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Autore: Viki_chan    12/11/2015    4 recensioni
Tante volte si sono sentiti persi.
Tante volte si sono trovati a vagare per terre incerte.
Ma c'è un luogo, tanto vicino quanto irraggiungibile, in cui Harry e Hermione si sentono a casa.
Qui.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Storia partecipante al contest FantasiAuror 2015, organizzato dal gruppo Facebook “Cercando chi dà la roba alla Rowling (Team Harry/Hermione)


Nickname autore: Viki_chan
Titolo: Here - Qui
Genere: Introspettivo, malinconico
Pairing e/o Personaggi aggiuntivi: Harry/Hermione, Bill Weasley
Prompts: Bill Weasley, cornice, unicorno
Rating: Verde
Avvertimenti: nessuno
NdA: Ringrazio Lucina  per avermi spinto a ricominciare a scrivere e Jay per aver inventato questo contest "rispolvera vecchie glorie". Buona lettura!

 

Here - Qui

 

Era una serata piuttosto fredda.
Hermione se ne accorse troppo tardi, quando ormai era sulla strada per Notting Hill, quando ormai le nocche delle sue mani avevano perso il già scarso colore.
Entrò in una delle tante vie tutte uguali del grande quartiere: immobili a quattro piani, di un bianco brillante, con piccole finestre e porte d'ingresso nere come la pece.
Ormai quella strada le era familiare: nell'ultimo mese aveva visitato George's Gardens tante volte, spesso con in mano qualcosa, come quella sera.
Arrivata al numero 8, salì le quattro scale che la separavano dall'ingresso e suonò il campanello.
Una voce familiare la invitò ad entrare, seguita dal ronzio elettrico della serratura babbana.
“Hermione?” chiese la stessa voce poco dopo, quando lei aveva già salito una buona parte delle rampe.
Alzò lo sguardo, cercando di scorgere qualcosa dalla tromba delle scale. Bastarono pochi passi per vederlo.
“Harry.”
Lui sorrise e un istante dopo lo vide avvicinarsi per aiutarla a portare la borsa che aveva in mano.
“Un altro regalo?”
Hermione alzò le spalle e si fece scappare una smorfia.
Tanto bastò per fargli tornare il sorriso.



“Bill?”
Ora che erano entrati nell'appartamento, Hermione tornò a sentire il sangue circolarle nelle vene. Anche se il salotto non si poteva proprio definire un luogo caldo, la differenza di temperatura con l'esterno era piacevole.
Il fratello di Ron, alto e dinoccolato come lui, si trovava al centro della stanza.
“Me ne stavo andando” commentò lui passandosi una mano tra i lunghi capelli rossi. “Stai bene?”
Hermione annuì, irrigidendosi appena.
Era da tempo che non vedeva un Weasley sorriderle in modo così sincero.
“Harry” disse Bill scuotendo la testa. “Il collegamento alla Metropolvere sarà attivo tra un paio di giorni. Lì - disse indicando una scatoletta sopra al camino – trovi la polvere. Per verificare se funziona, prova a buttarla nelle fiamme, di tanto in tanto, sai come si fa. L'hai visto fare a tutti migliaia di volte.”
Hermione vide Harry annuire.
Sembrava pensieroso.
“Bene, allora io vado. Harry, Hermione.”
Bill le passò accanto così velocemente da non darle il tempo di salutarlo di rimando.
Solo quando lei e Harry rimasero soli, Hermione si rese conto delle condizioni dell'appartamento.
La porzione della casa che poteva vedere dall'ingresso era in penombra, illuminata solo dal fuoco del camino, ma anche così poteva riconoscere i mobili ammonticchiati sotto teli bianchi, su cui si proiettavano ombre sinistre. L'aria carica di polvere e odore di legno non aiutava a migliorare l'atmosfera.
“Non mi hanno ancora attaccato la corrente.” disse Harry muovendo nervosamente l'indice sul primo interruttore che gli capitò a tiro.
Su. Giù. Su. Giù. Su.
Hermione perse il conto delle volte in cui sentì il tasto cliccare sotto il dito di lui.
Per terminare la tortura di quel povero oggetto provò a schiarirsi la voce.
“Noi... Cosa ci facciamo ancora in piedi? Accomodati Hermione. E questa...” disse Harry alzando la borsa che teneva ancora tra le mani. “E' per..”
“La cena. Sì.” lo interruppe lei. “Immaginavo che qui ci fosse ancora un po' di disordine.”
“Un po', dici?” commentò Harry. “Questo appartamento è un disastro.”
Hermione non poté dissentire. Fece qualche passo avanti e, da sotto uno dei teli bianchi, sentì uno strano rumore che la fece sussultare.
Harry rise.
“Posso spiegarti tutto, ma solo davanti a un piatto di...”
“Patate al forno e arrosto. Avanzi.” disse lei laconica.
Harry alzò le spalle e le fece strada tra le montagne polverose che li circondavano.


Hermione si diede subito da fare, spostando il divano vicino al camino e ravviando l'atmosfera con una mezza dozzina di candele.
“Possono mancare l'elettricità, i mobili, la pulizia, ma sei in grado di creare un ambiente confortevole anche nelle condizioni peggiori.” commentò Harry servendosi la prima forchettata di patate.
Hermione lo vide cercare di mantenere tutto in equilibrio sulle ginocchia e, presa alla compassione, materializzò uno di quei tavolini per servire la colazione a letto.
“Speravo di poter finire i lavori entro questa settimana, ma temo che ci saranno dei ritardi.” commentò lui chinando il capo in segno di ringraziamento.
“Ritardi?”
“Sì.” rispose lui deglutendo vigorosamente. “Ginny è convinta che avere un camino collegato al mondo magico sia più importante di un salotto ammobiliato o, che so, di un bagno funzionante.”
Harry diede un'occhiata alle sue spalle, ai vari gruppi di mobili coperti.
Solo dopo una vigorosa alzata di spalle tornò sulla sua cena.
“Quindi è per questo che Bill era qui. Per la Metropolvere?”
“A quanto pare serve un Auror ora per fare questo genere di cose” commentò lui, piuttosto infastidito. “Notting Hill non è un luogo in cui i maghi vanno a vivere spesso.”
“I maghi sono ovunque.”
Harry alzò le spalle.
Non faceva altro da quando Hermione era arrivata.
“Sai qual è il problema? E' che a me non importa nulla della Metropolvere.” disse scuotendo la testa. “L'ho detto anche a Bill, prima che tu arrivassi. Io sono un mago, posso muovermi come voglio. Il Ministero e Diagon Alley sono a poche fermate di metro, tu vivi qui vicino e...”
Harry si interruppe, tornando a fissare la stanza.
Hermione si chiese cosa stesse cercando, poi seguì il suo sguardo su uno dei teli. Non ne era certa, ma quello che intravedeva aveva tutta l'aria di un televisore di medie dimensioni.
“E' ancora quella storia delle tue cose babbane?” gli chiese con un tono neutro.
Forse troppo.
Era settimane che Harry e Ginny battibeccavamo per quello.
“E' sempre la storia delle mie cose babbane!” ribatté lui. “E' come se la mia vita fosse perennemente su una bilancia. Una cosa babbana, una cosa magica. Vuoi una casa a Notting Hill? Sì, ma deve essere protetta dalla magia. Vuoi l'elettricità? Eccoti il tuo sacchetto di Metropolvere. E il prezzo per un televisore è quella cosa che si lamenta sotto al telo.”
Hermione si voltò verso il punto da cui aveva sentito provenire il rumore, ma le cose babbane di Harry le coprivano la vista.
Curiosa, si alzò e si avvicinò.
“Attenta, non è abituato agli sconosciuti” disse Harry cercando di rimanere serio. “Non è abituato a nulla, a dire il vero.”
Hermione era ad un passo dall'oggetto misterioso quando sentì i passi di Harry dietro di lei.
La precedette, alzò il telo e rivelò la fonte del rumore.
Una cornice dorata racchiudeva al suo interno il ritratto di un unicorno.
Un bruttissimo unicorno, le cui forme erano abbozzate come in un disegno infantile.
“Cos'è questa cosa?” gli chiese Hermione.
L'unicorno si mosse appena, lasciandosi andare in un verso acuto e fastidioso.
Come il cigolio di una porta mal oliata.
“E' un disegno di Ginny. Ha deciso di incantarlo in modo da avvisarmi quando qualcuno entra in casa. Una sorta di antifurto.”
“Ma non hai detto che la casa è protetta dalla magia?” chiese Hermione continuando a guardare il quadro, cercando in qualche modo di farselo piacere.
“Sì, ma questo credo sia più che altro un modo per controllare chi faccio entrare in casa mia” rispose Harry, abbassando il telo. “Lei nega, ma io sono sicuro che questo sia un somaro anti tradimenti.”
Hermione rise, ma il viso di Harry la fece ricomporre in fretta.
Era furioso.
“Le mie cose babbane non mi servono davvero” disse lui tornando verso il divano. “Credi che abbia bisogno di una televisione? I miei zii mi hanno sempre vietato di vederla e non ne ho mai sentito la mancanza. Ma...”
Harry si fermò, alzò lo sguardo, cercò gli occhi di Hermione.
Lei fece un mezzo sorriso, sperando che lui non vedesse l'ultimo strascico di pensiero ancora intrappolato nei suoi occhi.
Il ricordo di una situazione molto simile a quella, ma con due protagonisti diversi.
“E' sempre così tutto misterioso. La magia fa apparire e sparire gli oggetti, modifica le situazioni, sconvolge le menti.” continuò lui facendo un gesto profondo nell'aria, come se avesse in mano la bacchetta. “Io sento il bisogno di qualcosa di certo. Di facile. E' così stupido, Hermione?”
Sentitosi chiamata in causa, Hermione annuì.
“Io so cosa c'è all'interno di un televisore. E' tutto così meccanico e pratico. L'elettricità, la metropolitana. E' tutto così piacevolmente babbano. E' così sbagliato che io coltivi anche il mio lato... diverso?
Non era una domanda.
Era tutto diverso, con Harry.
Hermione prese un respiro profondo e si avvicinò, sfiorandogli una spalla, sentendo i suoi nervi tendersi e subito rilassarsi.
“Sto solo cercando di capire cosa sta succedendo. Ginny mi sta mettendo fretta, continua a fare pressioni su questa o quella cosa. Non siamo più in guerra, non siamo in pericolo. Io non ho fretta di tornare alla mia vita normale. Non so nemmeno cosa sia una vita normale. Tante volte mi capita di chiedermi chi sono davvero... Senza Hogwarts, senza Voldemort o i Mangiamorte... E' passato più di un anno e io sono ancora qui, circondato da montagne di polvere. Cosa si aspetta Ginny da me? Io sono qui.”
“Davvero?”
La sua domanda lo sorprese.
Hermione lo sentì irrigidirsi sotto alle dita che teneva ancora sulla sua spalla.
“Quando io e Ron ci siamo lasciati, ricordo benissimo che l'ultima domanda che mi ha fatto è stata: dove sei Hermione?”. Di nuovo, i pensieri sembravano prendere il sopravvento sulle parole. “Io ho risposto come te, sono qui. Lui mi ha incalzato, di nuovo. Mi ha chiesto nuovamente dov'ero, me l'ha chiesto così tante volte che alla fine ho iniziato davvero a chiedermi se io c'ero. Se Hermione era ancora lì, con il suo ragazzo. E ho capito che me n'ero andata da tempo.”
“E' stata una rivelazione anche per me stessa, credimi. Tutto ad un tratto mi sono resa conto che, per settimane, avevo costruito un muro tra me e lui, fatto di piccoli quanto ingombranti tasselli. La mia scelta di tornare a vivere a Londra babbana, la mia nuova routine, le mie visite sempre più sporadiche alla Tana. Avevo tante valide scuse, tanti mattoncini da usare. Me ne sono resa conto solo quando Ron me l'ha sbattuto in faccia. Anche ora, molto spesso, a quella domanda non so ancora rispondere.”
Harry guardò Hermione, poi con un movimento lento passò in rassegna con lo sguardo tutta la stanza.
Quando tornò su di lei, Hermione poté solo intuire il numero di mattoncini che era riuscito a contare.
Sembravano molti.
“Tutte le volte che me lo sono chiesto, io mi sono sentito qui, Hermione. Con te.” sottolineò tenendo lo sguardo alto. “E' la verità. Tutto ciò che mi gira intorno, tutti questi problemi e piccoli compromessi, non fanno altro che farmi capire che ci sono poche cose certe nella mia vita come te.”
Hermione annuì.
Non riuscì a fare altro.
Avrebbe voluto dire qualcosa di sensato, qualcosa a favore di Ginny, della loro storia, della magia.
Ma non le venne in mente niente.
Si avvicinò lentamente, lo abbracciò.
Lo strinse tra le sue braccia, sentì il calore del maglione di Harry sotto alle sue dita.
Harry rilassò le spalle, lasciò che lei si appoggiasse sul suo petto e respirò profondamente.
“E' come se mi mancasse la terra sotto i piedi” borbottò lui. “E' tutto il giorno che ho a che fare con loro, che mi fanno domande e storcono il naso ogni volta che varcano la soglia di casa mia. Io sono qui, questo è il mio posto. Che gli piaccia o no, io sono questo. Io ho bisogno anche di elettricità, film, metropolitane. E' così sbagliato?”
“Io ti capisco” disse Hermione alzando lo guardo. “Io sono qui.”
L'aria carica di polvere, l'odore acre, il freddo.
La casa piena ma vuota, i teli bianchi, le ombre minacciose.
Dopo tanto tempo, Hermione si rese conto di essere finalmente tornata.

   
 
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