quel cosino con gli occhi verdi non era tenero, era adorabile.
"Si beh, in realtà lo ero..ma quando ho capito che eri stato tu mi sono calmato...infondo può succedere a tutti di fare un lancio sbaglito" ridacchiò imbarazzato, grattandosi la testolina castana.
A quel punto l'altro dovette sentirsi finalmente fuori pericolo, perche si rilassò visibilmente, stendendo le spalle ed aprendosi in un sorriso enorme. Fossette.
Fu tutto quello che Louis riuscì a registrare, alla vista dei due graziosi buchini che si formarono ai lati di quella piccola bocca rosa quando l'altro l'aveva stirata ed aperta.
Lui adorava le fossette.
Anche sua sorella Lottie ce le aveva e non passava giorno in cui lui non ci infilava un dito dentro, giusto per stuzzicarla un po'. Almeno, questa era la scusa. In realtà lo faceva perchè ogni qualvolta la piccola sorrideva, alla loro vista, Louis moriva di tenerezza, desiderando di strapazzare quelle guanciotte paffutelle tutto il giorno. Erano gli unici momenti in cui non desiderava romperle una bambola o darle una botta in testa per farla calmare, ma solo coccolare e accarezzare. Sapeva essere un cucciolo tenero e sentimentale anche lui, quando voleva.
Si ritrovò imbabolato a fissare le guancie dell'altro bambino....si era letteralmente incantato.
Si riscosse velocemente, sbattendo le palpebre e scuotendo lievemnete la testa da destra a sinistra, con un sorriso a metà tra il mortificato e l'imbarazzato.
"Come ti chiami nanetto?" lo apostrofò.
Improvvisamente gli era venuta una gran voglia di conoscere meglio quello starno, timido ed impaurito bimbo.
Qualcosa gli diceva che fosse uno abbastanza in gamba, dopotutto. (aveva le fosette diamine, doveva essere in gamba).
"Emh...ma non so se posso dirtelo..la mamma dice che non dovrei dire niente di me agli sconosciuti" .
Il piccolo "attentatore" si morse il labbruccio rosso, abbassò lo sguardo, in imbarazzo, torturandosi le manine, contorcendo le dita tra loro come se dovesse legarle per formare il nodo più resistente che si fosse mai visto.
Adorabilmente tenero.
"Oh, e andiamo! Sconosciuti? Ero che galleggiavo tranquillo in mezzo al nulla, intorno a me non c'era quasi nessuno, ed il tuo pallone mi ha centrato in piena faccia! Che probabilità c'erano, visto e considerato che al particolare che tu non mi abbia centrato apposta ci credo, che mi prendesse? Fammelo dire, è stato destino che succedesse e che quindi ci incontrassimo. Altro che sconosciuti, potremmo essere fratelli!"
Louis era convinto della sua affermazione. Era davvero stata una probabilita su cento. Era chiaro che non era stato un caso, qualcuno aveva mosso qualche filo dall'alto. Magari quell'alieno annoiato che lui inizialmente aveva incolpato di tentato omicidio.
L'altro scoppiò a ridere, contagiando subito anche Louis ("che bellissima risata contagiosa" pensò quest'ultimo...era quel tipo di risate li, che lui considerava le migliori) tenendosi il pancino con le braccia.
Tirò poi un lungo sospiro per riprendere fiato.
"Hai ragione." gli fece un timido sorriso, per poi aggiungere: "Io mi chiamo Harry Edward Styles."
"Louis William Tomlinson, molto piacere".

Louis aveva la netta e vivida sensazione che quel piccolo, timido e particolare bambino di nome Harry, sarebbe diventato il suo più grande amico.
Così, a pelle.
Di solito Louis, anche se aveva solo otto anni, su queste cose, non si sbagliava quasi mai.
Quasi.


------***------


"Ah! Ma quindi eri tu il bimbo strano che ho visto giocare da solo quel giorno in acqua! In effetti mi eri vagamente familiare, in un certo senso."
Harry e Louis si trovavano sotto l'ombrellone di quest' ultimo e stavano giocando con uno stuolo di soldatini grigi e verdi di plastica: avevano fatto le cose proprio per bene, scavando lunghi e profondi fossati che circondavano un ampio campo di battaglia, ottenuto spianando la sabbia bagnata. Il battaglione di Louis sembrava stesse vincendo, avendo già eliminato una buona metà di quello del più piccolo dei due. Ma in guerra non si può mai dire, Harry poteva ancora giocarsela bene.
Tra un attacco a sorpresa e un'esplosione, era venuto fuori che in spiaggia solitamente Harry giocava sempre da solo, specialmente in acqua, alla quale la madre non si avvicinava nemmeno per sbaglio, per fobia.
"Quindi la tipa sul materassino dietro il quale ti eri nascosto era una sconosciuta? " aveva chiesto esterrefatto Louis, cercando di trattenere le risate. "In effetti ora che ci penso non assomigliava molto alla tua mamma".
Quando Harry aveva annuito timidamente, chiaramente imbarazzato al ricordo, non ce l'aveva fatta più ed era scoppiato, commentando solo con un "Sei incredibile nanetto", detto asciugandosi le lacrime.
Dopo il loro primo incontro i due bambini avevano cominciato a giocare insieme ogni giorno, alternandosi dall'ombrellone di uno, a quello dell'altro. Da quella volta, erano già passsate tre settimane.
Avevano anche cominciato a fare sempre il bagno assieme e, dopo quello che aveva appena scoperto, Louis decise che fin che fosse rimasto a Bournemouth, non avrebbe più lasciato in acqua senza compagnia il più piccolo, trovando davvero troppo triste l'idea di vederlo giocare da solo di nuovo (voleva anche essere sicuro che non corresse il rischio di quasi ammazzare qualcun altro, con quel suo pericoloso pallone rosa).
Ormai stava imparando a conoscerlo: Harry aveva sei anni, capelli castani e lisci a cachetto, con la frangietta perennamente in disordine, gambe magroline e corte, la classica pancietta da bimbo piccolo, morbida e a parer suo terribilmente tenera. Harry era un momento timidissimo (quando succedeva cominciva sempre con il fissarsi i piedi, contorcendo le dita convulsamente tra loro, la bocca serrata in una linea tesa e tremolante. Era capace di non dire più nemmeno una parola per ore), ed il momento dopo invece era una specie di animale incontenibile, un cucciolo smanioso di conoscere ogni singola sfacettatura del mondo, desideroso di esplorare anche il più nascosto antro, la grotta più buia e la spiaggia più deserta. Racchiudeva dentro sè un'enorme vitalità.
Sapeva essere un po' biricchino e disubbediente (in confronto a Louis però, era decisamente un angioletto), ma alla fine era un bambino molto ben educato e gentile, generoso quasi allo stremo e con un cuore enorme, ma ancora tremendamente innocente.
Amava i fiori, il rosa e l'arancione, gli orsetti di peluche (ne aveva uno enorme dei colori dell'arcobaleno, dal quale non si separava mai), i film della Disney (alla domanda qual'è il tuo film preferito , Harry aveva risposto "La Sirenetta", beccandosi un verso disgustato dal più grande), il gelato al puffo, i castelli di sabbia, la nutella, sua sorella Gemma, il succo di mela, i Simpson, dormire, il suo cane Max, le caramelle gommose e forse anche un po' la solituidine, ma Louis su questo punto non era molto sicuro, doveva ancora dimostrarlo per bene.
A Louis Harry piaceva molto, eccome. Si trovava molto a suo agio, nonostante fosse più piccolino di lui.
Si poteva dire che si fosse già, in un certo senso, affezionato all'altro: lo considerava come un possibile futuro migliore amico, lo sentiva già molto vicino.
Entrambe le mamme sembravano felici di questa nuova amicizia ed in più stavano stringendo un rapporto perfino loro. Daltronde i due bambini passavano tutto il giorno assieme, era inevitabile che le due donne iniziassero a chiaccherare e, tra una risata ed un caffè, erano diventate amiche.
In quel momento si trovavno a poca distanza dai rispettivi figli che, distesi pancia a terra, continuavano la loro accesa simulazione di guerra.
Giocavano a carte sedute sullo sdraio azzurro e malandato, Johanna con entrambe le gambe da un lato, con i piedi infilati sotto la sabbia finissima, Anne invece le teneva incrociate, puntellandosi con i gomiti sulle cosce. La partita sembrava stesse per giungere al termine, ad Anne mancava davvero poco per chiuderla, bastava che pescasse la carta giusta ed il gioco era fatto.
Lottie giocava ai piedi della madre con un piccolo rastrello giallo, cercava di copiare il modo in cui Harry e il fratello avevano creato il loro spiazzo, ma invana. Tutto ciò che aveva ottenuto era una sottospecie di fossa irregolare, ma sembrava comunque molto fiera e soddisfatta del suo operato.
"Ah! Finalmente l'asso di cuori! Mi dispiace cara, ma temo proprio di aver vinto. Di nuovo."
Anne, esultante e soddisfatta, battè le mani, facendo una linguaccia ironica a Johanna la quale, fingendo un attacco di rabbia improvvisa, lanciò le carte che aveva in mano sullo sdraio. Scoppiarono entrambe a ridere.
"Mi sa che contro di te non ho speranze Anne, ho perso tutte le partite oggi! Mi arrendo!" Johanna alzò le mani al cielo ridendo, in segno di resa.
"Che ne dici di fare una passeggiata sul lungo mare? In questo dovrei cavarmela meglio" propose poi.
"Buona idea! Bambini vi va di venire anche voi?"
Lottie annuì subito, entusiasta dall'idea di poter raccogliere nuove conchiglie.
Harry guardò Louis, chiedendogli con lo sguardo cosa ne pensasse, quello fece spallucce intendendo che per lui era indifferente.
Una passeggiata con Harry portava sempre ad un' esplorazione (che fosse stata la ricerca di qualche crostaceo attaccato agli scogli, nuove forme e tipi di alghe oppure lo cercare di dedurre dalle impronte lasciate dai bagnanti sulla sabbia bagnata, se appartenessero ad un uomo o ad una donna, ad un adulto o ad un bambino).
Si alzarono quindi entusiasti, abbandonando i soldatini verdi tra le "trincee".



Harry e Louis camminavano ad una certa distanza dalle rispettive madri, stranamente in silenzio.
Harry non diceva una parola da quando avevano lasciato l'ombrellone, quasi dieci minuti prima, e Louis si stava cominciando a preoccupare.
"Harry? Tutto okay?"
L'altro lo guardò in modo strano, quasi avesse paura di aprire bocca.
"Harry? Cosa succede?" chiese sempre più turbato.
"Ehm..niente..è che...volevo chiederti una cosa, ma ho paura che dopo tu ti arrabbi con me" sputò fuori, guardandolo in modo incerto.
"Tutto qui? Io già che pensavo a cose brutte! Tranquillo Haz, lo sai che mi puoi chidere tutto quello che vuoi! Dai, spara!" cercò di incitarlo Louis, ora decisamente più tranquillo.
"Okay..io..volevo chiederti..dov'è il tuo papà Lou? Non ne parli mai e qui con te, tua sorella e tua mamma non c'è nessuno "
Louis si bloccò sul posto, irrigidendosi.
Spostò lo sguardo e lo puntò su di un invisibile punto in lontananza, facendo un respiro profondo.
Brutto argomento quello.
Harry si fermò a sua volta e, accortosi di che tipo di reazione aveva provocato la sua domanda nell'amico, spalancò gli occhioni, sentendosi già divorato dai sensi di colpa.
"Louis scusa, scusa, scusa! Non volevo farti diventare triste! Fai finta che non ti abbia chiesto nulla perfavore. Anzi, parlare è proprio noioso, che ne dici di fare altro? Potrem-"
"Harry" lo interruppe l'altro, abbozzandogli un sorriso.
"Sta tranquillo, non sono triste. Solo non è molto facile per me parlarne, tutto qui"
"Okay..non parliamo di questo allora. Non parliamo di niente se vuoi" Harry riprese a camminare, tenendo lo sguardo basso e strisciando i piccoli piedi sulla sabbia umida.
Louis lo guardò ancora per un attimo, pensando se fosse davvero intelligente farlo.
Decise di si. Lui si fidava di Harry dopotutto.
"Il mio padre naturale e la mia mamma si sono lasciati quando ero molto piccolo"
Harry si bloccò e si girò di nuovo verso di lui, con uno sguardo sorpreso.
"Ora la mamma sta con un altro, il papà di Lottie. Non è venuto semplicemente perchè al lavoro non gli hanno voluto dare le ferie" spiegò sorridendo. "Ah...io non..sapevo..scusa"
"Tranquillo. Tanto quello non lo considero nemmeno il mio vero papà. Non ho nemmeno il suo cognome. In ogni caso faccio sempre un po' fatica a parlarne, ma non importa. Va tutto bene Harry"
L'altro gli sorrise timidamente, rassicurato dalla sua apparente tranquillità.
"Il mio papà anche, non è potuto venire per lavoro..e Gemma ha deciso di rimanere a casa con lui. Anche lei non ama molto il mare"
"Mi sa che ha preso da tua mamma allora" commentò divertito Louis.
Ripresero a camminare tranquillamente, quando la voce del più piccolo, interruppe il silenzio.
"Louis, mi dispiace per i tuoi genitori...deve esser stato difficile per te" Louis non fece nemmeno in tempo a girarsi completamente verso l'altro, che si sentì quasi buttare a terra da un peso impprovviso, che lo stringeva in vita.
Abbassò lo sguardo sorpreso e vide la testolina di Harry spuntare da sotto il suo mento.
Il bambino lo stava abbracciando fortissimo. Dopo un iniziale momento di smarrimento Louis cominciò a ricambaire la stretta, sorridendo intenerito. Harry aveva un cuore davvero enorme. Lo adorava.
Si separarono, sorridendosi a vicenda. Louis scompigliò con affetto il caschetto di Harry e disse : "Beh, abbiamo parlato anche troppo direi, nanetto. Che ne dici di fare una gara di corsa? A chi arriva primo al ponticello laggiù?"
Senza aspettare una qualsiasi risposta di sorta da Harry, partì a correre ridendo.
"EHIIII! Louissssss!! Così non vale, torna qua!!"


------***------


La prima settimana di agosto, fu terribilmente difficile e triste, per Harry e Louis.
Per cercare di viverla meglio, pretendevano di ignorare ciò a cui quel sabato avrebbe portato.Ma non ci riuscivano granchè. La temibile questione continuava a tornare a galla ogni due per tre.
Quel sabato Harry avrebbe lasciato Bournemouth definitivamente, per tornare ad Holmes Chapel. La sua vacanza stava giungendo al termine.
Louis cercava di non pensarci, evitava di ricordare a se stesso che quel fantastico nuovo amico che si era fatto all'inizio dell'estate, con cui aveva passato giornate strepitose, ricche di allegria e spensieratezza, quel bambino che era arrivato già a considerare un fratello (magari proprio quel fratellino minore che desiderava tanto), che aveva trasformato una vacanza che probabilmente sarebbe stata tremendamente noiosa e monotona, in una serie di avventure inaspettate e valangate di momenti esilaranti, se ne sarebbe andato via.
In quell' ultimo mese e mezzo insieme, avevano fatto le cose piu disparate: avevano costruito un'enorme castello di sabbia in riva al mare (che era riuscito a resistere solo poche ore, vedendo poi la fine della propria gloriosa esistenza quando due ragazzini idioti avevano deciso che distruggere i castelli di sabbia fatti dagli altri bambini, fosse divertente) (Harry assistendo alla scena si era quasi messo a piangere e Louis allora, si era arrabbiato anche il doppio. Sua madre aveva dovuto portarlo via di peso, per evitare che facesse a botte con i più grandi), avevano fatto camminate lunghissime, da un capo all'altro della spiaggia, avevano raccolto numeri spropositati di conchiglie, pescato i granchi con i retini, giocato alla guerra, alla "famiglia" con la piccola Lottie (inutile dire chi avesse fatto la parte dei due genitori), fatto imperdonabili scherzi alle rispettive madri (la volta che avevano rovesciato un intero secchiello pieno d'acqua in testa a Jay, per una settimana non avevano più potuto fare il bagno), dormito insieme, esplorato tutti gli anfratti e gli scogli che la riva presentava, si erano inventati missioni top secret da portare a termine e perfino disputato una piccola gara canora (giudicata però pari dai cattivissimi e pretenziosi giudici, Anne e Johanna).
Louis non era un bambino lagnoso o piagniucolone, anzi. Non capitava spesso che piangesse, nemmeno quando giocando a calcio cadeva e si sbucciava un ginocchio, o quando si beccava qualche botta correndo per la casa (sua madre continuava ad insistere che dovesse indossase gli antiscivolo, ma lui li trovava troppo brutti perchè li venisse volta di usarli).
Eppure, quando quel sabato mattina si trovò in piedi davanti ad Harry, con in sfondo la macchina di sua mamma, completamente carica di valigie, borse e pacchetti, gli occhioni lucidi li aveva.
Li dispiaceva enormemente vederlo andare via.
Quando lo avrebbe rivisto?
Certo, si erano obbligati a vicenda a tornare in vacanza assieme l'anno seguente. Si erano scambiati indirizzi di casa, numeri di telefono e le madri gli indirizzi di posta elettronica, così da potersi contattare per eventuali uscite durante i mesi seguenti. Ma. Louis aveva paura.
E se non fossero riusciti a mettersi in contatto? Se non ce l'avessero mai fatta a trovare una giornata in cui vedersi? Se l'estate seguente la mamma di Harry avesse deciso che Bournemouth fosse un luogo troppo noioso in cui passare le vacanze? O se invece fosse stata la sua mamma a decidere di andare da un'altra parte?
Era piccolo è vero, ma nemmeno così stupido: sapeva che mantenere un amicizia a distanza era quasi impossibile.
Era facilissimo perdere i contatti, ed a quel punto tanti saluti all'amichetto fatto sotto l'ombrellone.
Ma lui non voleva che succedesse, diamine. Come avrebbe fatto a stare senza quel nanetto così esuberante e tenero?
In quel momento Harry non era certo molto d'aiuto.
Era immobile, lo guardava fisso e tremava. Il labbruccio stretto tra i denti, tremante, cercava di trattenere le lacrime che ormai già stavano solcando quelle paffute gote macchiate di rosso. Le "bombe verdi", come le aveva soppranominate Louis in quei giorni, lo guardavano imploranti, lanciandogli un muto appello disperato, chiedenodgli di fare qualcosa, qualsiasi cosa, per tenerlo li e non lasciarlo andare.
Louis avrebbe voluto davvero trovare un modo per tenere li con lui il più piccolo ancora un po', ma non poteva fare nulla di concreto.
Nessuno ascoltava un bambino di otto anni.
"Harry tesoro...dai non fare così, questo non è un addio. Rivedrai Louis molto presto, te lo prometto." Anne si avvicinò, dopo aver chiuso il bagagliaio (che sembrava davvero prossimo allo scoppio) e abbracciò il figlio, circondandogli le spalle sussultanti.
"Mam..mamma..ti..ti prego, stiamo ancora qualche giorno!"
Harry si girò tra le braccia della donna, per guardarla negli occhi, in un'ultima disperata richiesta.
"Amore, lo sai che non possiamo, non farmelo ripetere ancora" sospirò in risposta quella. Harry a quel punto non fece altro che cominciare a piangere più forte, disperato ed amareggiato.
Johanna, che reggeva tra le braccia una Charlotte altrettanto triste, assisteva alla scena con un sorriso triste e malinconico sul viso.
Teneva un occhio però sempre fisso su suo figlio: si era accorta che stava reagendo non molto bene e si stava preoccupando. Il suo bambino, da quando si era svegliato quella mattina, non aveva ancora aperto la bocca una sola volta.Sembrava una stuta di sale, fermo lì davanti all'altro in lacime. Cercò di farlo reagire. "Boo tesoro...non dici nulla ad Harry?" Sentitosi chiamto, Louis girò il viso verso di lei.
Stava piangendo: grossi lacrimoni correvano giù per le sue guancie.
"Louis..."Johanna non sapeva cosa dire, suo figlio stava piangendo?
Nello stesso momento Anne, decise che forse sarebbe stato molto più saggio smetterla di tirarla troppo per le lunghe, intuendo che entrambi i bambini stessero soffrendo troppo.
"Harry saluta Louis, ora andiamo."
Liberò il figlio dalla stretta accogliente delle sue braccia, permettendogli di muoversi.
A quelle parole Louis spalancò gli occhi e fissò Harry, sentendo che una nuova ondata di lacrime era prossima ad investirlo.
Non era mai stato così male in vita sua
. Aveva l'istinto di ancorarsi ad Harry, impedendogli di fare un solo passo verso quella macchina che lo avrebbe prtato via da lui. Allo stesso momento però, non riusciva a muovere nemmeno un muscolo. Aveva smesso anche di asciugarsi le lacrime silenziose.
Harry prese un enorme sospiro, cercando di ritrovare un po' di voce.
"Allora...ciao Louis" non lo guardò nemmeno in faccia.
Fece per girarsi verso la macchina e salire quando la voce di Johanna lo bloccò. "Oh insomma Harry! Lo saluti così? Non gli dai nemmeno un abbraccio?"
Harry spostò lo sguardo offuscato dalle lacrime verso la donna, per poi rivorgelo a Louis.
Lo guardò per qualche secondo, indeciso, ma poi il pensiero che quella poteva essere l'ultima volta in cui si sarebbero visti prima di mesi lo investì nuovamente e si precipitò tra le braccia dell'altro.
Louis in realtà sperava che Harry lo facesse, perchè se avessero aspettato che fosse lui il primo ad abbracciare l'altro, le cose sarebbero andate molto per lunghe, visto e considerato che ancora non riusciva a muoversi del tutto.
Non esitò quindi nemmeno un secondo ad avvolgere stretto a se il più piccolo, poggiando il mento sulla testa dell'altro. (non si capacitava di quanto basso fosse, davvero).
Sentì Harry che ricominciava a singhiozzare contro la sua spalla.
Lo strinse più forte, sentendo il nodo alla gola che lo attanagliava dalla mattina, farsi ancora più stretto.
"Lou..Louis...non voglio andare" sussurò.
Lo strinse ancora di più.
"Louis...grazie di aver voluto diventare mio amico. Grazie di essere diventato il mio migliore amico. Ti voglio bene."
Louis ricominciò a piangere e chiuse gli occhi.
Per un attimo la figura di un bimbo strano che giocava da solo in acqua con una palla rosa, gli balenò in mente.
Quanto avrebbe dato per tornare a quel momento, per poter rivivere tutto da capo.
Intanto Harry si separò dall' abbraccio, per guardarlo dritto negli occhi, con sguardo terribilmente serio.
Verde nell'azzurro.
"Louis..promettimi che ci rivedremo."
"Harry..io ti giuro che ci rivedremo."
Entrambi si aprirono in due sorrisi gemelli.



-Vent'anni dopo-



Gli ansiti di due uomini riempivano la stanza d'albergo numero 124.
Due figure si muovevano affannosamente sull'enorme letto matrimoniale posto al centro della lussuosa camera.
Ai piedi di questo si trovavano due enormi valigie semidisfatte, vicino alle quali partiva una disordinata scia di vestiti, che portava fino alla porta d'entrata.
Un ansito più forte, seguito da un implorante "ti prego, sono pronto amore", uscì dalla bocca della sagoma dell'uomo più grande dei due, steso con la schiena contro il morbido materasso.
Si teneva aggrappato con il braccio sinistro alla schiena dell'altro, mentre con la mano destra massaggiava la nuca dell'altro, tirandogli leggermente i capelli. In risposta l'altro gemette di aspettativa e si affrettò ad alzarsi per recuperare da una delle valigie un preservativo e del lubrificante.
Un braccio muscoloso però lo bloccò prima ancora che potesse spostare una sola gamba.
"Non serve, non stanotte. Voglio sentirti davvero, senza nessuna barriera o aiuto. Solo tu dentro di me."
A quelle parole l'altro si aprì in un sorriso dolce, innamorato.
"Come vuoi amore" disse, accarezzandogli con amore e delicatezza infinita le guancie, sospirando emozionato.
"E poi sono abituato, cazzo. Sono anni che facciamo l'amore, ormai non serve nemmeno che tu mi prepari" aggiunse ridacchiando l'altro, con un sorriso furbo ed un scintillio malizioso negli occhi.
"Ecco, ora hai rovinato tutto, idiota che non sei altro."
Ridacchiarono entrambi.
L'uomo che aveva appena parlato evidentemente aveva deciso che di parole se ne erano dette fin troppe, e andò quindi a posizionarsi meglio sopra dell'altro, separandogli con delicatezza le gambe.
"Pronto signor Tomlinson?" Louis guardò il marito letteralmente sciogliersi sotto i suoi occhi.
Sapeva che effetto gli faceva quando lo chiamava con il suo cognome.
Marito.
Faticava ancora ad associare quell'appellativo all'uomo che gli stava davanti.
"Si" sussurrò l'altro.
Louis non esitò oltre e, con tutta la delicatezza di cui capace (ed era difficile, vista la marea di emozioni e sentimenti che lo stavano investendo in quel momento. Per non parlare di quanto fosse eccitato), si spinse dentro l'altro, provocando una serie di ansiti da parte di entrambi. Louis cercò immediatamente la bocca dell'altro, mentre passava una mano tra quei boccoli castani che da sempre adorava. Separarono le labbra, producendo un leggero schiocco, ma Louis non si allontanò dalla bocca dell'altro.
Prima di continuare, voleva essere sicuro che tutto fosse perfetto (niente, assolutamente niente, poteva andare storto quella notte).
"Ti amo Harry".
Sussurrò quelle parole a poca distanza dal viso dell'altro.
In vita loro, se le erano ripetute così tante volte, da risultare noiosi. Ma. Per questo genere di cose, non ci sarà mai un limite massimo. Nessuno deve mai stancarsi di dire "ti amo".
"Ti amo Louis"
Cominciò allora a muoversi, alternando stoccate lente e profonde, ad altre più corte e veloci.
Harry spalncò la bocca, in un muto urlo di piacere, completamente preso dall'eccitazione, dalle sensazioni.
Louis andò a circondare con la lingua un capezzolo dell'altro, stuzzicandolo, mentre muoveva la mano intorno alla sua eccitazione, rendendo tutto molto più intenso per Harry.
Quando andò a colpire la sua prostata, Harry non riuscì più a trattenersi, ritrovandosi ad urlare per il forte piacere.
Bastarono poche altre spinte ad entrambi, per venire, gemendo stremati.
Dopo essere riuscito a riprendere un po' di fiato, Louis uscì lentamente dal corpo di Harry, il quale sussultò e soffiò, infastidito dall'improvviso senso di vuoto. Louis si stese affianco al marito, che poggiò il capo sul suo torace, in cerca delle usuali coccole-post orgasmo.
"Sono quindici ore Lou" sussurò Harry, la voce attutita a causa della posizione in cui si trovava.
"Eh?" chiese confuso Louis, agrottando le sopracciglia.
"Sono quindici ore che siamo sposati, ed abbiamo appena consumato la nostra prima notte di nozze" Louis sorrise intenerito.
Già.
Quella mattina si erano sposati.
Lui ed Harry.
Harry ora era suo marito.
"Cristo, è finalmente tutto perfetto Harry. Tutto."
"Lo so."
Si guardarono negli occhi per attimi che parvero infiniti, perdendosi ognuno nell'iride dell'altro.
"Lo avresti mai detto quando ci siamo conosciuti? Quando andavamo in vacanza insieme intendo. Che saremo finiti così, abbracciati e nudi in una camera d'albergo, sposati, durante la nostra prima notte di nozze?"
"Dio no, come potevo? Ero convinto che dopo la nostra prima estate non ci saremo mai più rivisti!"
"E invece lo abbiamo fatto, come mi avevi giurato."

Ed in quel momento, Louis è sicuro che la decisione di vent'anni prima di andare a farsi un bagno da solo, beccandosi un certo pallone rosa in faccia, fosse stata la più importante, saggia ed azzeccata della su vita.

Perchè aveva conosciuto un strano bimbo timido e paffuto.

Perchè quel bimbo se lo era poi portato all'altare.




Angolino autrice:

Ehilà a tutti quanti :) sono tornata!
Seconda fanfiction, mesi e mesi dopo la prima, secondo disastro!
Questa volta ho optato per una AU: la classica kids!AU, sono la prima a riconoscerlo. Niente di troppo originale ed innovativo, mi dispiace! Ma avevo voglia di cimentarmi con questo genere ergo, me ne sono fregata dei clichè ed ho aggiunto anche la mia, alla lunga lista di storie di questo tipo già presenti su efp. Ci tenevo a dire che il mio Harry non è riccio, semplicemente perchè me lo sono immaginata come il vero Harry Styles a sei anni, quindi con il caschetto ed i capelli liscissimi. (cercate pure su internet le foto, era davvero cosi! In partcolare mi sono ispirata ad una foto, che penso chiunque abbia visto almeno una volta, in cui si vede un piccolo harry in spiaggia, con in testa una bandana rossa pallini bianchi, da cui pendono una specie di lunghe orecchie scure di stoffa. Esilarante davvero :''')  )

Detto questo, passiamo a cose mooooolto più importanti. Dovete sapere che questa ff è stata scritta per un'occasione supermegaspecialissssssima. Questo è il mio regalo di compleanno alla ragazza più bella, brava, talentuosa, gentile, generosa, amorevole, tenera e speciale che abbia mai conosciuto.
AUGURI MICIETTA DEL MIO CUORE, TI VOGLIO BENE <33333333333
Grazie di tutto. Tutto. Davvero.
E niente, sappiate che è principalmente per lei che ho scritto le mie due fanfiction. Mi ha convinta (obbligata)(minacciata), a portare avanti questa storia, che avevo cominciato ancora quest'esate, ma che poi avevo spedito nel dimenticatoio. La colpa è anche (solo) sua, se sono finita col scrivere quell'orribile scena smut.
Chiedo scusa a tutti voi, sono consapevole faccia pietà, ma era la prima volta che mi cimentavo nello scrivere scene del genere e confesso di essere andata davvero in panico e nel pallone.

Piccolo avvertimento!
Ho deciso che scriverò altre one shot legate a questa storia, che racconteranno cosa sia successo davvero durante quei famosi vent'anni :) Quindi attenzione, mi rivedrete presto qui su efp! :)

Eeeh bah, non ho nient'altro da dire, se non che sarei molto felice se mi lasciaste qualche piccolo commentino per farmi sapere cose ne pensate. E mi raccomando, sbizzaritevi con tutte le critiche che volete, servono moltissimo anche quelle!
Per ora sparisco, ma sarà per poco :)
Tanti bacioni bellissimi a tutti quanti e grazie in anticipo a chiunque leggerà :**** <333

Ancora tanti auguri cupcake, ti voglio davvero tanto tanto bene <3
  
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