La storia
partecipa al contest FantasiAuror 2015, organizzato dal gruppo Facebook “Cercando chi dà la roba alla
Rowling (Team Harry/Hermione)”
Nickname autore:
Lights
Titolo: 12 Grimmauld Place
Genere: Giallo/Commedia/Romantico
Pairing e/o
Personaggi aggiuntivi: Harry e Hermione, Neville, Hagrid,
Grop
Prompts:
carbone, lupo, Hagrid
Rating: verde
Avvertimenti: non è mai come sembra
NdA:
Ritornare a scrivere in un fandom che hai lasciato
tanto tempo fa, è sì un’emozione ma mette anche tanta ansia, perché non è
sempre detto che riprendere in mano i personaggi è come andare in bicicletta.
Meno male che c’è la famiglia alle spalle, e se questa storia ha visto la luce,
lo deve a tante bellissime persone che mi hanno dato una mano: Kukiness, Roxy, Sophie, Vannagio, Fabi, e sì, dai, il merito
va anche a Jaybree che mi ha riportato a scrivere Auror con questo contest.
12 Grimmauld Place
Tutto ebbe inizio all’incirca due mesi prima.
Inizialmente Harry non ci aveva badato più di tanto, ma con il passare del
tempo non aveva potuto più negare l’evidente strano comportamento di Hermione.
Quando tutto era finito e la guerra era stata quasi dimenticata, i tre
amici avevano deciso di convivere nella grande casa di Grimmauld
Place. Ron si era buttato
nel mondo dello sport, Hermione stava finendo gli studi di specializzazione per
insegnare a Hogwarts e Harry era diventato un Auror a
tutti gli effetti. Sempre più spesso Ron si assentava
per lunghi periodi, e così Harry e Hermione si erano ritrovati a vivere come una
coppia sposata, anche se in realtà non lo erano, perché rimanevano fermi sempre
sulla linea rossa che faceva da confine tra lo status di amici e quello di
fidanzati.
C'era però qualcosa che non quadrava. Harry ottenne il primo indizio
in quel pomeriggio soleggiato, quando lui e Hermione andarono a far visita a Hagrid a Hogwarts e lo trovarono assorto nei suoi pensieri
mentre osservava Grop.
- Non so cosa fare con lui. - Esordì Hagrid,
sconsolato.
- Che succede? - Chiese Hermione, avvicinandosi a Grop,
che giocava triste con un bastone seduto a terra.
Il gigante, nel sentire la voce dell’amica, abbozzò un mezzo sorriso,
poi riprese a disegnare grandi cerchi sul terreno.
- Hagrid, come mai Grop
è così triste? - Domandò Harry, sorpreso.
- Si sente solo. Mi ha chiesto un lupo come compagno di giochi. Ma dove lo trovo io un lupo che vada bene per lui? Ho
chiesto a tutti i miei amici in giro per il mondo, ma niente: non esistono.
- Si potrebbe provare con un incantesimo?- Propose Hermione,
avvicinandosi ai due.
- No, troppo pericoloso. Questi incantesimi causano sempre un sacco di
guai. - Obiettò Harry.
- Lo so che è difficile, ma guardalo, Harry, - Hermione indicò Grop con la mano. - è tanto triste. Si sente solo.
- Ma guarda chi si vede da queste parti! Ciao,
ragazzi. - La voce di Neville li fece voltare.
- Ciao, Neville, - Hermione lo abbracciò con
affetto. - Porti la tua tisana rivitalizzante a Grop?
- Esatto, non ti sfugge mai niente. - Neville le fece l’occhiolino.
Con un colpo di bacchetta trasformò una radice di un albero in una grande scodella,
la quale si riempì di acqua calda, e vi versò il suo
infuso. - Tutto in un sorso, gigante. - Sorrise contento.
Poi ritornò dai suoi amici e si avvicinò a Hermione. - Signorina,
questa è un dono per lei.
- Neville, sei sempre così gentile. Grazie. - Gli scoccò un bacio
sulla guancia.
Harry li fissò un attimo incerto. Da dove nasce tutta questa confidenza? Si
chiese.
Da quel pomeriggio il comportamento di Hermione cominciò a cambiare,
in un’escalation di stranezze.
Non faceva altro che cercare una soluzione per trovare un amico a Grop. Per un po’ Harry era stato ad ascoltare tutti i suoi
vaneggiamenti ma alla fine aveva dovuto mettere un punto alla questione.
- Ora basta. Hermione, lo so che è triste, ma devi fartene una
ragione. Anche se ci fosse un incantesimo, sarebbe fin troppo rischioso. La
magia non è uno scherzo, e porta a delle conseguenze. Mi pare che lo sappiamo
fin troppo bene entrambi, con tutto quello che abbiamo passato con Voldemort. - Sbottò Harry una sera.
Hermione stava per ribattere, ma lui la bloccò con la mano. - Non ne
voglio più parlare. La questione è chiusa, ci siamo capiti? Prima lo accetterai
e prima potremo andare avanti.
Da quella sera non toccarono più l’argomento di Grop.
Di solito la giornata di Hermione era programmata nei minimi dettagli,
invece nell’ultimo periodo non aveva più orari.
Una mattina Harry si era alzato presto e l’aveva trovata in cucina già
vestita di tutto punto, affacciata alla finestra che sorseggiava la sua tazza
di tè caldo, sovrappensiero.
Si era avvicinato e per un attimo aveva fissato anche lui l’orizzonte
nel tentativo di capire che cosa stesse guardando.
- Buongiorno, - Le baciò la nuca. - Ti sei stufata del tè al limone?
- Mi piace cambiare.
E da quando? Si chiese Harry.
- È una tisana che mi prepara personalmente Neville, la vuoi
assaggiare?
- Quando vi siete visti?
- In settimana. - Rispose vagamente Hermione. Appoggiò la tazza nel
lavandino e poi si voltò verso l’amico. - Com’è tardi!
Tardi? Harry non capiva più niente. - Ma se non
sono neanche le sette?
- Infatti, per me è tardi. Tu torna pure a dormire, hai la faccia
stanca. - Hermione si avvicinò a Harry e gli passò il
dito sul viso. - Lavori troppo. - Lo guardò severa. -
Vado, - E nel salutarlo velocemente, sbagliò la mira e le sue labbra sfiorarono l’angolo della bocca di Harry.
I due rimasero a guardarsi. Si avvicinarono lentamente, sempre di più.
La mano di Harry sfiorò il volto di Hermione, e s’intrufolò tra i suoi capelli.
Le stava per spingere il capo quando il ticchettio del becco del gufo li bloccò.
- Scusami, - Si staccò Hermione, imbarazzata. Accolse sul braccio il
volatile ed estrasse il bigliettino che portava legato alla zampa. Lo lesse
rapidamente.
- Che succede? - Domandò Harry, al di sopra delle
sue spalle.
- Niente. - Hermione stropicciò il biglietto nella mano ma Harry
riuscì a leggere in tempo il suo mittente: Neville.
- C’è qualcosa che devo sapere, Hermione? - Domandò curioso.
- No, - Hermione scosse la testa. - Mi pare di no, va tutto bene,
tutto è tranquillo. Oh! È tardissimo! - Raccolse il cappotto e la borsa e si
avviò verso la porta. - Vado, non aspettarmi, non so a che ora ritorno. Buona
giornata.
E senza avere il tempo di reagire, Harry si ritrovò solo. Si grattò il
capo, perplesso: c’era qualcosa che non quadrava, oppure era il suo istinto da Auror che gli stava facendo un brutto scherzo?
Un pomeriggio era rientrato prima dal lavoro. Il silenzio regnava in
casa. Si era diretto subito verso la camera di Hermione per constatare
se fosse realmente in casa. Stava per aprire la porta, quando la voce di
Hermione lo bloccò con la mano sulla maniglia.
- No, non lo sa ancora. Sono giorni che cerco una soluzione e non la
trovo. Non riesco a dirglielo. Lui ha fiducia in me, ha sempre contato su di
me. Per lui sono tutto. Sì, lo so, dovrei parlargliene, ma come faccio?
Neville, dammi altro tempo. Ti prometto che affronterò con lui il discorso. Va
bene, per il momento contiamo solo tu ed io.
A Harry si fermò il cuore. Strinse saldamente la presa sulla maniglia
e chiuse la porta.
Silenziosamente come era arrivato, si rifugiò
in camera.
A poco a poco, l’idillio di coppia che si era creato tra loro era
scomparso. Harry si era ritrovato sempre più spesso a trascorrere il tempo da
solo. Aveva così tante domande, ma ogni volta che
incrociava Hermione non riusciva a chiederle una spiegazione per quel distacco.
Seduto in poltrona, in quel tranquillo pomeriggio domenicale, fissava
la finestra immerso nei suoi pensieri, cercando invano di trovare una
spiegazione plausibile.
- Solo. Ancora. - Sbuffò a bassa voce al quadro della Contessa
Enrichetta di Grundelville, che con il suo cipiglio
serioso lo continuava a fissare e di tanto in tanto scuoteva il capo a
disapprovazione dell’inerzia del giovane.
- Lo so, - Proseguì Harry nel suo monologo. - Dovrei fare qualcosa, ma
cosa? - Si alzò in piedi e si accostò alla finestra. Con la mano afferrò la
tenda di velluto nero e lentamente lasciò scivolare la stoffa tra le dita. - Se
si fosse cacciata nei guai? - Lanciò un’occhiata alla Contessa, ormai era diventata
la sua confidente. Lei gli restituì uno sguardo
ironico. - Ok, stiamo parlando di Hermione, non di me. - Sospirò più
profondamente. Poi, in un attimo, l’ipotesi che per tutto quel tempo aveva
cercato di ignorare gli balenò in mente. - Se stesse
frequentando qualcuno?
A Harry sembrò quasi che la Contessa Enrichetta gli stesse
rivolgendo uno sguardo che diceva: “Mio caro, finalmente ci sei arrivato”.
La porta dell’appartamento si aprì all’improvviso. Harry si voltò di
scatto e quando la vide sgranò gli occhi come se in un secondo avesse risolto il
più grande mistero dell’universo.
- Che-c-c’è? -
Tentennò Hermione a quell’accoglienza.
Harry la fronteggiò e lasciò vagare il suo sguardo serio su di lei.
- Ti sei cambiata… - constatò, ricordandosi che quella mattina aveva
indossato le ballerine e un abbigliamento casual, mentre ora calzava un paio di
scarponcini, una camicia a quadri e i jeans.
Hermione evitò il suo sguardo mentre Harry si concentrava sul suo
volto e notava un particolare. Fece un passo verso di lei. Hermione d’istinto
indietreggiò e si ritrovò con le spalle alla porta. Il silenzio calò tra loro.
Occhi negli occhi, senza che nessuno dei due riuscisse
a dire qualcosa.
Hermione trattenne il respiro quando lui sollevò lentamente la mano e,
come ipnotizzata, lo lasciò fare. Chiuse brevemente le
palpebre quando avvertì le dita di Harry sfiorarle lo zigomo. A quella lieve
carezza inaspettata, sorrise teneramente e il suo cuore perse un battito.
Inspirò piano. La vicinanza le permise di riconoscere il suo profumo:
muschio bianco. Sollevò lentamente le palpebre e di fronte a sé ritrovò
l’espressione pensierosa dell’amico. Sospirò sconsolata, chissà che cosa si
aspettava.
Harry strofinò l’indice contro il pollice per capire che cosa fosse quella
polvere.
- Terriccio, - Disse piano. - Sei sporca di
terra. - Ripeté più sicuro. - Come mai sei sporca di terra?
Hermione storse le labbra delusa. Alzò le spalle, noncurante.
- Non ne ho idea, Harry. Magari avevo le mani sporche
e me le sono passate senza pensarci sul viso. - Rispose, infastidita.
- Tutto bene, oggi? - Continuò, dubbioso.
- Sì, certo, anche se oggi pomeriggio sono impazzita dietro a … -
Hermione si bloccò prima di lasciarsi sfuggire altro. Si morse il labbro e poi
con fare distratto chiese: - Hai parlato con Ron?
- Sì, mi ha detto che starà via per una settimana con la squadra e poi
abbiamo divagato. L’ho sentito molto soddisfatto. - Rispose Harry con fare
assente, concentrato sulle sue dita.
- Mi fa piacere. Lo hai dissuaso da quella stupida idea di voler
comprare una macchina Babbana? - Domandò ancora,
mentre si dirigeva verso la sua stanza.
- Mi ha detto che ci rifletterà su, anche perché non vuole ascoltare
ancora le tue … - Harry alzò il capo e si accorse che era rimasto solo in
soggiorno. Avvilito, evitò prontamente di guardare la Contessa Enrichetta.
Hermione lo aveva fregato, ancora. Per l'ennesima volta lo aveva distratto e
lui non era riuscito a carpire nessuna informazione utile.
Sbuffò contrariato. Mentre si osservava i
piedi, sconsolato, la sua attenzione venne attratta da qualcosa che giaceva sul
pavimento: una foglia. E questa come ci è arrivata qua? Si chiese rigirandosela
tra le dita.
Involontariamente strofinò di nuovo l’indice contro
il pollice sporco ancora di terra. Osservò la foglia con attenzione. Non
apparteneva agli alberi del viale. Aveva una forma particolare, non comune, e
allora da dove proveniva?
- Dove ha passato il pomeriggio, Hermione? E con chi? - Domandò Harry
alla Contessa Enrichetta. A quell’ennesima domanda senza senso, la donna sbuffò
regalmente e voltò il capo, immobilizzandosi. - Sempre d’aiuto. Ho capito, -
continuò stizzito. - Messaggio ricevuto. Donne dell’Ottocento, mai una volta
fossero utili.
Si avvicinò alla scrivania, prese in mano il libro che giaceva lì da
giorni. Sfogliò qualche pagina e incuriosito si mise a leggere.
- Harry, - Un tocco leggero e quel tono carezzevole lo riportarono
alla realtà. Harry batté lentamente le palpebre per mettere a fuoco. - Ti sei
addormentato. - Disse Hermione, dolce.
- Dove sono? - Chiese Harry, confuso.
- Dove vuoi essere? A casa tua, 12 Grimmauld
Place, rammenti?
Harry si stiracchiò, allungando le braccia e le gambe indolenzite e
nel compiere quel gesto il libro che teneva in grembo cadde a terra.
Hermione con uno schiocco di dita illuminò la stanza e raccolse il
libro.
- Sherlock Holmes. Il mastino dei Baskerville. Non dirmi che credevi di essere Sherlock Holmes? Magari pensavi
anche di abitare a 221B di Baker Street? - Hermione rise di gusto. - Da quando in qua ti piacciono i
gialli? - Ma prima che potesse darle una risposta, lo
bloccò. - Lascia stare, è notte fonda, sono troppo stanca per qualsiasi
spiegazione, andiamo a letto. - Si fermò un attimo, imbarazzata, quando lo
sguardo di Harry scattò su di lei. - Sì, ecco… volevo dire, a dormire… ognuno
nella propria camera, nel suo letto... ovviamente. - Sogghignò. - Buonanotte. -
Restituì frettolosamente il libro a Harry e se ne
ritornò nella sua stanza.
Harry si alzò e scorse la sua immagine riflessa nello specchio. Per un
attimo gli parve di vedere dietro le spalle il
riflesso di Sherlock Holmes che gli sorrideva. Si girò di scatto, dandosi poi
dell’idiota. Scosse la testa e appoggiò il libro sulla scrivania.
Si soffermò a guardare il titolo del libro, la
rilegatura giallo oro che brillava sotto la luce della lampada e infine
si concentrò sull’immagine dell’uomo.
- Una volta eliminato
l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità. - Recitò piano. - Potrebbe funzionare. - Dato che
non riusciva a chiederle direttamente che stava combinando, avrebbe svelato da
solo il mistero di Hermione. - Grazie, amico! Sherlock Potter,
suona bene! È così assurdo che potrebbe funzionare.
Harry rise tra sé e sé per quella trovata, scosse la testa e decise
che era ora di andare a dormire, il giorno dopo avrebbe iniziato la sua
indagine.
Era da una settimana che Harry non concludeva
niente. Come versione moderna di Sherlock Holmes, o meglio
Potter, faceva proprio pena. Non era neanche più capace di mettere a frutto le
sue doti di Auror. La nota positiva era che aveva
iniziato a osservare con più attenzione Hermione. Aveva cominciato a notare le
sue piccole abitudini giornaliere che difficilmente tradiva:
beveva il caffè assorta nella lettura del giornale e, quando trovava una
notizia che riguardava miniere di Carbone oppure articoli di botanica, iniziava
a mordersi il labbro inferiore, pensierosa. Di giorno teneva i capelli sciolti,
mentre quando rincasava, li aveva sempre raccolti. Il suo stesso abbigliamento
cambiava: sobrio e casual di giorno, e sportivo di sera. Harry aveva come la
sensazione che la giornata di Hermione si dividesse in due momenti. Più volte,
nei rari attimi di pace, aveva avuto l'impressione che fosse sul punto di
confidargli qualcosa, ma poi se ne usciva con futili scuse tipo “Che giornata
tranquilla, vado a fare una passeggiata”, “Oh, guarda come è
tardi, io esco”, “Andrò a fare un po' di shopping, non aspettarmi per cena”.
Passeggiate? Ritardi? Shopping? Ogni scusa era buona per uscire da casa. Che
fosse lui il problema? Harry scosse la testa, anche se il dubbio si insinuò in lui ugualmente. E poi aveva notato che nell’ultimo
periodo si era data allo studio delle creature magiche. La scrivania era piena
di libri dai titoli: Il mondo delle creature magiche; Creature magiche: dalla vita alla morte; Creature magiche misteriose;
Miti e leggende delle creature magiche.
La solita Hermione, eppure…
Ennesimo pomeriggio
libero da trascorrere da solo. Harry scalciò
un sassolino svogliatamente, era da un po' in giro per la città. Alzò il capo e
si ritrovò di fronte a Hagrid e Hermione.
- Harry! - Esclamò Hermione, sorpresa.
- Oh... Harry. - Lo
salutò Hagrid, imbarazzato.
- Ciao anche a voi. - Salutò a sua volta Harry, stupito di trovarli
insieme.
- Ci siamo incontrati qui per caso. - Specificò Hermione,
frettolosamente. - Coincidenza, non è vero? - Scoppiò a ridere forzatamente. -
Oh, come si è fatto tardi. - Esclamò all’improvviso. - Scusatemi, devo proprio
andare, mi stanno aspettando. - E senza aggiungere altro si smaterializzò.
A Harry non era passata inosservata l’occhiata furtiva e complice che
Hermione aveva lanciato a Hagrid prima di scomparire.
- Come stai? È un sacco che non ci vediamo.
- Hai proprio ragione, Harry. - Hagrid si grattò il capo, nervoso. - I miei piccolini mi
danno sempre un sacco da fare. Per non parlare di Grop.
- Grop. - Ripeté Harry, pensieroso. - Ha superato la crisi della
solitudine? Hermione mi ha fatto una testa così. - Allargò le braccia. - Non ne
potevo più di ascoltare i suoi vaneggiamenti su come aiutarlo per trovargli
compagnia. Ma cosa te lo dico a fare? Lo sai meglio di
me, è troppo pericoloso. La magia deve essere usata con parsimonia e, anche se
fa male, non possiamo sempre rincorrere a essa per risolvere i problemi. Meno
male che una volta tanto Hermione mi ha ascoltato e ha accantonato il progetto
di creare un Lupo per Grop. La vita di Grop è nella foresta magica, non sarà mai totalmente solo.
- Eh, già… - Hagrid tossicchiò, nervoso.
- Tu sai per caso di che cosa si sta occupando Hermione in questo
periodo? È sempre sfuggente, a casa non c'è mai. Non riusciamo più a fare una
conversazione come ai vecchi tempi. Non riesco neanche più a cenare con lei. -
Terminò sconsolato.
Il gigante gli appoggiò una mano sulla spalla. - Parli come se
Hermione fosse la tua ragazza. - Sorrise, compiaciuto.
Harry sospirò consolato.
- Dai, Harry, Hermione è solo tanto impegnata con lo studio, vedrai
che presto tornerete quelli di un tempo. Lei e Neville
sono così professionali. Ora è meglio che vada, non è bene che stia troppo
lontano da Hogwarts. Ciao, Harry.
Neville? - Hagrid...
E senza dargli il tempo di salutarlo, Hagrid
scomparve.
- Uffa! - Sbuffò, contrariato.
Ritornò a casa sconsolato. Sherlock Potter aveva portato a casa
l’ennesimo fallimento. Si sedette sfiduciato alla scrivania di Hermione e aprì
a caso uno dei libri.
Notò che Hermione aveva sottolineato molte
pagine e annotato appunti a margine. Iniziò a sfogliare e a leggerli tutti.
Dopo due ore e mezza, si appoggiò allo schienale della
sedia, esausto. Erano più le cose che non aveva capito che quelle che aveva capito. Una lezione di Rune antiche sarebbe stata più
comprensibile. Sconsolato, raccolse dalla scrivania la pietra che era
appoggiata sui fogli e si impiastricciò le dita.
- Carbone? - Constatò stupito.
Il bussare alla porta lo distrasse dalle sue riflessioni. Appoggiò la
pietra sui fogli e andò ad aprire.
- Oh, Neville. Ciao, che sorpresa.
- Harry! Sei a casa. - Rispose Neville con un certo disagio. - Cercavo
Hermione.
- Non c’è…
- Strano, - Ma prima che potesse continuare,
Neville si bloccò.
- Avevate un appuntamento? - Chiese Harry.
- Chi?
- Tu e Hermione.
- Noi?
Harry strabuzzò gli occhi, spazientito. -
Dai, entra, ti offro una burrobirra.
- Ecco, io… - Tentennò, Neville. Non era certo che fosse l’idea
migliore, ma che alternative aveva?
- Su, dai, non farti pregare. Aspetteremo insieme il ritorno di
Hermione.
Rigido come un tronco, Neville entrò in casa e si lasciò guidare al
divano.
- Allora, che mi racconti?
Nell’ora successiva Sherlock Potter bersagliò Neville con le domande
più disparate, e quando il poveretto vide rientrare Hermione, mancò poco che
scoppiasse a piangere per la disperazione.
- Neville! Scusa il ritardo ma tu non sai che mi ha combinato... -
Hermione si bloccò all'istante quando vide spuntare dietro le spalle dell'amico il viso di Harry. - Harry!
- Hermione! - Neville scattò in piedi, le si
avvicinò e le allungò immediatamente la busta che aveva estratto dall’interno
della giacca. - Non è molto, lo so, ma dovrebbe bastarti. - Le sussurrò, premuroso. - Harry, ci vediamo. - Si congedò velocemente, e
proprio come poche ore prima aveva fatto Hagrid,
anche Neville si volatilizzò.
Harry, sempre più perplesso, rivolse lo sguardo a Hermione, che a sua
volta tentò di camuffare l’imbarazzo per la situazione con un sorriso forzato.
- Vuoi una burrobirra? - Propose Harry con
indifferenza.
- Non dovevi essere di pattuglia, oggi? - Tentennò Hermione, infilando
la busta che le aveva portato Neville nella tasca posteriore dei jeans.
Harry picchiettò con la mano il posto accanto a lui sul divano. - È da
un po’ che non passiamo del tempo insieme, concediamoci cinque minuti tutti per
noi, prima che vada al lavoro. - Propose deciso, questa volta non si sarebbe
fatto distrarre dal suo obiettivo.
Hermione sospirò, e cedette a quella proposta, consapevole che prima o poi avrebbero dovuto affrontare il discorso.
- Harry, ecco, io…
Harry inspirò a fondo, incuriosito da quello strano odore che aveva percepito non appena lei gli era passata accanto.
- Lo senti pure tu… - La interruppe e annusò meglio l’aria. - Questo odore… di bruciato. - E proprio come un vero segugio,
seguì la scia, fino a ritrovarsi ad annusare l’amica.
Hermione si irrigidì, ritrovandosi a stretto
contatto con lui per l’ennesima volta in pochi giorni.
Harry le afferrò una ciocca di capelli e inspirò profondamente. - Hai
lavorato con gli incantesimi di fuoco? - Si accostò ancora di più al collo di
Hermione, per annusare meglio. - Sai di erba bruciata, fuliggine, un odore
acre, quasi fastidioso.
Hermione scattò in piedi, irritata. - È un modo carino per dire che
puzzo?
Harry strabuzzò gli occhi a quella reazione.
- Se permetti, vado a farmi una doccia, non vorrei che il mio odore ti
disgustasse oltre.
Harry l’afferrò per il braccio e l’avvicinò a sé. - No, mi hai
frainteso… - Disse piano. - Tu sai sempre di buono. - Confessò, attirandola
leggermente a sé. Con un’agile mossa le sfilò la busta dai pantaloni senza che
lei se ne accorgesse. - Solo, stasera hai un profumo particolare, curioso.
Hermione sospirò sconsolata, per l’ennesima possibilità infranta. - Va
bene, non importa. Sono stanca e tu devi andare al lavoro.
Harry lasciò la presa e lei si chiuse in bagno. Si guardò la mano, sconsolato. Forse sarebbe stato meglio ignorare il tutto. Si
stavano semplicemente allontanando, doveva accettarlo. Da quando avevano
iniziato la convivenza senza Ron, il loro legame era
diventato ancora più saldo. Non può durare per sempre, Harry. Quelle parole,
pronunciate anni prima dall’amico, gli appesantirono il cuore. Vivere senza
Hermione era un’ipotesi alla quale ancora non voleva pensare. Sospirò
amareggiato. Rivolse un’altra occhiata alla porta del bagno e avvertì lo
scroscio della doccia. Eppure… qualcosa non quadrava.
Inspirò profondamente e solo in quel momento si accorse di avere dei
peli sul palmo della mano, ma al
tocco con il suo dito si polverizzarono in una nebbiolina nera.
Harry lanciò uno sguardo preoccupato alla porta del bagno. - Che stai combinando, Hermione?
Si infilò la
giacca e uscì. Aveva bisogno di una spiegazione e sapeva benissimo da chi
andare.
Neville entrò nel suo studio con fare stanco. Sospirò rumorosamente. Coraggio, professor Paciock,
al peggio non c'è mai fine. Si incoraggiò
mentalmente a modo suo. I ragazzi oggi lo avevano stremato. Gioventù moderna. Scosse la testa, sconsolato. Loro sì che sapevano
che cos'era la disciplina!
Quella mattina era stato a un passo dall’imprigionare quell'insolente
di Brinstoff Rudolph insieme a
una delle sue più belle e fastidiose mandragola. Chiuse la porta alle sue
spalle, vi si appoggiò pesantemente e si concesse un
attimo di pace nella semioscurità.
All'improvviso la luce si accese e Neville per poco non ci rimase per
la paura.
Harry era seduto su una delle due poltrone e lo squadrava con uno
sguardo che non prometteva nulla di buono. Sapeva che non avrebbe dovuto dare
retta a Hermione. Lo sapeva!
- Harry, - Iniziò piano. - Sei impazzito? - Liberò il suo nervosismo.
- Se il tuo intento era quello di farmi morire dallo
spavento, ci sei riuscito!
Neville si avvicinò alla scrivania e vi
appoggiò il plico di pergamene e libri che teneva in braccio.
- Scusami, Neville. - Iniziò Harry, in tono
basso e mortificato. - Ma devo sapere che sta
combinando Hermione.
Ecco, lo sapevo! Dovevo insegnare Divinazione e non Erbologia. Neville
sospirò, ancora più sconsolato. Io l'avevo detto. L'avevo detto!
Protestò nella sua mente.
- Perché lo chiedi a me?
- Perché lei è venuta da te.
Neville guardò sconcertato Harry e poi sorrise compassionevole.
- Da quanto vi frequentate? - Incalzò Harry, nervoso.
Neville si rabbonì e si sedette sulla poltrona. - Harry... - Accavallò
le gambe, intrecciò le mani in grembo e gli rivolse uno sguardo serio. - Non
volevamo che lo venissi a sapere in questo modo.
Neville deglutì nervosamente quando si accorse che Harry stava
stritolando i braccioli della poltrona.
- Sai come succede. Interessi in comune, le piante, la foresta...
Nel sentire la parola “foresta” Harry si alzò in piedi e collegò
immediatamente il terriccio e la foglia che aveva trovato.
- Tu! - Gli puntò il dito indice. - Tu.
Hermione. Foresta. Foglia. Terra.
- Harry: calmati. È capitato. Ci siamo rotolati, seduti per terra e
non sto qui a raccontarti cos'altro abbiamo fatto, non credo sia il caso.
Credimi, abbiamo sperimentato di tutto! Noi non lo volevamo, ma ecco... - Lo guardò dritto negli occhi. - …è successo!
- Certo... - Disse piano Harry. - … è successo. Chiaro. - Quasi urlò
l’ultima parola.
- Hagrid...
- Hagrid? - Lo interruppe, sorpreso. - Cosa
c'entra Hagrid?
- Beh, è stato merito suo, se abbiamo iniziato. Un giorno ci ha visto
insieme e ci ha trovati perfetti. Hagrid
per queste cose è un esperto. Sai come succede. All'inizio eravamo un po'
scettici, quasi imbarazzati, ma da cosa nasce cosa, la passione comune ha fatto
il resto, e alla fine Hermione ed io ci siamo arresi all'evidenza. Mi dispiace,
Harry, noi... lei... - Prese coraggio. - Ho detto a Hermione che era meglio che
lo venissi a sapere da lei. Non ti preoccupare: siamo attenti. Usiamo tutte le
migliori precauzioni nel farlo.
- Ho capito. - Tagliò corto Harry, amareggiato. - Scusa il disturbo.
Ciao.
E senza dare il tempo a Neville di spiegarsi oltre, scomparve.
Harry rientrò a casa nel primo pomeriggio. Nervosamente, buttò il
cappotto sul divano, si liberò della giacca della divisa e si sedette sulla
sedia, alla scrivania di Hermione. Ovviamente lei non c'era. Sbuffò. Osservò la
scrivania: i libri aperti in modo disordinato, i vari appunti e poi la sua
attenzione fu attirata da un posti-it
rosa. Da quando Hermione usava i post-it rosa? Scosse la testa, era stufo di
porsi continuamente domande senza risposta.
- Pomeriggio. Vedersi con Neville. Passare prima da Hagrid. - Lesse ad alta voce.
Bene, era giunto il momento di portare la verità a galla. Tutto alla
luce del sole. Ormai gli indizi erano chiari. La sua indagine era giunta al
termine. Anche un bambino ci sarebbe arrivato prima di lui. Altro che Sherlock
Potter. Era stato declassato in un secondo al ruolo di Watson. Elementare,
Potter, una volta eliminato
l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità.
Recitò la voce di Holmes nella sua testa.
Era così cristallino, anche se così assurdo: Hermione e Neville
avevano una relazione, Hagrid aveva fatto da cupido,
e tutto alle sue spalle!
Si alzò di scatto e si diresse in bagno. Aveva bisogno di una bella
doccia calda e poi avrebbe affrontato il problema di petto.
Tirò fuori la busta dalla tasca dei pantaloni. - Tu non m’interessi
più. Non ho voglia di scoprire che regalo d’amore contieni all’interno. - E la
gettò sulla scrivania. La busta si aprì e delle erbacce scivolarono
fuori, che al contatto con l'aria si sgretolarono in fuliggine.
- Hagrid, sei in casa? - Harry aprì
lentamente la grande porta di legno. Infilò il capo all'interno ma ad
accoglierlo trovò soltanto il silenzioso casalingo.
- Harry!
Il ragazzo sussultò dallo spavento. Si girò di scatto, si scontrò con
il pancione del gigante e finì a gambe all'aria.
- Oh, Harry. Scusa. Non volevo farti paura. - Hagrid
gli porse la mano per aiutarlo ad alzarsi. - Che ci fai da queste parti? -
Chiese con fare nervoso, lanciando brevi occhiate in direzione della foresta.
- Ero di passaggio.
- A Hogwarts? - Chiese Hagrid, perplesso.
- Disturbo?
- Su, non essere sciocco, tu non disturbi mai, ragazzo mio. Dai,
accompagnami.
I due presero a camminare in silenzio.
- Sai, Harry, - Iniziò imbarazzato Hagrid. - Non volevo nascondertelo, so come sei fatto, ma
poi gli eventi ci sono scappati di mano.
- Non importa, Hagrid.
So tutto... ormai. - Harry si fermò dopo qualche passo.
- Sai tutto? - Domandò Hagrid, sorpreso.
- Sì. Gli indizi erano chiari e Neville me lo ha
confermato.
- Oh, Harry! - Hagrid afferrò l’amico per la
spalla e lo fece voltare verso di lui. - Che cosa ne pensi?
Harry alzò le spalle con noncuranza. - Se va bene a loro…
In un attimo, Hagrid lo afferrò
per la vita e lo sollevò in aria contento. - Harry, non sai che peso mi hai
tolto. - Lo rimise a terra. - Sono così felice!
Delle risate interruppero quel momento.
Harry incuriosito scostò i rami cadenti degli alberi e davanti ai suoi
occhi si palesò una scena alla quale avrebbe preferito non assistere mai:
Hermione a cavalcioni sopra Neville che rideva felice.
Harry strinse nervosamente il ramo fino a spezzarlo. Con passo
militare palesò la sua presenza, prima che Hagrid
potesse fermarlo.
- Sono felice che vi stiate divertendo.
- Harry, - Dissero in coro Hermione e Neville.
Neville d'istinto fece cadere a terra Hermione e scattò in piedi.
- Oh, ciao. Come va? - Poi aiutò l'amica ad alzarsi.
- Harry, lascia che ti spieghi. - Hermione si batté i vestiti intrisi
di polvere nera. - Non è come pensi... Nel senso: è
come pensi, ma non quello che pensi.
Un olezzo acre di bruciato si diffuse nell'aria.
Harry stava per ribattere; ma sbiancò non appena la creatura mostruosa
comparve alle spalle dei due amici. Fece un passo indietro andandosi a
scontrare con Hagrid.
Un grosso lupo nero, come il carbone, stava sollecitando l'attenzione
di Hermione, spingendola con il muso.
- Hermione! - Gridò Harry, pronto a intervenire in suo soccorso, ma
lei lo bloccò con la mano.
Hermione alzò il braccio, e appoggiò la mano sul grande muso nero del
lupo.
- Sorpresa, - Disse piano, imbarazzata. - Harry ti presento
Carbonio.
Dei passi pesanti fecero tremare il terreno. Il grande lupo annusò
l'aria e ululò contento. All'apparire di Grop,
l'animale si dissolse in una grande nuvola nera e si trasformò in una decina di
lupacchiotti, che corsero felici verso il gigante, lo fecero
cadere a terra e presero a leccargli tutta la faccia.
Harry era rimasto senza parole. Si passò la mano sul volto, e si
scoprì pieno di fuliggine, la stessa polvere che aveva ritrovato più volte
sparsa per casa.
Grop accolse tra
le braccia i cuccioli e si avvicinò a loro. - Grop è
tanto felice. - Si sedette a terra e lasciò liberi i cuccioli, e uno di questi
si avvicinò a Harry.
Il piccolo lupo, un batuffolo di lana nera, lo osservò
con i suoi occhietti luminosi e dopo un attimo gli saltò in grembo.
- Dieci, qui. - Lo richiamò Hermione che nel
frattempo si era avvicinata. - Scusalo, lui è il lupacchiotto più vivace e,
quando incontra nuove persone, impazzisce per la novità.
Harry la osservò con il cucciolo tra le
braccia, poi si guardò le mani e le trovò imbrattate dai peli dell’animale.
Quando li toccò con le dita, si sgretolarono in una
nuvoletta nera.
Grop si alzò in
piedi, i cuccioli gli girarono attorno, trasformandosi nel grande lupo nero.
Afferrò all'improvviso Hermione e se la strofinò vicino alla guancia, tutto
contento, mentre Carbonio ululava entusiasta.
- Hai visto com’è felice Grop? - Disse Hagrid a Harry. - Sono stati geniali. Dal composto di
torba, un insieme di speciali piante erbacee che ha trovato Neville e un
incantesimo antico che ha scovato Hermione, sono
riusciti a creare un lupo per Grop. Lui desiderava
così tanto un lupo come amico, e quando me l'ha chiesto non ho potuto dire di
no. Guardalo com’è tenero! - Hagrid tirò su con il
naso. - Grazie all'incantesimo di Hermione e alla conoscenza botanica di
Neville siamo riusciti a ricavare dal carbone naturale, una creatura magica che
potesse stare al fianco di Grop e difendere i confini
della Scuola.
- Ora basta! Grop, mettimi giù, subito! -
Ordinò Hermione, severa.
- Mi dispiace, Harry, averti taciuto la verità. - Continuò Hagrid. - Lo so che eri contrario e non volevi mettere in
pericolo Hermione, ma lei era decisa a tentarle tutte per rendere felice Grop.
- Non ti scusare, Hagrid.
Sono stato uno sciocco. - Aggiunse a bassa voce.
Carbonio all'improvviso si trasformò nuovamente in dieci lupacchiotti.
- Ma perché si trasforma in lupacchiotti? -
Chiese Harry, tra l'incuriosito e il perplesso.
Hagrid si grattò
il capo. - …diciamo che l'incantesimo non è riuscito al cento per cento.
Hermione non l’ha ancora superato. L’ha preso come un vero e proprio
fallimento. Si vergogna da morire, ed è per questo che
non ha voluto coinvolgerti. Sai com’è fatta, quando sbaglia
si sente inadeguata. Ha fatto promettere a me e a Neville di mantenere il
segreto fino a quando non avrebbe trovato una soluzione. - Gli
sorrise. - Però devo ammettere che Grop
apprezza tantissimo la diversità di Carbonio.
Poco più in là, Hermione sospirò affranta. - Uno, Due,
Tre, Quattro, Cinque, Sei, Sette, Otto, Nove… Dieci! Vieni qui.
Seduti! - I lupacchiotti si calmarono all’istante e si misero accucciati
intorno a lei. Neville le si avvicinò e le appoggiò il
braccio sulle spalle per consolarla.
- Dai, non fare così. Deve solo imparare a mantenere la
trasformazione. Non potevamo sapere che il composto di torba dovesse essere
formato da un'unica pianta erbacea. - Un leggero rossore comparve sul viso
dell'uomo. - In fondo è anche colpa mia, che per migliorare la formazione del
carbone ne ho raccolto di dieci specie diverse e tu non potevi sapere che
l'incantesimo si riferiva allo sdoppiamento dell’animale. Vedrai, con il tempo
imparerà, in fondo, anche se è così grande, Carbonio è sempre un cucciolo di
lupo.
Harry si avvicinò ai due. Li osservò per un
attimo senza dire niente. Era stato uno sciocco, come aveva potuto minimamente
pensare che quei due stessero insieme? Altro che Sherlock Potter, doveva
chiamarsi Disastro Potter.
Porse la mano a Neville. L'amico rimase un attimo sorpreso, ma poi
gliela strinse grato.
- Torniamo a casa, strega imperfetta? - Chiese Harry, voltandosi verso
Hermione.
Hermione non smetteva di ridere, mentre Harry, seduto in poltrona con
un’espressione contrariata, aspettava che si calmasse.
- Harry, - Tentò Hermione, tra una risata e l’altra. - Come hai potuto
pensare che Neville ed io fossimo innamorati. Siamo amici, mica come noi. - Si
lasciò sfuggire, senza pensarci.
Harry cambiò espressione, incuriosito da quella dichiarazione
spontanea.
- Come noi? - Domandò.
Hermione smise di ridere e lo osservò seria.
Harry si alzò e andò a sedersi accanto a lei sul divano.
- Assurdo, Neville ed io… - Ripetè Hermione,
sorridendo ancora, per smorzare la tensione che aleggiava nell’aria.
- E noi cosa siamo? - Domandò Harry, a bruciapelo.
Hermione deglutì sotto a quello sguardo
serio. - Amici.
Harry si avvicinò un altro po’ e le afferrò il viso tra le mani. - Solo amici? - Quasi lo sussurrò
sulle sue labbra.
- Sì. - Mormorò Hermione.
- Ne sei proprio sicura? - Chiese ancora Harry, sempre più vicino alle
sue labbra.
- No.
La labile distanza che separava le loro bocche svanì. Harry sospinse
delicatamente il capo di Hermione verso di lui, facendo aderire meglio le loro
labbra. Le assaggiò piano, godendosi il loro sapore e la strana sensazione di
calore che gli stava inondando il cuore. Si baciarono con calma, concedendosi
tutto il tempo di cui avevano bisogno per ritrovarsi e scoprirsi.
Si allontanarono lentamente, a Harry sembrò quasi che le loro vite scorressero
davanti ai suoi occhi a rallentatore.
- Scusami se ci ho messo tanto, ma la gelosia mi ha reso stupido e non
sapevo di avere davanti agli occhi la risposta alla mia indagine. - Confessò
Harry.
- La vuoi condividere pure con me, Sherlock Potter? - Chiese Hermione,
divertita.
Harry la fissò a lungo negli occhi, prestando attenzione a ogni
gradazione di colore delle sue iridi e al modo in cui brillavano. Sorrise,
quando il cuore gli suggerì la risposta.
E in un soffio, Harry la sussurrò. - Ti amo,
questa è l'unica verità.
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