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Autore: hiromi_chan    12/11/2015    8 recensioni
Se questa fosse una fiaba (cosa che non è) inizierebbe così: c'era una volta un ragazzo chiamato Merlin. Sì, beh, capisco che già il nome possa far venire in mente robe magiche e simili, ma vi garantisco che non c'è un bel niente di fantasy, in questa storia.
… Anche se abbiamo una mezza specie di bestia e una donna che ha tutte le credenziali per essere definita strega cattiva.

{La Bella e la Bestia retelling; modern!AU}
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Balinor, Galvano, Hunith, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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~Parte seconda~


 

 

Agli occhi di chi la guardava dal cancello scrostato, Villa Pendragon si presentava in tutta la sua lugubre maestosità. Era un edificio di ben tre piani, la facciata bluastra nella notte invernale. Le ampie finestre erano chiuse da tende scure e il portone pareva una grossa bocca di legno. All'angolo destro dell'abitazione, una pianta rinsecchita dal gelo portava avanti la sua arrampicata verso il tetto. Un fitto bosco abbracciava la proprietà in una semicirconferenza. Quando Balinor aprì il cancello, al cigolio dei cardini si unì un gracchiare sinistro.

Non molto accogliente come benvenuto, vero?

Almeno, se il padrone si fosse rivelato uno psicopatico (cosa che Merlin iniziava a pensare), lui avrebbe potuto correre a nascondersi nel bosco come nei migliori film horror.

«Insomma, suppongo che avremo parecchie occasioni per vederci. Visto che sei l'autista dei Pendragon, sai» disse Merlin, percorrendo il viale innevato dietro suo padre.

«Non moltissime...» disse Balinor, e Merlin tirò il sospiro di sollievo che aveva trattenuto, «... perché il giovane Pendragon, a differenza di come faceva Uther, non richiede quasi mai i miei servigi. Non esce di casa, credo.»

Merlin si disse che suo padre doveva aver dimenticato uno 'spesso' tra il 'non esce' e il 'di casa', perché, andiamo, non voleva avere davvero ragione sulla faccenda dello scappare nel bosco.

«Andrà tutto bene» lo sorprese il borbottio di Balinor. «Hunith ha detto che sai prenderti cura delle persone. E il signor Pendragon... è ancora come un bambino, dopotutto.»

«Se lo dici tu» bofonchiò Merlin, chiedendosi se sarebbe stato il caso di esibirsi davanti al suo nuovo capo in qualche numero di magia o di cantare per farlo addormentare.

Balinor inserì una chiave incrostata di ruggine nella serratura a forma di testa di drago (molto pacchiana, a dire di Merlin), e così l'ingresso si aprì davanti a loro. Era tutto buio e polveroso, ovviamente, e Merlin iniziò a pensare che il signor Pendragon fosse, dopotutto, solo un tipo particolarmente tirchio, visto che stava così attento a tenere le luci spente. Magari i suoi dipendenti erano pure sottopagati. Avrebbe dovuto ricordarsi di indagare.

«Questo posto è enorme» disse, l'eco che tornava da lui mentre calpestava un tappeto lungo e stretto. «Non mi stupisce che il signor Pendragon non accenda le luci... sai che bollette salate.»

Merlin tirò fuori Kilgharrah dalla borsa a tracolla e lo aprì per sfruttare il tenue bagliore che emetteva (notando anche come la ricezione fosse particolarmente scarsa, segnale che il posto non piaceva molto neanche a lui).

Un'imponente scala collocata in fondo al salone si apriva in due braccia, a destra e a sinistra. Si riuscivano anche a intravedere delle porte al piano terra, in corrispondenza delle diramazioni.

«Perché non si trasferisce in una casa più piccola e basta?» chiese a suo padre, strusciando il dito contro il corrimano in mogano per ritrarlo grigio di polvere. Storse la bocca.

«I Pendragon sono sempre stati molto legati a questa proprietà» disse Balinor. «E poi, credo che al signor Pendragon piaccia molto la posizione isolata della villa.»

«Che sorpresa, non l'avrei mai detto. Oh... e quella lì?»

Puntò Kilgharrah su un tavolinetto alto posizionato in un angolo; appoggiata contro un vaso di coccio vuoto c'era una busta, un Merlin Emrys scritto sopra in caratteri arzigogolati.

«Il tuo cellulare ha... vibrato da solo?» borbottò Balinor.

«Ogni tanto lo fa, deve essere emozionato» disse in fretta Merlin, agitando una mano. Poi aprì la busta, e il foglio che vi trovò all'interno ebbe il potere di fargli venire l'acidità di stomaco in quattro virgola due secondi.

 


 

Regole per il nuovo dipendente

 

Lunedì: pulire il primo piano

Martedì: pulire il secondo piano

Mercoledì: pulire il terzo piano

Giovedì: pulire il primo piano

Venerdì: pulire il secondo piano

Sabato: pulire il terzo piano

Domenica: giardino e serra

 

Evitare ogni contatto con il signor Pendragon.

Non disturbare il signor Pendragon con rumori molesti o richieste inutili.

Accesso alla stanza in fondo al corridoi del terzo piano vietato per qualunque motivo.

Proibito girovagare per casa; limitarsi ad occupare le zone indicate dal piano di lavoro nei giorni prestabiliti.

Vanno lasciati pronti in cucina tre pasti al giorno alle ore 7:00, 12:00, 18:00.

Ogni trasgressione delle regole porterà al licenziamento immediato.

 

A. P.

 

 

«Evitare ogni contatto con il signor Pendragon» motteggiò pomposamente Merlin, ripiegando il foglio con una certa violenza.

«Merlin, è una cosa seria» lo ammonì Balinor, vagamente allarmato. «Il signor Pendragon è un tipo suscettibile e se verrai licenziato-»

«Addio debiti ripagati, lo so, lo so. Ma perché non vuole mai vedere nessuno? Voglio dire, è una cosa abbastanza preoccupante...»

Il bosco, c'era sempre il bosco come via di fuga.

Balinor ci pensò un po' su. «Piuttosto, direi che non vuole farsi vedere.»

«Cos'è, un mostro? Ha, tipo, due teste e sei tentacoli viola?» disse Merlin, ridendo – nervosamente, in realtà. Non si poteva mai sapere, al mondo ne succedevano di cose strane.

«Fare lo spiritoso non ti porterà lontano, qui.»

'Vedremo' pensò Merlin. La sua mamma non faceva che dirgli che aveva un senso dell'umorismo adorabile.

 

~

 

Così, Merlin cominciò a lavorare per il suo misterioso signor Pendragon. All'inizio le cose andarono piuttosto bene... se non si considera la mole enorme di lavoro destinata a una sola persona e lo stato di isolamento quasi mistico nel quale verteva la tenuta. Merlin era sicuro che lo svolgere le sue mansioni gli sarebbe risultato più sopportabile se solo avesse avuto qualcuno con cui lamentarsi. L'arrivo del corriere che consegnava la spesa ordinata dal signor Pendragon rappresentava il più alto momento di socialità della settimana, ma Merlin non poteva nemmeno far perdere tempo al poveretto e trascinarlo in casa per un tè – anche se una volta ci provò.

Sì, si stava decisamente annoiando e non vedeva perché l'odio nei confronti del genere umano provato dal signor Pendragon dovesse portare anche lui a vivere come un eremita.

Le ore libere, in realtà, ogni tanto le trascorreva in compagnia. Al villaggio, in un pub chiamato Rising Sun, aveva fatto amicizia con un certo Gwaine, un ubriacone simpatico e belloccio. Tuttavia, per raggiungere il villaggio Merlin doveva arrancare nella neve per mezz'ora, visto che suo padre effettivamente latitava e i mezzi di trasporto pubblici parevano evitare villa Pendragon come la peste. (Perfino Kilgharrah si limitava a una tacchetta di ricezione, il che convinse Merlin per un breve periodo che la tenuta fosse maledetta; ma ho già detto che non c'è niente di magico in questa storia, dunque scartare pure l'ipotesi a priori. Forse, semplicemente, il signor Pendragon era proprio eccellente nell'arte di allontanare gli altri da sé.)

Dunque, la cosa di andare a cercare compagnia al villaggio aveva i suoi svantaggi.

Se almeno il signor Pendragon si fosse degnato di farsi vedere ogni tanto, anche solo per augurargli il buongiorno... Merlin temeva a intervalli regolari che fosse morto e che il suo corpo stesse facendo la muffa, chiuso nella stanza inaccessibile al terzo piano. Ogni tanto, però, sentiva dei rumori che interpretava come segni di vita: un mobile che veniva spostato, una porta chiusa piano piano, un accenno di musica classica.

Quando anche la sua mamma si era stufata di parlare circa nove volte al giorno, pur di sentire una voce amica (in questo caso, la propria), Merlin aveva preso a canticchiare sopra la musica classica.

Una volta, mentre passava lo straccio sulle scale con le luci tutte accese (perché non voleva cadere e fracassarsi l'osso del collo) intonando il Claire de lune, si sentì pizzicare la nuca e gli parve di intravedere un'ombra con la coda dell'occhio. Alzata la testa, riuscì a beccare una sfocata nuvola gialla e blu che se la dava a gambe per le scale. Merlin ci rimase molto male perché, insomma, lui era un tipo socievole, e poi mamma gli diceva sempre che cantava bene, quindi si rifiutava di credere di aver fatto scappare il signor Pendragon solo con la sua voce.

Il peggio, però, successe il giorno dopo, quando Merlin trovò un bigliettino appiccicato sul vaso del tavolino all'ingresso:

 

 

Per favore, piantala di cantare. Credevo che qualcuno mi stesse scuoiando un gatto in casa.

E spegni qualche luce, per l'amor del cielo.

A.P.

 

 

 

 

 

   
 
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