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Autore: KyraPottered22years    12/11/2015    3 recensioni
27th Court Road, Edimburgo, 1996.
E' proprio qui che tutto ha inizio, è proprio in un freddo giorno d'inverno che Amelia Helbinger, una bambina timida e codarda, trova un passaggio segreto che la conduce in un mondo completamente diverso da quello in cui abita; un mondo popolato da Æsir e non da esseri umani, un mondo dove magia e creature con capacità eccezionali sono del tutto normali.
Sembra un sogno, tutto sembra così irreale che perfino una bambina piena di fantasia come Amelia stenta a crederci. Ma come potrebbe negare a sé stessa l'esistenza di Loki, il suo amico dagli straordinari poteri magici, anche se sua madre e il suo psichiatra lo considerano "immaginario"?
Come può essere frutto della sua immaginazione se Amelia farà ritorno in quel bellissimo mondo altre due volte?
E come ci si potrebbe sentire quando una verità così irreale, che è stata depistata dalla vita di una ragazzina per tutta la sua adolescenza, diventasse una realtà così raccapricciante che metterebbe a rischio l'intero pianeta Terra?
Ragione o follia?
Verità o menzogna?
Odio o amore?
[Pre-Thor] [TheAvengers]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Wahnsinn







Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo.
cit.


 
03 - 02 - 2005, Bethlem Royal Hospital, Londra


«Miss Helbinger, perché non risponde?» Ma era tutto inutile, lei continuava a guardare fuori dalla finestra. Le risate lontane dei bambini, la neve candida, il sole distante ma luminoso: erano elementi futili, ma altrettanto interessanti per Amelia.
Quella seduta stava superando le due ore quotidiane, ma ormai non ne sentiva la pesantezza. Col tempo aveva imparato a non considerare nulla, d'altronde era quello che le avevano detto di fare gli psichiatri; non c'era da stupirsi se Loki non l'aveva riconosciuta nemmeno, e non si riferiva all'aspetto: alla fine Amelia era facilmente riconoscibile grazie ai suoi capelli rosso carota e ai suoi occhi blu. Era passato un anno dall'ultima volta che era stata ad Asgard e sapeva che quell'ultima volta sarebbe stata l'ultima volta in generale.
«Miss Helbinger!» Sussultò sulla poltrona e si voltò verso lo psichiatra che la guardava con fare infastidito. «Se vuole guarire deve rispondere alle mie domande.» Suonava come una minaccia, ma Amelia gli sorrise lievemente e si alzò in piedi.
«Vorrei ritornare in camera mia.»
«Non abbiamo ancora finito, si sieda.» Le ordinò l'uomo calvo, ma lei continuò a fare come se quello le avesse dato il permesso di potersene andare via. «Miss Helbinger!» La chiamò, ma lei era già uscita dalla saletta e si stava avviando verso la numero 12. Ironia della sorte aveva deciso che la sua stanza doveva proprio avere il numero della data in cui era andata per la prima volta ad Asgard, 1 Febbraio, nel lontano 1996.
Asgard, Asgard, Asgard. Non faceva altro che pensare a quel posto.
Loki, Loki, Loki. Non faceva altro che pensare al suo dio alieno.
Gli mancavano, e quel posto in cui l'avevano rinchiusa i suoi genitori pareva ricordarle ancor di più le curve perfette delle colline, il verdeggiare degli infiniti prati su cui aveva corso a perdifiato, il castello d'oro e il sorriso del dio degli inganni.
Chiuse la porta alle sue spalle, scivolò a terra e con gli occhi ricolmi di lacrime osservò i muri bianchi, il soffitto bianco, il pavimento bianco, il letto dalle lenzuola bianche.
Bianco, bianco, bianco.
Era tutto dannatamente bianco.
Si sentiva in carcere, ma cosa aveva fatto di male?
Ma perché si trovava in quel posto?
Iniziò a picchiarsi la testa con i pugni chiusi e a singhiozzare come una bambina, si sfogò facendo attenzione a non farsi sentire, o le avrebbero aumentato la dose di antidepressivi, Amelia odiava quelle pillole che le obbligavano a prendere: la stordivano e la facevano dormire più del dovuto.
Senza rendersene conto si alzò in piedi, si mise a cercare freneticamente qualcosa con cui disegnare, trovò una penna blu e se la fece bastare. Andò verso il muro e poggiando la punta della penna sulla superfice fredda e bianca iniziò a tracciare delle linee.
Continuò a disegnare per tutta la notte, fino a quando l'intero muro non divenne una copia del quadro che c'era in casa sua. Verso le sette di mattina si distese sul letto, addormentandosi stremata.

 
*
 

Asgard, 1996 (anno midgardiano)

 
Odino sospirò e si sedette sul trono. Chiuse gli occhi e con un cenno della mano fece segno alle guardie di andar via. Con le dita si massaggiò le tempie e non osò aprire occhi, sapeva che sarebbero iniziate le vertigini e per la millionesima volta avrebbe dovuto combattere contro il Sonno. Negli ultimi decenni la stanchezza lo opprimeva con costanza, ma non poteva lasciarsi andare, sapeva che la prossima volta in cui si sarebbe lasciato andare al Sonno di Odino non ci sarebbe stato un risveglio. Non era da fraintendere però il fatto che non fosse pronto, ma certo che lo era! Erano gli asgardiani che non lo erano, specialmente il suo primogenito Thor, ancora non era abbastanza maturo per poter diventare il Re.
C'erano troppe faccende da chiudere, troppe domande che aspettavano una risposta...
Si lasciò sfuggire due colpi di tosse, e inaspettatamente ne seguirono altri più violenti. Un servitore gli si avvicinò con un calice d'acqua, ma Odino non respirava nemmeno. Il servitore gli sollevò le braccia verso l'alto, dicendogli che in questo modo i suoi polmoni si sarebbero aperti e avrebbero respirato meglio. E così fu.
Quando si riprese, Odino garantì a quel servitore che gli sarebbero state distribuite due monete d'argento in più.
Non solo il Sonno lo stordiva e lo indeboliva, ma lo ammalava pure. Si perse nei suoi pensieri, ad osservare quella gocciolina di sangue sul suo palmo, che era la testimonianza della sua malattia imminente.
«Chiamate la Regina!» Ordinò con un po' d'affanno. Per quel giorno aveva fatto abbastanza, era stanco e quasi non si reggeva in piedi, sua moglie Frigga avrebbe preso il suo posto. Ma proprio quando stava per congedarsi, delle guardie vennero a lui e, per qualche strano motivo, Odino percepì che era accaduto qualcosa di stranamente insolito...


 
*

 
«Ma quanto è alta questa porta?» Quella era la sessantaduesima domanda che la piccola Amelia poneva a Loki, i poveri nervi del dio erano arrivati al limite, ma strinse i denti e ringraziò di essere arrivato incolume davanti alle porte della sala del trono.
«Sono molto alte.» Rispose semplicemente.
«Sì, ma-»
«Amelia,» la interruppe prima che potesse fare qualche altra domanda e si chinò alla sua altezza. «Adesso le guardie mi stanno annunciando al Re, - e in quel momento la bocca della bambina diventò una O, e anche se aveva l'irrefrenabile impulso di zittirla con una delle sue magie, Loki non riuscì a non trovala un po' tenera - mi devi promettere di non dire nulla, di non muoverti e di restare immobile,» Amelia aggrottò la fronte con fare dubbioso, ma poi la sua espressione si rilassò e sorrise al Principe. «intesi?» Le chiese conferma, scompigliandole i capelli con fare fraterno.
«Intesi, signore.» Ripeté, congiunse i piedi e contemporanemente si portò una mano alla fronte. Loki ritornò alla sua altezza e la guardò dal basso, stranito da quelle mosse.
«E questo che significa?»
«Oh, da me quando i soldati prendono degli ordini fanno così!» E rifece lo strano gesto, ma più lentamente. Il dio degli inganni si lasciò scappare una risata divertita, era pronto a ribattere qualcosa, ma senza preavviso le porte si spalancarono e si ricompose assumendo un'aria severa, Amelia lo osservò un attimo e decise di imitarlo. 
La sala del trono era enorme, una fila di colonne la attraversavano come per introdurre una serie di scalini che, luccicando solo come l'oro poteva fare, portavano a un trono scolpito su una miscela di marmo bianco e oro, dalle forme regali, quasi imponenti.
Bello sì, ma chissà come doveva essere scomodo!, pensò Amelia, cercando di stare al passo di Loki.
Seduto sul trono ci stava un uomo con un occhio bendato, aveva i capelli grigi e lunghi, il viso pieno di rughe e un'aria stanca; Amelia non badò nemmeno ai suoi abiti prestigiosi, si concentrò su quell'espressione, che le parve il primo segno di umanità che scorgeva in un dio.
Si fermarono a un metro dagli scalini, Loki si inchinò al cospetto del padre ed Amelia lo imitò, alzando lo sguardo una volta ritornata alla sua altezza.
«Padre, vengo qui da voi per comunicarvi qualcosa di estremamente importante-» Iniziò così Loki, ma fu subito interrotto.
«Come mai una midgardiana, per giunta una bambina, è qui ad Asgard?» Odino non riusciva a distogliere gli occhi da quella piccola figura, gli ricordava tanto... «Cosa avete combinato tu e tuo fratello questa volta?»
«Questa volta noi non c'entriamo.» Loki si avvicinò, salendo due scalini, forse per dare più enfasi alle sue parole. Amelia ricordò la promessa che aveva fatto al principe e rimase immobile dov'era. «Padre, questa bambina afferma di essere entrata nel nostro Regno senza l'uso del Bifrost.» A queste parole a Odino parve fermarsi il fiato a metà strada. Sgranò l'occhio e guardò la bambina con uno sguardo indecifrabile: arrabbiato o commosso? Tranquillo o agitato?
Il Re si alzò in piedi e si avvicinò agli scalini.
«Come...» Il cuore era agitato nel suo petto. «Com'è possibile?» Domandò per non apparire troppo enigmatico.
«L'ho portata qui perché foste voi a rispondere a questa domanda.»
«Solo tu sei a conoscenza dei passaggi segreti, Loki.» Ma non è possibile, perché proprio adesso?, pensò, torturandosi la coscienza. «Se è un altro dei tuoi inganni, figlio mio, questa volta non la passerai liscia.» Tentò di minacciare il secondogenito, cercando di estrapolare una qualunque possibiltà.
«Padre, questa volta non c'entro niente, e lo posso garantire anche per Thor.»
«Cosa succede qui?» Tre paia di occhi furono sulla Regina che era appena entrata nella sala del trono. «Mi hai mandata a chiamare, Odino?» Ma non ricevette alcuna risposta.
Loki aveva imparato ad usare la magia dalla madre, Frigga, così quest'ultima leggendo nella mente del marito capì cosa stava succedendo, e capì anche troppo. Guardò la bambina dai capelli rossi con occhi fiammeggianti; Amelia, che stava osservando la Regina, distolse subito lo sguardo, interrogandosi sul perché quella signora l'avesse guardata così male.
«Ritornando sulla nostra questione,» disse Odino dopo un lungo silenzio, consapevole che la moglie era al corrente di tutto. «Se questa bambina è riuscita ad entrare nel nostro Regno, perché non hai letto nella sua mente?» Chiese a Loki.
«Non ne sono ancora capace.» Rispose, abbassando lo sguardo.
«Ci penso io.» La voce limpida di Frigga risuonò per tutta la sala del trono e prima che Odino la potesse fermare, la dea si mise a frugare nella mente della bambina.
Amelia, terrorizzata, si avvicinò a Loki, stringendogli la casacca fra le mani. La Regina la guardava insistentemente e molto probabilmente le stava leggendo nella mente, eppure non faceva così male come aveva pensato a primo impatto.
«Com'è poss...»
«Cosa hai scoperto?» Chiese Odino alla moglie, e quella lo guardò ancora più furente di prima.
«Non riesco a leggerle nella mente.» Calò il silenzio.
«Bene, cosa consigliate di fare?» Il cuore di Amelia batteva come non mai, si stingeva alla casacca di Loki come alle gonne della madre. Cosa avrebbero deciso? Ucciderla? Tagliuzzarla in mille pezzetti e analizzarla? Le lacrime le salirono agli occhi e iniziò a vedere appannato.
«Gettala nelle celle.» Propose Frigga, guardando gli scalini davanti a lei, questa volta con uno sguardo quasi deluso, affranto.
«E' una bambina, madre!» Ribatté Loki in difesa della piccola.
«Sono d'accordo...» Disse Odino, interrompendosi un attimo. «Con Loki.» Amelia gettò fuori un sospiro, questo parve catturare l'attenzione di Frigga e per evitare di farsi incenerire un'altra volta da una sua occhiata, la testolina rossa si nascose dietro Loki, alla ricerca di protezione. «La terrai nelle tue stanze fino a quando io ed Heimdall non avremo deciso cosa fare.»

 
*


«Tu me lo avevi garantito, Odino!» Tuonò la dea, continuando ad andare avanti ed indietro davanti all'enorme letto matrimoniale.
«Lo so, Frigga, ma non è colpa mia se quel quadro si è risvegliato.»
«Avevi detto di averlo distrutto!» Una vena pulsava nella tempia della regina.
«Evidentemente è indistruttibile.»
«Odino, Padre degli Dèi, non è stato capace di distruggere un misero quadro!»
«Protetto da un sigillo che mio padre ha istillato!» Gridò esausto e la moglie smise di camminare.
Calò un silenzio lungo, quasi interminabile, pieno di dubbi e pensieri, ma fu comunque spezzato.
«Lei è la prescelta.» Soffiò fra le labbra il Re, con una mano che gli copriva la fronte piegata in varie rughe.
«Ma se è solo una bambina?» E rimasero a guardarsi senza aprir bocca.
  
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